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Autore: Fanny Jumping Sparrow    07/10/2012    9 recensioni
In una notte, trovandosi a bordo della ritrovata amatissima Perla Nera, il Capitano più eccentrico dei Caraibi si smarrisce in sogni e visioni sfuggenti che hanno le fattezze di due donne del suo passato e la presenza di una nave che ha sempre amato e che rischia nuovamente di perdere. Da chi si lascerà sedurre?
Ci siamo rincorsi per così tanti anni, tra onde capricciose e correnti avverse, tra abissi infestati e deserti di sale, che stento a credere tu non sia soltanto un’intangibile visione scaturita dalla volontà inestinguibile di possederti, più d’ogni altra cosa al mondo.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelica, Elizabeth Swann, Jack Sparrow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'Always have, always will.'
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Ehilà! Ciurma! Mega sorpresa per tutti gli amanti del Capitano ma anche di Stirrings!
Questa che vi presento, infatti, potreste considerarla come una sorta di spin off della mia precedente long, in primo luogo perché è una song-fic ed alterna versi della celebre canzone di Patty Pravo (spero di non averla rovinata) con i pensieri del nostro protagonista, narratore in prima persona, e poi perché ritorna il suo eterno tormento ovvero il gentil sesso incarnato da Angelica, ma non solo ...
Ho ideato un triangolo che ad un certo punto diverrà un quadrato e che includerà Sparralica, Sparrabeth e Sparrapearl (questa ship l'ho coniata io!^^) ... per non scontentare nessuno, e per rendere al meglio un concetto che avevo già trattato in uno dei capitoli della suddetta long (Sweet dreams nda), ovvero la confusione di desideri che assale il nostro Jack nel periodo immediatamente anteriore alla ricerca della chiave e del forziere di Davy Jones.
Considerate che ogni parola potrebbe essere una bugia...
Spero di dilettarvi! Buona lettura!)



Pensiero stupendo

Siamo soli, finalmente.

Ci siamo rincorsi per così tanti anni, tra onde capricciose e correnti avverse, tra abissi infestati e deserti di sale, che stento a credere tu non sia soltanto un’intangibile visione scaturita dalla volontà inestinguibile di possederti, più d’ogni altra cosa al mondo.

Lascio scorrere le dita smaniose di te sulle tue curve perfette e levigate dal vento e da altre mani, stringendoti, ancora incredulo di essere qui con te. Ti accarezzo mille volte, mai sazio di sentirti di nuovo sotto di me, di sentirmi di nuovo con te.
Voglio esplorarti tutta, come ai vecchi tempi.


E tu.
E noi.

Ti circondo con le braccia, aggrappandomi beato alla tua parte più sensibile, sono talmente emozionato che ti faccio girare a vuoto. Ma che importa! Siamo liberi io e te!

Non abbiamo più nessuno che ci dica dove andare.

Continua a vibrare e spingiti così. Fa’ ciò che vuoi, io ti seguirò.

Il mare non ha confini come l’amore che provo per te. Lo sai che sei tutto per me, non ti ho mai considerata solo un insieme di legname ben scelto ed assemblato.

E ora nessuno scherzo del destino potrà più separarci …

Sto per muovere un passo quando mi sento cingere le spalle e il collo in un modo decisamente volitivo.
Guizzo gli occhi intorno ma non un’ombra coglie il mio sguardo acuto e infallibile.

Mi si raggela il sangue nonostante il tocco sia estremamente piacevole.
 
Non oso immaginare chi ne sia l’artefice, ed ecco che, fuor d’ogni logica, compare.


E lei, fra noi.

È sul ponte, di sotto; come ci sarà arrivata fin lì senza che abbia udito o visto i suoi movimenti?

Gli ondulati capelli color del grano ondeggiano nella lieve fresca brezza salmastra, e mi sorride, invitante e maliziosa, armeggiando con i bottoni della giacca rossa maschile, prestatale da qualche collega del commodoro. Le dona molto insieme a quei pantaloni bianchi e attillati che fasciano le sue gambe lunghe e affusolate.

“Jack … “

Si lecca le labbra scarlatte restando con una misera camicia quasi impalpabile, mentre si stende lentamente supina con le gambe divaricate sulle assi scure, lanciandomi un’altra occhiata inequivocabilmente provocante, ridendo con un timbro che mi solletica pensieri indecenti.


Vorrei, non so …
che lei … o no …

Mi ritrovo una preziosa bottiglia di rum nella tasca della giubba e ne traggo subito beneficio, bagnandomi la gola arida. Strizzo le palpebre non appena il liquore zuccheroso mi giunge allo stomaco surriscaldandolo, e quando le riapro mi ritrovo ad una spanna dalle iridi nocciola della bella e sfrontata aristocratica. Ignoro come ci sia arrivato, ma sono già mollemente adagiato su di lei che, discinta, con la chioma dorata sparsa sul pavimento, freme ripetutamente il mio illustre nome e inizia a spogliarmi dei miei effetti, a partire dalla cintura, non dandomi cagione di capire come tutto ciò sia possibile.

Le mani, le sue …

Le mie membra già le obbediscono ciecamente, sto annegando nella sua bocca ardente e assetata e nemmeno ho voglia di riemergere da questo turbine di movenze sempre più impazienti e audaci.

È tutto così bello e assurdo che mi sento sprofondare, ma so che non posso, giacché sotto di noi ci sei tu a sostenermi, Perla.

Siamo in tre sotto questa ambigua luna; tante volte l’avevo sognato, non era mai successo finora che la mia ardita fantasia prendesse corpo. Il suo. Fresco, acerbo, immacolato, assolutamente irresistibile e per questo tentatore, come un’isola inesplorata, mai battuta da piedi umani, cui hai avuto la ventura di approdare per primo, che ti riserva paesaggi unici, in cui passeresti delle ore ad ubriacarti del dolce suono della risacca di acque cristalline, sulla sabbia tiepida.


Pensiero stupendo
nasce un poco strisciando …

Con le mani traccia più volte il mio profilo e getta via il mio cappello; ci resto male, tuttavia la favorisco sfilandomi in tutta fretta la pesante giacca e il gilet. Senza staccare le labbra carnose dalle mie che brancolano in cerca della sua pelle, mi spinge a ribaltare le posizioni e a sedermi, mi sale addosso mettendosi cavalcioni su di me, abbassandosi e ricoprendomi di piccoli morsi sul collo e provocandomi dei brividi che riesco a mascherare aprendole la camicia e succhiandola allo stesso modo sulle spalle, insinuando le mani sotto il tessuto leggero, strisciando sulla pelle umida della schiena che si inarca.

Affondo le dita sui suoi fianchi minuti cercando disperatamente di liberarla da questi scomodi pantaloni che mi stanno infastidendo non poco.


Si potrebbe trattare di bisogno d’amore
meglio non dire …

Lei intanto mi sfila la casacca e mi esorta a scivolare indietro sul ponte; e quindi mi ritrovo su di te, un’altra volta. Allargo le braccia per tangerti tutta, inspirando il profumo deliziosamente muschiato di acqua di mare, socchiudendo gli occhi e perdendomi in questa sensazione di pacifico godimento che solo il trovarmi con te sa donarmi pienamente.

Ma non professava calorosamente di aver donato il cuore a quello lì?

Il cuore, per l’appunto …


E tu.
E noi.
E lei, fra noi.

Non siamo soli stanotte, mia adorata.

Qualcosa mi solletica il viso. Miss Swann sorride e mi bacia con più trasporto di prima, avvinghiandosi come una letale e affascinante medusa.


Vorrei.

Farò in modo di non scontentarti. Mi rigiro, trascinandola con me, così che sia lei a stendersi, mentre io le resto sopra ma riporto le mani su di te.

Mi tira a sé, avida dei miei sapienti baci, lasciandomi senza fiato, intrappolandomi tra le sue cosce, ancora velate da questa specie di calzamaglia che non nasconde la straripante eccitazione che si propaga come scintilla inarrestabile, i suoi occhi sono lucidi e fondi ed inizia ad annebbiarmi la vista.


Vorrei
e lei adesso sa che vorrei.

Per un attimo sono sospinto ad abbandonare le carezze che ti ho rivolto per strapparle l’inopportuno indumento che costituisce l’ultima barriera al nostro ormai insopprimibile desiderio di congiungerci, ma lei, ancora più insofferente, mi precede.

Le mani, le sue …

Con noncuranza e naturalezza mi lecca una guancia, continuando a strusciarsi sotto di me, guida la mia mano sulle sue sinuosità nude e tenere, incitandomi a renderla mia, senza più esitare come ho galantemente fatto la volta che naufragammo in quella spiaggia, sebbene sono sicuro che anche allora mi avrebbe voluto.

“Prima o poi, poteva accadere sai …”

Premo con più decisione sul suo ventre piatto che attende con malcelata impazienza di accogliermi, sogghignando prima di avventarmi sul suo collo liscio come una pesca.

“Si può scivolare, se così si può dire …”

Le sussurro con voce roca e spezzata dai gemiti che mi cavano i suoi sospiri e il movimento sempre più sinuoso del suo bacino.

Non mi dimentico di te.

Abbandono mollemente un braccio sulle assi di ebano, conficcando le unghie nel legno pieno di graffi, disegnando dei cerchi.


Questioni di cuore …

Un colpo di groppo ci fa sussultare. Spalanco gli occhi e non vedo altro che la ruota del timone girare senza controllo. Afferro le maniglie e tento di riprenderti e di riprendermi.

Ora il vento si è placato, alcune lanterne si sono consumate e le stelle, per quanto risplendano a miliardi lassù, sono troppo lontane, non riescono a rischiarare completamente un vespero ammantato di nubi che nascondono un misero spicchio di luna.

Blocco il timone e mi affaccio alla balaustra, inseguendo per qualche secondo ombre inesistenti.

Mi è parso tutto così reale, per quanto impossibile.

E superfluo.

Ho già te, mia amata che sei un sogno meraviglioso che posso toccare, non me ne servono altri.
Ingannevoli, traditori, perituri.
La carne è traditrice, scalpita ma poi muore; è effimera.

Al contrario, io e te vogliamo entrare nella leggenda, non è così?

Ti do un’ultima carezza prima di dedicarmi alle altre tue parti che mi sono mancate.
Non ci sono rognosi cani bastardi che ci spiano, mi chino a baciarti la balaustra.

Mi scrollo di dosso i postumi di questo insano traviamento e, raccogliendo da terra la bottiglia che avevo appena stappato, me la vado sorseggiando, scendendo il cassero, dirigendomi a prua.
Nella luce tenue delle candele che oscillano dentro le campane di vetro, mi appari in tutta la tua altera e grandiosa bellezza, priva di rozzi marinai che invadano gli spazi di coperta.

Sei soltanto mia.


E tu.
E noi.

Mi fermo con i gomiti poggiati al parapetto, inebriandomi del mite vento di levante che mi scompiglia appena i capelli ed ha lo stesso effetto sulle tue vele cinerine. Sorrido, bagnandomi la bocca con le ultime gocce di rum, mentre il tuo scafo affonda nei flutti.

Non abbiamo bisogno d’altro per essere felici.

“Jack …”

Una voce calda dall’accento latino. L’ho già riconosciuta.

Mi irrigidisco, la bottiglia mi scivola di mano e si frantuma in piccole schegge.


E lei, fra noi.

Mi volto piano e la vedo.

Anche lei, no! È troppo!

Un’avvenente mora, formosa, con le iridi lucenti color cioccolato; mi viene incontro con andatura inesorabile, un’espressione melliflua e furba sul viso incantevole che la dice lunga sulle sue intenzioni nei miei riguardi.

Gli occhi mi cadono irrimediabilmente sull’ampia scollatura della camicia candida che mostra generosamente il suo seno procace, in cui mi diletterei a prendere sonno dopo aver perso le forze a furia di ghermirla.


Vorrei.

Si morde le labbra, passandosi una mano dietro il collo, portando i morbidi capelli castano scuri su un lato e giocando con le punte arricciandole tra le dita e fissandomi provocatoria, attendendo che dica o faccia qualcosa.

Vorrei.

È forse una prova di fedeltà cui ambisci sottopormi, Perla? Sappi che non è affatto equa!

Oramai è sempre più prossima al mio respiro divenuto irregolare.

Devo avere la faccia confusa e smarrita perché, come accadeva in passato, le sfugge una risata, derisoria, seducente e cristallina.


E lei adesso sa che vorrei...

Io … la detesto!

Piccato, mi ricompongo voltandole con insolenza le terga.

Mi abbraccia, appoggiando la testa sulle mie spalle, circondandomi con le sue braccia, famelica mi tasta il petto, riscoprendo cicatrici e punti deboli che solo lei conosce meglio di chiunque altra.


Le mani, le sue.

Terribilmente lunghe e invadenti, avanzano dentro i miei pantaloni. Si è messa pure a tirare i nastri della bandana tra i denti. Quante volte le ho detto che non deve azzardarsi a toccarmela?

Con uno scatto furente la allontano e se i miei occhi avessero la facoltà di espellere fulmini l’avrei già incenerita immantinente.

Invece non le resisto nemmeno per serbare un briciolo di orgoglio e mi ritrovo a stringerla con urgenza, allacciandomi alle curve burrose del suo corpo e ritrovando il miele afrodisiaco delle sue labbra.

È come riapprodare in un amabile territorio che già un tempo ti aveva offerto le sue meraviglie ma che torni a visitare con immenso piacere.

E poi un’altra volta noi due.

La sollevo lestamente per la vita e sorreggendola per qualche metro la posiziono su un barile, continuando a baciarla con un misto di insistenza e indolenza estenuante, percorrendo su e giù la linea dallo zigomo all’incavo dei seni, lasciandomi svestire.

“Te odio porque te quiero todavia …”, ansima incrociando le gambe dietro la mia schiena, trattenendomi con più foga ogni volta che accingo a spostarmi da lei per liberare il piccolo Jack.
“Dolcezza non ti capisco quando parli in spagnolo”, le mento, afferrando i suoi capelli e inducendola a chinare il capo all’indietro per morderle il collo, trafficando con i suoi vestiti che troppo celano alla mia incipiente incontrollabile brama di lei.

Ci guardiamo dritti negli occhi, boccheggianti.

Mannaggia! Pure lei indossa i pantaloni! Piratesse … abili e temerarie come gli uomini, d’accordo. Ma vestitevi da donne!

Sbuffo snervato, lei si slancia verso di me catturando le mie labbra con fervore incontentabile, mi sento sciogliere e aumento la presa sulle sue anche, infilando le dita nel cinto dei suoi calzoni, che non hanno aperture, ma insisto tirandoli verso il basso, sto cominciando a seccarmi e lei non m’aiuta, anzi se la ride!


Vorrei per amore o per ridere,
dipende da me.

Ancorando le mani sulle sue cosce la scosto un poco dal sedile improvvisato, indeciso se portarla in cabina o coricarla sul ponte. Opto per questa seconda scelta più rapida, ma quando getto uno sguardo intorno l’ambiente mi sembra più buio e ostile.

E tu ancora,
e noi ancora,
e lei un’altra volta fra noi.

Mi chiedo se a te starebbe bene, Perla, partecipare a questo incontro intimo. Non è una sciacquetta qualunque, suvvia. Non ti tradirei altrimenti …

Le tue vele si gonfiano di rabbia. Hai ragione: la mollo. L’ho già fatto ed è stato talmente facile pensando che avrei avuto te al posto suo.

Me ne vado, la pianto in asso sul più bello. Vado su di corsa per le scalette del castello di poppa, ma ecco che, quasi arrivato in cima alla balconata, scorgo due gambe vestite di bianco dall’aspetto femmineo e familiare, e di seguito, salendo un altro gradino una cascata di boccoli dorati e due occhi da cerbiatta, o meglio da volpe affamata.

Ignorando le sue impudiche effusioni, mi fiondo direttamente al timone. Trasecolo accorgendomi che la mia postazione è già occupata e mi infurio ancora di più scoprendo chi sia lo sfrontato usurpatore. La chioma castana svolazza nelle raffiche che all’improvviso soffiano violente come presagio di una tempesta imminente.

Non degnando di una parola la spagnola maledettissima, la strattono con malagrazia e ritorno a ghermire la ruota del timone. La Perla ora ha bisogno di me, tuttavia sono impedito a compiere il mio dovere.

La fusciacca che sorregge i miei pantaloni si sta gradualmente allentando, da una parte e dall’altra, per via di due paia di mani, abili e impudenti che si infiltrano come spifferi inclementi attraverso le fessure del mio io, troppo ottusamente sensibile alle sirene del sesso opposto.

Le mani, questa volta sei tu e lei.
E lei a poco a poco di più …

La mia bile esplode in un grido esasperato contro le due insopportabili fanciulle: - Diamine! IO SONO UN CAPITANO! E Voi due, signore, non ne sapete nulla di come vada governata una nave!

Inveisco come un indemoniato.

Però sapete come far perdere la bussola ad un pover uomo innocente, colpevole solo di essere irresistibile.

Sono interminabili settimane che non saggio la terra e il sapore di una donna, dopotutto.

E ora dispongo di due opposti e parimenti mirabili esemplari. Forse non avrei dovuto respingere le loro focose avances in maniera così riprovevole.

Troppo tardi.

La bionda si è pizzicata non meno della bruna, ed entrambe mi hanno cordialmente invitato ad addentrarmi in un luogo assai meno gradito dei loro femminei anfratti, prima di svanire.

Occasione persa? Per niente. La notte è ancora lunga ed io sono con te, amor mio.


Vicini per questioni di cuore
se così si può dire, dirò.

Imbraccio il timone cullandoti.

Con te posso essere semplicemente me. Noi ci capiamo senza parlare, io ti possiedo senza impormi o forse sei tu a possedere davvero il mio spirito e il mio cuore.

Siamo uguali tu ed io. Neri, reietti, inafferrabili, liberi. Obbediamo solo al reciproco bisogno di appartenerci.

T’amo e t’amerò, ti ho conquistata e ti riconquisterò altre mille volte se qualcun altro ardirà separarci.

Ti sento sospirare di ammirazione, mia superba amante. Sì, solo tu conosci il mio me più intimo perché è a te che ho scelto di consacrarmi per il resto dei miei giorni.

Lotterò, te lo prometto, contro il fato e la morte che veleggia sempre più veloce per rubarmi a te. Già ho scorto il suo inquietante sembiante una volta.
Il tempo è prossimo, lui mi reclamerà.

Rolli?

È così, non mi illudo. Ma neppure mi arrendo.

Siamo qui, adesso: trastulliamoci al soffio di questi zefiri …


E tu ancora
e noi ancora,
 ... e lei un’altra volta fra noi .

Mi sento afferrare un braccio. “Angelica?”

Fra noi.

“Es una noche realmente maravillosa “ mi sussurra suadente prendendosi la briga di strambarmi con un bacio terribilmente breve e impertinente, che mi istiga ad inseguirla per rammentarle esaustivamente quello che io stesso le ho insegnato una decina di anni or sono.

Fra noi.

Si nasconde, sfugge. Abbraccio l’albero maestro solido, insieme al suo corpo morbido; vorrei fosse il primo a cedere e piegarsi sotto di me. O probabilmente tutti e due …


- Capitano! Siamo in vista delle coste spagnole! Ci avviciniamo allo Stretto di Gibilterra!

Ricado bruscamente dalla branda, battendo la testa sul comò e poi sul pavimento, gemendo dolorante.
Mi stiracchio, lamentandomi e massaggiandomi la nuca, e stropiccio ripetutamente le palpebre prima di mettere a fuoco la figura pasciuta del mio nostromo Gibbs che si è fiondato nella mia cabina ridestandomi da strani sogni ingannevoli.

- Non si bussa? Scriteriato guastafeste! – lo striglio con un’alterazione che lo lascia balbettante mentre mi fissa paonazzo, soffermandosi in modo pruriginoso sulla patta dei calzoni dove mi si è incastrata la mano sinistra.
La estraggo incurante, lo ringrazio per avermi avvertito e lo caccio via.

Chissà perché mi balena la frivola considerazione che al posto suo avrebbe potuto aprire quella porta la donna di Siviglia, alla quale avevo falsamente proposto di diventare mio primo ufficiale.

Pensiero stupendo,
nasce un poco strisciando.
Si potrebbe trattare di bisogno d’amore.

Magari con lei a bordo non mi sarei perso in sonni tanto lascivi smarrendo la tramontana.

Meglio non dire.

Avrei perso il sonno e basta.
   
 
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