capitolo 1
Bambola di pezza
Martedì pomeriggio.
Le sei del mattino.
Non puoi scrivere che sono le sei del mattino, se sostieni che è pomeriggio!
Diamine, ho completamente perso l'orientamento temporale.
Cognizione del tempo.
Devo essermi ubriacata, non ne ho idea.
Sei del mattino. Martedì pomeriggio.
E se fosse lunedì?
Impossibile, domani c'è la festa.
E se fosse stasera? E se fosse stata ieri?
Cognizione del tempo.
Non ricordo di aver bevuto.
Un cespuglio di riccioli fluttua di fronte a me.
Ho le allucinazioni.
Come posso vedere qualcosa che si muove davanti a me se sto scrivendo?
L'acqua dev'essere tossica.
Devo avvertire Nanny.
Aveva anche un sapore strano.
Tutto a posto, Monika?
Cristo santo.
Che succede?
Concentrati.
Martedì, anzi lunedì mattina.
No, martedì pomeriggio.
Sei del mattino.
Cazzo, c'è troppa musica.
Chi ha acceso lo stereo?
Dov'è la mia penna?
Datemi dell'acqua, diamine.
Cognizione del tempo.
Vedo corpi.
Corpi che si muovono, corpi che danzano.
Troppo lucida, devo essere troppo lucida.
Un bicchiere. Acqua.
Bevo.
Questo ti fa male, piccola.
Lasciami in pace!
È solo acqua.
È solo acqua.
È martedì pomeriggio, sono le sei del mattino.
Lasciatemi bere un po' d'acqua.
Devo scrivere. Devo... devo...
Lasciatemi bere.
«Dai, ancora qualche altro piccolo sforzo»
Dio, che schifo.
Sono seduta a terra, con la testa quasi immersa in un secchio.
Il mio vomito che vi galleggia dentro.
Una scarica di succhi gastrici.
Ho un terribile mal di testa.
Non ricordo quasi nulla, a parte di aver creduto di essermi intossicata con acqua contaminata e di averlo dovuto riferire alla domestica dei miei nonni.
Che strano. I miei nonni vivono in Croazia.
Mi lascio andare ai conati.
Vomito di nuovo.
«Brava, Monika».
Mi volto con il viso verso la voce alla mia destra.
Kristine è al mio fianco, mi sorregge i capelli e mi guarda incoraggiante e amorevole.
Ha legato i suoi splendidi riccioli rossi in un fermaglio. È in ginocchio.
La fisso negli occhi.
«Sei una figura onirica?» Le chiedo.
Sorride divertita.
«Beh, direi ancestrale, nella tua vita».
Ho freddo alle gambe. Mi lancio uno sguardo e noto che indosso un vestitino. Blu traslucido, a bretelle sottili.
Cortissimo.
Un altro conato, spingo la testa nel secchio. Ancora vomito.
«Su, su. Starai bene, tesoro» Cerca di incoraggiarmi Kristine.
La donna della mia vita.
Kristine ed io siamo amiche dal giorno in cui ci incontrammo, in prima liceo.
Sono trascorsi tanti anni, da allora.
Tanti litigi, tanti screzi.
Tanto amore.
Sposto tutto il peso del mio corpo sul braccio sinistro, che cerca di sorreggermi poggiando il palmo aperto della mano meglio che può sul parquet scuro.
Non mi sono ancora resa conto di dove mi trovo.
Inclino il capo lungo la spalla sinistra e inizio a lamentarmi, commiserandomi.
«Dai, amore. Una dormita e passerà».
L'ho fatto di nuovo.
Kristine mi abbraccia.
Ho il viso sporco e puzzo di vomito. Lo sento.
A Kristine non importa per niente. Cerca di asciugare le mie lacrime che pian piano sgorgano dai miei occhi.
«Devi finirla, con quella roba».
«Ho preso qualche pasticca?«»
«No, tesoro. Però ti sei ubriacata di brutto».
Ricordo un tonfo. Devo essere svenuta, per questo ora mi trovo qui e non a vomitare sul ciglio di una strada mentre litigo con la mia migliore amica.
Ho ventisei anni e mi sento una fallita.
Lo sono, a conti fatti.
«Dai, adesso andiamoci a ripulire, che poi ti porto a casa».
Annuisco flebilmente.
Mi alzo, aiutata dalla mia amica, che cerca di sorreggermi con il suo corpo esile.
Mi guardo intorno.
Sono in un'elegante camera da letto.
Di fronte ai miei occhi c'è una porta semichiusa. O semi-aperta.
Vi riesco a scorgere un piccolo bagno di servizio.
Ci dirigiamo verso di esso.
«Kristine – Chiedo io con voce stanca e roca – Che giorno è oggi?»