Ad
Anna, alias “Fulminata”,
la
migliore figlia di Zeus che si
sia
mai vista sull’Olimpo e sulla Terra.
Di satiri,
alberi
pettegoli e fraintendimenti vari
Lo
zoccolo caprino colpì il sassolino, spedendolo a lato della
strada, nascosto da
un ciuffo d’erba verde smeraldo. Era incredibile che un
satiro autorevole come
lui dovesse prendere ordini da un incompetente come Sileno. La cosa gli
dava
sui nervi.
Grover
Underwood, rifletté, era un satiro di tutto rispetto, con
tanto di corna. E non
si sarebbe fatto mettere i pie… ehm, gli zoccoli
in testa così facilmente.
Affondò
le mani nelle ampie tasche dei jeans, continuando a calciare la
sventurata
pietruzza. Tirò fuori dallo zaino una lattina ed
iniziò pigramente a
sgranocchiarla.
Quelle
lunghe passeggiate nel bosco che si concedeva erano un vero toccasana.
Adorava
immergersi nel verde più puro e incontaminato, magari per
fare due chiacchiere
con qualche albero.
Anche
se, quel giorno, le piante sembravano più vivaci del solito.
Parlottavano tra
loro, scambiandosi informazioni e pettegolezzi. Era divertente
ascoltarle. Ma
quel giorno il loro tono di voce era particolarmente sommesso. Doveva
essere
qualcosa di davvero grosso.
Grover
tese l’orecchio, per cercare di captare qualche parola. La
curiosità lo stava
corrodendo da dentro. Ed era fastidiosa.
“Hai
saputo di
Helen?”
Una
quercia. L’albero più pettegolo di tutto il bosco.
Scoop assicurato.
“Cosa?
Quella figlia
di Afrodite?”
E
un faggio. Estremamente curiosi.
“Sì,
quella appena
arrivata al campo. Hai saputo?”
Il
faggio aspettava trepidante il racconto. Grover percepì la
sua impazienza.
La
quercia abbassò la voce. Il satiro dovette sforzarsi di
capire più parole possibile.
“Pare
che tale Helen
abbia baciato un suo compagno!”
Queste
furono le parole sommesse della quercia. Ma, ovviamente, non furono
quelle che
giunsero alle orecchie del giovane satiro.
Helen
era scivolata nel bagno? Poverina, chissà se si era fatta
male! E comunque,
avrebbe dovuto parlare con Percy. Doveva smetterla di
giocare con l’acqua come
un bambino. Non era la prima volta che qualcuno finiva dritto in
infermeria.
“Sul
serio?”
“Oh, assolutamente!”
“E com’è questa
Helen?”
“Be’, è davvero
carina: d’altronde, è una figlia di Afrodite.
Bionda, occhi azzurri… un
classico. E tiene molto alla pulizia.”
Cosa?
La polizia? Allora era una cosa seria! Doveva essere successo qualcosa
di
grosso!
“E
dimmi: come è
successo?”
La
quercia rise. Evidentemente non ci credeva neanche un po’.
“Lei
dice che è stato
un caso…”
Un
caso? Allora era successo sul serio qualcosa di brutto! Cosa ne era
stato di
Helen? Cosa le era successo?
I
due alberi, però, non risposero alle sue domande.
Probabilmente si erano
accorti che Grover stava origliando. Agli alberi non piaceva essere
ascoltati.
Il
satiro morse per l’ultima volta la sua lattina e si
allontanò, per niente
soddisfatto di quella conversazione.
Il
campo sembrava in subbuglio. Dozzine di semidei facevano dozzine di
cose nel
caos più totale. I figli di Apollo si allenavano con archi e
frecce. Grover lo
trovava estremamente stupido: in fondo, non ne avevano alcun bisogno.
Le
figlie di Afrodite chiacchieravano e si truccavano specchiandosi nel
laghetto.
I figli di Atena erano al tavolo da lavoro, progettando
chissà che cosa. Grover
notò che Annabeth non era con loro. In
quell’ultimo periodo Annabeth spariva
spesso. E anche Percy, a pensarci bene. Il perché, era un
mistero.
E,
a proposito di misteri… Gli tornarono alla mente le parole
dei due alberi. Il
satiro aveva tutta l’intenzione di scoprire cosa era successo
alla povera
Helen. Certo, la faccenda non gli era del tutto chiara, ma era suo
dovere
saperne di più.
Forse
le figlie di Afrodite sapevano qualcosa. Forse, i figli di
Apollo…
Indeciso
sul da farsi, si avviò verso la Casa Grande, senza uno scopo
preciso.
Probabilmente avrebbe chiesto a Chirone. Di sicuro ne sapeva
più di lui.
Attraversò
i campi di fragole. Alcuni satiri lo salutarono calorosamente.
Costeggiò il
laghetto, ignorando le ninfe che lo abitavano.
Ovviamente,
non aveva notato Percy che, sull’altra sponda, stava
giocherellando con una
bolla d’acqua delle dimensioni di un pugno.
-
Ehi, Grover!
Il
satiro sobbalzò, perdendo l’equilibrio. Cadde
goffamente in acqua, scatenando
le risate dell’amico e qualche piccola onda.
-
Tutto bene? - chiese il figlio di Poseidone, cercando di frenare le
risa.
-
Ero solo distratto - si giustificò Grover, facendo leva
sulle braccia per tirarsi su ed uscire dall'acqua. - Niente di che.
Percy
si sedette accanto all’amico che scuoteva le zampe caprine
per liberarle dall’acqua.
-
Dai, spara. -
Il
satiro attese qualche secondo prima di rispondere.
-
Be’, vedi… - attaccò. - Ero nel bel
mezzo della mia passeggiata quando ho
sentito due alberi che…
-
Aspetta, - si intromise Percy. - Tu parli
con gli alberi?
Al
figlio di Poseidone scappò un risolino. Mormorò
qualcosa come: “E’ assurdo!” e
scoppiò in una vera e propria risata.
- Sì,
ridi pure! - lo prese in giro il satiro,
per nulla divertito. - Certo non sono io quello che parla con i cavalli!
Il
figlio di Poseidone smise di ridere.
-
Stavi dicendo? - chiese.
-
Che fai, cambi discorso adesso? - lo schernì ancora Grover,
facendosi sfuggire
un risolino.
-
Oh, ma figurati! Non faccio mai cose del genere!
-
Allora non ti dirò niente del misterioso caso che
è accaduto qui al Campo!
-
C-caso? Di cosa stai parlando? Guarda che qui non-…
Ma
il satiro si era già alzato e saltellava via, fiero del suo
segreto. Era
martedì: e martedì era giorno di enchiladas.
Angolo
autrice: Mi
ero ripromessa di
scrivere qualcosa di pazzo, ma mai avrei pensato di scrivere una cosa
del
genere e, soprattutto in questo Fandom!
Immagino che sarà la prima di tante One-shot - e,
chissà?, magari anche
qualche long-fic -, perciò state pronti! Semidio avvisato,
mezzo salvato!
Dunque, alla prossima. Eternamente vostra,