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Autore: laverde    08/10/2012    2 recensioni
Una reaction fic post – 4x04
“E invece, nell'istante in cui quella porta si spalancò, fu come se l'aria si congelasse. Un ghiaccio caldo, però. Kurt lo fissava con occhi sgranati e con una tale delizia nello sguardo che per Blaine fu come se il suo cuore si spaccasse [...]."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimenti preliminari:

Rating verde come un romantico prato di primavera. Un po' di poesia, un po' più di sciocchezza (perchè le relazioni sono così).

La fic è già completa, breve ma intensa. Si comporrà di 4 capitoli + 1. Insomma, 5. Tempi di pubblicazione da valutare in itinere.

Che dire. Spero vi piaccia come a me è piaciuto scriverla!





Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile.
Capitolo 1.


Ormai le giornate avevano iniziato a susseguirsi anonimamente, una dietro l'altra, senza lasciare un impronta nella memoria di Kurt. Ogni giorno era uguale a quello precedente e, di certo, a quello successivo. Alzarsi la mattina, alimentarsi, idratarsi, uscire di casa a guadagnarsi da vivere erano divenuti gesti non più semplicemente routinari, ma meccanici e vuoti.

Prima di quel giorno straziante, le sue azioni erano guidate da entusiasmo e nobili scopi: costruirsi una carriera, trovare il suo posto nel mondo, in quel lato nel mondo che più gli piaceva, e in questo lato di mondo preparare una tana, una cuccetta, un posto accogliente dove accogliere, tra solo un anno, Blaine.

Dividendo l'appartamento con Rachel non aveva totale libertà nello scegliere l'arredamento, ma tutte le scelte che compiva nascevano pensando se Blaine le avrebbe condivise. Pensando a quando anche lui avrebbe utilizzato quegli oggetti, come fossero propri, e che quindi dovevano essere perfettamente di suo gusto. Quel plaid verde oliva a motivi scozzesi? È del colore degli occhi di Blaine. Quel set di pirottini di silicone? Blaine adora i muffins, quando verrà a trovarmi gliene preparerò un quintale. Quello stupido aggeggio per massaggiarsi la testa? Pensava sarebbe stato divertente usarlo su Blaine e vederlo impazzire mentre gli rovinava l'acconciatura.

Ora tutti questi stupidi oggetti erano fastidiosi e carichi di dolore, nostalgici ancora prima che Blaine potesse averli visti.

 

 

Un indefinito tempo dopo quella sera terribile, forse un mese, forse tre o quattro, di venerdì, Kurt tirava un sospiro di stanchezza rientrando da lavoro. Quella giornata fortunatamente si era conclusa prima di quanto temesse, e bramava al pensiero di potersi accasciare sul divano in anticipo sulla tabella di marcia.

Rachel si sarebbe trattenuta a scuola ancora per delle ore, poiché a breve ci sarebbe stata la prima dello spettacolo di Broadway in cui era riuscita ad ottenere una particina, per cui la casa era tutta per Kurt.

Accese la televisione su Fashion Star e si accostò ai fornelli, dove si preparò un pasto veloce e poco calorico, come tutti i suoi pasti da ormai non sapeva più nemmeno quanto. Non era sicuro fosse il massimo per la sua salute, ma riteneva anche sarebbe stato un problema del futuro Kurt, non suo.

Piatto alla mano, si trascinò sul divano, accoccolandosi tra le spire di un plaid, quello stupido plaid (ormai la cosa più vicina all'abbraccio di un uomo di cui disponeva) e si concentrò sulla trasmissione televisiva.

“H&M, sei la cosa più cheap di questo pianeta. Mi seccasse il cielo se un giorno ti manderò il mio curriculum.”

Presto la stanchezza e la digestione presero il sopravvento su di lui, e si ritrovò piegato su un fianco con la faccia immersa nella coperta, senza sapere bene da quanto tempo fosse lì. Di certo il tempo sufficiente da avergli procurato una dolorosa fitta intercostale.

Mentre si stropicciava il viso tentando di recuperare il decoro, sobbalzò quando dalla porta dell'appartamento giunse un forte e secco bussare. Kurt rivolse un'occhiata sgomenta nella direzione da cui proveniva il suono, domandandosi chi diavolo fosse così folle da pretendere che lui aprisse la porta per mostrare a chicchessia il suo aspetto catatonico e certamente poco pettinato. Stava per tornare ad accomodarsi bellamente tra le coperte quando il bussare si ripeté, più a lungo di prima.

“Va bene, va bene...” borbottò, alzandosi barcollando. Si lisciò la maglietta e si passò una mano tra i capelli e rabbrividì sentendo che, dopo il sonnellino fuori programma, un lato della sua chioma era completamente schiacciato. Sperò che il misterioso e inopportuno visitatore non fosse una persona di grandi pretese.

“Buonasera gentile ospite, la tua visita è veramente gradita!” declamò, mentre afferrava la pesante porta scorrevole e la spingeva con energia di lato.

E quello che vide lo lasciò senza fiato.

Forse doveva aver passato troppo tempo con la faccia sepolta nella coperta verde oliva, che gli ricordava gli occhi di Blaine eccetera, ma quella non sembrava proprio un'allucinazione.

Era semplicemente Blaine.

Blaine con addosso una bellissima giacca color cammello, jeans scuri e non indossava il papillon. Ora che ci pensava, non lo indossava nemmeno l'ultima volta che era venuto a trovarlo, quando aveva deciso di affrontare delle ore di volo per annunciargli di averlo tradito e per incolparlo di ciò. Che avesse volutamente smesso di indossarlo? Come doveva interpretarlo? Ma soprattutto... perché si trovava davanti a lui in quel momento?

Blaine aveva un'aria mortificata ed intimidita, e si era probabilmente accorto che il muto fissarlo da parte di Kurt si stava protraendo eccessivamente. Alzò lentamente le sopracciglia.

“Ku... Kurt?”

L'altro ragazzo si riscosse dal suo stupore ed esalò un “Blaine!”, la voce arrochita dallo shock. Un'esultanza animalesca stava prendendo spazio nel suo cuore, cancellando ogni sentimento di rabbia e rancore che l'aveva accompagnato negli ultimi tempi e che si era follemente giurato di coltivare per l'eternità.

Si fece da parte e con un cenno della testa lo invitò ad entrare.

 

 

Da quel giorno, cambiò tutto.

Nel mondo di Kurt le cose divennero belle e splendenti come non mai, i colori più accesi, i contorni degli oggetti più nitidi, i sorrisi delle persone più amorevoli, la sua routine si elettrizzò di rinnovata motivazione.

Il plaid verde oliva del divano era piaciuto molto a Blaine, il quale convenne nell'affermare che in effetti somigliava al colore dei suoi occhi, e anche il suo sedere nudo sembrò apprezzarlo molto. L'aggeggio per massaggiare teste fu da Blaine esaminato con curiosità, e annusandolo si poteva sentire ancora un vago sentore del suo gel per capelli. I pirottini non li vide, ma non importava.

Blaine si era accomodato nella tana che Kurt aveva approntato per lui, l'avevano condivisa, si erano amati all'interno di quel rifugio.

Dal momento in cui Kurt fece entrare Blaine nell'appartamento, sembrò subito lampante ad entrambi che era pazzia anche solo ipotizzare di poter passare oltre e dimenticare ciò che c'era tra loro. Qualcosa di vivo e pulsante tanto quanto il primo giorno: non si erano mai svegliati dal loro sogno adolescenziale. Eterni ragazzini innamorati che, diventando adulti, accettavano la responsabilità e la fatica di superare ostacoli e fare in modo che le ferite che la distanza apriva tra loro fossero sempre ricucibili, e vivere le cicatrici che rimanevano come conferme che insieme era meglio.

Quella notte parlarono a lungo, con una naturalezza che nessuno dei due credeva possibile. Kurt l'aveva odiato per mesi a causa del suo tradimento, e Blaine per mesi aveva odiato Kurt a causa della sua spietatezza nel tagliarlo fuori dalla sua vita.

Blaine era partito da Lima, come folgorato, decidendo di ingoiare la tensione che lo uccideva e chiedere il perdono di Kurt. Non più con messaggi che non ricevevano risposta, chiamate che nessuno raccoglieva, bigliettini e penosi mazzi di fiore destinati a marcire sul fondo di un cassonetto. Per tutto quel tempo la vergogna e il rancore del rifiuto lo avevano trattenuto dal farsi rivedere a New York, ma aveva capito che il suo orgoglio non valeva la pena del vivere una vita anestetizzata dal rimorso.

E Kurt, nel momento stesso in cui si ritrovò a guardare compiaciuto Blaine che si aggirava imbarazzato nel suo appartamento, tentando di sembrare naturale mentre commentava l'ottimo gusto con cui era arredato, capì che in cuor suo non aveva mai desiderato altro che perdonarlo. Voleva credere a Blaine quando quello giurava non esserci assolutamente nessun altro nella sua vita, che nulla aveva significato in sua assenza, che l'unica sua colpa era essersi lasciato andare alla sofferenza causata dalla distanza. Voleva tentare di comprendere le ragioni che l'avevano spinto, e i sentimenti che provava in quei momenti. Voleva accettare gli errori dell'uomo che amava e accettare che il loro non fosse l'amore perfetto ed idilliaco di cui era convinto al liceo, ma che era ugualmente vero e vitale.





Ehi? Dai, sembra già finita ma non lo è. Abbiate fede :)
 

  
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