Ten Things I Hate About You
Un
taxi si fermò davanti a un imponente edificio di mattoni rossi, circondato da
un basso cancello scuro; una delle porte che dava sul retro si aprì per lasciar
scendere un giovane ragazzo spaurito, con il naso all’insù e i suoi grandi
occhi azzurri sgranati. Subito dietro di lui, scese una ragazza bassina, con i lunghi capelli mossi scossi dal vento e un
sorriso entusiasta sulle labbra.
«Kurt,
non posso credere di essere qui! Con te!» esclamò, abbracciando forte il
ragazzo al suo fianco.
«Già,
neanch’io…» le rispose il
ragazzo senza fiato, ricambiando l’abbraccio dell’amica.
«Ehi,
voi due! Avete intenzione di scaricare i vostri bagagli o siete rimasti imbambolati?»
Il
tassista li riportò alla realtà con la sua voce e i suoi modi poco cordiali.
Così i ragazzi scaricarono le loro valigie dal taxi, pagarono la corsa e si
avviarono dentro l’edificio. Una targa d’ottone lucido troneggiava all’entrata,
recitante solo le seguenti lettere: NYADA.
***
Persino
le loro valigie non sembravano tanto pesanti mentre si trascinavano lungo il
corridoio, alla ricerca delle loro rispettive stanze. Kurt salutò Rachel
davanti a una porta di legno scuro e si avviò da solo fino al piano di sopra,
dove si trovavano le stanze dei ragazzi. Giunto davanti a una porta con su
appeso il numero 8, fece un profondo respiro prima di abbassare la maniglia e
aprire la porta.
Circa
un nanosecondo dopo – il tempo di realizzare esattamente ciò che aveva davanti
agli occhi – la richiuse di scatto, rosso in viso e con il battito del cuore
accelerato per la sorpresa e anche per ciò che aveva visto. Stringendo la presa
sui manici delle sue grosse valigie, Kurt fece qualche passo all’indietro, incapace
di staccare gli occhi da quella porta… che
improvvisamente si aprì.
Una
testa riccia spuntò dalla fessura tra la porta e lo stipite, due occhi color
nocciola – o verdi? – si fissarono su Kurt, che notò quanto anche il ragazzo di
fronte a lui avesse le guance rosse, sebbene per altri motivi.
«Ciao!»
gli disse lo sconosciuto con voce affannata. «Scusa per…
beh, quello.» Fece un gesto strano, come se stesse per allungare la mano per
presentarsi correttamente ma poi sembrò ripensarci su.
Tieni quella mano lontana da me! Pensava Kurt nel frattempo.
«Sono
Blaine comunque…» continuò
l’altro, sorridendogli.
«Kurt,»
rispose con la voce più fredda e distaccata possibile, nonostante le sue guance
fossero ancora rosse.
«Io… beh, è meglio che vada. Ti dispiace aspettare – uhm… mezz’ora?»
Una
parte di Kurt avrebbe voluto rispondergli di no, che non avrebbe aspettato, che
pretendeva di entrare nella sua stanza in quel preciso istante, ma gli fu
impedito dall’espressione da cucciolo che il suo futuro compagno di stanza
aveva appena assunto. E così Kurt si trovò a dirgli che certo, non aveva nessun
problema a tornare tra mezz’ora, e dopo un frettoloso grazie da parte
dell’altro si era ritrovato di nuovo a fissare la porta chiusa.
Rimase
fermo imbambolato per qualche istante, cercando di cacciare via dalla sua mente
la scena cui aveva appena assistito, finché un gemito che non lasciava spazio a
dubbi si levò da dietro la porta chiusa. Pertanto Kurt si voltò, il viso in
fiamme, e volò giù fino davanti alla stanza di Rachel.
«Rachel,
aprimi, sono Kurt!»
La
ragazza comparve sulla soglia, sorridente e con i capelli raccolti in una coda,
ma quando vide l’espressione sconvolta del suo migliore amico, lo fece entrare
chiedendogli cosa fosse successo, preoccupata.
«Il
mio compagno di stanza stava facendo sesso e mi ha chiesto di tornare fra
mezz’ora,» snocciolò in un fiato.
«Oh!»
disse la ragazza sedendosi al suo fianco con un sorrisetto sulle labbra. «Beh,
sono cose che capitano nei dormitori… Non dovresti
sorprenderti più di tanto, soprattutto perché credo che ne vedremo di tutti i
colori in giro per New York.»
«Credimi,
Rach, ho visto abbastanza!»
***
Kurt
si presentò in stanza circa un’ora dopo. Non bussò – dopotutto, quella era
anche la sua stanza e non capiva perché mai dovesse chiedere il permesso di
entrarci – ma comunque la aprì lentamente e facendo sì che una delle sue
valigie sbattesse contro il legno, di modo che chiunque ci fosse stato
dall’altra parte lo avrebbe sentito.
Dato
che non ci fu nessun segno, né rumore, strano, Kurt aprì completamente la porta
ed entrò nella sua stanza. Il suo compagno era seduto a gambe incrociate sul
letto, un libro sulle ginocchia e lo sguardo concentrato. Non appena lo sentì entrare,
alzò lo sguardo e si alzò dal letto, sorridendogli mentre gli veniva incontro
con la mano tesa. Kurt l’afferrò, guardandola prima con occhio critico.
«Piacere,
io sono Blaine Anderson.»
«Kurt
Hummel.»
«Scusa
per prima… Avrei dovuto pensare che saresti potuto
arrivare da un momento all’altro,» si scusò il ragazzo, grattandosi la testa
riccia e squadrandolo da capo a piedi con aria dispiaciuta.
Kurt
rimase fermo sotto lo sguardo caramellato – verde, nocciola, che diamine di
colore è? – del suo compagno di stanza, e si sentì invadere da una profonda,
inspiegabile sensazione di fastidio e da una voglia incontrollabile di far
smettere a quegli occhi di scrutarlo. Sarebbe stato troppo brutto tirargli un
pugno in pieno viso?
«Oddio,
e ora chissà quale idea ti sarai fatto di me! Io… non
capita spesso, ma a volte succede. È che mi piace divertirmi…»
Kurt
rimase per un attimo in silenzio a fissarlo, domandandosi effettivamente il
motivo del suo comportamento – anche se, effettivamente, non erano affari suoi
– e scacciando via la sensazione che ci fosse molto di più sotto.
«Beh,
vedi di non farlo più succedere.» Kurt si voltò, spostando le sue valigie fino
a posarle sul letto e concentrandosi sui suoi vestiti, così che non poté
cogliere il tono sarcastico di Blaine.
«Certo.»
***
Le
lezioni alla NYADA cominciarono, e Kurt fu totalmente assorbito da esse. La
loro insegnante di danza, Cassandra July, era una
stakanovista, sembrava prendersela con tutti gli studenti, ma pareva proprio
che avesse preso Rachel in antipatia. Kurt si impegnava tantissimo, era sempre
uno dei primi a imparare le coreografie, ma mai quanto Blaine.
Dopo la prima lezione insieme, Kurt poteva giurare che Blaine
sembrava nato per ballare; non l’avrebbe mai detto, ma Blaine
era davvero bravissimo. Quasi senza che se ne accorgesse, si trovò a stringere
i pugni mentre guardava la loro insegnante congratularsi con Blaine e praticamente adorarlo con lo sguardo.
E
non fu la sola. Anche tutti gli altri loro insegnanti sembravano venerare Blaine. Il loro insegnante di canto se ne innamorò fin da
subito, fin da quando Blaine aprì bocca per
solfeggiare; la loro insegnante di dizione decretò che Blaine
non avrebbe avuto bisogno delle sue lezioni, e lo costrinse ad aiutarla con
tutti gli altri studenti; il loro insegnante di recitazione rimase a bocca
aperta quando Blaine riuscì a far sciogliere metà del
suo pubblico in lacrime – e no, Kurt non aveva nessun magone in gola,
assolutamente – nella sua interpretazione di Christian di Moulin Rouge.
Tutti
adoravano Blaine. Aveva un nugolo di studenti
petulanti al seguito, persino i ragazzi più grandi lo veneravano. Kurt invece,
lo odiava. Non ce l’aveva con lui solo perché fosse invidioso di lui e della
sua bravura – anzi, era a dir poco stimolante avere un tale elemento in classe
insieme, perché lo spronava a impegnarsi sempre di più – ma i motivi erano ben
altri.
Tanto
per cominciare, Blaine sembrava sempre fissarlo in un
modo che Kurt non riusciva a interpretare, e che lo mandava in confusione; poi
aveva il vizio di usare qualsiasi bagnoschiuma o shampoo si trovasse sotto
mano, non importava di chi fosse, e Kurt si era quindi ritrovato ben presto
senza niente ed era stato costretto ad andarsene a comprare dell’altro – a
nulla erano valse le sue proteste, Blaine si era
limitato a scusarsi con quel suo sorriso perfetto, ma aveva poi continuato a
usare i prodotti di Kurt. Non aveva nessun senso del pudore, o per lo meno così
sembrava, dal momento che usciva dal bagno sempre con un asciugamano legato
alla vita e un sorrisetto sulle labbra, intento a fissare un Kurt rosso come
non mai. Il fatto che fosse sempre circondato da adulatori, non permetteva a
Kurt di studiare in santa pace nella sua stanza, o perché erano proprio
fisicamente presenti lì, oppure perché erano fuori dalla porta a schiamazzare
per cercare il coraggio di bussare.
E infine… beh, Blaine non aveva
ancora perso il vizio di portare le sue nuove conquiste in camera, costringendo
Kurt a una veloce ritirata.
Era
un freddo pomeriggio di fine ottobre quando Rachel gli aprì la porta della sua
stanza senza dire una parola – l’espressione sul viso di Kurt le bastava per
sapere il motivo della presenza del suo amico lì.
«Un’altra
volta?» chiese Rachel più per cortesia che per altro.
Kurt
sbuffò, prima di andarsi a sedere a gambe incrociate sul letto di Rachel,
annuendo alla sua amica. Non capiva il motivo per cui si sentisse così male a
causa di Blaine e delle attenzioni che tutti
sembravano riservargli, e dei ragazzi che gli gironzolavano intorno; più che
altro non sapeva spiegarsi il fastidio di doversene andare dalla sua stanza
ogniqualvolta Blaine avesse delle…
visite.
Proprio
in quel momento, la compagna di stanza di Rachel fece capolino con la testa dal
bagno, fissando lo sguardo su Kurt.
«Oh
Kurt! Se tu sei qua, vuol dire che Blaine è…?»
Kurt
aggrottò le sopracciglia. La ragazza squittì
e si precipitò fuori dal bagno in accappatoio per afferrare il cellulare e
iniziare a digitare velocemente sulla tastiera.
«Cosa
diavolo…?»
«Oh,
credimi Kurt, non lo vuoi sapere,» disse Rachel ridacchiando ma, dopo
l’occhiata eloquente del suo amico, riprese a parlare con uno sbuffo. «Hanno
fondato tipo un fan club di Blaine Anderson, e non si
lasciano scappare neanche una notizia su di lui, soprattutto sulla sua vita… sessuale.»
Kurt
grugnì e affondò il viso tra le braccia.
«Ma
lo sanno che è gay, sì?»
«Sembra
che non importi, anzi.»
Kurt
rimase lì per circa un’ora e mezza, indispettito come non mai, ma soprattutto
confuso. Capitava che lo fermassero in giro per la scuola per chiedergli di Blaine, e Kurt all’inizio rimaneva senza parole, colto del
tutto alla sprovvista. Poi però aveva iniziato a rispondere male a tutti.
Odiava il fatto che lo conoscessero solo come “il compagno di stanza di Blaine Anderson”, si sentiva quasi come Ron Weasley. Con la differenza però, si disse, che per lo meno
Ron ed Harry erano amici, lui e Blaine invece
cos’erano? Solo dei semplici compagni di stanza.
***
Kurt
fremeva di rabbia, camminando per i corridoi come una furia diretto in aula
canto. Non capiva il motivo per cui il loro insegnante di canto sembrasse odiarlo
così tanto, davvero non capiva; non arrivava mai in ritardo a lezione, svolgeva
per bene ogni esercizio veniva loro assegnato, e soprattutto, non sembrava di
avere una brutta voce, anzi. Entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle
spalle e cercando con tutte le sue forze di non sbatterla, e si andò a sedere
davanti al pianoforte.
Era
davvero stufo. Uno studente lo aveva
appena fermato per chiedergli di Blaine, e davvero
era l’ultima cosa cui voleva pensare al momento; aveva fin troppi problemi già
di suo, senza che si aggiungesse il fastidio e la confusione che provava ogni
volta che veniva nominato Blaine. Senza pensarci,
sollevò una mano e posò un dito su un tasto a caso, sospirando. Aveva bisogno
di calmarsi, e c’era solo una cosa che sarebbe stata in grado di farlo; peccato
che la sua stanza fosse off limits. Così iniziò a
suonare, le note di Defying Gravity si
levarono alte, nel silenzio, seguite poi dalla voce di Kurt.
Wicked
riusciva sempre a
calmarlo; era il suo musical preferito, sarebbe stato un sogno esibirsi in quell spettacolo. Kurt chiuse gli occhi mentre continuava a
cantare e suonare contemporaneamente; non aveva bisogno di guardare i tasti,
conosceva a memoria le note, e le sue mani si muovevano come se fossero state
dotate di vita propria. La sua voce acuta riempì l’aria, senza sbagliare una
nota, senza stonare mai. Quando arrivò alla fine, Kurt aveva il fiatone, ma si
sentiva incredibilmente meglio.
Un
applauso alle sue spalle lo fece sobbalzare. Si girò, chiedendosi come avesse
fatto a non sentire la porta aprirsi, e gli occhi quasi gli uscirono dalle
orbite nel vedere la persona che stava applaudendo. Blaine
era appoggiato allo stipite della porta, un sorriso gentile sul volto, gli
occhi più luminosi che mai; continuava a guardare Kurt, applaudendo
educatamente ancora un po’ prima di fermarsi.
«E’
stato stupendo,» disse, avvicinandosi.
Kurt
gli diede le spalle, ritornando a fissare la tastiera. Cosa ci faceva Blaine lì? Non doveva essere in camera loro a divertirsi?
Sarebbe stato maleducato chiederglielo, vero?
Kurt
si strinse nelle spalle – nonostante fosse felice del complimento appena
ricevuto – senza osare alzare lo sguardo su Blaine,
che si era appena seduto vicino a lui sullo sgabello davanti al pianoforte. Blaine appoggiò le dita sulla tastiera, cominciando a
suonare una melodia inventata sul momento, ma non per questo meno bella. E Kurt
si sentì invadere da un calore inaspettato.
«Grazie,»
si trovò a dirgli, mentre un piccolo sorriso gli spuntava sulle labbra.
Blaine si fermò e Kurt poté sentire il peso
degli occhi dell’altro ragazzo puntati su di lui; si trovò ad alzare lo
sguardo, legandolo a quello del suo compagno di stanza.
«Se
stavi cantando una canzone di Wicked vuol dire
che c’è qualcosa che non va.»
Kurt
sgranò gli occhi. E lui come diamine faceva a sapere quanto Wicked lo calmasse? Come faceva a sapere che, quando era triste o
arrabbiato o confuso, gli piaceva sedersi sul suo letto, le cuffie e le canzoni
di quel musical nelle orecchie?
Blaine scoppiò in una breve risata davanti
allo sguardo sconvolto di Kurt, e fu costretto a spiegarsi.
«Circa
un mesetto fa, tu e la tua amica Rachel stavate parlando di Wicked; e tu hai detto quanto ti aiuti
quando sei triste o arrabbiato,» fece una pausa, godendosi ancora un attimo
l’espressione stupita di Kurt. «Scusa, non ho potuto fare a meno di origliare. Wicked è anche uno dei miei musical
preferiti.»
Kurt
era senza parole. Come faceva Blaine a ricordarsi di
una cosa che aveva detto settimane prima, per di più non a lui? Continuò a
guardare il suo compagno di stanza, che riprese a suonare il piano, lo sguardo
fisso sulle sue dita che si muovevano veloci sui tasti.
«Il
professor Reeves mi sta facendo ammattire,» si ritrovò ad ammettere Kurt, senza
sapere il motivo per cui glielo stesse dicendo.
«L’ho
notato,» annuì Blaine, senza smettere di suonare.
«Suppongo sia geloso…»
«Come
scusa?»
«Non
mi dire che non lo sai,» ridacchiò Blaine. «Un tempo,
quand’era ancora un ragazzo, il professor Reeves era un controtenore, uno dei
più promettenti in realtà. Poi però si ammalò gravemente, e non poté cantare
per un bel po’… quando riprese a cantare, la sua voce non era più come prima.»
Ora la musica aveva assunto un tono triste.
Kurt
rimase a bocca aperta; si sentiva in colpa per tutte le volte che aveva dato
contro il professore.
«Non
lo sapevo…» sussurrò, più a se stesso che a Blaine, che smise improvvisamente di suonare e si alzò.
«Non
devi prendertela, lui cerca solo di spronarti quanto più possibile,» disse
prima di lasciare la stanza con un altro sorriso gentile rivolto a Kurt.
Il
ragazzo rimase immobile ancora un bel po’ prima di alzarsi e seguire Blaine in stanza. In questi primi due mesi si era tanto
concentrato sui difetti di Blaine, che forse nella
sua mente se lo era dipinto peggio di quanto in realtà non fosse.
***
Kurt
cominciò a osservare Blaine sempre più spesso nelle
settimane a venire; sotto sotto se ne vergognava, gli
sembrava quasi di stalkerarlo o simili, ma non riusciva a non
guardarlo. Blaine era gentile. Come aveva fatto a non
accorgersene prima? Era sempre educato e disponibile con tutti, sembrava non
tirarsela affatto per tutte le attenzioni che gli riservavano, anzi, una volta
lo vide persino sbuffare un secondo prima di rivolgersi al nugolo di ragazzi
intorno a lui con un sorriso cordiale sul viso, pronto ad ascoltarli e dar loro
consigli o qualsiasi cosa volessero. Blaine si
impegnava tantissimo, studiava come un matto per stare dietro a tutto, fino a
notte fonda; e, in quelle occasioni, si ritirava in bagno a studiare, di modo
da permettere a Kurt di poter dormire
con la luce spenta. Kurt era così intento ad odiarlo che non si era nemmeno
accorto del fatto che Blaine avesse iniziato a
comprare gli stessi suoi prodotti per la doccia, di modo che, anche in caso li
avessero confusi, non sarebbe stato poi tanto un dramma.
Nonostante
tutto, però, Blaine continuava a portare in stanza ogni
volta un ragazzo diverso; ma anche in queste occasioni, lasciava una delle sue
cravatte appese alla maniglia della loro stanza, di modo che Kurt sapesse in
anticipo prima di entrare. Oppure, quando Blaine
entrava in stanza, ridendo e baciandosi con il ragazzo di turno, si staccava e
chiedeva sempre cortesemente a Kurt se potesse andare da Rachel e tornare dopo
un’oretta, sempre con lo stesso tono educato. Kurt così si alzava e se ne
andava, sebbene con il cuore pesante e la voglia di prenderlo a pugni.
Tuttavia,
Blaine era davvero gentile, non solo con tutti, ma
anche con lui. Gli sorrideva sempre, a volte lo aiutava quando lo vedeva in
difficoltà con qualche esercizio – non che la cosa capitasse spesso – e Kurt lo
sorprendeva più volte a fissarlo con quegli occhi stupendi, luminosi come non
mai e che lo lasciavano sempre destabilizzato.
E
poi, arrivò il momento di iniziare a prepararsi per lo spettacolo di Natale. Il
professor Reeves, ogni anno, permetteva all’allievo più bravo di scegliere se
cantare un assolo o un duetto e, nel secondo caso, di scegliere il proprio
compagno. Quell’anno nessuno si stupì quando il professore disse a Blaine di scegliere; quello che però nessuno si aspettava,
era che Blaine scegliesse il duetto.
«Ne
sei sicuro?» chiese il professore, guardandolo come se fosse pazzo.
«Sicurissimo.»
«E
chi vorresti come compagno di duetto?»
Kurt
poteva percepire la tensione e il senso di aspettativa che era appena sceso
sull’aula; anche lui era curioso di scoprire chi avrebbe scelto Blaine, ma di certo non pensava di poter essere scelto.
Proprio in quel momento però, lo sguardo di Blaine si
posò su di lui, e il suo viso si aprì in un sorrisetto strano, a metà tra il
dolce e qualcosa che Kurt non riuscì a interpretare.
«Vorrei
cantare con Kurt.» Sull’aula scese un silenzio tombale. «Sempre se sei
d’accordo,» continuò Blaine, questa volta
rivolgendosi direttamente a Kurt.
E
il ragazzo, con la gola secca e gli occhi quasi fuori dalle orbite per quanto
era sconvolto al momento, si ritrovò ad annuire, mentre Rachel al suo fianco
gli dava una gomitata sul fianco per scuoterlo dal suo stato di stupore.
«Sì,
va bene…»
***
Le
luci si spensero mentre il numero prima del loro duetto si avviava alla
conclusione. Kurt salì sul palco, al buio, con il cuore in gola e le mani
sudate; era più agitato che mai, aveva quasi paura che la voce non gli uscisse,
o che stonasse, o qualsiasi altra cosa terribile sarebbe potuta capitargli.
Certo, non era la prima volta che cantava da solo davanti a un pubblico, ma era
comunque la prima volta che cantava davanti a tutti gli studenti e gli
insegnanti della NYADA.
Poteva
sentire la presenza di Blaine al suo fianco, il suo
respiro calmo e il suo profumo che riempiva l’aria. Se ci fosse stata Rachel al
suo posto, l’avrebbe presa per mano per cercare di tranquillizzarsi, per
appigliarsi a qualcosa, ma non poteva prendere Blaine
per mano. Tuttavia, proprio mentre quel pensiero si stava facendo largo nella
sua testa, sentì un tocco delicato sfiorargli il polso.
«Andrà
tutto bene,» gli sussurrò Blaine all’orecchio, per
poi staccarsi appena in tempo prima che le luci si accendessero, mostrandoli da
soli, sul palco.
Kurt
non riusciva a staccare lo sguardo da quello di Blaine;
era quasi magnetico, e Kurt poté distintamente sentire la sicurezza invaderlo
mentre sprofondava in quegli occhi dorati. La melodia di Baby it’s cold outside cominciò a risuonare per tutto il teatro; Kurt
iniziò a cantare, subito seguito dal suo compagno di stanza.
Avevano
provato e riprovato tante volte a lezione con il professor Reeves nell’ultima
settimana, avevano messo tutto il loro impegno per far sì che venisse al
meglio; avevano persino improvvisato una specie di coreografia. Perciò in quel
momento stavano semplicemente ripetendo gli stessi passi e le stesse parole che
li avevano accompagnati per tutta la settimana precedente, flirtando con gli
sguardi e interagendo l’uno con l’altro come se fossero davvero attratti l’uno
dall’altro. Non c’era niente di diverso dal solito.
Ma
per Kurt, era tutto diverso. Sotto le luci, gli occhi di Blaine
brillavano più che mai, il suo sorriso malizioso lo colpiva con forza; la sua
voce era amplificata e più dolce e calda che mai, le sue mani che lo sfioravano
erano bollenti, poteva percepirlo persino attraverso la stoffa degli abiti.
Kurt continuò a vagare per il palco, perfettamente calato nella parte mentre
fingeva di far storie per non restare con Blaine, che
invece faceva di tutto per convincerlo a restare. Ma niente era normale, il
cuore di Kurt batteva a una velocità disarmante nel petto, e non aveva a che
fare con il fatto di star cantando davanti a un centinaio di persone.
Kurt
avrebbe voluto con tutto se stesso che lo sguardo caldo e pieno d’amore che Blaine gli stava rivolgendo in quell’istante fosse davvero
per sé, e non solo dettato da un’interpretazione. Voleva davvero che Blaine lo corteggiasse, che lo desiderasse. Voleva piacere
a Blaine. E forse era quello il motivo per cui si
sentiva il cuore pesante ogni volta che quella cravatta appesa alla maniglia
della porta della loro stanza gli ricordava la presenza di un ragazzo – un
ragazzo che non era lui – in camera con Blaine.
A
Kurt piaceva Blaine. A Kurt piaceva il suo compagno
di stanza. La rivelazione lo colpì tanto forte che quasi si dimenticò che
toccava a lui cantare. Vide Blaine lanciargli
un’occhiata stranita, quasi subito mascherata da un sorriso di circostanza; se
n’era accorto, si era reso conto che qualcosa non andava. E l’ultima cosa che Kurt
voleva, era che Blaine sapesse dei suoi sentimenti
per lui.
Ma
quali sentimenti, poi? Kurt lo odiava! Vero?
La
loro esibizione terminò e fu accolta da una standing ovation. Non erano solo
stati bravi, erano stati reali; sembrava davvero di poter scorgere l’attrazione
presente tra i due ragazzi, e al pubblico tanto era bastato per alzarsi in
piedi e applaudire. Kurt e Blaine si inchinarono,
godendosi i loro applausi, e quando Kurt spostò lo sguardo sul ragazzo al suo
fianco, questi gli riservò un sorriso ancora più caldo di quelli che gli aveva
riservato finora.
Kurt
si sentì invadere da una strana rabbia. No, non poteva piacergli Blaine, dannazione! Non sapeva nulla di lui, non lo
conosceva, sebbene ci vivesse insieme da ormai quattro mesi. Preso da
un’improvvisa rabbia, Kurt accolse con gioia il buio sul palco, che gli permise
di scappare via dietro le quinte; e la sua corsa non finì lì. Aveva bisogno di
pensare, doveva stare solo. Senza pensarci, si precipitò nella sua stanza,
correndo a perdifiato fino a chiudercisi dentro.
Si
sedette sul letto, con il fiatone e lo sguardo fisso davanti a sé. Era così arrabbiato in quel momento. Non poteva
essere attratto da Blaine, era un disastro! Non
sarebbe più riuscito a stare in stanza con lui.
Proprio
in quel momento, la porta si aprì e Blaine fece la
sua apparizione nella stanza, lo sguardo preoccupato fisso su di lui.
«Kurt,
stai bene?»
Kurt
lo odiava. Odiava che Blaine dovesse essere così
gentile, odiava che Blaine lo avesse scelto per
quello stupido duetto, odiava stare in stanza con lui, lo odiava.
«No,
non sto bene!» si trovò a gridare senza che avesse dato il permesso alle sue
parole di lasciare le sue labbra. «Tu… tu, non puoi
essere così!»
Blaine sgranò gli occhi, sconvolto dalla sua
reazione e dal suo rossore – non aveva mai visto Kurt scaldarsi così tanto,
anzi, gli era sempre sembrato molto riservato e pacato.
«Così
come, scusa?»
«Così!» urlò Kurt con quanto fiato aveva
in gola, lasciando interdetto il suo compagno di stanza, in piedi di fronte a
lui.
«Ti
odio! Odio tutto di te! Odio il fatto che devi usare i miei prodotti per
capelli, odio il fatto che devi imbarazzarmi uscendo da quel dannato bagno con
solo un asciugamano addosso! Odio il fatto che sei bravissimo a ballare, odio
la tua voce perfetta, odio il modo in cui riesci a recitare qualsiasi ruolo
come se fosse la cosa più naturale del mondo! Odio le attenzioni che ricevi da
tutti, odio il tuo seguito petulante e schiamazzante! Odio il fatto che tu sia
gentile con me! Odio i tuoi sguardi e i tuoi sorrisi.»
A
questo punto, Kurt era quasi in lacrime, il viso rosso e sconvolto.
«Ma
più di tutto, odio il fatto di non riuscire a odiarti. Nemmeno un po’, nemmeno
un pochino. Proprio per niente.»
Quello
che avvenne dopo, lasciò entrambi sorpresi. Anche se forse, non avrebbe dovuto
essere così sconvolgente come invece poteva sembrare loro.
Blaine fece un passo in avanti, prese il
viso di Kurt tra le mani e posò le labbra sulle sue. Kurt aveva visto Blaine baciare molti ragazzi, ma non lo aveva mai visto
baciarli in quel modo; quei baci erano profondi, quasi animaleschi, era uno
scontro di bocche e lingue e saliva. Questo invece non aveva niente a che fare
con quei baci: era lento, dolce, quasi timido. Era un semplice sfiorarsi di
labbra, casto e assolutamente perfetto, quasi irreale.
Kurt
tenne gli occhi spalancati per tutto il tempo, troppo sconvolto dal gesto del
suo compagno di stanza, mentre mille domande gli si agitavano in testa. Perché Blaine lo aveva baciato? Lo considerava uno dei suoi
semplici ragazzi che si scopava una volta e di cui poi si dimenticava? O c’era
qualcosa di più?
Blaine si staccò, ma non del tutto. Si
allontanò da Kurt quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi, ma
le sue mani rimasero esattamente dov’erano prima, sulle guance bollenti di
Kurt.
«Anche
tu mi piaci.»
«Io
cosa?» chiese Kurt del tutto sconvolto, provocando una lieve risatina nel
ragazzo di fronte a lui.
«Non
era ovvio? Non so se lo hai notato, ma nell’ultimo mese non ho mai portato
nessun ragazzo in camera…» disse Blaine
sollevando un sopracciglio e accarezzando la guancia di Kurt con una mano,
mentre l’altra scendeva a stringergli la spalla.
Effettivamente
Kurt lo aveva notato ma pensava che semplicemente Blaine
fosse stato sfortunato – cosa alquanto improbabile – o che non avesse voglia.
Ma poi, i suoi piccoli gesti acquisirono un diverso significato: i prodotti per
capelli comprati uguali, il suo sorrisetto un po’ timido quando lo beccava a
guardarlo, quelli un po’ più sornioni di quando usciva seminudo dalla doccia,
le sue continue attenzioni, il fatto che si ricordasse di Wicked e che lo avesse spiato mentre cantava, il suo desiderio di
duettare con lui. Ora tutto acquisiva un senso. Ovvio, solo un pazzo lo avrebbe
capito, ma comunque… piaceva a Blaine.
Tanto
bastò a Kurt per chinarsi in avanti e baciare il suo meraviglioso compagno di
stanza.
NdA:
Ed
eccoci di nuovo qui con un’altra storia per la Klaine
Week! Questa volta il prompt era Roomates!Klaine e vi giuro che ho amato scriverla.
Probabilmente
i personaggi vi sembreranno un po’ OOC, non tanto Kurt quanto Blaine – ma a tutto c’è un motivo…
questa volta, lascio scegliere a voi quale! =)
Due
piccole precisazioni – una delle quali suppongo sia inutile!
Innanzitutto,
il titolo è ovviamente presto dal film 10
cose che odio di te. E infine, il titolo della raccolta ‘Cause I know that you feel
me somehow è una frase della canzone Iris dei Goo Goo Dolls… L’ho trovata più che
azzeccata in un momento come questo – perché sono davvero sicura che Kurt e Blaine si troveranno sempre, qualsiasi sia il loro
contesto: loro saranno in grado di sentirsi, di riconoscersi come anime
gemelle. Perciò questo titolo…
Bye!
Bel
PS:
il numero 8 non è una scelta causale u.u