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Autore: Ila_Chia_Echelon    09/10/2012    3 recensioni
Cosa ne sarà dei nostri sogni, delle giornate insieme, dei progetti? Riusciremo a conservare quella scintilla di follia che adesso ci alimenta?
[Prima classificata al contest "Amicizia, cos'è?" di M4RT1]
[Partecipante al contest "Drabble & Flashfic" indetto da Khika Liz]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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If you were here, I'd never have a fear 


Affogo nel timore di non conoscere me stessa.
Senza nome, senza voce, senza sguardo.
Un tempo mi piaceva nuotare negli specchi, concedermi un vago sentimento di libertà in una vita tanto effimera quanto straordinaria, cantare a gran voce ciò che scintillava nei miei occhi con le labbra posate tra due guanciali, solo per sentirne la calda risonanza.
Amavo l'odio, la paura, il tuono e la vendetta, poiché pur sempre parte di me.
Sono sempre stata una contraddizione, un continuo incedere incespicando tra i sassolini che ricoprono la strada: non inciampavo in essi, bensì nei fiori che con coraggio li accarezzavano.
Perchè erano belli, semplicemente, perchè dentro di me mi sono sempre vantata di apprezzare le piccole cose.
Ma ora no: mi consumo.
Cosa sono diventata? Come la goccia che scivola da una rupe, inesorabile cado a terra e mi frammento, inerme, finchè il sole non asciuga ogni più piccolo rimasuglio della mia anima.

 

***

 

Soltanto lui rimane, la mia parte più limpida.
Come me è una cosa ed un'altra, un sorriso tra due lacrime; si volta e so che nasconde qualcosa sotto il berretto, oltre ai capelli arruffati.
«Ti chiedi mai cosa diventeremo?»
Ho sempre ammirato la sua capacità di leggermi dentro, a volte l'ho odiata, a volte l'ho desiderata io stessa.
«Una mamma che prepara lo stufato ai figli e un paparino che lavora sodo per mantenere la famiglia?» Rispondo.
Lui ridacchia, ma subito dopo mi rivolge uno sguardo timoroso. «Non intendevo questo.»
Lo so, lo so che non intendeva questo, ma come posso spiegargli che ho paura? Come dirgli che non sento altro che il mio essere accartocciarsi su se stesso e perdere anche l'ultima fiammella di vita che gli era rimasta?
Gli stringo una mano.
«Saremo due amici, come lo siamo ora.»
Si mordicchia il piercing al labbro e arriccia il naso, cosparso di lentiggini. Vorrei contarle, una ad una, per avere un ricordo razionale di ciò che siamo in questo momento. Un numero, puro e semplice, uno schiaffo mentale che attraversi la paura e mi ricordi, negli anni a venire, che non sono sempre stata un individuo inutile tra miliardi di mie copie esatte.
«Ma cosa ne sarà dei nostri sogni, delle giornate insieme, dei progetti? Riusciremo a conservare quella scintilla di follia che adesso ci alimenta? Mi chiedo se ripenseremo a questi giorni come ad una fantasia lontana, un periodo illusorio...o se sorrideremo coccolando l'unica molecola rimastaci del nostro spirito infantile.»
Un solitario batuffolo di neve mi si posa sul naso. Si preannuncia una bufera, fuori e dentro.
«Sarai per sempre un fiocco di neve.»
«Cosa..?»
«Mai uguali l'uno all'altro; hai una forma tutta tua, insondabile, indistruttibile, sei acqua, ma nel profondo hai un cuore caldo le cui fiamme non si estingueranno mai...»...mentre le mie si sono già affievolite, non posso far altro che scivolare, scivolare, come una goccia di pioggia che si è persa tra i fiocchi nevosi, e cade veloce.
Loro fluttuano, leggeri, la morte è il più distante dei pensieri, e si chiedono perché mai quella goccia abbia tanta fretta di giungere alla fine.
Lei urla di terrore, disperata, sporca, quasi asciutta, finchè non trova un fiocco caritatevole a cui aggrapparsi, ed esso arresta la sua corsa, lasciandosi contaminare.
E' questo ciò che provo e non dico, perché devo lasciare intatta la sua bianchezza, perché l'ho già macchiata quanto basta. Ma in qualche modo il grigio vuole uscire da me, perciò una lacrima sfugge al mio controllo, rispecchiando il colore del cielo.
«Vieni qui, pecora.»
A capo chino percepisco uno sbuffo d'aria fuoriuscire dalle mie labbra, la brutta copia di una risata.
«Sei sempre stata la mia pecorella.» dice, ripetendo il nomignolo che mi ha affibbiato da bambina e accogliendomi tra le sue braccia.
Ed ecco che, di nuovo, mi accoccolo contro il mio fiocco di neve, nell'eterna condanna di un'esistenza totalmente dipendente dal suo calore.
"Ho paura di perderti", penso.
«Ho paura di perdermi.»

   
 
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