Non
sono in grado di scrivere qualcosa di decente prima di una storia.
Davvero, mi
risulta molto difficile.
Questa
è una storia che è nata da un’idea
folle con una mia folle amica durante una
noiosa lezione.
L’ho
scritta il tempo di dieci canzoni in riproduzione casuale.
Le
canzoni sono le seguenti, in ordine:
The Pretty Reckless – Make Me Wanna
Die
Foster the People - Pumped Up Kicks
Panic! At The Disco – Oh Glory
Glee Cast – One Of Us
All Time Low – Weightless
Sleeping With Sirens – If
I’m James
Dean, You’re Audrey Hepburn
My Chemical Romance – House Of Wolves
Panic! At The Disco – New Perspective
You Me At Six – No One Does It Better
Buona
lettura, ci si vede giù!
A
Chiara, che
merita tutto il bene di questo mondo.
Frank si sentiva
distrutto.
L’ennesimo
abuso gli bruciava sulla pelle. E faceva male, tanto.
Si sentiva
sporco. Si sentiva lurido e sentiva il corpo pieno di emozioni non sue.
Provava
davvero tanto dolore.
Nemmeno quella
pioggia incessante riusciva a ripulirlo da tutto quello schifo.
Che brutta la
parola schifo. Gli faceva venir voglia di morire.
Ogni volta che
quello che doveva chiamare padre abusava di lui gli ripeteva che
“era uno
schifo e meritava tutto quello che c’era di male al
mondo.”
Ma era giusto
tutto quello?
Frank poteva
vederlo negli occhi dei passanti che lo guardavano straniti.
Era a maniche
corte sotto la pioggia e nemmeno aveva freddo.
Quel freddo
incessante se lo sentiva dentro da quando era nato. Sentiva i brividi
di paura
e gelo trafiggerlo ovunque.
Odiava tutti
quegli occhi freddi su di lui. Odiava uscire di casa. Odiava dover
vedere tutti
quegli sguardi schifati.
Gli bastava
quello di suo padre.
Lo sguardo di
suo padre gli faceva venire voglia di morire.
E forse
sarebbe stato meglio così.
Dopotutto suo
padre gli diceva sempre che meritava del male e dello schifo. Tanto
valeva
morire…
Lo sguardo del
ragazzo ricadde su una pozzanghera di fianco al marciapiede. Era
placida e
tranquilla. Finché una macchina non la investì.
L’acqua
schizzò un po’ ovunque, anche su i suoi jeans
logori.
Frank, oltre a
far schifo, era anche codardo.
Non avrebbe
mai avuto il coraggio di prendere una pistola, una lama o una corda per
uccidersi. Lo avrebbe fatto in modo molto vigliacco. Magari faceva
anche più
male… Ma lui, d’altronde, meritava del male.
Le macchine
schizzavano come impazzite per la strada, come se stessero correndo via
dalla
pioggia.
Frank rimase
affascinato da quella scena. Una scena talmente quotidiana da essere
banale,
davvero.
Sembrava che
tutti fossero malati e non avessero tempo; tutti schizzavano per la
strada per
scappare dal tempo e dallo schifo.
Lui di tempo e
schifo ne aveva avuto abbastanza, era ora di darci un taglio.
Posò il
piede
destro sull’asfalto, nel bel mezzo di un semaforo verde,
verde per le auto. Gli
era sempre piaciuto il verde. Gli ricordava i muri delle pareti della
sua
camera quando era giorno.
Il verde era
il giorno. Tutto diventava buio quando la sera si avvicinava e la porta
si
spalancava.
Si morse
l’interno della guancia e fece un altro passo.
Qualche
macchina suonò, altre lo schivarono velocemente.
Lui era solo
una persona incontrata per strada, uno sconosciuto.
Quelle
macchine lo evitavano come la vita aveva sempre fatto con lui.
Quelle
persone, tornate a casa dalle loro belle famiglie, stanche dal lavoro,
si
sarebbero dimenticate in fretta del pazzo che avevano evitato mentre
erano in
auto.
Frank non era
nulla.
Un altro passo
e fu come se non avesse più paura.
Era come
camminare in cima ad un palazzo altissimo e avere le vertigini. Poi,
d’un
tratto non avere più paura.
Non avere
più
paura di quello che si sta facendo.
Frank non
voleva più rimanere in bilico. Aveva preso la sua decisione.
Non voleva più
spendere un minuto lontano dalla sua decisione.
Camminò
sicuro
di sé, come se il semaforo fosse rosso per le auto e lui
potesse passeggiare
tranquillamente sulle strisce pedonali.
Un paio di
auto inchiodarono e lo evitarono. Davvero per poco, però.
Un rumore
stridente giunse alle orecchie di Frank.
Gomme che si
consumano in fretta sull’asfalto. Una frenata che era giunta
troppo tardi.
Frank si
preparò a dire addio alla vita.
L’unica
cosa
che aveva chiesto alla vita era l’amore, un per sempre, che
non era mai giunto.
Ma la sua vita
non era nata per essere una fiaba.
L’unica
cosa
che Frank notò furono gli occhi spalancati del conducente
dell’auto.
Un paio
d’occhi così belli. Così verdi.
Il dolore lo
investì con una velocità tale da paralizzarlo.
Faceva
così
fottutamente male. Così tanto!
Delle voci,
dei clacson, sirene.
Frank
sentì
tutto ma non capì nulla.
Capì
solo che
era morto.
Forse si,
forse no.
Ed eccolo,
davanti a lui.
Il conducente
dell’auto era sceso in fretta per soccorrerlo. Gli sorreggeva
la testa
grondante di sangue cremisi.
Frank sentiva
le forze abbandonarlo.
Il ragazzo che
lo aveva investito era bellissimo.
Anzi, non lo
aveva investito. Lui si era suicidato.
E in quel
momento Frank capì che la vita è tutta una grande
cazzata.
I capelli di
quel ragazzo erano rosso fuoco, rosso tramonto, rosso sangue cremisi. E
i suoi
occhi, quelli sgranati di poco prima, erano così verdi.
Sembravano due smeraldi
grezzi.
Frank
capì che
avrebbe potuto meritare di più dalla vita.
Aveva
solamente guardato tutto dalla prospettiva sbagliata, tutto era
sbagliato.
Quel ragazzo
era il rosso del fermarsi, dell’errore, della morte. Ma era
anche il verde
della gioia, del giorno, della speranza.
E lui non
poteva conoscerlo, non poteva dirgli grazie per essere
l’ultima cosa
meravigliosa che avrebbe visto nella sua insulsa vita.
L’unica cosa
meravigliosa che aveva visto nella sua inutile vita.
Frank sentiva
gli occhi pesanti ma non voleva chiuderli, non ancora, non era pronto.
Voleva
godersi quella prospettiva di vita diversa, così verde e
così rossa.
Era sbagliato
sentirsi felice mentre si muore?
Era sbagliato aver
capito di non voler morire?
Ma non poteva
tornare indietro, non più.
E anche se lo
avesse fatto non avrebbe conosciuto quel ragazzo verderosso. Senza di
lui non
avrebbe mai capito quanto la sua vita valeva la pena di essere vissuta.
Quel ragazzo
era quello che lo aveva aiutato nel modo migliore.
Lo aveva
aiutato uccidendolo.
Lo aveva
aiutato regalandogli i suoi colori.
E Frank gliene
era infinitamente grato.
Sperò
solo che
il ragazzo continuasse a vivere la sua vita felice. Non voleva che
avesse paura
degli occhi come ne aveva avuto paura lui per tutta una vita.
Il ragazzo
verderosso non doveva pensare di averlo ucciso.
Lui si era
suicidato.
Lui era
codardo.
Ma almeno era
morto tra il verde e il rosso, era morto sapendo di aver sbagliato per
una vita
intera. Pensa che brutto se fosse morto tra l’ignoranza e la
paura.
Frank
guardò
quegli occhi verdi, i capelli rossi bagnati dalla pioggia incessante.
Disse addio
alla persona migliore che aveva mai conosciuto.
Morì
così, tra
il rosso e il verde.
Spero
che la storia vi sia piaciuta.
Solitamente
non scrivo cose molto introspettive… ma questa è
nata così :3
Magari,
se vi và, lasciatemi una recensione!
Spero
a presto, Flavia- Marceline.