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Autore: BlueSkied    09/10/2012    1 recensioni
Emily Rochester, giovane addestratrice di cavalli dal passato difficile, è assunta nelle prestigiose scuderie LaMosse, dove, tra adolescenti teneri e stravaganti e padroni senz'anima, il suo cuore si dividerà tra due modi diversi, ma complementari, di amare qualcosa e qualcuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Juno

Entro nella stazione trascinandomi dietro il trolley malconcio e lo zaino, trovandola quasi deserta a parte la presenza di una donna dalla pettinatura più che cotonata, dietro il pannello della biglietteria.
Non mi ha visto, è totalmente assorbita da una rivista, così, per farmi notare, busso senza troppa insistenza. La donna alza lo sguardo su di me, squadrandomi da sopra gli occhiali: - Che posso fare per te, cara?- mi chiede, in tono spiccio ma gentile. – Ehm…buongiorno - esordisco – Volevo sapere se c’è qualcuno ad aspettarmi, dalle scuderie LaMosse – dico. Per un attimo mi guarda con aria vacua, così aggiungo: - Mi avevano detto che qualcuno sarebbe passato a prendermi qui…-  Il suo viso s’illumina in un lampo di comprensione: -Oh, sì, certo, certo- esclama, con una risatina a mo’ di scuse – Tu devi essere la sostituta di Jeff. Povero, vecchio Jeff, era proprio l’ora che andasse in pensione- osserva, quasi fra sé e sé, poi si ricorda che ci sono anche io: - Juno arriverà fra poco. Se intanto vuoi darti una rinfrescata il bagno è quello- e me lo indica, un po’ inutilmente, visto che c’è la targhetta sulla porta – E se vuoi mangiare, la caffetteria dall’altra parte della strada fa le migliori uova dello stato- mi assicura, con una strizzata d’occhio confidenziale. Mi limito a restituirle un sorriso certo meno brillante e la ringrazio, avviandomi verso il bagno con lo zaino.
Non mi cambio completamente, metto una maglia pulita, un paio di jeans meno massacrati e mi lego di nuovo i capelli. Non volevo presentarmi da LaMosse troppo in tiro. Voglio che capisca che sono una che lavora, senza distrazioni inutili. Saluto la signora della biglietteria ed esco, mettendomi in un punto particolarmente visibile del piazzale e accendendo una sigaretta.
Questo deve essere un posto tranquillo in ogni stagione: strade ordinate, poche macchine e nessuna novità che resta sconosciuta  a lungo. Ho appena schiacciato il mozzicone nel porta cicche, quando vedo un furgoncino un po’ lurido fermarsi a poca distanza da me. Fango, sabbia e paglia indicano inequivocabilmente scuderia, quindi prendo la mia roba e mi avvicino.
La conducente si rivela essere una ragazzina di diciotto o diciannove anni, con i capelli biondi chiarissimo parzialmente nascosti da un berretto di lana di quelli che cadono un po’ di lato e una felpa nera a fantasia di teschi rosa. Scende rapida dal mezzo e, con mio stupore, mi abbraccia: - Ciao, Emily!- squittisce, entusiasta, come se ci conoscessimo da anni. – Io sono Juno, Juno Pryce, per la verità, ma tu chiamami Juno -  si presenta, staccandosi e scrutandomi dal basso in alto con gli occhioni azzurri spalancati. Mi arriva appena al mento, e io sono bassa, per la media americana. – Piacere, Juno – replico, non sapendo che altro aggiungere. Lei fa un sorriso enorme e prende i miei bagagli, sistemandoli nel cassone del furgoncino e invitandomi a salire.
Una volta arrampicata al posto del passeggero, scopro che l’abitacolo sembra un’esplosione nello studio di un pittore. Tutto, dalla tappezzeria dei sedili al cruscotto è a colori vivacissimi, tanto da fare quasi male agli occhi. Per evitare commenti, mi lego la cintura e guardo il piazzale allontanarsi, mentre ci avviamo lungo quella che credo sia la strada principale.
Juno si mostra subito una compagnia esuberante: - Che figo!- è il suo primo commento – Ci voleva proprio un’altra donna alla scuderia. Io non lavoro proprio lì, diciamo che sono il tramite tra l’allevamento e la città. Le altre sono Pat e Marnie, che sono due dei veterinari e Jane, la cameriera della signora. Tutti quelli che sono alle stalle sono uomini, non ti daranno un attimo di tregua, ma basta che tu molli una sberla al primo che allunga le mani e poi ti lasceranno in pace, fidati. – Ha detto tutto questo senza praticamente prendere fiato. Annuisco, di nuovo senza sapere che dire e lei torna all’attacco, questa volta con le domande: - Dì, ma da dove vieni? Era una scuderia grande? Cosa facevi là? Avevi un cavallo tuo? Forse il padrone ti permetterà di tenerne uno, gli altri stallieri li hanno. -  Altro discorso a perdifiato, tanto che ho dimenticato cosa mi ha chiesto all’inizio.
La guardo per un attimo, incerta, poi comincio a spiegare: - No non avevo un cavallo mio, il mio compito era badare a tutti, li montavo quando serviva-. Non è né esauriente, né dettagliato, ma a quanto pare basta comunque, perché Juno fa: -Wow- spalancando di nuovo quei suoi occhi rotondi e continua a guidare in un silenzio ammirato.
Non sono un tipo molto loquace, quindi non faccio niente per dare il mio contributo alla conversazione, anche perché, dopo qualche minuto, ci pensa di nuovo Juno: - Siamo quasi arrivate – m’informa –Vedrai, non hai mai visto niente di simile. Pronta? – mi chiede, eccitata come se mi stesse mostrando il mio regalo di compleanno. La strada curva fra due colline e la vista si apre improvvisamente su quella che sembra una città in miniatura: quattro stalle monumentali, altri due edifici principali circondati da alberi, di cui uno deve essere la casa padronale, il tutto racchiuso entro una cornice impressionante di recinti, che sembra estendersi per chilometri. Juno mi guarda, con espressione soddisfatta: -Da perderci il fiato, eh?- mi dice, e io faccio segno di sì.
Aveva ragione: una cosa così non l’ho mai vista. 
  
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