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Autore: None to Blame    10/10/2012    3 recensioni
Artù scompare da Camelot. Merlino si mette sulle sue tracce. Aiutato dal Drago, la sua meta è il Nord, nella dimora di una Banshee.
[la mia versione della Grande Rivelazione di Merlino che tutti attendiamo]
*
Il drago chinò l'enorme capo all'altezza degli occhi del mago. Merlino si voltò, trovandosi a pochi palmi dal suo muso. Kilgharrah spalancò le fauci ed espirò.
« Non dovrei aiutarti, ma il futuro ha bisogno di te »
« Grazie, vecchio drago »
La creatura rimase a guardare quel microbo umano – che lo sovrastava con la sua determinazione – entrare nel castello di ghiaccio.
Addio, Merlino.
Genere: Angst, Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quarta stagione, Nel futuro
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NdA 

 Innanzitutto, vorrei avvertirvi che non ho riletto la storia e mi piacerebbe se mi faceste notare gli orrori grammaticali. :)

Ora, in mente ho tante versioni della Rivelazione, perciò non so perché mi sia venuto di scrivere proprio questa. Stamattina avevo voglia di NEVE e quindi.. tant'è! 
Il titolo vuol dire "Tra sempre e mai". Non ha senso, ma mi piaceva. Molte delle cose che scrivo non hanno senso. Una volta ho scritto una storia sulle melanzane. No, dico, sono pazza.

Beh, spero vi piaccia e vi ringrazio per la lettura.

Accetto critiche costruttive e distruttive! ^_^






***









Merlino si svegliò grondante di sudore, risucchiando un pianto disperato che gli saliva dalla gola.

Si lasciò cadere con un tonfo sul cuscino, tergendosi il sudore dalla fronte con la mano.

Espirò profondamente, scostandosi il lenzuolo dal corpo – gli si era appiccicato al corpo, lasciandogli una sensazione sgradevole.

Mettendosi a sedere sul letto, evitò di guardarsi intorno.

Si alzò e tuffò la testa nel catino, l'acqua si infilava tra i capelli, infradiciava la barba incolta, gli penetrò nel cervello, nei pensieri.

 

In veste da notte e a piedi nudi, uscì dalla stanza ed assaporò la gelida aria della notte.

Una spessa coltre di neve copriva il bosco, un candore che feriva lo sguardo, ma lui si era abituato presto a quel paesaggio.

 

Il freddo dell'inverno perenne gli era utile per placare la cocente nostalgia ed ovunque egli si voltasse vedeva solo bianco, un bianco monotono, un bianco doloroso che lo bloccava come una prigione, un limite che si era imposto per non pensare, amava riempirsi la testa di tutta quella bianca monotonia e di quella cieca assenza.

 

Tuttavia, qualche volta un ricordo pressante gli faceva visita durante la notte.

 

Il passato lo travolgeva, lo prendeva a calci e gli sputava in viso.

 

E Merlino – testa fra le mani, in ginocchio sulla neve – urlava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era l'alba di una radiosa giornata di primavera.

Mentre Camelot ancora dormiva, Merlino si svegliava pieno della sua consueta energia.

Saltò giù dal letto e si sciacquò velocemente con dell'acqua tiepida.

Dopo essersi vestito, scese dabbasso, trovando Gaius ancora profondamente addormentato. Il mago si mosse lentamente per non far rumore – rischiò, tuttavia, di far cadere un barattolo di rosmarino, la bottiglia di estratto di ortica ed un secchio.

Uscì prima di provocare altri guai.

Sfrecciò lungo i corridoi – un vassoio di pane e carne in mano – incrociando solo qualche guardia.

Si fermò trafelato davanti alla porta delle stanze di Artù.

 

L'aprì con cautela, lanciando fugaci occhiate alle lenzuola rigonfie, e vi entrò silenziosamente, raggiungendo la finestra.

Spalancò le tende e diede la sveglia al sovrano.

 

« Giù dal letto, sire! »

 

Dall'informe bozzolo di coperte non venne alcuna reazione.

Merlino si mise le mani sui fianchi.

 

« Se non vi alzate da solo, dovrò farlo io »

 

Il principe era ancora profondamente addormentato. Il mago ritenne che il caro Artù avesse alzato un po' il gomito con i cavalieri, la notte precedente.

 

« Artù, guardate che non scherzo »

 

Con l'intenzione di infastidirlo, Merlino gli sfilò le lenzuola dal corpo.

 

Sotto le coperte, i cuscini avevano sostituito la figura del principe.

 

Il letto era vuoto.

 

La stoffa scivolò dalle dita del mago atterrando sul pavimento.

 

Merlino si ritrovò a correre per il castello, coprendo la sua intera estensione, entrando in ogni stanza, incurante di invadere molti spazi personali, interrogando guardie, serve, Gwen, Gwen, evitando accuratamente di chiamare il Re, urlare il suo nome, niente panico, niente panico.

Nessuno aveva visto, nessuno aveva udito. Nessuno sapeva.

 

Artù era scomparso.

 

 

 

 

 

 

 


« Come sarebbe a dire?? »

 

Sir Leon, livido di rabbia, guardava truce un cavaliere sporco e lacero, chino ai suoi piedi con aria mesta.

 

 

La notizia della scomparsa del Re si era diffusa in tutto il regno come una macchia d'olio.

Il popolo era inquieto.

E spuntavano come funghi dicerie e pettegolezzi.

 

C'era chi credeva che fosse opera dei regnanti delle terre vicine, chi pensava che Artù fosse fuggito – una scappatella d'amore, una corsa lontano dalle responsabilità, qualche missione misteriosa.

 

Altri sussurravano il nome di Morgana.

 

Ma tutti si erano ritrovati senza una figura alla quale aggrapparsi.

 

Per gestire il potere ed evitare il crollo del regno – e, soprattutto, evitare che Agravaine prendesse il potere – si era deciso per la votazione di sette rappresentanti fra i Cavalieri – votò chi era a Corte e chi era fra il popolo, votarono i nobili ed i poveri, le donne e gli anziani.

La scelta cadde su Sir Leon, Sir Elyan, Sir Galvano, Sir Parsifal, e altri tre cavalieri, che rispondevano ai nomi di Sir Verne, Sir Alexandros e Sir Bolero, coloro che più si erano dimostrati leali e fedeli al Re, valorosi e pronti a sacrificarsi per il bene di Camelot.

Agravaine sedeva ai consigli, ma non aveva voce in capitolo. Lo avevano tagliato fuori dalle decisioni, ma non per mancanza di fiducia – al contrario, le sue opinioni erano tenute molto in considerazione. Era solo il risultato delle votazioni.

 

L'idea era partita da Gaius, che, qualche giorno dopo la scomparsa, aveva iniziato a captare parole sovversive tra le strade della città bassa.

 

Trascorsi quasi tre mesi, le pattuglie inviate negli angoli più remoti del regno avevano fatto ritorno.

 

Il cavaliere a terra fissava tristemente il suo compagno in piedi.

Scosse la testa.

 

« Non abbiamo trovato tracce del Re, Sir Leon »

 

Galvano picchiò il pugno con violenza sul tavolo.

 

Non avevano voluto occupare la sala del trono, perciò ne avevano scelta un'altra, spaziosa abbastanza da poter ospitare un consiglio di cavalieri. Era ben illuminata, ma aveva il soffitto tanto alto che pareva di trovarsi in fondo ad un pozzo – e ciò dava una sensazione claustrofobica.

Si riunivano attorno ad un vecchio tavolo e ricevevano gli ospiti in piedi, col contegno del cavalieri.

 

« Abbiamo cercato ovunque, ma.. »

 

« Artù non può sparire così! »

 

Elyan si sedette, passandosi una mano fra i capelli.

 

Tre mesi di continue ricerche, avevano inviato pattuglie ovunque, nel regno. Un manipolo di ambasciatori era stato perfino spedito nei regni vicini, ma nessuno era tornato con uno straccio di notizia.

 

L'ultima speranza erano gli uomini mandati all'estremo ovest, alla fine delle terre conosciute, ed anche quella andò in frantumi.

 

« Sir Leon, abbiamo fatto l'impossibile. Dobbiamo concludere che.. »

 

Galvano sbottò.

 

« Non pensarci neanche! Artù non è morto. È stato rapito, preso da qualcuno.. »

 

Agravaine intervenne con tono greve.

 

« Nessuno è tanto abile da nascondere l'esistenza di un uomo così a lungo. »

 

Alexandros – gracile come un giunco e letale più d'un serpente – si mise a camminare avanti e indietro.

 

« La magia può »

 

Leon annuì gravemente. Agravaine si mosse a disagio sulla sedia.

 

« È stata Lady Morgana, non c'è alcun dubbio »

 

« E cosa potremmo mai fare contro una strega? »

 

Verne – era piuttosto pauroso per essere un cavaliere, ma aveva una mente tanto affilata da essere più tagliente della sua spada – si alzò in piedi, picchiettando le dita sull'elsa della spada.

 

« Alla stregoneria risponderemo con la stregoneria »

 

« È un azzardo »

 

« Non abbiamo alternative »

 

Leon sospirò.

 

« Mandate a chiamare Gaius »

 

 

 

 

 



Il cerusico teneva fra le braccia una Gwen in lacrime. Nessun calmante aveva sortito su di lei l'effetto desiderato.

 

« Ho paura, Gaius »

 

Le accarezzò i capelli, infondendole quella poca fede che ancora lo teneva in piedi.

 

« Merlino lo troverà »

 

Deglutì e si ricacciò in gola la preoccupazione.

Aveva fiducia nel ragazzo. L'aveva sempre avuta.

 

 

 

 

 

 




Merlino era partito il giorno stesso in cui Artù era sparito da Camelot.

 

Sentiva che dietro quella sparizione c'era qualcosa che i cavalieri avrebbero potuto comprendere né tantomeno risolvere.

 

Aveva preparato uno dei cavalli più robusti delle scuderie ed aveva lasciato la città, cavalcando nel tramonto.

 

Gaius aveva tentato in più modi di dissuaderlo - « Non sai dov'è, non sai chi l'ha rapito, non sai nulla! » « Lo scoprirò » « È un'impresa suicida » « Non morirò finché non avrò trovato Artù » .

 

Aveva con sé la sua borsa, riempito in fretta con ciò che era essenziale – erbe varie, medicinali, l'occorrente per sortilegi.. – ed una spada.

Non aveva portato provviste di alcun genere - avrebbe mangiato radici o qualche lepre trovata per caso, non gli importava.

 

Il sole era calato da più di un'ora e Merlino non accennava a fermarsi per la notte. Il cavallo non dava segni di stanchezza e lui non aveva intenzione di interrompere la ricerca per dormire o cucinarsi un fagiano.

Gli occhi si adattarono facilmente all'oscurità e, più avanzava, più si sentiva risoluto.

 

Arrivò alla capanna di Morgana quando la luna era allo zenit – ma non un raggio fendeva i rami, il buio era totale.

 

Il mago fermò l'animale e smontò. Fissò le briglie ad un ramo solido e si avvicinò con cautela alla porta.

Sbirciò all'interno da una delle finestre, ma non riuscì a vedere alcunché.

 

Spinse la porta ed entrò nella capanna. Era piccola come ricordava, ma c'era qualcosa di diverso.

Chi vi abitava, l'aveva lasciata in fretta e furia, gettando all'aria suppellettili e ciarpame vario, preoccupandosi di prendere quello che si riteneva necessario.

Morgana era fuggita dalla sua casa, senza lasciare tracce.

 

Preso dallo sconforto, Merlino si accasciò su una sedia in un angolo.

L'unico punto di riferimento che aveva era la strega. Sapeva che lei aveva la sua parte di responsabilità in quella storia.

Non si aspettava certo di trovare Artù nella capanna, ma sperava di trovare una traccia, un indizio.

 

Si guardò intorno, sospirando. Vista la situazione, avrebbe fatto meglio a trascorrere la notte lì dentro, lasciando riposare il cavallo.

Mentre si accomodava sul letto che aveva tanto spesso ospitato Morgana, Merlino ricordò alcune nozioni impartitegli da Gaius – incantesimi di localizzazione o roba simile.

Ma, senza nemmeno un'idea di dove potesse essere, la cosa si presentava impossibile.

 

Chiuse gli occhi, sopraffatto dallo sfinimento.

 

Fu una notte buia e senza sogni.

 

 

 


Quando si svegliò, ci vollero alcuni minuti perché il mago ricordasse gli avvenimenti del giorno precedente, che lo colpirono come uno schiaffo.

Con preoccupazione crescente, lasciò la capanna e montò a cavallo.

Kilgharrah riteneva Merlino ed Artù due metà di un intero, perciò il mago confidava in una qualche forza inconscia che lo potesse guidare verso ciò che lo rendeva completo.

Spronò la bestia e si incamminò verso l'ignoto.

 

 

 

 






Agravaine era inquieto.

Quando, tre mesi prima, aveva saputo della scomparsa di Artù, dapprima si era sentito soddisfatto e poi un vago sentore di sospetto aveva iniziato a prenderlo. Imputare Morgana gli era venuto spontaneo, ma lei non l'aveva reso partecipe dei suoi piani. Quindi forse la donna era innocente? Qualcun altro condivideva i loro obiettivi?

Dopo aver sbrigato le faccende di corte – inviare pattuglie, sostituirlo nelle questioni di routine, rafforzare le guardie – aveva fatto sellare il suo cavallo e, con la scusa di andare a cercare il Re, si era diretto verso la dimora di Morgana.

L'aveva trovata vuota.

Era stato lì solo due settimane prima e lei lo aveva accolto come di consueto, espressione gelida e seccata, sguardi d'acciaio e sorrisi da ipocrita – ciò che lui amava di più.

E ora la casa giaceva in uno stato di totale abbandono e disordine. Un sottile strato di polvere già copriva scaffali e pavimento. Doveva essersi allontanata da non meno di una settimana.

Agravaine era preoccupato.

Udì un fruscio ed alcune voci – le pattuglie controllavano ogni palmo del bosco.

Si richiuse la porta alle spalle, imponendosi di non dare a vedere quanto la scomparsa della strega gli infondesse preoccupazione.

 

Chi aveva preso Artù era stato prima da Morgana.

E lui lo avrebbe trovato. Costi quel che costi.

 

 

 

 

 

 

 

 

« O Drakone mala soi ftengometh tesd'hup anankes! Erkheo! »

 

Dopo molte settimane di viaggio, Merlino si era arreso all'evidenza e capito che senza aiuto non avrebbe trovato la via.

 

Aspettava il drago in una piccola radura – troppo piccola perché la creatura vi si adattasse facilmente, ma il mago non ne aveva trovate altre.

 

Come previsto, Kilgharrah dovette fare più tentativi di atterraggio.

 

« Cosa ti turba stavolta, giovane mago? »

 

« Artù è scomparso. È stato rapito. »

 

« Hai dei sospetti? »

 

Merlino strusciò i piedi sull'erba.

 

« Pensavo che fosse stata Morgana.. »

 

« Ma? »

 

« È sparita anche lei. Fuggita, credo. L'ho cercata ovunque, ma non si trova.. »

 

Il drago si fece pensieroso. Il mago, dal canto suo, era troppo impaziente per adattarsi ai tempi di quella creatura.

 

« Puoi aiutarmi, drago? »

 

« Sì, posso »

 

Merlino quasi esultò.

 

« Bene! Sai, quindi, dirmi dov'è Artù? »

 

« Ascolta, giovane mago, questa è una situazione che tu non puoi gestire. »

 

« Spiegati meglio »

 

« Mi dici che Artù è scomparso e che anche Morgana sembra svanita nel nulla. Ebbene, ho motivo di credere che siano stati entrambi rapiti. »

 

« Perché tutti e due? »

 

« Condividono il sangue. Merlino, qui c'è in gioco un potere che va al di là delle tue capacità »

 

« Smettila di divagare e dimmi solo dove troverò Artù. È mio dovere salvarlo. È il mio destino. »

 

« Non stavolta. Forse il Re non è in pericolo di vita. Se tu ti intrometterai sarai tu ad essere in pericolo. »

 

« Taglia corto. Artù è salvo? »

 

« Artù e Morgana servono vivi. Ma il loro futuro è ignoto. »

 

« E puoi dirmi a chi servono vivi? »

 

Il drago emise quello che pareva un sospiro.

 

« Una banshee »

 

Aveva letto qualcosa a riguardo, il mago, ma ricordava solo notizie sul loro aspetto – belle donne piangenti – e poco sui loro poteri.

 

« Cosa vuole una banshee da Artù e Morgana? »

 

« Non è una banshee. È Anobaith, creatura millenaria patrona della Disperazione. Molti la credevano morta, ma la sua presenza è sempre stata evidente. Il suo potere, però, va affievolendosi ed ha un solo modo per riacquistarlo. »

 

« Il sangue? »

 

« Un druido le donò un amuleto, che racchiudeva la potenza degli spiriti. Nel momento del bisogno, l'oggetto le avrebbe donato la forza richiedendo, però, un prezzo. Ella avrebbe dovuto intingerlo nel sangue di qualcuno che gli spiriti stessi le indicavano. Solo così Anobaith sarebbe tornata in possesso delle sue abilità. »

 

« E l'amuleto ha chiesto Artù e Morgana? »

 

« L'amuleto vuole un solo sacrificio. Probabilmente, gli spiriti le hanno chiesto il sangue di un Pendragon e Anobaith ha rapito gli unici due nelle cui vene scorre il sangue di Uther »

 

Merlino deglutì.

 

« Dove si trova Anobaith? »

 

« Giovane mago, non puoi intrometterti, stavolta. La banshee è troppo potente e se tu dovessi morire, Albion non vedrà mai la luce del sole »

 

« Se Artù dovesse morire, chi fonderebbe Albion? »

 

« Sei tu ad essere prezioso per queste terre, non Artù »

 

« Dimmi dov'è la banshee, drago. Te lo ordino. »

 

Kilgharrah chinò il capo, tentando di contrastare il controllo mentale del signore dei draghi – ma inutilmente.

 

« Molte leghe a nord, oltre il regno di Odin e al di là delle Acque Proibite »

 

Il mago si grattò il mento, sovrappensiero.

 

« Tu mi accompagnerai, drago. Non c'è un minuto da perdere. »

 

La creatura si abbassò malvolentieri e lasciò che Merlino le salisse in groppa. Spiegò le ali e si diede una spinta vigorosa.

Kilgharrah sapeva che quella era la fine.

 

 

 

 





« Non conosco alcuno stregone »

 

Gaius era stato convocato in quella che era diventata un Sala del Consiglio Temporanea. Galvano ed Elyan stavano appoggiati alle colonne, mentre Leon esponeva la questione all'ospite. Agravaine e gli altri membri sedevano attorno al tavolo.

 

« Gaius, sappiamo che non è vero. Hai indicato ad Artù l'abitazione del mago che ha assassinato Re Uther e.. »

 

« Non mi è possibile contattare quello stregone, al momento »

 

Leon continuò a squadrare il medico ed infine si arrese, accasciandosi su una sedia vicina.

 

« Abbiamo bisogno di un aiuto magico. Dobbiamo confrontarci ad armi pari col nemico, visto che ha la vita del Re nelle sue mani »

 

Agravaine si intromise.

 

« Non abbiamo mai avuto bisogno di ricorrere alla stregoneria. Abbiamo risolto anche ciò che sembrava insolubile »

 

« Ancora mi chiedo come siamo riusciti a cavarcela ogni volta. Ma ora Artù è un ostaggio. Non possiamo batterci in campo aperto. Ci servono altri mezzi »

 

Gaius inspirò profondamente e fece per andarsene, ma Galvano lo richiamò.

 

« Hai saputo nulla da Merlino? »

 

Il cerusico scosse la testa lentamente.

 

« Sono tre mesi che non ho più sue notizie »

 

« Potrebbe essere implicato »

 

Era stato Agravaine a parlare, il volto smagrito per la preoccupazione.

 

« È assurdo quello che dite, ve l'assicuro. Non conosco nessuno che sia fedele ad Artù più di.. »

 

« Potrebbe aver finto per tutto questo tempo. Non darei niente per scontato, Gaius. Potrebbe averci ingannati tutti e aver messo in piedi un tale piano. Come dici tu, nessuno è più vicino al Re del suo servitore e.. »

 

« Insomma, è di Merlino che si parla! Suvvia, non iniziamo ad essere così paranoici »

 

« Ragiona, Elyan! Sparisce Artù e, dopo poche ore, anche Merlino lascia Camelot. È quantomeno sospetto! »

 

« Io so solo che Merlino non ci penserebbe due volte prima di sacrificarsi per il bene del suo Re. Si è messo sulle sue tracce da solo, prima di chiunque altro, nella speranza di trovarlo. Invece » e si rivolse a Leon « dovremmo trovare qualcuno che se ne intenda di magia »

 

Parsifal sussultò.

 

« I druidi! »

 

« Come? »

 

« Possiamo chiedere aiuto ai druidi. »

 

« Non ce lo concederanno »

 

« Possiamo sempre tentare »

 

L'idea venne accolta. All'alba, Galvano ed Elyan erano partiti con altri uomini alla ricerca di un qualunque accampamento druido.

Forse le speranze non erano del tutto perdute.

 

 

 

 

 

 

 

 



Avevano sorvolato laghi e colline, città e pianure deserte, volando per un tempo interminabile. Due giorni prima erano giunti in vista di uno sconfinato territorio innevato. Il freddo si faceva sentire ed il naso del mago aveva acquisito la temperatura di un pezzo di ghiaccio.

 

« Questi sono i luoghi che Anobaith preferisce »

 

« Ama il freddo, eh? »

 

« Sei giovane, Merlino, e non comprendi la bellezza di questa visione »

 

No, il mago non capiva. Mentre era rimasto incantato nel vedere paesaggi variopinti scivolare sotto di loro a velocità ineguagliabili – al punto che quasi dimenticava la motivazione del suo viaggio – la vista monotona di tutto quel bianco non faceva che renderlo irrequieto ed impaziente.

 

« Non siamo lontani, giovane mago »

 

Il drago stava ripetendo quella frase dal sorgere del sole.

 

A mezzodì, Kilgharrah iniziò a planare dolcemente. Merlino non ne comprendeva il motivo, non aveva notato mutazioni nel paesaggio – neve e pianura, pianura e neve – e, quando atterrò, affondando piacevolmente nella soffice neve, non poté evitare di emettere un suono di disappunto.

 

« Siamo arrivati, Merlino »

 

« Oh, certo. E dove, per la precisione? »

 

« La dimora di Anobaith è qui »

 

« I tuoi sensi devono essersi ingannati, perché.. »

 

« Questa è la banshee della disperazione. E la disperazione ha dimora nell'invisibile. »

 

Il mago iniziò a comprendere.

 

« Vuoi dire che la sua tana è invisibile? »

 

« La vista della dimora è preclusa all'uomo. Ma a te, che sei Emrys, basterà concentrarti. »

 

Merlino si guardò intorno. Il cielo era terso ed il sole si rifletteva sulla piana con dolcezza, senza ferire lo sguardo. Non riusciva a percepire la presenza di alcunché.

 

« Tu la vedi? »

 

« Oh, sì »

 

« E me la indicheresti? »

 

L'unica risposta che ricevette fu una risata sommessa.

Il mago scese dalla sua groppa e, tentando di non bagnarsi eccessivamente i piedi – pentendosi di non avere con sé mantelli o abiti più adatti a quelle temperature – si mise a ciondolare nei dintorni.

 

« Concentrati »

 

« Ma su cosa? »

 

« Eri convinto che un sentiero inconscio ti avrebbe portato da Artù. Ebbene, ora gli sei abbastanza vicino da saggiare questa tua ipotesi »

 

Merlino inspirò a pieni polmoni e l'aria gelida gli graffiò il petto, ma non vi fece caso.

Chiuse gli occhi e cercò la natura attorno a sé.

 

Quell'esercizio, a Camelot, non gli era mai riuscito. Percepiva senza difficoltà la presenza di magia – soprattutto se oscura – ma quando si trattava di entrare in contatto con le entità naturali, quelle entità che permettevano alla magia di esistere, l'ingombrante vita della città gli rimbalzava addosso.

In quel momento, le uniche presenze erano il drago e la neve. E sapeva che da entrambe avrebbe ricevuto risposte.

 

Respirava lentamente, insensibile al freddo, al sole, alla vita stessa. Diventò tutt'uno con il manto innevato, udiva il cuore del drago, vorticava nell'aria senza un corpo.

 

Cercò Kilgharrah, cercò i suoi occhi, la sua conoscenza, il suo sguardo.

 

E vide.

 

Una fortezza di ghiaccio si stagliava a poche spanne da loro. Il calore del sole non sembrava intaccarla ed i raggi la lambivano, perdendosi nel gioco di chiaroscuri e riflessi argentati.

Era enorme e frastagliata, un'entrata senza alcuna porta, pochi gradini ed un ampio salone che si intravedeva fra colonne trasparenti.

 

Merlino aprì gli occhi. Quasi si stupì quando nel suo sguardo pian piano si fece largo quella presenza.

Era lì, come aveva fatto a non notarla?

 

« La vedi, giovane mago? »

 

Il ragazzo annuì.

 

« Mi aspettavo una capanna »

 

« Una banshee che vive da quasi mille anni non può costringersi ad una vita di stenti »

 

« Artù è lì, lo sento »

 

« Merlino, dovrai promettermi che non cederai la tua vita in cambio della sua »

 

« Non posso prometterlo »

 

Il drago chinò l'enorme capo all'altezza degli occhi del mago. Merlino si voltò, trovandosi a pochi palmi dal suo muso. Kilgharrah spalancò le fauci ed espirò.

 

« Non dovrei aiutarti, ma il futuro ha bisogno di te »

 

« Grazie, vecchio drago »

 

La creatura rimase a guardare quel microbo umano – che lo sovrastava con la sua determinazione – entrare nel castello di ghiaccio.


 

Addio, Merlino.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

La forza d'animo dei cavalieri di Camelot non venne meno durante la ricerca dei druidi, nemmeno dopo tredici giorni di viaggio, ma la stanchezza li colpiva sempre più rapidamente e si ritrovavano a fermarsi per mangiare o riposare più spesso del previsto.

Galvano faceva il possibile per mantenere alto il morale degli uomini – parlava ininterrottamente con chiunque gli capitasse a tiro – ed Elyan contribuiva snocciolando sorrisi d'incoraggiamento a destra e a manca.

 

Era quasi l'ora del tramonto quando Sir Ulrich, nominato cavaliere cinque mesi prima, avvistò qualcosa.

 

« C'è un fuoco acceso, laggiù! »

 

Elyan diede ordine di scendere dai cavalli e di avvicinarsi in silenzio. Attraverso i rami frondosi, intravidero delle figure in movimento – lunghe tuniche, niente armi, molti vecchi e bambini.

 

Druidi.

 

« Li abbiamo trovati »

 

Un sentore di sollievo si insinuò fra i cavalieri e le speranze crebbero.

Elyan sussurrò istruzioni agli uomini, dicendo loro di procedere verso l'accampamento con le mani sollevate e senza fretta.

 

« Non devono assolutamente sentirsi minacciati. Un passo falso e ci giochiamo ogni possibilità. »

 

Ad avvistarli, fu una bambinetta di quattro o cinque anni, lunghe trecce bionde e tante lentiggini sul volto.

Appena vide lo scintillio del fuoco sulle lame – appese ai fianchi, ma sempre minacciose – strillò con quanto fiato avesse in gola.

Nell'accampamento, si misero tutti in allarme, tentando di scappare.

 

« Fermi, non abbiamo cattive intenzioni! »

 

L'unico a fermarsi a quelle parole fu un uomo con una zazzera rossa ed una larga tunica verde. Vide quei due cavalieri – Galvano ed il novellino – che avanzavano con le braccia sollevate, seguiti da molti altri.

 

« Vogliamo solo parlare »

 

« E sia »

 

Un vecchio dall'aspetto trasparente li squadrava dal centro dell'accampamento. Le sue parole sortirono l'effetto di un incanto paralizzante. I druidi non fuggivano più, ma guardavano con sospetto gli intrusi.

 

« Scegliete due ambasciatori fra di voi e venite qui, senza armi »

 

Galvano ed Elyan avanzarono, gettando a terra le spade. Il vecchio annuì soddisfatto e fece cenno loro di sedersi accanto al fuoco.

I due cavalieri si lanciarono un'occhiata.

Tutto dipendeva da loro.

 

 

 

 

 

 

 





« Avresti dovuto avvertirmi, Emrys »

 

Merlino aveva appena varcato la soglia del castello quando la vide.

Su un lato della navata centrale, incastonato in una spaziosa nicchia nella parete destra, stava un elaborato scranno scolpito nel ghiaccio.

E Anobaith, una bellissima donna dall'aria stanca, ne accarezzava lo schienale. I lunghi capelli neri erano fermati alla base della nuca con un fermaglio e vestiva di una semplice tunica grigia, che metteva in risalto gli occhi verdi – arrossati, come se avesse pianto – e la pelle candida come la neve che copriva quelle terre. Il suo volto aveva qualcosa di etereo e misterioso, di lontano, inafferrabile.

 

« Se avessi saputo in anticipo che tu saresti venuto nel mio palazzo, mi sarei vestita meglio. »

 

Merlino non rispose. Quella donna le incuteva timore, forse il suo aspetto, forse la sua essenza.

 

« È un peccato che tu debba vedermi in queste condizioni. Ho avuto giorni migliori, sai? Ma presto » prese posizione sul trono, lisciandosi la veste « il mio splendore tornerà. »

 

« Sono qui per.. »

 

La voce non sembrava rispondere ai suoi comandi. Si schiarì la gola, tastandosi il collo.

 

« Sono qui per Artù Pendragon »

 

La donna inclinò il volto, piegando le labbra in un sorriso enigmatico. Voltò, quindi, la testa ed indicò con un cenno del capo un punto alla sua sinistra.

 

Il mago la seguì con lo sguardo ed il fiato gli morì in gola.

 

Artù e Morgana erano incatenati ad un blocco di ghiaccio, privi di senso. La pelle esangue, la vita sembrava aver abbandonato i loro corpi, ma l'occhio attento del mago notò piccoli movimenti, respiri irregolari, spasmi improvvisi.

 

« La tua conoscenza è grande, Emrys. Sai chi sono io. Sai perché loro sono qui. L'amuleto deve ancora dirmi chi dei due preferisce. »

 

Si sfiorò il collo e solo allora Merlino notò il voluminoso pendente dorato, una placca rotonda con inscrizioni in lingue dimenticate, un rubino incastonato al centro.

 

« Forse tu puoi aiutarmi »

 

Merlino la guardò senza capire.

 

« Cosa intendi, Anobaith? »

 

La banshee si alzò. I piedi nudi parevano non toccare terra, il suo passo era leggero. Si avvicinò fin quasi a toccarlo e quando gli parlò, la sua voce gli solleticò l'orecchio.

 

« A me non interessa chi dei due morirà. Io desidero riavere il mio potere, ma l'amuleto stavolta è poco chiaro. Se dovessi sbagliare, ne andrebbe della mia vita. »

 

Gli sfiorò una mano, le dita di lei gelide come quelle di un cadavere, impalpabili come acqua. Merlino non osava muovere un muscolo.

 

« La tua magia è grande, Emrys. Interroga gli spiriti, che loro chiarifichino le loro richieste. Ma ti avverto » la voce melodiosa gli trapassò il corpo, una minaccia tagliente « se la scelta cadrà sul figlio di Uther, non ci sarà nulla che tu possa fare. Tutto ciò va al di là delle tue capacità. »

 

Il mago deglutì.

 

« Se ti aiuto, cosa ci guadagno? »

 

« Il cinquanta percento di possibilità »

 

« D'accordo. Cosa devo fare? »

 

La banshee sogghignò, allontanandosi da lui. Mosse una mano verso il blocco di ghiaccio che imprigionava Artù e Merlino e quello si sollevò.

 

« Seguimi »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



« Non è stata Morgana »

 

« Cosa? »

 

Dopo aver capito che non c'era nulla da temere, i druidi avevano cominciato ad essere faceti e festosi con i cavalieri, lasciando che i tre – Galvano, Elyan ed Hestiades – sbrigassero le loro faccende.

Galvano aveva compreso che il vecchio poteva vedere ciò che per loro era invisibile – che si trattasse di eventi passati, presenti o futuri.

 

« Non è opera della strega. L'ho veduta fuggire da una sua stessa predizione. »

 

« Qualcun altro ha rapito Artù? »

 

« Esatto. Colui che ha rapito Artù, ha rapito anche sua sorella »

 

« Morgana è stata rapita? »

 

Elyan guardò stupito il compagno.

 

« Sai dirci chi è stato? O dove trovarlo? »

 

Hestiades chiuse le palpebre sotto una spessa coltre di rughe e pieghe.

 

« Vedo molto potere »

 

« Una minaccia per Camelot? »

 

« No, è una minaccia solo finché ha nelle sue mani la sorte del Re. Questa creatura vive fra le nevi, ma non so dirvi di più »

 

« È un po' vago.. »

 

« Almeno è un punto di riferimento, Galvano. Prima non avevamo nulla »

 

« Dovremo inviare uomini in tutte le terre del nord.. »

 

Il vecchio scosse la testa veementemente.

 

« Sono operazioni inutili, giovani cavalieri. Il potere di costui è incommensurabile. Risparmiate i vostri soldati. Egli tornerà. »

 

« Tornerà? Davvero!? Artù sta bene? È vivo? »

 

« Egli è vivo e tornerà. Ma c'è qualcosa che ancora non colgo.. »

 

Ma le sue preoccupazioni vennero ignorate. Galvano, fuori di sé dalla gioia, strinse le mani di Hestiades ed Elyan era sul punto di gridare dalla felicità. Provvidero ad annunciare a tutti la lieta notizia, perdendosi nei festeggiamenti.

Il Re era vivo. Il Re sarebbe tornato a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gaius aveva picchiettato le nocche contro la porta. Un “avanti” soffocato dall'interno gli concesse l'entrata.

 

« Lord Agravaine, mi avete fatto chiamare? »

 

L'uomo, in piedi accanto alla finestra, aveva le guance scavate e le occhiaie scavate. Tra le mani reggeva un calice di vino. Le mani tremavano convulsamente.

Nemmeno si voltò quando il cerusico fece il suo ingresso nelle stanze.

 

« Ho bisogno di qualcosa per dormire »

 

Il medico si chinò, assicurandogli che sarebbe tornato in pochi minuti.

Prima di riaprire la porta, Gaius si voltò verso Agravaine.

 

« Tornerà »

 

L'altro si limitò a tracannare il liquido in un solo sorso. Il medico lasciò la stanza.

 

« Tornerà »

 

La promessa – così fedele, così sicura – gli rimbombava nel cervello. Artù sarebbe tornato, lo sapeva. Stava bene e l'intero ordine dei cavalieri lo stava cercando. Il Re sarebbe tornato.

 

E Morgana?

 

Agravaine sbatté il calice sul tavolo, soffocando i singhiozzi.

Doveva avere fede.

Lei doveva tornare. Doveva tornare per finire ciò che aveva iniziato.

Per lui, per il suo sogno, per il trono.

Morgana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano nei sotterranei della fortezza. Merlino si aspettava ancora ghiaccio, perciò si sorprese quando i suoi stivali poggiarono sul freddo marmo e nei suoi occhi iniziarono a farsi strada immagini familiari – colonne di pietra, torce, tanto marmo.

 

« Com'è possibile? »

 

Anobaith si voltò verso il suo ospite.

 

« Cosa? »

 

« Su era tutto ghiaccio e ora dovremmo stare sotto la neve e invece è caldo ed accogliente. Sembra un vero castello.. »

 

« Mai sentito parlare di stregoneria? »

 

« Oh »

 

Non aveva pensato ad un incantesimo. Non ne vedeva il motivo.

Quella donna sembrava fatta per appartenere ad un mondo di gelo e candore. Lei quasi stonava in tutta la vivacità di quel sotterraneo.

Con un tonfo, il blocco di ghiaccio atterrò sul pavimento, trascinando con sé anche i prigionieri.

 

« Siediti »

 

Il mago si guardò intorno.

 

« Dove? »

 

La banshee indicò un punto dinanzi a lei. Merlino notò sotto i suoi piccoli piedi un cerchio con delle iscrizioni – rune antiche – segnati con quello che pareva sangue.

Si sedette a gambe incrociate a pochi pollici dal simbolo.

Anobaith si inginocchiò al centro esatto del cerchio e si sfilò l'amuleto dal collo, tenendolo ben saldo fra le mani. Serrò le palpebre e le dita si strinsero attorno al pendente.

 

« Gwrando fi, gwirodydd. Rwy'n galw i chi. »

 

La banshee continuava a ripetere quella litania, con tono basso, quasi un sussurro.

Merlino non riconobbe la lingua, ma ne percepì l'intensità.

Una sgradevole sensazione lo colse improvvisamente e tentò di liberarsene non ascoltando le parole della donna, spostando la sua attenzione su altro.

Lo sguardo scivolò sui prigionieri. Il calore sembrava aver donato nuova vita ai due, che avevano riacquistato un sano colorito.

 

« Emrys »

 

Anobaith aveva spalancato le palpebre, l'iride scomparsa dall'occhio, la pupilla ridotta ad una fessura.

 

« Emrys, tocca l'amuleto »

 

Merlino tentennò.

 

« Emrys »

 

Reprimendo il sentore d'inquietudine, si sollevò sulle ginocchia, poggiando le dita sul rubino.

Era caldo. Un calore inadatto ad un oggetto.

Il calore di un corpo vivo.

 

« Ripeti con me: Gwirodydd, dangos i mi yr aberth »

 

« Gwirodydd, dangos i mi yr aberth »

 

Trascorsero ore, anni, forse una vita intera.

 

Una luce azzurrina si erse dal cerchio, convogliando nel rubino.

Il cuore gli martellava nel petto, ma il mago si costrinse a continuare a ripetere la preghiera, a mantenere il sangue freddo.

Dall'amuleto nacque un piccolo globo luminoso, una bellezza malefica che penetrava nelle ossa. Anobaith lo fissava con apprensione.

 

Il globo si sollevò sulle loro teste, galleggiando verso i prigionieri. Li illuminava col suo freddo bagliore, stava immobile su di loro.

Iniziò ad abbassarsi.

 

Si fermò sul volto di Artù, i capelli dorati che catturavano la luce. Rimase sospesa nell'aria a pochi pollici dal Re e poi svanì in una nube di sospiri e vapore.

 

Merlino sentì il proprio corpo disperdersi in regioni lontane. Non udiva più nulla, non sapeva nulla, non voleva nulla.

 

Artù era il sacrificio che gli spiriti richiedevano.

 

Non poteva salvarlo.

 

« Bene, è il figlio »

 

Anobaith si rialzò e, sorridendo, si rimise il pendente al collo. Lanciò, quindi, un'occhiata al mago.

 

« Emrys, suvvia, ti è andata male »

 

« Prendi me »

 

L'espressione della banshee tradiva una certa sorpresa. Scoppiò a ridere.

 

« Hai visto quello che è successo? Gli spiriti hanno scelto Artù e tu non puoi fare nulla. »

 

Merlino non poteva, non voleva.

 

« Non te lo permetterò »

 

« Sono una banshee, ragazzino. Sarai anche un mago potente, ma non puoi nulla contro di me »

 

« Finché non lo uccidi, le tue abilità sono limitate »

 

« E sempre superiori alle tue. Ho quasi mille anni, Emrys. »

 

Il mago chiuse gli occhi. Voleva restare immobile, lì, accovacciato sotto uno spesso strato di neve, lasciandosi cullare dal dolce rimorso e dall'aspra consapevolezza di impotenza che non riusciva ad accettare.

Invece si alzò, spronato da una forza che non gli apparteneva. Avrebbe potuto giurare che le gambe gli tremavano, ma agli occhi di terzi erano ferme e solide come tronchi. Inspirò profondamente. L'aria era calda ed andò a cozzare contro qualcosa che premeva per uscire – disperazione o determinazione.

Fissò la donna, gli occhi sicuri di chi non ha nulla da guadagnare.

 

« Cosa vorresti fare, sciocco mago? Non hai speranze. »

 

Nemmeno aveva finito di parlare, che una mano invisibile la strattonò e la spinse indietro.

 

Nello sguardo di Merlino si era acceso il fuoco.

Erano le fiamme di Kilgharrah.

 

« Bene, bene.. Sembra che tu abbia l'aiuto di un amico. Mi piace, Emrys. »

 

Anobaith spalancò la bocca, sputando sul mago un nugolo di serpenti.

 

Un movimento di dita ed essi ricaddero al suolo in cenere.

 

Merlino attacco, scagliò contro la donna il fuoco delle torce, ma la banshee non si fece prendere alla sprovvista.

 

« Ymosod! »

 

Merlino fu scagliato all'indietro.

 

Della voce melodiosa di Anobaith non v'era più traccia. Gli attacchi erano preceduti da urla stridule e parole graffianti, il bel volto trasfigurato e deformato dalla furia. La battaglia, la voglia di sangue impressa sul suo volto.

 

Fu uno scontro alla pari, ogni attacco veniva evitato o parato e la risposta non prevaleva sull'avversario.

 

La banshee sollevò le mani, gli artigli che parevano aggrappati a qualcosa. Sembrò compiere uno sforzo immane, chiuse gli occhi.

 

« Dymchwel! »

 

Sulla roccia che li sovrastava si aprirono delle crepe. Il soffitto iniziò a crollare.

Anobaith rideva.

 

Merlino la spinse contro un muro, urlando la formula con una rabbia che non era sua – o forse sì, ma era comodo pensare che non lo fosse.

Tutto ciò che vide fu la testa della banshee picchiare contro la roccia, il corpo che rotolava rovinosamente sul marmo e molto sangue.

 

Un frammento di roccia gli colpì la spalla, ricordandogli il pericolo imminente.

 

Si affrettò a raggiungere i prigionieri. La priorità era uscire da lì.

 

« Tospringe »

 

Le catene non si aprirono. Pronunciò un incantesimo di levitazione e si affrettò a lasciare i sotterranei con l'intero blocco di ghiaccio.

Merlino correva, correva lungo la scalinata, verso l'aria aperta, verso la neve. Corse fuori dalla fortezza di ghiaccio, che crollava sopra di loro, attorno a loro e poi – finalmente – dietro di loro.

 

Ma non si fermò. Continuò a correre a perdifiato, finché non si sentì al sicuro.

 

Il blocco di ghiaccio ancora levitava dietro di lui. Con un cenno della mano, piegato in due per riprendere fiato, lo fece atterrare.

 

Doveva trovare il modo di liberarli, ma una strana sensazione di vuoto gli colmava la mente.

La testa gli si fece pesante e le forze vennero meno.

 

Cadde sulla neve, senza nemmeno energie per sollevare un braccio.

 

« Artù »

 

La parola gli uscì con uno sbuffo di vapore.

Ed il mondo si fece buio.

 

 

 

 

 

 

 

Quando Merlino riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu un bel fuoco caldo. Riprese coscienza, poco a poco, del proprio corpo, scoprendo di avere delle braccia e delle mani e poi gambe, piedi ed una testa stranamente leggera.

Tentò di mettersi a sedere, ma un disgustoso conato di vomito gli salì lungo la gola.

 

« Non sulle mie scarpe »

 

Chi gli aveva parlato aveva un tono roco e possente. Merlino strinse gli occhi e mise a fuoco le immagini che gli si presentavano alla vista.

Un uomo tozzo e nerboruto attecchiva le fiamme, lanciandogli ogni tanto delle occhiate.

 

« Non hai una bella cera. Meglio che ti stendi. »

 

« Chi sei? »

 

La gola gli doleva e la voce sembrava lontana.

 

« Mi chiamo Unig, sono un eremita delle nevi. Vi ho trovati mezzi morti qualche giorno fa. »

 

Come un fiume in piena, all'improvviso i ricordi di quanto accaduto travolsero il mago. Si sollevò di scatto, dimentico di ogni malessere. Gli occhi abbracciarono il paesaggio circostante e sospirò di sollievo nel vedere la figura di Artù che dava le spalle al fuoco. A giudicare dal respiro, stava dormendo profondamente. Non lontana, anche Morgana dormiva, sul volto un sano rossore che ormai non le si addiceva più.

 

« Ancora mi chiedo che diavolo ci facevate lì. Chi siete? »

 

« Io mi chiamo Merlino. Loro.. »

 

Non aveva voglia di raccontare la storia.

 

« .. sono miei amici. Stavamo facendo un viaggio. »

 

« E i tuoi amici si trovano spesso legati magicamente ad un blocco di ghiaccio? »

 

Merlino non rispose. Unig ridacchiò.

 

« Hai spezzato tu l'incantesimo? »

 

L'uomo annuì.

 

« Sei un mago? »

 

« Lo ero. Sono un po' arrugginito, ma me la cavicchio con robetta del genere. »

 

Merlino annuì, accorgendosi in quel momento di avere fame. Chiese a Unig se avesse qualcosa da mettere sotto i denti e lui gli porse un pezzo di carne da cuocere.

 

« Prima regola dell'eremo: ammazza sempre un'alce in più. »

 

« Me ne ricorderò, se mai dovessi votarmi alla vita eremitica. »

 

La carne si cuoceva velocemente ed il mago la divorò.

 

« Loro si sono svegliati? »

 

« Guarda che quello messo male eri tu. Loro erano belli che svegli quando vi ho trovati. »

 

« Ma non eravamo mezzi morti? »

 

« Oh, sì, ma loro stavano solo per morire di fame e freddo. Erano svegli. Tu eri praticamente già stecchito. »

 

Non parlarono per il resto della serata. Unig si accoccolò sulle sue coperte ed iniziò a russare.

Avendo dormito per giorni, il mago non si sentiva stanco. Si ritrovò a pensare a quanto accaduto e si disse che doveva ringraziare solo il drago. Non era certo che la banshee fosse morta, ma gli bastava sapere che fosse fuori combattimento.

 

« Merlino »

 

Morgana si era svegliata e fissava il ragazzo con una strana espressione.

 

« Non intendevo salvare anche te. Purtroppo non ho avuto scelta. »

 

« Ma cosa è successo? »

 

Lui alzò le spalle.

 

« Faresti meglio a dormire, Morgana. Potrebbe venirmi voglia di ucciderti. »

 

« Non lo faresti. »

 

« Non ci contare »

 

La strega sorrise – non per felicità né per soddisfazione, ma solo per divertimento e per il sollievo di essere ancora viva – e si rigirò dall'altra parte, cadendo in un sonno profondo.

 

Il mago si alzò e si sgranchì le gambe, passeggiando lì intorno.

Di notte, lo scenario di quei luoghi era spaventoso. Un'infinita coperta bianca che si confondeva con l'oscurità, un continuo ossimoro – bene e male che convivono. Aveva un che di rassicurante e sconvolgente.

Restò in contemplazione di quella terrificante meraviglia fino a che non vide il sole rischiarare il cielo.

 

Un fruscio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Artù si era svegliato.

 

« Oh, buongiorno! Non posso offrirvi molto per colazione, ma sono sicuro che saprete accontentarvi. »

 

Il Re lo fissò con uno sguardo indecifrabile. Merlino gli sorrise con tutto il calore che gli fosse possibile esternare.

 

« Merlino »

 

C'era qualcosa che non andava nel tono della sua voce. Il mago ne attribuì la causa all'avventura appena trascorsa, ma i suoi occhi erano ombrati.

 

« Sire, vi sentite bene? Lo so, fa freddo e la neve non può sostituire i vostri cuscini, ma.. »

 

« Ti ho visto »

 

Le parole gli si spezzarono sulle labbra. Sembrò che il tempo si fosse fermato, un'eternità di terrore, disperazione e incredulità. Disperazione.

Lo sguardo di Artù si incrinò, mostrando quello che cercava di mantenere nascosto.

Delusione.

 

« Ti ho visto »

 

Ripetizione di un concetto, forse per dargli forma, per convincersi della sua esistenza effettiva, per dimenticarlo e seppellirlo, far finta di niente – il mondo forse è un'illusione.

 

Ma quel giorno la realtà aveva assunto una consistenza spiacevolmente concreta ed aveva iniziato a sgretolarsi intorno a loro.

 

« Artù »

 

Ma lui non sopportava più alcuna parola, frase, nemmeno uno sguardo. Si allontanò, camminò nella neve, perdendosi nel bianco, perdendosi nella sensazione di smarrimento.

 

E Merlino guardava il gioco di fiamme, si burlavano di lui e delle sue aspettative, delle sue lacrime calde, un'illusione che si scioglieva sulle guance.

 

Ed ogni certezza cadde in frantumi mentre Morgana sorrideva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merlino urlava, un pianto disperato che gli inzuppava la barba.

 

Urlava per riempirsi la mente, urlava per dimenticare e ricordare, urlava per farsi sentire.

 

« Meglio se non torni a Camelot »

 

Le mani nella neve, più calda del suo cuore.

Artù non poteva udirlo, ma lui continuava ad urlare, urlava il suo nome, i suoi desideri.

Urlava preghiere finché non perdeva la voce.

Ed allora correva, finché non finiva a mangiare la neve. Correva, scappava e veniva travolto.

Correva perché voleva concedersi l'illusione di avere una meta, una meta che non fosse la vuota promessa di un ritorno, una meta proiettata davanti a lui, che sempre gli sfuggiva come fumo fra le dita.

 

Ma Artù non lo udiva. Artù non vedeva. Artù non capiva.

 

Artù semplicemente sperava.

 

 

 

« Addio, Merlino » 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 
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