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Autore: Nightrun    10/10/2012    2 recensioni
“Tsk! Principianti…” Mormorò il papero a Zheron, mentre l’Evroniano dava un’occhiata all’indicatore del vaso di contenimento. Era quasi pieno! Pregustò un’ottima scorpacciata di emozioni, asciugandosi la bava che gli colava dal becco con la mano libera.
In quel momento, una figura che era rimasta per tutto il tempo nascosta si decise a mostrarsi.
"...E così, tu saresti il fantomatico Paperinik...” Disse, con tono di voce sibilante.
Fece dunque dei passi avanti, battendo le mani a ritmo con la sua lenta andatura, fino a fermarsi. Incrociò le braccia al petto, e li rimase.
Note: Introdurre un nuovo personaggio è sempre una faccenda difficile. In special modo, se si intende introdurlo in un ambiente ed una situazione nuova senza deludere le aspettative di chi legge... Non a caso questa storia mi ha preso un po' di tempo. Ad ogni modo, fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura! ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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Prologo:
 
Si trovava in quella stanza già da un po’, oramai. Chissà che ore erano… Probabilmente, l’ora di pranzo era passata già da un pezzo. Poco male: era di routine nel suo lavoro, e lei c’era abituata.
Il dito ticchettava a intervalli regolari sulla scrivania, mentre gli occhi erano ben puntati sul suo interlocutore che, nel mentre, stava leggendo una serie di fogli che la papera aveva finemente battuto a macchina la sera prima.
Ne aveva conosciuti a bizzeffe di tipi come quello, nell’arco della sua vita: sguardo accigliato, ben vestito, scrivania assortita di vari ninnoli, un po’ attempato… flemmatico.
Già sapeva l’esito di quel colloquio: senza ombra di dubbio!
Non c’era neanche bisogno che fosse lì. Per questo era nervosa: stava perdendo del tempo prezioso, che magari poteva spendere in modo molto più produttivo.
Ad un certo punto, l’uomo iniziò a muovere la testa in segno di assenso, mugugnando qualche “Mmm-mmm… Mmm-mmm…” di tanto in tanto. Sollevò quindi gli occhi dai documenti che stava visionando, portandoli su quelli della papera che gli si trovava di fronte.
Si sistemò gli occhiali.
Ne aveva viste davvero poche di papere di quel calibro, nell’arco della sua vita: sguardo freddo ed opprimente, capelli viola portati corti, atteggiamento calmo e risoluto, costituzione assai robusta, per una papera.
Poggiò i fogli sulla scrivania, alzandosi in piedi e mostrando un leggero sorriso.
Anche la donna si alzò istantaneamente: mantenne tuttavia il decoro che sembrava contraddistinguerla, pur se a vederla dava l’impressione di essere una di quelle a cui non era raccomandabile dire di no.
“Mmm… Beh, senz’altro quanto ho letto mi lascia intendere che la società che lei rappresenta sia disposta a tutto pur di ottenere quanto richiesto. E, infondo… chi sono io per rifiutare un accordo del genere? Mmm… Beh… Affare fatto! Concluderemo secondo quanto pattuito…” Fece l’uomo, tornando flemmatico.
Firmò i fogli dove richiesto, passando poi tutto il materiale alla papera. Le tese infine la mano.
“E’ stato un piacere fare affari con lei, signor Boring.” Rispose lei, senza batter ciglio.
Sentì un brivido lungo la schiena. La stretta che ricevette in rimando dalla donna gli fece mancare il fiato per qualche secondo, tanto era corposa: “Urgh… L-lo stesso per me.”
Quando lei lo lasciò andare, provò a chiudere la mano per controllare che non avesse nulla di rotto. Rialzando poi lo sguardo, si accorse che la papera stava già lasciando la stanza, tenendo sotto braccio gli incartamenti appena firmati.
Poco prima di chiudere la porta alle sue spalle, l’energumena disse: “Manderò qualcuno a sbrigare le ultime faccende burocratiche quanto prima. Arrivederci, signor Boring.”
“A-Arrivederci…” Fece quest’ultimo, ricadendo sulla sua poltrona.
 
-Strade di Paperopoli-
 
Lasciato l’edificio, la donna trovò ad aspettarla una bella macchina aziendale, con tanto di autista vestito di tutto punto. Sollevò la mano per proteggere gli occhi dal sole: quella luce sembrava oltremodo infastidirla.
Salì senza dire assolutamente nulla, reclinando la testa all’indietro per poggiarla sullo schienale del sedile.
L’auto partì, inoltrandosi nel traffico cittadino.
La giornata era iniziata nel migliore dei modi, con quel nuovo affare andato in porto. Non sembrò tuttavia curarsene, dato che sul suo becco nessuna espressione sembrò andare a dipingersi.
Almeno fino a che, d’un tratto, qualcosa sembrò risvegliarla da quel torpore.
Strabuzzò gli occhi, come se fosse assai stupita: “Ferma la macchina.” Disse, con voce lievemente alterata.
L’automobile si fermò di fianco ad un marciapiede mettendo le quattro frecce.
Scese da essa con estrema fretta, rivolgendo un ultimo sguardo all’autista: “Non serve che aspetti.”
Attese poi che il mezzo si allontanasse, prima di mescolarsi tra la folla e, infine, imboccare uno dei vicoli semideserti che abbondavano per la metropoli.
Imboccatolo, prese a guardarsi con estrema attenzione intorno. Era come se stesse cercando qualcosa…
Lo sguardo andò aggrottandosi, mentre le pupille si dilatavano per assimilare meglio i particolari di quell’ambiente.
Il vicolo era sgombro e, non fosse stato per il solito bidone dell’immondizia pieno a metà, si sarebbe detto che lì non c’era davvero niente d’interessante da osservare.
“E’ un piacere rivederti.” Disse ad un certo punto una voce.
La papera sembrò riconoscere a chi appartenesse il timbro, e infatti non si stupì di veder comparire, da dietro al cassone, una persona dai lineamenti ben celati da un impermeabile celestino.
Si rilassò, incrociando le braccia muscolose attorno al petto: “Che cosa vuoi?” Chiese, spiccia.
Profunda, da sotto alla tunica, mostrò un lieve sorriso: “E’ venuto il tempo. Dobbiamo procedere col piano.”
“LUI l’ha ordinato?”
“Sì. Ha chiesto espressamente di te… -Rispose l’incappucciata, avvicinandosi un poco:- Insomma dovremo cooperare, mia cara.”
La donna strinse i pugni, ingobbendosi appena: “Non usare quel tono con me! Lo sai che lo detesto! Ho un nome io: ed è Birgit! Birgit!!!”
Profunda si abbassò il cappuccio, poggiandosi poi al muro. Si passò una mano tra i capelli, ravvivandosi la chioma e scostandola dagli occhi. Andò quindi a fare spallucce, roteando lo sguardo: “Oh, sì. La temeraria, irriducibile Birgit Q… Come dimenticarsene? A proposito: prima o poi dovrai dirmi per cosa sta la “Q”…”
Birgit buttò fuori l’aria con uno sbuffo, incrociando nuovamente le braccia. La fronte rimase aggrottata: “Chi ti dice che non sia il mio vero cognome?”
L’altra si staccò dal muro, scuotendo il capo: “Oh, nessuno. E’ solo che mi pare un po’… insolito.”
Aveva sentito abbastanza, per i suoi gusti. Si volse, facendo per andarsene: “Come se Profunda fosse un nome normale…” Sibilò.
“Touchée…” Rispose in rimando l’altra, guardando altrove e mordendosi la lingua col becco.
Ritornò subito seria: “Attieniti al piano, Birgit.”
L’altra arrestò la sua marcia, volgendo il capo per guardare Profunda con la coda dell’occhio: “Non serve che me lo ricordi. So fare bene il mio lavoro…”
Un ultimo scambio di sguardi astiosi, prima che entrambe sparissero l’una alla vista dell’altra.
 
-Non molto lontano, in una certa torre…-
 
“Anf, anf, anf!”  Correre, fuggire, nascondersi! No, non nascondersi: tendere un agguato.
Il vendicatore mascherato stava scendendo le scale disastrate in fretta, in gran fretta! Arrivato ad un pianerottolo, balzò gli ultimi tre gradini dello stesso, ponendo agilmente i piedi sul muro proprio di fronte e sfruttando l’ulteriore spinta per atterrare direttamente al piano inferiore, saltando così l’intera scalinata.
Guardò alle sue spalle, prima di proseguire. L’ombra di un papero, da cui spuntavano diversi tentacoli guizzanti, andò pian piano a crescere sul muro del pianerottolo che  Pikappa aveva appena superato.
Ce l’aveva alle costole, ed era sempre più vicino!
Riprese a correre, facendo una rapida panoramica attorno a sé: si trovava al piano di Channel 00.
Tutto totalmente distrutto: le scrivanie rivoltate, alcuni cavi scoperti che emettevano scintille, scartoffie sparpagliate in ogni dove.
Tutto totalmente vuoto: nessun papero lì, né vivo né morto.
Controllò lo scudo che brandiva con la destra: uno strano disco della dimensione di una moneta era stato posto su di esso, a bloccarne le funzioni primarie. Strinse forte il becco, osservandolo.
In pratica, era spacciato: o forse no?
Analizzò le sue possibilità: “Rifletti, Paperino…Q-quadro a destra, vicino all’estintore…” Si ripetè nella mente.
Essì, Uno lo aveva costretto a memorizzare quantomeno un paio di planimetrie, giusto per scrupolo… Beh, ringraziò che lo avesse tediato tanto!
Si mosse verso il muro in fondo allo stanzone, superando con due balzi la scrivania rovesciata di Angus.
Una nuova occhiata alle sue spalle: “Presto… Presto!!!” Pensò, mentre poggiava l’Extransformer a terra.
Si prodigò a staccare dal muro il pannello di quasi due metri posto esattamente a sinistra dell’estintore. Dietro vi era una sorta di lastra metallica, con a fianco un keypad. Digitò il codice con così tanta fretta da rischiare di premere due bottoni assieme.
-Swisssh-
La lastra metallica scivolò su sé stessa, mettendo a nudo il contenuto del cassone blindato posto immediatamente dietro.
Sorrise: sì, poteva ancora farcela!
Afferrò il disintegratore posizionato nel pratico alloggio, per poi sistemarlo sulla spalla. Essì, a vederlo non era poi così dissimile da un bazooka: tuttavia la canna serrata, che sembrava composta di puro cristallo, lasciava trasparire l’idea che si trattasse più di un’arma ad energia.
-TUNK!-
Un rumore, dietro di lui. Si girò di scatto, puntando l’arma ad energia sul nemico appena giunto. L’ombra dello stesso lo sormontava completamente, eccezion fatta per una piccola porzione del berretto da marinaio.
“Ok, a noi due!” Gridò, sprezzante.
“…in piedi…”  Gli giunse in risposta dallo strano essere.
“Eh?! Che vai farneticando? Guarda che se è una battuta sull’altezza, io…” Fece, agitando il pugno del braccio libero al cielo.
“In piedi… socio!” Rispose l’essere.
Paperinik sussultò, rischiando di far cadere il disintegratore a terra.
Strabuzzò gli occhi, dicendo a becco spalancato: “Uno!!!”
L’essere massiccio di fronte a lui era di un nero lucido, con riflessi verde brillante. Diversi tentacoli guizzanti e simili a viticci gli uscivano dalla schiena, dai gomiti e dalle spalle. Il volto era proprio quello del supercomputer, senza la fantomatica ampolla.
Paperinik inclinò il capo, grattandosi dietro la testa con fare scettico: “Questo non ha senso…”
 
-Vmmmbbbrom!-
“TI SVEGLI O NO???” Gridò una voce, mentre il letto su cui Paperino stava dormendo subiva impressionanti moti sussultori.
“Quaaack!” Il papero si svegliò con un grido, cacciandosi dalla testa il casco per l’addestramento notturno e gettandolo in malo modo lontano da sé.
Guardò stralunato in direzione dell’altoparlante, dicendo solo: “U-Uno… Cosa c’è?”
La risposta fu rapida e concisa: “C’è che è quasi mezzogiorno. Hai intenzione di dormire ancora?”
Il papero poggiò la testa sul letto, volgendosi su un fianco e mettendo le mani giunte sotto al cuscino: “Beh, perché no? Ho la giornata libera, se ben ricordi… Quindi, lasciami… Zzz… dormire… Ronf!”
All’interno del piano segreto, la testa nella bolla piegò il becco in un lieve sorriso: “Inizio pulizia automatizzata della stanza tra 3… 2… 1…”
-Brroaaammm!!! Vmmmmmm!!! Flush! Swish! Splash!!! Fssssssssh!-
“Quaaaack!!! Aiuto! Siamo sotto attacco! Siamo sotto –Glub-…” Udì provenire dalla stanza nella quale il suo alleato alloggiava…
Poco più di un minuto, prima che la spia dell’ascensore si accendesse. Non appena le porte si aprirono, un papero in tenuta da notte completamente zuppo e con le piume arruffate in più punti si presentò al cospetto dell’intelligenza artificiale.
“Buruburuburuburubù!” Fece, scuotendo forte la testa per togliersi l’acqua di dosso e, al contempo, cercare di riprendere un aspetto più curato.
Una mano robotica con tanto di mocio prese ad asciugare le gocce che erano state scagliate in giro.
“Grrr…” Ringhiò Paperino, con la testa rossa come un pomodoro per la rabbia.
“Oh, ehi… Dormito bene? -Fece Uno, per poi tornare serio:- Lascia che ti asciughi, prima che ti prenda un malanno…”
-Clank! Vmmmm!!!-
Una mano robotica dotata di pratico phon spuntò vicino all’eroe, soffiando con cura aria calda nella sua direzione e concentrandosi in più punti, così da ottenere il risultato voluto.
“Scusa per la levataccia, ma gli ultimi sviluppi richiedono misure drastiche… quindi non è il caso di sonnecchiare.”
Il papero sospirò, riprendendo la calma. Non fraintendiamo: era ancora arrabbiato, tuttavia… vuoi le parole di Uno, certamente nel giusto, vuoi l’invitante piattone di frittelle fumanti che era comparso da uno scomparto già da qualche secondo…
In pratica, Paperino si mise sulla poltrona, iniziando a mangiare e dicendo nel mentre: “Munch, munch! Me ne sono accorto… Glub! Hai aumentato di molto la difficoltà delle esercitazioni. Quel boss è troppo forte… Gnam!”
Una sfera più piccola balzò fuori dal pavimento: “La vita reale non è un videogioco. E’ meglio se ti alleni con avversari imbattibili in una simulazione, dove la posta in palio è nulla… Non trovi?”
Si cacciò in bocca un’altra frittella, sbuffando: “Umpf! Comunque sia… i muscoli decisamente non ti donano… Chomp! Anzi, non riesco nemmeno ad immaginarti con un corpo tutto tuo. Munch, munch…”
Il supercomputer si morse la lingua, ridendo sotto i baffi: “Bah, chissà. Un domani, potrei trovarne uno adatto a me… Ihih!”
Finì di mangiare, pulendosi il becco col tovagliolo e sorseggiando un bel bicchierone di camomilla.
“Burp! Ad ogni modo, hai già pensato a qualcosa di produttivo da fare? Perché a me una mezza idea era venuta in mente…”
“Sarebbe?” Rispose Uno.
Scivolò giù dalla poltrona, per poi stiracchiarsi. Incrociò quindi le braccia al petto, iniziando di seguito a dire: “Beh, ci servono risposte. Prima tra tutte, come fa Profunda ad usare una tecnologia così simile a quella del tuo creatore? E, come se non bastasse, come poteva sapere di quel segnale speciale?” (*Vedere il numero precedente)
Fece spallucce, proseguendo: “Insomma, penso che solo Everett Ducklair potrebbe rispondere ad un quesito del genere. Quindi, penso che lo contatterò.”
Uno si stupì non poco di quell’alzata di genio da parte dell’eroe: "Il padrone? Già, potrebbe darci qualche spiegazione in più in merito. Hai idea di come fare?"
Nuovamente, Paperino sollevò le braccia al cielo, ingobbendosi: “Boh! L’ultima volta, è stato un vero e proprio colpo di fortuna… E considerando che è capitato a me, è stato una specie di miracolo!” (*Fate uno sforzo! Vi aiuto: PKNA#38: “Nella nebbia”)
Una testolina davvero minuscola si mostrò all’eroe, spuntando direttamente da uno dei pannelli di controllo della stanza: “Beh, questa volta la dea bendata dovrà fare il bis, Pikappa! Non ho i dati per venirne a capo. L’unica è chiedere al padrone se ne sa qualcosa…”
Sentendo quelle parole, l’eroe s’impettì, proferendo: “E sia! Ci proverò… Ma ho bisogno di un favore da parte tua per… entrare nell’umore giusto… Eheh!” Ridacchiò sotto ai baffi.
“?” L’intelligenza artificiale lo fissò con un’espressione assai scettica.
 
-Fogne di Paperopoli, città sotterranea-
 
Odiava scendere lì sotto. Ok: era il luogo migliore per incontrare chi l’aveva chiamata con la sicurezza che tutto filasse per il verso giusto, tuttavia l’olezzo che permeava il luogo la disturbava non poco.
Lei era abituata a ben altri ambienti… Ambienti dove “lo sporco” si trovava solo nel cuore della gente con cui dialogava, dove il marciume si nascondeva nell’abilità di fare mosse che spiazzassero l’avversario, come in una partita a scacchi: un pezzo posizionato male, uno spiraglio lasciato aperto… Un gioco basato sugli errori dell’avversario: un gioco che le riusciva particolarmente bene. Questa era la vita della papera energica: laureata a pieni voti in economia e commercio alla New Chesterfield Midtown University e con un dottorato presso la Toriyama School of Business, lei poteva dirsi “una papera che s’era fatta da sola”. Il suo talento le aveva permesso di raggiungere un tale livello, la sua freddezza le aveva conferito la capacità di non farsi scrupoli di fronte a nulla… Ok, c’era da dire che quest’ultima sua qualità si era di molto intensificata, da quando lavorava per l’Entità.
Un piede le finì in una pozzanghera maleodorante. Ringhiò, stizzita, scrollando la gamba nel tentativo di asciugarla il prima possibile.
Inspirò profondamente, prima di lasciarsi trasportare da un moto d’ira. Non era né il momento, né il luogo adatto!
 
-Ducklair Tower, parecchi piani più in basso-
 
Uscito dall’ascensore, Paperino si tolse le pantofole, prendendo a camminare con le zampe scoperte per la stanza. Il pavimento iniziò a mancargli sotto ai piedi… letteralmente! Era come se un buco dimensionale si fosse aperto in quel momento. Tutto ciò che si mostrò a lui fu una densa nebbiolina bluastra decisamente innaturale, a prima vista.
“Allora… Hai delle preferenze?” Disse la voce di Uno.
“Mmm… Facciamo un bel praticello primaverile, con ruscello che scorre annesso… Ah, e vorrei anche un bell’albero dove potermi sdraiare e… qualche gioioso animaletto locale!”
La nebbia scomparve all’istante, sostituita da quanto Paperino aveva richiesto.
Ed eccolo quindi poggiare le zampe su un prato soffice e lussureggiante, contornato da un fiumiciattolo dall’acqua cristallina. Il tutto era illuminato da un sole che splendeva in mezzo ad un cielo azzurro, sgombro dalle nubi.
Sorrise, prendendo a camminare in direzione del grosso albero che si trovava a pochi metri da lui.
“Mi chiedo se tutto questo funzionerà…” Mormorò Uno, ancora invisibile.
“Beh, se non dovesse funzionare, potrò dire di averci guadagnato in buonumore… Eheh!” Rispose Paperino, mentre osservava una farfalla rosa con disegni giallo chiaro che si era posata sul suo dito.
Sedutosi sotto all’ombra del grosso albero, il papero si stiracchiò.
In quel momento, la sfera verde gli comparì di fianco, evocata da una serie di lucine intermittenti: “Bah… E dire che la sala d’Interfaccia immersiva totale era stata creata per ben altri scopi.”
L’eroe si mise bello comodo a terra, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi: “Ora fa silenzio, Uno. Devo concentrarmi.”
“Solo un’ultima cosa, socio.” Fece la sfera, spostandosi di fianco a Paperino.
Lui aprì semplicemente un occhio: “Dimmi.”
“Mi faresti il piacere di non dire al padrone di Zheron? Sai, preferirei evitare che venisse a sapere di un alieno succhia-emozioni che gironzola bellamente per i sotterranei della torre.” Disse il supercomputer, mostrando un sorriso imbarazzato.
Paperino fece spallucce: “Ok, come vuoi.”
Inspirò poi profondamente, poggiando le braccia sulle gambe, con i palmi rivolti al cielo ed i pollici che si toccavano con gli indici: stava… meditando?!
“Aaah… Che pace.” Mormorò, mentre immaginava di stabilire un contatto mentale con Everett. Il cinguettio di alcuni uccellini gli riempì la mente di pensieri positivi.
Uno continuava ad osservare il tutto con sguardo estremamente scettico: aveva letto articoli che parlavano del potere della meditazione sul corpo e sulla materia… Ma, ovviamente, sapeva che gran parte di essi erano stati scritti per abbindolare qualche credulone…
“Tsk! Intelligenze biologiche… Chi le capisce è bravo.”
Paperino si concentrò: doveva riuscire a chiamare Everett. Scoprì che l’ambiente lo stava aiutando più di quanto egli stesso si fosse aspettato. Era stata proprio una brillante idea sfruttare quella stanza per uno scopo simile! Doveva solo stare attento a non rilassarsi troppo: se si fosse addormentato, tutto sarebbe stato vano…
 
-Intanto…-
 
“E’ qui nei paraggi, lo sento…” Pensò Birgit, avanzando ancora.
Svoltò un angolo, sorridendo: l’aveva trovato!
Reclinò istantaneamente il busto in avanti, portando un braccio al petto in un inchino formale. Rimase in quella posa.
L’oscurità era fin troppa perché si potesse notare qualcosa, in quella galleria. Tuttavia, l’illuminazione che proveniva alle spalle della donna, le permise di vedere una sagoma informe che si agitava, in mezzo a tutto quel buio.
-Ssssssssssshhh…-
Fece la creatura, continuando a muovere i viticci neri in ogni dove.
Gli occhi di Birgit andarono a restringersi, mentre la donna proferiva: “Sì, ho iniziato coi preparativi già da qualche mese, prevedendo che le cose sarebbero andate a finire in questa maniera…”
Un viticcio si fece avanti, entrando nel lieve cono di luce, e ritraendosi prontamente.
Di nuovo, l’Entità emise un sibilo.
Birgit continuò: “No… Sa che sono contraria ad effettuare il Contatto. Non serve che controlli, in ogni caso. Le ho giurato la mia fedeltà, in cambio del potere che mi ha offerto: non le mentirò.”
I sibili si fecero meno convinti, come se l’essere nutrisse un certo dubbio… Ad ogni modo, sapeva di non doversi preoccupare: se la papera si fosse dimostrata sleale, avrebbe potuto facilmente riprendersi quel che le aveva donato… più un piccolo extra.
La donna fissò quella massa nera con sguardo assai serio, pur mantenendo un comportamento rispettoso: “Tornando a noi… Come dicevo, ho già radunato parecchi alleati, e non solo qui a Paperopoli. Per ora sono solo “cellule dormienti”: nessuno dei loro conoscenti si accorgerà di nulla, almeno fino a che non sarà troppo tardi!”
Un altro sibilo, seguito da una sorta di risucchio assai rivoltante.
Ghignò, come se avesse inteso qualcosa: “Paperinik?! Non mi dirà che anche lei lo teme? Mi sono informata sul suo conto, leggendo parecchi articoli al riguardo: non è altro che un supereroe da strapazzo! –Chinò ancor di più il capo, chiudendo gli occhi:- Abbia fede in me: non la deluderò come ha fatto Profunda…”
-Tump!-
Un rumore! Neanche a sette metri da loro, qualcosa emise un tonfo sordo, seguito da una serie di gemiti.
L’Entità emise un verso assai stridulo, gorgogliando ancor di più.
Birgit semplicemente volse il capo, guardando alle sue spalle.
Gettato sulla schiena, vicino al canale di scarico, un uomo dall’aspetto trasandato se ne stava con gli occhi sgranati e la bocca aperta, osservando chiaramente con estremo terrore quella creatura di cui, seppur ben nascosta nel buio, era ben visibile la forma.
Probabilmente si trattava di un barbone, o almeno il suo aspetto lo suggeriva.
Birgit si rialzò, dando le spalle all’Entità e facendo un passo in avanti.
“Ah… Aaaah!!!” Fece l’uomo, costringendo le gambe a dargli ascolto e scattando in piedi. Iniziò quindi a correre a perdifiato, cercando di fuggire da quello che gli era apparso come un vero e proprio mostro.
Svoltò l’angolo, continuando la sua corsa. Nella mente, pensieri confusi: “C-che cos’era quell’essere? Quella donna lì… E’ spacciata! Spacciata! O forse… Forse è stato frutto della mia immaginazione… Forse ho visto male. Forse-“
-SwiiiiissshSSSBRAAAANG!!!!”
I suoi moti interiori furono troncati bruscamente. Neanche l’aveva vista arrivare, eppure era reale. Una creatura, dalla forma vagamente rassomigliante ad una papera, era davanti a lui… A pochi centimetri da lui!
Il muro su cui quell’essere aveva vibrato il suo violento pugno era andato in frantumi, e qualche pezzo ancora ricadeva a terra, rotolando lentamente nel canale.
L’uomo era fuori di sé dal terrore, talmente tanto che il fiato gli si bloccò in gola.
Le iridi andarono a restringersi, mentre gli occhi assorbivano quell’immagine così possente… così innaturale.
La creatura che aveva davanti era piuttosto robusta di costituzione, seppure i lineamenti del viso e del corpo lasciassero trasparire la sua natura femminile.
I capelli, drizzati verso l’alto, erano lievemente scossi dalla fiamma nera che divampava tra essi, senza tuttavia consumarli.
Una sostanza nera traslucida la ricopriva completamente, eccezion fatta per il becco e per gli occhi, completamente bianchi.
Alcune parti del corpo sembravano inspessite e presentavano diversi aculei e spuntoni, proprio come se la donna si trovasse ad indossare un’armatura naturale.
Vi fu silenzio, per pochi secondi. Poi…
“…Ha interrotto una riunione importante… Mi spiace ma, dopo aver assistito a questo, non posso permetterle di scappare…”
Quel timbro di voce… Era lugubre, sibilante! La voce sembrava distorta, come se a parlare fosse una donna nascosta nel fondo di una grotta.
Il respiro aumentò vertiginosamente, mentre il cuore prese a battergli forte nel petto, come se volesse scoppiare. Agitò le braccia davanti a sé: “Io… Non dirò niente! Lo prometto! Non lo racconterò a nessuno!” Gridò, mentre iniziava a sudare freddo.
Il braccio che aveva distrutto il muro si alzò, avvicinandosi lentamente al barbone. Il pugno, inizialmente chiuso, andò ad aprirsi, permettendo all’uomo di vedere ciò che in esso era contenuto.
La creatura parlò, mantenendo quell’espressione assolutamente impassibile: “…Oh, sarei disposta  a crederle… Riesco a capire quando la gente mente, e lei non lo sta facendo… Tuttavia…”
Sul palmo della donna, un piccolo grumo nero tremolante prese a liberare piccoli viticci attorno a sé: “…Quest’affare è troppo importante, per rischiare che qualcuno mandi tutto a monte …”
Il grumo si restrinse, prendendo a tremolare. Scattò poi con vigore, fiondandosi come un proiettile addosso al viso dell’uomo.
Il barbone gridò con tutto il fiato che aveva, mentre quel frammento di Entità lentamente si espandeva sul suo corpo. Osservò l’essere che Birgit era diventata per tutta la sua agonia.
Poi, tutto si fece buio…
 
-Ducklair Tower, sala I.I.T.-
 
Quanto tempo era passato? Secondi? Minuti? Ore? Paperino iniziò a perdere la nozione del tempo, oltre che la pazienza. Gli arti e in special modo la schiena iniziavano a fargli male. Stava chiamando insistentemente Everett già da un po’, ed oramai iniziava a convincersi che le parole di Uno fossero veritiere.
Ad un certo punto, sbuffò: “Bah, avevi ragione… Qui non si combina niente.” Disse, facendo per rialzarsi. Rabbrividì.
No, non era una semplice sensazione: faceva proprio freddo… Un freddo glaciale!
Gli occhi si aprirono lentamente, mentre le braccia andavano ad avvolgere il costato, cercando tepore: “Brrr! Uno, che accidenti hai combinato? La temperatura è troppo bass-“ Sussultò.
Il paesaggio attorno a lui era totalmente diverso da prima.
Quello che prima era un rigoglioso praticello primaverile, era ora una distesa di neve e ghiaccio circondata da altissime montagne. Qualche roccia spuntava di tanto in tanto mentre dal cielo, di un plumbeo tendente quasi al nero, tirava un fortissimo vento gelido, che portava con sé diversi fiocchi di un bianco immacolato.
Paperino si guardò attorno, scioccato: cosa stava succedendo?
Fu allora che notò un altro particolare inconsueto. Le sue mani… Le palme delle sue mani erano come… incorporee. Gli sembrò di guardare un ologramma, non fosse stato che quell’ologramma era proprio il suo corpo!
L’ipotesi di avercela fatta gli sfiorò il cervello per qualche secondo: “C-ci sono riuscito?”
“Dovresti riporre maggior fiducia nelle tue capacità, fratello Guerriero mascherato.” Giunse ad un certo punto alle sue orecchie.
Guardò in ogni dove, trovando infine l’origine di quel suono.
Una sagoma era comparsa in mezzo alla tempesta di neve. Via via che essa si avvicinava, i suoi tratti si facevano più marcati. Anche quella, tuttavia, pareva più un ologramma che un’immagine reale.
“Everett! –Gridò Pikappa, al limite dello stupore- Questo vuol dire che… ce l’ho fatta!”
“Sì, anche se ti è servito il mio contributo! Benvenuto sulle vette innevate dell’Himalaya!” Esordì il monaco che andò a mostrarsi. Si tolse il cappuccio del saio dalla testa.
Un’altra ventata gelida arruffò il piumaggio del papero: “Brrr… C-certo che potevi avvisarmi: mi sarei messo  qualcosa di più pesante.”
“Stai tranquillo. Solo la tua essenza spirituale è qui: il freddo ti avvolge, ma non può ucciderti.”
Batté il becco: “S-sarà… Però p-preferisco s-sbrigarmi lo stesso.”
Everett cacciò le mani nelle maniche del saio, congiungendo in tal modo le braccia: “Se mi hai chiamato, è perché ti serve il mio aiuto… Dico bene? Di cosa mi vuoi parlare, dunque?”
“Quella strana papera… Si è ripresentata, ed ha attirato me ed Uno in trappola con un segnale che solo tu dovresti conoscere! Eppoi…” Prese a dire l’eroe, agitando le braccia mentre descriveva il tutto. Era partito in quinta, rovesciando una valanga d’informazioni sul suo interlocutore.
Il monaco portò le mani davanti a sé: “Con calma, mio giovane amico… Fa un bel respiro, e inizia da quando ci siamo lasciati, l’ultima volta…”
 
-E così…-
 
“…e poi l’ho ricacciata nelle fogne, mentre gli altri assumevano nuovamente la loro forma naturale!” Disse il papero, concludendo il discorso.
“Accidenti, hai fermato un Succube tutto da solo? Encomiabile!” Rispose Ducklair, visibilmente stupito.
“Succube?!”
Lo sguardo del monaco si fece serio: “Sono persone a cui l’Entità concesso di mantenere la loro lucidità mentale, rendendole inoltre più forti. Sono la sua “guardia personale”, diciamo…”
Un candido sorriso gli solcò il viso: “Sai, dal nostro ultimo incontro ho fatto parecchie ricerche in merito. Ho sfogliato volumi antichi, di un sapere inenarrabile… fino a trovar tracce di quell’essere…”
Mentre parlava, nella mente del monaco andavano avvicendandosi diverse immagini degli ultimi tempi: era stata una ricerca dura e minuziosa, tra antichi testi che il tempo sembrava non aver quasi intaccato…
“Ad ogni modo, è ancora presto per metterti al corrente di quanto ho scoperto… Sono informazioni frammentarie, che per ora non ti sarebbero di grande aiuto. Piuttosto: parlami ancora di quel segnale. Uno che ne pensa?”
L’eroe allargò le braccia, sbraitando: “E’ questo il punto! Dice che è esattamente lo stesso segnale con cui lo testavi, mentre era ancora in fase di programmazione.”
Il monaco si passò una mano sotto al becco, ragionando: “Mmm… Il guaio è che, se la memoria non m’inganna, era un segnale piuttosto comune. Chiunque, con una discreta competenza, potrebbe ricrearne uno simile…”
“E come spieghi quelle strane armi che ha usato contro di me?”
Nuovamente, Ducklair si espresse con riserbo: “Anche per quelle c’è una spiegazione molto semplice. Sono una delle poche mie… “creazioni” attualmente in commercio. Ad ogni modo, mediterò su quanto mi hai detto. Qualcosa mi verrà in mente.”
Quell’affermazione lasciò l’eroe di stucco. Chissà perché, gli sembrò come se il papero nascondesse qualcosa. Una sensazione che durò poco.
La dura realtà gli piombò nuovamente addosso come un macigno: “Sigh! Speravo potessi aiutarmi…” Piagnucolò Paperino, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Non abbatterti, Paperinik. Chiamarmi non è stato vano… Ho qualcosa che potrebbe tornarti parecchio utile, per contrastare l’Entità. Riferisci ad Uno quanto ti sto per dire: voglio che installi sull’Extransformer il flash intermittente a radiazione ultravioletta.”
Il papero si passò nuovamente una mano dietro alla testa, perplesso: “Ehm… Non è che hai un foglio dove posso scrivermelo?”
Il monaco sorrise, senza perdere la calma: “Digli che deve aggiungere all’Extransformer dei dispositivi che rilascino raggi ultravioletti… Lui capirà.”
“Se lo dici tu…”
Ducklair si rimise il cappuccio, alzando le mani: “E’ tempo che vada. Avrai tutto il mio sostegno, seppur ci divida una distanza per il corpo piuttosto considerevole, ma per l’animo breve come un battito di ciglia…”
La figura dell’ex-scienziato andò pian piano sfaldandosi, così come il paesaggio circostante, mentre recitava queste ultime parole:“Abbi fede, Paperinik… Abbi fede nelle tue possibilità e in quelle di chi ti è alleato: anche se proviene da un altro pianeta.”
Paperino sussultò: “Eh? Ma come…”
“E dì ad Uno di non preoccuparsi: se quell’alieno vi sta aiutando, allora sono ben felice di ospitarlo nella mia torre! Eheh!” Bisbigliò, mentre la sua presenza s’era ridotta alla sola voce.
Tutto si era fatto buio, attorno a Paperino.
“No, aspetta! Come hai fatto a…”
 
-Tump!-
Paperino cadde di fianco, accorgendosi di essere nuovamente sul prato: “Ma che accidenti…”
La sfera verde gli fluttuò vicino, con aria perplessa: “Mi spieghi che combini, socio? Neanche hai fatto in tempo a chiudere gli occhi, che subito ti sei lasciato cadere.”
L’eroe strabuzzò gli occhi: “Eeeh? Come “subito”? Saranno almeno un paio d’ore che sto meditando!”
Un orologio digitale comparve di fianco all’icona del supercomputer, segnando l’ora: “Non dire assurdità! Sono passati appena due minuti, da quando hai cominciato. Sei sicuro di stare bene?”
Paperino fissò il prato, tenendosi la fronte con la testa: “Wow! Devo decisamente andarlo a trovare più spesso! Qualcuno di questi trucchetti potrebbe tornarmi utile, in futuro…”
“Allora, Pikappa! Mi stai ascoltando?” Gridò Uno, con tono di voce lievemente alterato.
Il Nostro riportò gli occhi su di lui, sorridendo: “Sì… Ed ho una richiesta per te, direttamente da parte di Everett. Dovresti aggiungere all’Extransformer un coso a raggi UV… O qualcosa del genere.”
Il computer mostrò uno sguardo sorpreso: “Il flash intermittente a radiazione ultravioletta?”
Il papero schioccò le dita: “Bingo! Proprio quello. Ce l’avevo sulla punta della lingua… Eheh!”
“Mmm… In effetti, potrebbe diventare un’arma, se usato contro i nostri nemici… E non ti ha detto nient’altro?” Domandò Uno, mentre il paesaggio da sogno andava pian piano sfaldandosi e veniva sostituito dalla reale forma della stanza. L’intelligenza artificiale stentò a credere che il papero fosse riuscito nel suo intento. Dopotutto, però, il fatto che avesse richiesto un oggetto simile provava senz’altro qualcosa: era assai improbabile che se lo fosse inventato.
Paperino si rimise le pantofole, facendo per uscire dalla stanza: “Oh, sì. Mi ha detto che possiamo ospitare Zheron per quanto vogliamo…”
Prima che Uno potesse replicare, fece spallucce: “Me lo ha letto nel pensiero! Non gliel’ho certamente detto io.”
Si passò una mano sotto al becco, tambureggiando con la zampa: “Allora? In che consiste questa nuova arma? Sono ansioso di provarla.”
La sfera verde andò a sfaldarsi, ricomparendo in un altro globo, stavolta reale, posto di fianco alla stanza: “Veramente, non è che sia davvero un arma… Spero che tu non rimanga troppo deluso. Pensa che padron Ducklair lo inventò con l’intenzione di utilizzarlo per rendere perfettamente asettici i recipienti per acqua e vivande…”
Paperino entrò nell’ascensore, inarcando le sopracciglia: “Bah… Male che vada, berrò acqua di fonte tutti i giorni.”
 
-Ducklair Tower, piani alti-
 
Sullo schermo gigante, posto di fronte alla poltrona su cui Paperino era ben seduto, comparve il volto di una papera piuttosto giovane, intenta a parlare delle notizie del giorno:
«..il cagnolino è stato miracolosamente ritrovato da un vicino di casa, che l’ha prontamente riconsegnato al suo padrone. Passiamo alla Borsa… Ennesimo affare portato a buon fine dalla Eastern Pacific High Tech Development, società appartenuta un tempo al plurimiliardario Everett Ducklair e ridotta sul lastrico dalla scomparsa del suo fondatore. Nella giornata di questa mattina si è infatti accaparrata un pacchetto azionario piuttosto sostanzioso, comprendente diverse piccole industrie P.d.P. situate nella nuova Paperopoli. Tempi duri per il magnate locale, Paperon de’ Paperoni...»
-Click!-
“Glom! Uno, hai sentito?” Disse Paperino, visibilmente scosso, poggiando il telecomando di fianco a sé.
 La sfera verde, di fianco a lui, annuì: “Già... Beh, una piccola perdita come questa non intaccherà certo il gran patrimonio di tuo zio...“
“Non intendevo questo! Parlavo della Eastern. Hai sentito il tg, no? Un tempo era del tuo creatore… E se Profunda fosse dietro a tutto questo? Questo spiegherebbe molte cose…”
Uno scosse il capo: “Lo escluderei tassativamente.”
“E perché?”
“La Eastern non ospita -né ha mai ospitato- alcuna “invenzione” del padrone. Puoi stare tranquillo.”
 
-Deposito de’ Paperoni-
 
Chiuso nel suo studio, un papero anziano stava parlando animatamente al telefono. Il tono della conversazione era… lievemente alterato: “Persa? Cosa significa “persa”?!”
Una voce, dall’altro capo del telefono, rispose: “Mi dispiace, signor de’ Paperoni. Quelli della Eastern sono stati piuttosto abili a trovare delle scappatoie nei contratti, consentendo loro  di acquisire diversi titoli e azioni, che hanno inevitabilmente portato alla sua esclusione dalla società in via del tutto burocratica e legale. Mi spiace, ma abbiamo le mani legate.”
“Ma… ma… Non è possibile che voi avvocati non possiate far niente! Per cosa vi pago?”
“In verità, ci paga una miseria. Ad ogni modo, è troppo tardi. Tutto è già stato deciso. Sigleranno i vari moduli di cessione entro dom-“
-Sbam-clunk!!!-
“Grrr! Ingrati! E dire che ci ho messo sudore ed animo in quella società… Non denaro… ma sudore e animo sì, accidenti! Non mi sembra un buon motivo per cedere alle lusinghe del primo dirigente che gli capita sottomano!”
Si lanciò giù dalla scrivania, furioso: “E, con questa, siamo già alla settima proprietà con margine di guadagno basso che si accaparrano… E sempre in quel modo subdolo!”
Prese a girare in tondo, portando le mani dietro la schiena: “Devo riflettere! Perché comprare una società del genere? Perché comprare TANTE società del genere? Voglio dire: cos’hanno in mente? Qual è il loro disegno? Dove-”
Volse lo sguardo alla poltrona dove prima era seduto, rilassando il viso.
Si spostò sulla scrivania, sistemando davanti a sé il mucchio di contratti che erano sparpagliati su di essa. Appartenevano tutti a società che la Eastern gli aveva portato via.
Poggiò quindi i palmi sul tavolo, mostrandosi sorpreso: “Ma guarda… tutti queste società, un tempo erano di...”
 
-Un edificio imprecisato, recante il marchio P.d.P.-
 
“Sì, è tutto in regola. Esatto, l’edificio è in ottime condizioni e le strumentazioni sono tutte nella norma…”
Seduta sulla poltrona del suo ufficio, la forzuta papera dai capelli violacei discuteva al telefono con un imprecisato interlocutore. Rimase in silenzio, come se ascoltasse quel che gli veniva detto dall’altro capo della cornetta, quindi di colpo riprese: “Sì, certo. Il massimo della riservatezza, non serve che me lo ripeta. Si fidi di me, le do la mia parola…”
Vicino alla sua mano, adagiata sul piano della scrivania, vi era una sorta di mappa di Paperopoli: essa riportava in sostanza la posizione degli edifici della città. Su alcuni di essi vi erano scritte delle note a penna. Altri, riportavano una X rossa su di essi.
“Ovviamente. Come ben sa, Everett Ducklair disponeva di un gran numero di medie e piccole industrie… Mi prodigherò senz’altro affinché lei le ottenga tutte, come da contratto. A presto.” Riagganciò il telefono, alzandosi dalla poltrona.
L’espressione, rimasta impassibile per tutta la durata della chiamata, non cambiò neanche al termine della stessa. Portò lo sguardo sulla mappa, riflettendo: “Bene… Tutto secondo i piani. Ora non resta che…”
-Trrrrr!-
Il suono proveniva dal telefono che aveva da poco riagganciato. Premette un tasto posto su di esso, sollevando la cornetta: “Che c’è?” Disse, seccata.
“Scusi il disturbo, dottoressa Q. C’è qui un tale che intende proferire con lei. Dice di essere della stampa.” Rispose la voce di una papera, dall’altro capo dell’apparecchio.
“Umpf! Sai bene che non sopporto quegli sciacalli. Liberatene!”
“E’ quello che sto provando a fare, dottoressa… Ma non riesco a-“
“Insomma?! Viene o no a ricevermi? Vi sembra il modo di trattare un inviato del mio calibro?” Sbottò una voce, con tono a dir poco alterato.
La papera riagganciò il telefono con forza, muovendosi verso la porta dell’ufficio: “Ci mancava solo questa!” Disse tra sé e sé.
Non appena arrivata nell’altra sala, vide la segretaria parlare con due buffi tizi.
Uno era vestito con un completo che lo faceva rassomigliare ad una telecamera ambulante, l’altro sbraitava a più non posso contro la povera papera che, invano, cercava di spiegare le sue ragioni.
“Allora? Me la chiami, o devo entrare in quell’ufficio con la forza?”
“Non è così semplice: la dottoressa al momento è molto impegnata e non credo che-“
Era il caso d’intervenire. Si avviò quindi a passi decisi verso il kiwi con l’impermeabile: “Che cos’è questo trambusto? Lei chi è?”
L’inviato, vedendo Birgit avvicinarsi a lui, si volse verso il minuto cameraman che lo accompagnava: “Ok, Camera 9. Inizia a riprendere!”
Si avvicinò alla papera forzuta, iniziando a parlare al microfono: “Molto piacere: sono Angus Fangus, di 00 News. E lei è la dottoressa…?”
Birgit non batté ciglio, cercando di farsi valere: “Q. Dottoressa Birgit Q. Detto questo, vi prego gentilmente di lasciare l’edificio.”
“Come… Così presto? Sono venuto fino a qui per avere spiegazioni in merito alle azioni perpetrate dalla società che rappresenta: qual è il vostro scopo? Perché acquistate medie imprese paperopolesi? Cosa c’è dietro?”
La donna allontanò il microfono in malo modo, proferendo: “Adesso basta! La società non intende rilasciare alcuna dichiarazione! Questa è violazione della privacy! Lo sa?”
Il kiwi sogghignò: “Se i giornalisti si preoccupassero di simili quisquilie, non ci sarebbero né scoop, né notizie! Igh! Igh!”
Birgit ed Angus si scambiarono sguardi intimidatori, mentre i loro visi erano così vicini che i becchi quasi andavano a sfiorarsi.
La papera, alla fine, riprese la calma: “Non rilasciamo dichiarazioni, e questo è quanto. Se ora non esce, sarò costretta a far intervenire la sicurezza.” Disse, con voce normale.
“Ah, sì? Sai che paura…” Rispose Angus, spavaldo.
Fu Camera 9 a renderlo cosciente del pericolo: “Ehm… Angus?” Gli disse, ticchettando col dito sulla sua spalla.
“Nnngh! Angus, fa attenzione!”
“Uh?”
Quando il kiwi si girò, vide due imponenti paperi vestiti di tutto punto, con tanto d’occhiali da sole. E quella –ahimé- fu l’ultima immagine nitida, prima che sentisse un dolore alla testa e tutto si facesse buio…
-Crack!-
“Ouch!” Svenne.
 
-Ducklair Tower, sera-
 
“Zzz… Ronf…” Paperino era bello spaparanzato sulla comoda poltrona del piano segreto, dormendo profondamente. Di solito, trascorreva le sue giornate libere coi nipoti o con Paperina, ma in quell’occasione decise di fare uno strappo alla regola: aveva la possibilità di riposare, dopo tante notti passate a vigilare su Paperopoli…
Uno, dalla sua, aveva il suo bel da fare: installare un nuovo componente sullo scudo non era di certo un’impresa facile!
Diversi macchinari lavoravano infatti sull’arma che, privata della copertura esterna, mostrava le sue parti interne a bracci meccanici intenti a staccare e collegare fili, apparentemente a caso.
Il supercomputer non era tuttavia immerso nel lavoro così tanto da non potersi concedere un po’ di svago! Il suo processore gli permetteva infatti parecchie cose, come lavorare e, al contempo, dilettarsi con… un bel film di fantascienza! Il volume degli altoparlanti era ovviamente tarato a 0, così da non disturbare l’eroe, tuttavia Uno poteva comunque “sentire” dialoghi e suoni, convertendoli in codici.
A dir la verità, poteva fare la stessa cosa anche con le immagini, tuttavia… Non era la stessa cosa!
Sullo schermo, un papero vestito con una mimetica color panna si muoveva per un deserto desolato, circondato da macerie varie. Il soldato sembrava agitato, e infatti andava continuamente a guardarsi attorno, col fucile spianato. Ad un certo punto, udì una sorte di rumore stridulo: come un qualcosa di appuntito che graffia su di una lavagna.
Si volse di scatto, rimanendo basito e cominciando a gridare.
A pochi metri da lui, una serie di animaletti metallici simili a insetti stavano sbucando dal deserto. Questi robottini strusciavano volontariamente le loro lame le une contro le altre, provocando stridii talmente acuti da costringere il soldato a tapparsi le orecchie, e mollare quindi il fucile.
“Mmm… Che guardi di bello?” Chiese ad un certo punto una voce piuttosto assonnata.
Il volume si alzò istantaneamente, permettendo così di sentire suoni e dialoghi.
-Tzziiiirrrrrr!!!-“N-no! Noooo!!!” –Bang! Bang! Tzziiiirrrrrrrrr!!!-Giungeva dagli altoparlanti.
“Un classico… -Rispose Uno:- Un gruppo di macchine progettate per difendere gli alleati, durante una guerra su un pianeta remoto, che ottengono coscienza propria ed iniziano a ribellarsi ai propri creatori… Ti dico solo che il regista ha usato parecchio succo di pomodoro, durante le riprese! Eheh!”
-Tzziiiirrrrrr!!!-
Paperino si mise le mani attorno alla testa: “Aaah! Le mie povere orecchie!”
Uno riportò nuovamente l’audio a zero.
Il papero si stropicciò gli occhi, mormorando: “Mmm… Spero non ti metta nei circuiti strane idee. Mi spaventerebbe non poco averti come nemico.”
La testa verde mise il film in pausa, volgendo il capo verso Paperino: “Che strane idee, ti vengono… A proposito, visto che è quasi ora di cena…”
Una testolina più piccola, dotata di cappello da chef, comparve di fianco a Paperino, dicendo con tono educato: “Il signore gradisce un’anitra all’arancia? O un ben più ricercato Paté de foie gras?”
“Ah-ah… Molto simpatico. Che ne diresti invece di un panino ultra farcito e di una bibita?”
Un’attesa di secondi, prima che un braccio meccanico porgesse un vassoio con quanto richiesto a Paperino: “E panino e bibita sia!”
“Yum! Ora si ragiona!”
Si mise un fazzoletto a mo’ di bavaglino ed addentò senza pietà, portando gli occhi sul supercomputer: “A proposito: a che punto è l’installazione del… coso a raggi UV? Ti sta prendendo parecchio tempo…”
Senza staccare lo sguardo dal film, Uno rispose: “Più del previsto. L’Extransformer ha una struttura estremamente delicata. Se facessi il minimo errore, potrei danneggiarlo. Devo stare molto, molto concentrato…”
“Concentrato, certo… Si vede…” Commentò Paperino, dando un’occhiata al film. Essì, decisamente il regista aveva usato diversi litri di salsa di pomodoro, durante le riprese...
Divorò la sua cena in men che non si dica, celebrando la sua sazietà con un sonoro “Burp!”.
“A proposito… -disse poi- Tra un po’ sarà ora del tg. Ti spiace mettere in pausa?”
Il film sullo schermo si arrestò all’istante, mentre una giovane papera dietro ad una scrivania andava a sostituirlo. La papera sfogliò un altro paio di fogli, mentre andava a dire:
«…del quartiere. E’ tutto, per questa edizione. Ci vediamo domattina verso le 7.00 per ulteriori aggiornamenti...»
Paperino sgranò gli occhi: “Cooosa? Non c’è l’“Angolo di Angus”, stasera? Che strano.”
Il computer aggrottò la fronte, avvicinandosi all’eroe: “Mmm… Ho appena finito di scansionare tutta la puntata. Da un’occhiata.”
Lo schermo si fece nero per qualche secondo, quindi si riaccese di botto. Di nuovo la papera di prima che, sollevò gli occhi dal pacco di fogli che aveva davanti:
«…Come abbiamo accennato in apertura: risultano stabili le condizioni del nostro inviato Angus Fangus, che a detta dei medici sarà dimesso dall’ospedale nella giornata di domani.»
“Ah! Ben gli sta! Di sicuro è andato a pestare i piedi a qualche pezzo grosso!” Esclamò sprezzante, sorridendo.
«…Fangus, intenzionato a girare un servizio sulla Eastern Pacific High Tech Development, si era diretto verso la nuova sede della società, con l’idea di fare delle interviste. Secondo le ricostruzioni, il nostro collega avrebbe alzato i toni, costringendo la sicurezza a intervenire. Oltre a Fangus, è rimasto ferito anche un cameraman, che tuttavia se l’è cavata con delle lievi contusioni ed alcuni danni alla tele-armatura…Il reporter non ha intenzione di sporgere denuncia. Nonostante ciò, la Eastern si è offerta di pagare le cure mediche, nonché le riparazioni per la tele-armatura danneggiata, presentando formali scuse alla nostra Redazione.»
 
-Qualche minuto prima, in un lettino d’ospedale-
 
-Click!-
Una mano marroncina sollevò il telecomando in direzione della tv, spegnendola: “Formali scuse un corno! Quello scimmione mi ha spaccato la telecamera in testa! Vedo ancora le stelle!” Sbraitò il kiwi, con una fasciatura spessa che gli avvolgeva il parte del cranio.
Batté un pugno sul vassoio che aveva davanti, rovesciando qualche pietanza in esso contenuta: “Non li ho denunciati solo perché ho un’immagine da mantenere! In questo modo, ne sono uscito da martire della notizia...” Disse, autolodandosi.
Batté di nuovo il pugno sul vassoio: “Ma gliela farò pagare! Sì: farò di tutto per screditare quella società! Anzi, FAREMO di tutto. Dico bene, Camera 9?”
Si volse verso il lettino accanto al suo, trovandolo vuoto: “Camera 9?! CAMERA 9!!!!”
Un’infermiera tarchiotta sbucò da dietro un separé, portando il dito alle labbra per imporre al kiwi di far silenzio: “Se non la pianta di far baccano, dovremo sedarla!” Rispose.
Angus incrociò le braccia al petto, guardando altrove: “Snort!” Allo stesso tempo, pensò: “Dove accidenti s’è cacciato, quell’impiastro?”
Nel mentre, in strada, un papero ben coperto da un lungo impermeabile e da un cappello si dirigeva con estrema fretta verso casa.
 
-Ducklair Tower-
 
“Prepara l’uniforme. Si va in scena!”
“Beh, se sospettavi della Eastern, ora hai un motivo come un altro per indagare!” Esordì Uno, mentre l’eroe si stiracchiava sulla poltrona.
“Yawn! Già… Angus sarà di sicuro la persona più tediosa del mondo, ma condivido il suo pensiero: c’è puzza di bruciato, attorno a quella società. Inizierò proprio dal “luogo del misfatto” e, se non dovessi trovare niente… Allora vorrà dire che me ne andrò direttamente alla sede principale, fuori città.”
Scese a terra, stiracchiandosi ben bene e facendo anche un po’ di stretching. Quindi, da un vano posto non molto distante da lui comparve il costume. Un pratico separé gli permise di cambiarsi in tutta calma, spuntando poco dopo nelle vesti di Paperinik.
Si legò la mascherina alla testa, poggiando poi il berretto sulla testa: “Uno… A che punto è l’Extransformer? Potrò usarlo?”
Dal vano del costume sbucò una sorta di cilindro. Esso andò ad aprirsi di lì a poco, mostrando un arma alquanto insolita: sembrava avere la forma di un fucile a canne mozze, anche se poi di canne neanche ce n’erano! Era infatti un corpo unico, senz’alcuna apertura, ai lati del quale erano disposte quelle che a Pikappa sembrarono due mollette da panni versione extra-extralarge, dispose in modo da esser viste da chi impugnava l’arma come due “V”.
Mentre afferrava quella strana arma, il supercomputer parlò: “Mi spiace, socio. Le modifiche non sono ultimate, e devo ancora fare parecchi test: meglio non correr rischi inutili.”
Il papero scrutò l’arma con attenzione, proferendo: “Va bene, va bene. Userò questo… coso, almeno fino a che non sarà pronto lo scudo. Devi solo spiegarmi come si usa e, soprattutto, che roba è…”
Un globo verde sbucò da terra: “Oh, è solo un semplice lancia dardi stordenti. Le munizioni sono ad energia, perciò dovrai preoccuparti solo di non esaurire la carica: in sostanza… puoi permetterti circa 25 colpi.”
“Sì, ok… Molto interessante, ma… Come sparo? Qui non c’è il grilletto!” E, in effetti, il grilletto proprio non c’era!
L’espressione di Uno virò in un lieve sorriso: “Non serve. Dimmi, Pikappa… Come te la cavi con le fionde?”
“Io? Oh, beh… Devo dire che da piccolo sono sempre stato un vero patito! Pensa che una volta…”
“ARMARE!” Disse di botto Uno.
-Tlack!Tlack! Whinnn!-
Le due “super mollette” poste ai lati dello strano oggetto andarono ad aprirsi, stirandosi e conferendo all’arma una nuova forma.
L’eroe osservò sbigottito lo strano marchingegno, mentre ai due lati del semiarco così formato andava tendendosi uno spesso filo di un qualche materiale elastico, di colore blu. Al centro dello stesso, vi era una pratica toppa del medesimo materiale: era in tutto e per tutto una fionda hi-tech!
“Ah-ha… Ora capisco!” Mormorò Paperinik, iniziando a pizzicare la toppa per testare l’elasticità dell’arma. Si ricordava bene di quando, ancora un semplice paperotto, si dilettava a mirare e colpire con la fionda che si era costruito i più svariati bersagli… combinando non pochi danni, alle volte.
Una testa verde più piccola gli comparve vicino: “Raggiunta la tensione minima di lancio, vedrai formarsi una specie di globo elettrico al centro della toppa. Tieni SEMPRE le dita lontano da quella sferetta, o ti stordirai da solo. Commenti?”
Il papero mascherato osservò ben bene il lancia dardi, posizionandolo come se stesse per tirare e portando il braccio all’indietro, ma senza tendere il filo.
Sorrise: “Non vedo l’ora di provarla!”
 
-Ducklair Tower, piani bassi:-
 
Entrato nell’ascensore, Paperinik prese a scendere verso il parcheggio sotterraneo, dov’era parcheggiata la Pi-kar. Teneva il lancia dardi legato dietro alla schiena per mezzo di una cinghia. E, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì nudo.
“Spero che Uno si sbrighi a testare lo scudo. Odio dovermi muovere senza…” Pensò l’eroe, dando una fugace occhiata alle sue spalle.
Ancora una volta quella sensazione: di certe cose, col tempo, non si può più fare a meno.
La prima volta che aveva brandito l’Extransformer, pensò di doverlo usare solo in quell’occasione. Dopotutto, era un semplice prototipo… Almeno, a detta di Uno.
Col tempo, invece, era diventato la sua arma migliore… la sua arma! Uno scudo per difendersi, ma che in qualche modo poteva anche attaccare. Questo era l’Extransformer: questa era l’arma di Pikappa!
Sospirò: “Mi farà bene, immagino… E poi, devo solo dare un’occhiata in giro. Cosa mai può andar storto?”  Pensò.
L’ascensore continuò la sua discesa, superando bellamente il parcheggio e continuando a scendere.
Il papero strabuzzò gli occhi: “Eh? Ehi, Uno: che combini? Sto andando troppo in basso.”
Una voce, proveniente dall’impianto, esclamò: “Chiediamo a Zheron se vuole seguirti.”
Quell’affermazione lo fece alterare non poco: “Cooosa? Sono senza scudo, ma non indifeso! Non ho bisogno della balia, Uno!” Sbraitò. Inammissibile! Il supercomputer non si fidava di lui?
Lo stesso timbro di voce rispose: “Potrebbe avvisarti per tempo, nel caso ci fossero dei Beati nei paraggi. Non intendevo sminuirti…”
Sbuffò, sistemandosi il berretto, per poi assumere un’espressione perplessa e, via di seguito, dispiaciuta: “Scusami, Uno. Non so che mi è preso…”
Il supercomputer non rispose. Forse aveva intuito ciò che frullava nella mente dell’eroe. E capì che dire una qualunque cosa avrebbe solo peggiorato la situazione. Nell’ascensore calò dunque il silenzio per quei pochi, interminabili secondi necessari a raggiungere il laboratorio sotterraneo.
Quando le porte si spalancarono, il papero fu lieto di poter aprire il becco e dunque cambiare argomento: “Speriamo che sia sveglio! O devo tirarlo giù dal letto?”
Uno parlò per mezzo degli altoparlanti del corridoio: “Ci ho già pensato io. Si sta alzando proprio adesso…”
Neanche il tempo di dire ciò, che la porta di uno dei laboratori andò a scorrere. Paperinik si trovava proprio lì vicino, dunque guardò oltre l’uscio, nel buio di quella stanza per nulla illuminata…
Già, agli Evroniani piaceva il buio, o almeno così aveva sentito dire da Uno.
Ebbe un fremito: ok, era un supereroe e tutto il resto, però quella sensazione di malessere che gli prendeva al pensiero di trovarsi nella tetra oscurità di una stanza non l’aveva mai pienamente abbandonato.
Il timore di creature indicibili nascoste nel buio, di artigli pronti a ghermire alla prima occasione…
“Ah, eccolo…” Sussurrò, più a sé stesso che al supercomputer.
L’Evroniano uscì alla luce del corridoio con lentezza smodata, leggermente ricurvo in avanti e con le braccia a penzoloni. Quando il papero mascherato lo vide, non poté trattenere una lieve risata: la paura sparì in quel momento.
“Yawn… Che bella dormita!” Mormorò Zheron, con la mano davanti al becco ben aperto. Gli occhi azzurrini ridotti a due fessure appena visibili.
Portò le mani dietro ai fianchi, premendo contro di essi ed esercitando una decisa pressione sui reni, così da stiracchiare ben bene la schiena.
Paperinik incrociò le braccia, dicendo sprezzante: “Allora, “Coniglietto”. Pronto per la tua prima ronda notturna?”
“Ronda notturna?!” Rispose l’alieno, stropicciandosi un occhio.
Calò il silenzio per qualche secondo, poi…
“Non ne ho voglia… Me ne torno a dormire…” Concluse, volgendo i tacchi e facendo per rientrare nella stanza buia.
Pikappa non poté che esserne sollevato: “Tsk! Tanto meglio.”
Il supercomputer, tuttavia, non fu dello stesso avviso. La porta della stanza si serrò all’istante, prima che Zheron potesse varcarne la soglia. L’Evroniano tentennò per via della sorpresa.
“Non credo proprio. E’ ora della ronda! Niente ronda, niente stanza.” Echeggiò una voce.
L’Evroniano incrociò le braccia, guardando altrove: “Questo non era nei patti!”
“Abituati all’idea, “Coniglietto”. A quanto sembra, ti ha incastrato. -Fece Paperinik, iniziando ad avviarsi:- E poi… Di che ti lamenti? Almeno tu potrai farti una bella scorpacciata, mentre io dovrò accontentarmi della gloria?”
Strabuzzò gli occhi, l’alieno, volgendosi verso l’eroe: “Scorpacciata?!” Mormorò, con voce decisamente più armoniosa rispetto a prima.
 
-Strade di Paperopoli, nel cielo-
 
“Certo che ti accontenti veramente di poco, eh?” Mormorò il papero mascherato, al volante della sua Pi-kar.
Si volse verso sinistra: “Seriamente: inizi ad assomigliare davvero molto ad un mio parente particolarmente ingordo…”
Si riferiva ad un certo cugino campagnolo che forse, in quel momento, stava giusto allietando le sue papille gustative con qualche pietanza.
Accovacciato sul suo Disco individuale, l’Evroniano guardava di fronte a sé, leggermente disturbato dal dire di Pikappa.
“Perché non comprendi! Assaporare quel genere di emozioni… Di solito, sono estremamente rare in un individuo normale. Quegli esseri invece ne sono un concentrato… Yum!” Rispose, pulendosi la bava che gli colava dal becco col dorso della mano.
Paperinik riportò lo sguardo sul volante: “Ho capito, ho capito. In pratica, per te è come cenare con caviale e aragosta…”
Lo stomaco gli borbottò: non era un ingordo, ma anche lui non disdegnava il buon cibo. E aveva cenato solo con un panino…
Distolse lo sguardo da quel pensiero, concentrandosi su ciò che dovevano fare quella sera: “Meglio parlare di cose più serie. Dunque: in pratica voleremo sopra a Paperopoli e pattuglieremo un po’ tutte le strade… E interverremo, in caso di necessità. In ogni caso, però, il nostro obbiettivo è indagare sull’ultima società che la Eastern ha acquisito. Quindi, occhi aperti! Tutto chiaro?” Concluse, guardando in basso.
L’Evroniano sbuffò, stendendosi sul suo Disco e poggiando il gomito a sorreggere la testa. Non che fosse poi tanto diverso da quel che faceva assieme a quelli della sua specie, voglio dire: spiare, muoversi furtivamente, controllare...
Solo che… Beh, lì non c’era nessuno a minacciarlo di regressione a spora, se si fosse dimostrato poco attento.
Portò lo sguardo verso Paperinik: in realtà, per quanto ne sapeva, quel papero mascherato poteva benissimo combinarlo anche peggio, se non gli avesse ubbidito…
“Naaa! Quella testa verdognola non glielo permetterebbe mai!” Pensò, sogghignando.
Ok, Uno gli aveva offerto un posto dove dormire, ascoltava sempre tutti i suoi racconti e, in un certo senso, lo trattava anche bene… Ma lui era un Evroniano, e di certo non poteva dimenticare ciò che Paperinik aveva fatto alla sua gente, probabilmente aiutato proprio dal supercomputer.
Ora che almeno la testa verde sembrava nutrire fiducia in lui, poteva iniziare a macchinare il suo piano di vendetta.
Nondimeno, poteva sfruttare entrambi a suo vantaggio, recitando la parte dell’alieno tontolone!
Sì, si sentiva proprio un gran genio, in quel momento…
Di nuovo lo sguardo fiero su Paperinik, che distolse subito non appena l’eroe cercò d’incrociarlo col suo.
“Che c’è, Zheron?” Chiese il papero mascherato, ignaro dei pensieri che frullavano in testa all’alieno.
Lui fece spallucce, fingendo imbarazzo: “E-ehm… N-nulla. E’ solo che… mi chiedevo: perché fai tutto questo? Insomma… I terrestri della tua città potrebbero benissimo difendersi da soli, no?” Chiese, sparando la prima assurdità che gli venne in mente. Chiaro che non gliene importasse assolutamente nulla…
Il papero mascherato rimase a scrutarlo per un poco, assottigliando lo sguardo e aggrottando la fronte.
Sudò freddo: che Paperinik sospettasse qualcosa? Aveva forse già scoperto la sua messinscena?
Irrigidì gli angoli del becco, spremendo la sua materia grigia per trovare una scappatoia da quella situazione. Si rimise nuovamente carponi, tremolando come una foglia: “Ah-ehm… N-non importa… S-scusami se-“
“Perché è giusto che io lo faccia.” Gli giunse di colpo in risposta.
“Eh?” Mormorò l’alieno, volgendosi di fianco e staccando una mano dal Disco.
Scrutò l’eroe, che mentre parlava teneva saldamente il volante della sua Pi-kar e guardava serio di fronte a sé: “Io, al contrario degli altri paperopolesi, ho in me la consapevolezza di poter fare qualcosa… di avere la forza e la volontà per affrontare ogni situazione, ogni pericolo. Non mi arrendo se il mondo mi crolla addosso, mi rimbocco le maniche… Certo, non sono invincibile… Anche io ho paura, molto spesso…” Guardò altrove e, chissà perché, gli parve quasi di scorgere, in lontananza, l’imponente sagoma evanescente di un guerriero evroniano davvero tosto… Un avversario che assorbiva la paura, che diventava più forte, nutrendosene.
Chiuse gli occhi e tornò a guardare di fronte a sé, come ad allontanare il pensiero di quella battaglia passata: “Ma so per certo che, nonostante tutto, io ho le facoltà per proteggere gli indifesi. Ed è per questo che lo faccio…”
Sorrise, guardando Zheron: “Lo so, forse per voi Evroniani è un ragionamento che non ha molto senso…”
In effetti, per lui ne aveva ben poco: i più deboli su Evron li usavano per mansioni umili, o per missioni suicide. Che senso aveva proteggere qualcuno che non poteva difendersi, anche a costo della vita? E senza alcun tornaconto personale, per giunta!
Ad ogni modo, la discussione morì lì… Anche perché nessuno dei due aggiunse altro, ed il papero mascherato comprese che Zheron non avrebbe mai capito. Infondo, Pikappa aveva combattuto gli Evroniani fin troppo a lungo per imparare a conoscerli: il più forte schiacciava il più debole ed il più debole in genere era schiavo del più forte, almeno fino a che quest’ultimo non avesse mostrato segni di debolezza.
Non trascorse molto… L’alieno si stava ancora riprendendo dalla strizza provata poco prima, quando qualcos’altro gli solleticò i sensi.
“Uh?” Alzò il capo di scatto, mostrando un espressione sorpresa. Aprì il becco, portando la lingua di lato: “Sento qualcosa…” Mormorò.
“Beati?” Chiese Paperinik, sospirando. Sperò quasi di non incontrare nessuno, e che Zheron si fosse sbagliato. Voleva indagare sulla Eastern, quella sera…
Un segno di assenso da parte del papero spaziale, prima che la Pi-kar iniziasse a seguire il Disco individuale, in rapida discesa verso la città sottostante.
L’ora non era particolarmente tarda, e infatti entrambi poterono scrutare diverse persone, sotto di loro. Gente che tornava a casa dopo una lunga giornata lavorativa, o semplici giovani che andavano a divertirsi in qualche locale.
Parcheggiarono i loro mezzi di trasporto a ridosso di un cassonetto, così da non destar sospetti. Infatti, la Pi-kar venne cammuffata facilmente da idrante. Lo stesso non poteva dirsi per il Disco che, invece, rimase ben visibile. Zheron lo posizionò in verticale, poggiato al cassone dei rifiuti.
“Mh… Per fortuna, la nettezza non dovrebbe passare prima di domani.” Bisbigliò Paperinik, imbracciando la sua arma e volgendosi verso l’alieno.
“Ok, mister “Coniglietto”. Dove?”
Di rimando, l’Evroniano tirò fuori la sua Evrongun, collegandola attraverso un tubo giallognolo al vaso di contenimento che teneva legato al fianco.
Si leccò il becco: “Per di qua.”
 
-Paperopoli, vicino ad un cantiere edile-
 
“V-vi prego, lasciateci andare…” Un ragazzo, schiacciato contro il cancello d’entrata dell’edificio in costruzione, guardava con occhi sgranati verso un punto imprecisato, nel buio. Accanto a lui, altri adolescenti della stessa età, alcuni in lacrime.
“C-che cosa volete da noi?” Disse un altro.
Una zampa nera, dalle fattezze non dissimili a quella di un papero, batté a terra.
I ragazzi si schiacciarono ancor di più contro le inferriate del cancello, rabbrividendo alla vista di un gruppetto di strane creature grottesche che andavano via via mostrandosi alla luce dei lampioni. Ognuno di questi esseri presentava una fiamma ardente che, con estremo vigore, ondeggiava sopra la sua testa.
Nessuno dei Beati sembrò avere intenzione di attaccare. Rimasero immobili, come ad impedire la fuga di anche uno solo di quei ragazzi.
Ad un certo punto, alcune delle creature si fecero da parte, lasciando passare un essere dalla forma decisamente più ritta e slanciata rispetto alla loro, perennemente ingobbita.
La figura appena venuta puntò i suoi occhi bianchi sulle impaurite vittime, per poi avvicinarsi a loro come se niente fosse. Non disse una parola, limitandosi a sollevare la mano, col palmo rivolto al cielo. Su di essa, iniziarono a gorgogliare diversi piccoli globuli neri.
“Aiuto! Qualcuno ci aiuti!” “Noooo!” Gridarono un po’ tutti, a quella vista.
La donna non sembrò curarsene, avvicinandosi ancora. Uno di essi, disperatamente, vibrò un colpo in direzione del petto della creatura. Non fece in tempo… Uno dei Beati si mise in mezzo, incassando il colpo e rimanendone stordito.
“…Temerario… Devo riconoscerlo… Tu sarai il primo…” Mormorò Birgit, Quindi, avvicinatasi abbastanza, colpì il giovane in pieno petto col palmo della mano.
“Ouch!” Fece il ragazzo, cadendo pesantemente sulla schiena. Non appena aprì gli occhi, guardò inorridito verso il basso…
Un qualcosa di nero, rassomigliante al petrolio, iniziò ad espandersi su di lui, cercando di ricoprire completamente il suo corpo. Gridò, mentre invano provava a toglierselo di dosso. Tuttavia, più gli attimi passavano, e più si accorgeva di perdere forze. Poi…
I suoi amici lo videro rialzarsi di lì a poco, con tranquillità. Non disse una parola, né gemette, né pianse. Si limitò solo a rimanere immobile.
Birgit gli passò di fianco, avvicinandosi agli altri giovani. Una papera tra loro chiese, in lacrime: “Perché ci fate questo?”
La donna tese il palmo in avanti, mentre su di esso altri globi iniziavano ad emettere viticci in avanti: “…Niente di personale… E’ tutta una questione di affari… Affari che stanno per riguardarvi, diciamo…”
 
-Poco dopo-
 
“E menomale che dicevi di aver sentito qualcosa! Sei sicuro che siano da queste parti?” Sbraitò Paperinik, agitando al vento la sua arma, ancora richiusa in sé stessa.
“Ehi! Non è colpa mia se questa città è così intricata…” Rispose Zheron.
“Tsk! Come segugio fai davvero schifo… Non li troveremo mai…Mai! Sigh!” Mormorò l’eroe, depresso.
“TROVATI!”
“Squack!” Fu come un tuono a ciel sereno. Saltò un metro e mezzo buono, che non era affatto male per un papero della sua taglia.
“D-dove?” Chiese, ripresosi dallo spavento. Avrebbe voluto dargli un pugno in testa, ma lo frenò la sua coscienza: non avevano ancora trovato i Beati, se c’erano… Magari avrebbe conservato quello sganassone per dopo.
Ad ogni modo, attraversata un’intera via, i nostri si trovarono finalmente nei pressi del cantiere edile.
“Lì…” Indicò Zheron col dito.
Paperinik inspirò profondamente: le sagome erano ancora distanti, e dunque indistinguibili. Con quel buio, poi…
“Mmm… Meglio avvicinarsi e constatare se siano davvero nemici o meno. Non vorrei dare ad Angus un buon motivo per screditarmi…” Pensò, avvicinandosi lentamente. Zheron rimase qualche passo indietro, pregustando già il “sapore” di quel nuovo pasto.
Arrivati nei pressi del gruppetto, il papero mascherato sollevò un dito, schiarendosi la voce: “Ah-Ehm… E’ tutto ok, laggiù?”
Un paio dei tizi di spalle andarono a girarsi di scatto, ponendo i loro occhi sull’eroe… Probabilmente, ancora non s’erano avveduti di Zheron.
“Hiiiiissssh!!!” Sibilarono.
Non c’era niente da fare. Non importava quante missioni rischiose affrontasse, o quanti nemici temibili sconfiggesse… Sotto alla maschera di Paperinik, c’era pur sempre Paperino. Ed a Paperino quella vista fece raggelare il sangue.
Si scosse, cercando di riprendere coraggio: “O-ok, domanda di riserva…” Disse, concedendosi qualche altro secondo per riprendere la calma.
“Accidenti, ora sì che vorrei avere con me l’Extransformer…” Scacciò via quel pensiero, schiarendosi ben bene la voce e gonfiando il petto: “Ehm-ehm… Dunque… Ve ne andate con le buone, o devo mazzolarvi ben bene come i vostri compari dell’altra volta?”
“…Attaccate!…” Mormorò una voce.
A quell’ordine, le creature ringhiarono, muovendosi tutte in direzione di Paperinik.
Nel mentre, il gruppo di ragazzi dietro a Birgit prese ad avviarsi verso una direzione sconosciuta. Lo sguardo di ciascuno, assolutamente vacuo. Sembravano perfettamente calmi, come se quella situazione non li stesse riguardando… Come se non fossero stati loro quelli che prima gridavano e piangevano… Come se ci fosse stato qualcun altro nella loro testa…
Ad ogni modo, Paperinik si decise a combattere. Infondo, un’arma ce l’aveva!
“ARMARE!” Disse, col medesimo tono usato dal supercomputer.
 Gli ingranaggi posti all’interno dell’arma andarono a muoversi.
-Tlack!Tlack! Whinnn!-
Le estremità andarono a tendere il filo bluastro posto a centro, mentre l’arma prendeva la sua forma di fionda.
“Che si dia inizio alle danze!” Esclamò, tendendo la toppa dell’arma.
“Sì! E’ ora di prendere a calci qualche Darkflame!” Rispose Zheron, con l’Evrongun puntata sul Beato più vicino.
Gli esseri furono addosso ai due in poco tempo. La battaglia poté dunque cominciare!
Il papero mascherato tese la corda e…
-Krgzzzzzzsssswisssh! Fzzzap!!!-
“Yyyargh!”
Una sferetta elettrica di colore giallastro si creò nella toppa. Al rilascio della tensione, essa si fiondò con estrema precisione contro l’essere nero, infrangendosi all’impatto e liberando una scarica che folgorò la creatura.
Essa ricadde al suolo, stordita, mentre alcune stelline prendevano a girarle sulla testa.
Evitò un’artigliata, rispondendo poi con un calcio. Quindi, disse: “A proposito… “Darkflame”?! Ma che razza di nome è?”
-Bzzzz! Bzzzz!-
“Aaah!” “Ouch!” Fecero altri due Beati, investiti da raggi azzurrini che, in poco tempo, li fecero stramazzare al suolo e riprendere il loro aspetto di paperi.
Zheron alzò le braccia, coi palmi rivolti verso l’alto, e fece spallucce: “Boh... Li ho sempre chiamati così. Somigliano ai Coolflames, ma sono tutti neri…” Disse, con aria innocente.
“Mmm… Suona molto meglio di “Beati”..."
Mentre Paperinik aveva gli occhi puntati su Zheron, una creatura gli venne alle spalle, con le mani sollevate e gli artigli pronti a ghermire l’eroe. Quest’ultimo fece semplicemente ruotare l’avambraccio sinistro, colpendo con le nocche il grugno della creatura e facendola piegare in avanti per il dolore. Quindi, si volse, sparando un altro colpo di fionda.
“Aggiudicata!” Disse, mentre partiva il colpo.
Il gruppetto di creature andò pian piano a sfoltirsi: alcune tornarono umane, altre caddero stordite sotto i colpi di quella fionda così dannatamente precisa, nonostante alcun mirino sembrasse esser visibile su di essa. Ovviamente, Paperinik era convinto che tutto ciò dipendesse dalla sua impeccabile mira, maturata quando ero un paperotto: “Eheh! Sono ancora un asso, dopotutto…”
 
In breve, nell’arco di pochi minuti non c’era più alcun Beato a minacciarli.
“Tsk! Principianti…” Mormorò il papero a Zheron, mentre l’Evroniano dava un’occhiata all’indicatore del vaso di contenimento. Era quasi pieno! Pregustò un’ottima scorpacciata di emozioni, asciugandosi la bava che gli colava dal becco con la mano libera.
In quel momento, una figura che era rimasta per tutto il tempo nascosta si decise a mostrarsi.
"...E così, tu saresti il fantomatico Paperinik...” Disse, con tono di voce sibilante.
Fece dunque dei passi avanti, battendo le mani a ritmo con la sua lenta andatura, fino a fermarsi. Incrociò le braccia al petto, e li rimase.
Il Nostro la osservò a lungo: sulle prime gli era parsa Profunda, tuttavia…
“Mmm… Il “vestitino” e la fiamma sono gli stessi, però…” Pensò, osservandola.
La corporatura era decisamente più robusta di quella dell’altra papera, oltre alla differenza di altezza. Come se non bastasse, nella zona dello sterno, delle spalle e dei fianchi spuntavano dei piccoli corni, disposti a semicerchio e fitti come i denti di uno squalo.
No… Decisamente non si trovava di fronte a Profunda.
Ma, di chiunque si trattasse, lui era in una posizione di netto vantaggio! Non c’erano più Beati –o Darkflames, qualsivoglia- a proteggerla.
“Devo stare distante dalle sue mani… Se ha lo stesso potere di Profunda, meglio prevenir-“
-Swiiiiissh! Sprang!!!-
Accadde tutto talmente in fretta che a stento riuscì a proteggersi con la sua arma, evitando in tal modo d’incassare un colpo davvero violento.
Ciò nonostante, il pugno della donna lo fece volare indietro di un paio di metri buoni, costringendolo ad un atterraggio maldestro sulla schiena: “Agh!” Gemette, sgranando subito gli occhi e sollevando di scatto il capo da terra. Seppur solido, il manico della fionda s’era un pochino piegato.
Birgit era rimasta col pugno ben proteso in avanti, nella stessa posa con cui prima aveva scaricato la potenza di quel colpo.
Zheron, a sua volta allibito, prese a tremare. Diciamo che, in tutta la sua esistenza, aveva conosciuto  solo un essere capace di fare una cosa simile, fino ad allora.
E, chissà perché, mentre Birgit si voltava verso di lui, con quella fiamma nerastra che divampava sulla sua testa, per un attimo all’Evroniano sembrò di scorgere i lineamenti di una certa Xerbiana di sua conoscenza sovrapporsi a quelli della papera in nero: “…Tu invece sei quello che ha consumato parecchi di noi…Vero?…”
Raggelò, lasciando cadere l’Evrongun a terra. L’arma, ancora collegata al cavo del vaso di contenimento, batté a terra e lì rimase.
Ad ogni modo, la donna riprese una posizione più composta, battendosi con vigore i palmi sul petto, come a scacciare della polvere che vi si fosse in qualche modo depositata.
“…E’ stato piuttosto deludente… Il mio ingaggio va decisamente rivisto, alla luce degli ultimi sviluppi…” Mormorò, mantenendo uno sguardo assente. Il che era tutto un dire, visto che aveva le pupille completamente bianche.
Paperinik strinse forte il becco, rialzandosi di botto, per poi andare a massaggiare il posteriore dolorante: “Deludente?! Ancora non hai visto nulla, “Pupazzona”! A proposito, tu che nome hai? Spero un qualcosa di più originale di Profund-“
Di nuovo, la donna si mosse con velocità sconvolgente. Stavolta, però, Paperinik era ben preparato.
Schivò il pugno a lui diretto, chinandosi poi per evitare un gancio portato con l’altro braccio: “Urgh! Ok… Vada per “Pupazzona”…”
Fece qualche passo indietro, tirando la toppa della fionda. Una sfera giallastra andò a formarsi in essa: “Va bene… Vorrà dire che chiacchiereremo dopo che ti avrò messa knock out!”
-Krgzzzzzzsssswisssh! Fzzzap!!!-
Il nucleo elettrico venne sparato con gran velocità contro Birgit, che tuttavia lo evitò scansandosi di lato.
“Zheron! Se non sei troppo impegnato a tremolare come una foglia, che ne diresti di darmi una mano?” Disse il Nostro.
L’alieno cercò di riprender coraggio: massì, potevano farcela! Erano due contro uno. Certo, lo standard Evroniano imponeva un DIECI contro uno, ma trovò che la situazione vertesse comunque a loro vantaggio. Si chinò, raccogliendo la sua arma e cercando di prendere la mira…
Paperinik tese di nuovo la corda della fionda e scagliò dardi a ripetizione.
-Fzzzap! Fzzzap! Fzzzap!!!-
Nello stesso momento, l’alieno si decise a usare la sua Evrongun…
-Bzzzz! Bzzzz! Bzzzz!-
Sparò in progressione tre colpi, ognuno con una traiettoria lievemente diversa da quello precedente. Birgit provò ad evitare tutti i colpi, ma era una situazione ingestibile persino per lei. Due globi elettrici la colpirono nella zona del torace. Al contatto le sfere si dissolsero, liberando la carica elettrica in esse contenuta. Una sorta di rete giallastra le sfrigolò per tutto il corpo, costringendola a bloccarsi: “…Urgh…” Gemette, cadendo in ginocchio.
Il capo dell’eroe si voltò verso destra, mentre gli occhi andavano cercare l’Evroniano suo alleato: “Adesso, Zheron! Finiscila!” Gli gridò.
 “S-sì…” Il papero spaziale prese bene la mira, preparandosi a fare fuoco…
-Bzzzaaapppcrash!-
Il raggio azzurro era stato scagliato. Presto sarebbe tutto finito, e Pikappa avrebbe senz’altro potuto portare a casa le penne. Ma qualcosa andò storto. Proprio quando credeva di avere la vittoria in tasca, il papero vide con orrore il flusso coolflamizzante passare praticamente a pochi millimetri da Birgit, per poi annichilirsi contro il muro di un palazzo. Dal punto colpito si originò una piccola patina bruciacchiata.
“L’hai mancata?!” Chiese incredulo Paperinik, ancora con gli occhi puntati su Birgit che, nel mentre, cercava ancora di opporre una qualche resistenza alle scariche che le avvolgevano il corpo.
E fu quando l’eroe volse la testa che lo stupore si tramutò ben presto in orrore!
L’Evroniano non aveva sbagliato mira… Era stato COSTRETTO a sbagliare! Gettati su di lui, infatti, diversi Darkflames cercavano in ogni modo di disarmarlo, seppur dalle loro mani uscissero vapori dovuti al contatto della loro cute con quella dell’alieno.
Dunque, erano arrivati persino i rinforzi, per la fazione avversa…
E Zheron cercava in vano di toglierseli di dosso: “Levatevi, sporche amebe! Come osate? Via!”
-Sbonk!-
“Yurr…”
Batté il calcio dell’Evrongun in testa alla creatura che gli teneva fermo un braccio, ma non servì a molto: gli altri gli si accanirono contro con maggior ferocia, provando nuovamente a disarmarlo.
“Tutti fermi!” Tuonò ad un certo punto la voce di Pikappa.
Il papero si trovava ancora vicino a Birgit, e puntava la sua arma direttamente su di lei. L’elastico era già teso, e dentro alla toppa si vedeva un bagliore intermittente color giallo: “Allontanatevi da lui, o scaglierò addosso al vostro capo tutti colpi che mi sono rimasti! Potrebbe non sortire alcun effetto, ma… ve la sentite di rischiare? Vi rivelo un segreto: sono uno a cui piacciono le scommesse…”
Gli esseri neri, a quelle parole, si guardarono l’un l’altro. Sui loro becchi era ancora ben visibile un’espressione di patimento: dopotutto, tenevano ancora le mani ed altre parti del corpo a contatto con l’alieno… Il che voleva dire “ustioni assicurate”!
Si staccarono dall’Evroniano, disponendosi attorno a lui. Lo sguardo, ora calmo, rivolto verso l’eroe.
“Però… Sono stati ragionevoli!” Mormorò, sogghignando.
Sentì rizzarsi di colpo le piume delle braccia ed avvertì la classica sensazione di prendere la scossa.
Una mano nera gli tolse di botto l’arma: “Eeeeh???”
Fece in tempo a girarsi, prima di vedere con orrore la fionda nelle mani di Birgit.
“P-Pupazzona?! Ma non eri paralizzata?” Disse, con tono canzonatorio. Ma non c’era niente da ridere… Era stato disarmato, e la situazione si faceva pessima.
Ancora avvolta da alcune scariche, la donna mormorò: “…Nella pianificazione, si deve prestare attenzione a non lasciare mai nulla al caso…”  Sibilò la donna, che ora mostrava un lieve sorriso.
“…Perché basta una sottigliezza…” Continuò, chinando il capo verso il lancia dardi. Lo afferrò per i due estremi del semiarco, gonfiando i muscoli…
-Crrrunchffzzzshuuu…-
“…e si può finire per fare un pessimo investimento …”
Gettò quel che rimaneva della fionda hi-tech a terra, avvicinandosi a Paperinik. Dunque, l’aveva ingannato. Così sembrava visto che, nonostante il corpo di lei fosse ancora avvolto da alcune scariche, la donna non sembrava all’apparenza patire alcun dolore.
“Ehm… Grazie dell’informazione. Se un domani mi venisse in mente di costruire la piscina in giardino, ti chiamerò senz’altro per un consulto!”
-Sbam!-
Birgit vibrò un colpo dall’alto verso il basso, che il Nostro evitò balzando indietro. Il pugno, in ogni caso, lasciò alcune crepe sul manto stradale.
“Ok… Le piscine non sono il tuo forte.”
L’eroe portò gli occhi oltre la figura, a vedere come se la stava cavando Zheron.
Non troppo bene, da quel che vide: alcuni Darkflames avevano infatti schiacciato il papero spaziale al terreno col loro corpo, mentre gli altri tiravano con vigore il tubo giallo che collegava l’Evrongun al vaso di contenimento.
-Snap! Sssssh…-
Il tubicino cedette, mentre dal contenitore violaceo a forma di uovo usciva una densa quanto scura nube di fumo: tutte le emozioni si stava riversando all’esterno del vaso.
Constatato di essere con le spalle al muro –letteralmente, visto che si trovava ora appiccicato contro la parete di un edificio-, Pikappa andò a spremersi le meningi per trovare una via d’uscita da quella situazione.
Cercare di attaccarla frontalmente era escluso! Aveva visto l’agilità e, in special modo, la forza di cui disponeva. Oltretutto, le scariche non si erano ancora annullate: poteva sentire l’elettricità accarezzargli le piume già da quella distanza. Se l’avesse toccata, di sicuro avrebbe subito gli effetti della sua stessa arma.
Il tempo stringeva, e le idee su come affrontare quella donna mancavano.
Un’ultima occhiata a Zheron, sperando in un mutamento della situazione. L’Evroniano aveva le mani a tenere la testa, mentre il corpo era riverso prono al suolo. Diversi Beati si trovavano sopra di lui: alcuni prendendolo a pugni, altri saltandogli direttamente sopra. Si vedeva che era quasi allo stremo delle forze: “P-pietà!” Diceva, mentre cercava in tutti i modi di strisciare sui gomiti.
Paperinik sospirò, scuotendo il becco con rassegnazione.
Non poteva chiedere aiuto a nessuno, visto che con sé non portava neanche un trasmettitore. Non aveva un’arma… Non aveva l’Extransformer… E sia lui che Zheron si trovavano alle corde.
Aprì il becco, come per parlare, ma si zittì subito: non poteva certo risolvere quella situazione con una battuta di spirito!
Riprese un contegno, portando lo sguardo verso il basso. Indugiò un poco, quindi disse: “Non farete di me ciò che volete! Neanche sotto tortura!” Sbraitò.
Birgit, incrociò le braccia al petto, commentando: “…Ciò che vogliamo?… Spiegati meglio…”
Agitò i pugni, sbraitando: “Non metterti a fare dell’ironia: quello è il mio campo! So bene cosa volete: farmi diventare uno di voi! Beh, puoi anche scordartelo!” Rispose, puntandole il dito contro.
Ma qualcosa non andò per il verso giusto. L’espressione di Birgit tornò impassibile, abbandonando il lieve sorriso assunto poco prima: “…Tu, diventare uno di noi?… Non credo sia possibile…”
Alcuni dei Darkflames che tenevano fermo Zheron iniziarono ad emettere dei lievi risolini, trattenuti a stento.
Quell’affermazione lasciò di basito Paperinik, che prese a balbettare: “M-ma come… P-Profunda disse che era questo il suo scopo…”
Le braccia di Birgit, dapprima conserte al petto, andarono ad aprirsi. Una mano poggiò sul fianco, mentre l’altra si volse al cielo: “…Profunda… Profunda… Qualunque cosa volesse fare di te, era solo un suo capriccio personale… Per quanto mi riguarda, ho ordini ben precisi…”
Strinse il pugno del braccio alzato, sollevandolo al cielo e quindi aprendo la mano. Erano assai strambe a vedersi quelle piume delle ali, lunghe e acuminate come gli artigli di una bestia feroce. Dall’angolazione nella quale si trovava, Paperinik venne completamente inghiottito dall’ombra di Birgit, ingigantita mostruosamente dalla luce della luna.
“Ehm… Qui ci vorrebbe una frase da film, ma al momento non me ne viene in mente neanche mezza… Che ne dici di darmi altri cinque minuti per pensarci su?” Mormorò, spingendosi ancor di più contro il muro.
Ad ogni modo, era la fine.
Si dice che, in quei momenti, si ripensi a scorci di vita passata… Attimi felici o tristi, vissuti con le persone care. Beh, di tanti ricordi, gli tornò in mente proprio l’ultimo allenamento notturno cui Uno l’aveva sottoposto. Ironico, no?
In effetti, la situazione era la stessa: lui, l’eroe, schiacciato contro il muro, mentre il nemico vittorioso lo copriva completamente con l’ombra prodotta dalla sua sagoma. Peccato che stavolta il tutto fosse reale… Uno non era lì a svegliarlo, a dirgli di alzarsi dal letto…
I muscoli del braccio della donna andarono a gonfiarsi, mentre le dita si stringevano appena. Era la fine!
 “…La pratica “Paperinik”… è da archiviare per sempre!!!…”
Gli artigli neri discesero implacabili in direzione dell’eroe. Era dunque quella la fine? La fine di tutto…
Questione di attimi. Davvero di attimi. L’arto si fermò a mezz’aria, mentre l’angolazione del colpo virava, allontanandosi in tal modo dal suo obbiettivo. Paperinik vide il tutto a rallentatore. Scorse un lampo rosso, rapido. Sentì il rumore di uno schianto, che rimbombò sordo nelle sue orecchie…
-Stump!!!-
E poi sentì una voce: una voce conosciuta, squillante… artificiale. E a nulla valeva che provenisse da un altoparlante: l’avrebbe riconosciuta tra mille!
 “E’ l’ultima volta che ti lascio andare di ronda col trasmettitore spento!”
“Uno!!!” Gridò Paperinik, quando si riprese dallo shock.
La Pi-kar ora si trovava proprio di fronte a lui: immobile a mezz’aria, nonostante l’urto appena ricevuto.
E mentre Birgit si rialzava da terra frastornata, alcuni degli esseri che si trovavano addosso a Zheron presero a sibilare in direzione dell’auto.
“Socio! Zheron! Salite, fate presto!!!” Uscì dagli altoparlanti, con una tonalità di voce decisamente più alta rispetto a quella di prima.
Non se lo fecero di certo ripetere due volte! Pikappa saltò a bordo al volo, mentre Zheron, probabilmente approfittando della situazione venutasi a creare, utilizzò il calcio dell’Evrongun per liberarsi delle creature che lo tenevano a terra, guadagnando anche lui la libertà: “A-arrivo! Arrivo! Non lasciatemi qui!”
Una mano batté con violenza contro il cofano della Pi-kar, facendola vibrare: “…Nessuno va da nessuna parte!… Non abbiamo ancora concluso!…”
“Mi spiace per te, “Pupazzona”! Ma il film è finito: è ora di accendere le luci in sala!” Gridò Paperinik, con un tono di voce paragonabile allo stato di paura provato fino a poco fa. Diciamo che, nonostante l’intento fosse di fare una battuta di chiusura, il panico era ancora ben dipinto sul suo becco.
I fari della Pi-kar accesero la zona a giorno, illuminando per un lungo tratto la strada che conduceva al cantiere edile. Il colore era blu elettrico: raggi UV allo stato puro.
Diversi Darkflames si gettarono a terra, coprendosi gli occhi e contorcendosi per via della luce. Birgit, che si trovava proprio di fronte, sentì la sua corazza esterna squagliarsi: era davvero troppo vicina al fascio luminoso!
“…Nnnngh… Yaaaah!!!…” Alla fine, con un grido di dolore, fu costretta anche lei a lasciare la presa.
Zheron si tuffò letteralmente addosso a Paperinik, e la Pi-kar si levò in volo, alzandosi in alto: troppo in alto perché qualcuna delle creature potesse raggiungerla. A quel punto, partì a tutto gas.
Rimasta sola, Birgit inspirò profondamente, buttando fuori l’aria e riprendendo il controllo. Il vapore che si levava dal suo petto cessò in quello stesso istante, così come le scariche che l’avvolgevano.
Uno degli esseri si fece vicino a lei: “Lo inseguiamo?”
Si udirono delle sirene, in lontananza. Probabilmente, qualcuno degli abitanti della zona aveva sentito tutto quel fracasso infernale e si era deciso a chiamare la polizia.
Birgit si guardò attorno con attenzione, tanto per esser sicura che non vi fosse anima viva. Sinceratasi di ciò, la donna andò pian piano a riprendere il suo aspetto naturale. La fiamma smise di divamparle sulla testa, mentre i capelli corti tornavano ed essere ben ritti e immobili e la chioma riprendeva il suo colorito violetto. Il fisico palestrato andò a sgonfiarsi un poco, riprendendo una forma più bilanciata. Sparirono le escrescenze sulle spalle e sui fianchi, mentre le pupille tornavano ad esser visibili nei suoi occhi: “No. Dobbiamo andare via subito. Recuperate i feriti.” Concluse, spiccia.
Puntò quindi gli occhi su un tombino lì vicino.
 
Quando la polizia arrivò, non trovò nient’altro che un muro bruciacchiato e diverse incrinature in un punto del manto stradale. In pratica, niente di niente…
Uno di essi si lamentò: “Sgrunt! Un’altra chiamata a vuoto. E’ l’ennesimo falso allarme, oggi! E’ proprio una nottataccia…”
E mentre il poliziotto esprimeva il suo malcontento, un gruppetto compatto di persone camminava con estrema calma alcuni metri sotto di lui, diretto chissà dove.
Un’ombra si palesò poco più avanti, spuntando da dietro un canale di scolo.
Alcuni degli strani figuri chinarono il capo, salutandola formalmente.
La donna, vestita con un impermeabile azzurrino, se ne stava poggiata al muro. Non disse una sola parola, anche se l’espressione del suo viso lasciava trasparire… rabbia?! Gli occhi erano ben fissi su Birgit. Quest’ultima, tuttavia, non degnò la figura di un solo sguardo, procedendo ancora avanti. Quando l’ebbe superata già di qualche metro, sul becco della papera forzuta andò a dipingersi un ghigno assai soddisfatto.
 
-Poco prima…-
 
La Pi-kar s’era fermata a terra solo per pochi, pochissimi istanti. Quel tanto che bastava perché Zheron potesse recuperare il suo Disco individuale.
Sparirono in cielo prima che le sirene della polizia si facessero vicine, sfrecciando a tutta velocità verso la Ducklair Tower.
Non appena all’interno dell’edificio, Paperinik parcheggiò la macchina, imboccando deciso la strada che l’avrebbe condotto all’ascensore.
Dormire? Sì, era quella l’idea che aveva… sperando di riuscirci.
Era taciturno, ed a niente valsero le parole confortanti di Uno: era stato sconfitto su tutti i fronti e, non fosse stato per l’intervento del supercomputer, per lui sarebbe stata la fine.
Zheron non poteva dirsi ridotto meglio. Non appena raggiunse la sua stanza, nel laboratorio sotterraneo, gettò il vaso di contenimento vuoto e l’Evrongun direttamente a terra. Non se la sentiva di mettersi a fare riparazioni… Anzi, non se la sentiva di fare proprio niente!
Si lasciò cadere su una pratica brandina, accoccolandosi il più possibile al cuscino. Gli occhi erano ben aperti a fissare il muro di fronte a lui, mentre la mente spaziava a ricordi lontani. Pensieri incresciosi e terribili si alternavano nella sua mente, fondendosi con antichi timori... Credeva di trovarsi finalmente dalla parte dei vincenti, ma forse si era sbagliato.
“N-non pensavo che i terrestri potessero essere tanto spaventosi…” Bisbigliò, nel buio della stanza.
 
Epilogo:
 
-Ducklair Tower, mattino inoltrato-
 
Un sole maestoso splendeva sulla città dei paperi, quel giorno. Dan Woodsteinentrò con entusiasmo all’interno della redazione di 00 Channel, sorseggiando un caffè caldo e canticchiando un motivetto a becco stretto. Aprì la porta con estrema calma, allargando le braccia e dicendo a gran voce: “Buongiorno a tutti! Visto come splende il sole, quest’oggi? Sono sicuro che sarà una giornata di buone notizie, sotto tutti fronti…”
Si zittì di botto, guardandosi attorno. La redazione era pressoché deserta. C’erano tre o quattro persone al massimo, e la stanza poteva dirsi “innaturalmente silenziosa”. Si udiva solo il brusio prodotto da una piccola tv accesa, settata col volume estremamente basso.
La cosa lasciò il direttore di sasso: era la prima volta che trovava un silenzio simile.
Passò davanti al televisore, alzando il volume. In primo piano vi erano Morrighan ed una papera vestita di tutto punto, in giacca e cravatta.
«Salve! Sono Mike Morrighan e, come accennato nei titoli di apertura, mi trovo qui oggi per intervistare nientemeno che il dirigente aziendale della Eastern Pacific High Tech Development. Società che tenuto col fiato sospeso un po’ tutta Paperopoli, accaparrandosi così tanti pacchetti azionari in pochissimo tempo… e che sembra abbia un annuncio da fare. Dunque, signorina…Q… Ehm…A lei.»
Si volse verso la donna, porgendole il microfono. Lei si limitò ad incrociare le braccia, mantenendo un atteggiamento per lo più serio e posato:
«Grazie. Il mio nome è Birgit Q, e chi rappresento mi ha incaricato di fare l’annuncio che segue…  In primo luogo, nuovamente le nostre più sentite scuse per il modo in cui il suo collega è stato trattato. Come detto in precedenza, ci siamo assunti l’onere di pagare le spese mediche necessarie alla sua guarigione. Detto ciò, ecco la notizia che tanto ci preme rivelare ai cittadini: dopo aver acquisito una serie di industrie paperopolesi, la Eastern ha deciso infatti di trasferire la sua sede centrale proprio qui in città, e di assumere un nome tutto nuovo…»
Il direttore incrociò le braccia, soddisfatto: “Bel colpo, Morrighan!” Mormorò.
«E’ dunque con immenso piacere che annunciamo la rinascita della Ducklair Enterprise, società che tornerà a incentrare il suo operato sullo sviluppo, la ricerca e le tecnologie. E’ tutto…»
Concluse Birgit, volgendo i tacchi alla telecamera ed avviandosi verso l’interno della struttura. Prima che Morrighan potesse mettersi in mezzo, alcune guardie del corpo gli bloccarono la strada. Riprese un contegno, guardando dunque verso la telecamera:
«Ehm… Queste sono dunque le ultime dichiarazioni lasciate dalla Est- Ehm… dalla Ducklair Enterprise, per il momento. Passo la linea alla regia…»
Dan Woodstein staccò gli occhi dalla televisione, visibilmente soddisfatto. Si guardò quindi attorno: non c’erano che alcuni fattorini e la redazione poteva dirsi più vuota che mai. Ciò nonostante, si rallegrò: avevano l’esclusiva su una notizia di grande impatto sociale e non c’era il solito Angus Fangus a creare disordine!
Neanche notò che all’appello mancavano anche Camera 9 e Paperino.
Sorseggiò di nuovo il suo caffè: “Già… Una giornata di buone notizie…”
 
-Fine-
 
 
 
 
-Coming soon-
 
Quackmore Coot non è il difensore mascherato che crede di essere. Via via che va riacquisendo la sua memoria, infatti, l’ombra di un vigliacco inizia a delinearsi alle spalle della sua immagine eroica. Così, quando viene chiamato in causa proprio da Uno, d’istinto il papero rifiuta di vestire nuovamente i panni del vendicatore mascherato. Il peso di un tragico passato comincia a farsi sentire su di lui come un macigno, ma dovrà gettarsi tutto questo alle spalle e trovare la volontà per risorgere dalle proprie ceneri… o per Paperinik non ci sarà più alcuna speranza…
  
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