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Autore: DK in a Madow    10/10/2012    5 recensioni
- Billie, è per il tuo bene! Per un po' è meglio che non ci vediamo.
- Cosa?
- Si, fratello, hai capito bene!


Billie Joe Armstrong non se la passa proprio bene ultimamente. Il rehab non è una cosa da niente. E anche Mike lo sa.
Quando l'amicizia non si dimostra stando necessariamente "culo e camicia", ma si fa un passo indietro per lasciare che chi ci sta accanto si guardi avanti per trovare se stesso.
#stay(arm)strong
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The trilogy era.'
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Together we stand, divided we fall.

(Pink Floyd – Hey You)

 

 

 

STAY AWAY FOR STAY ALRIGHT.

 

 

 

 

 

Oakland, CA – 22 Settembre 2012

 

- La valigia è pronta.

La sua voce arrivò alle sue orecchie come se si fosse messa a urlargli a un centimetro di distanza. Il freddo pungente del suo tono gli trafisse i timpani come fossero stati passati da una lama d’acciaio.

Eppure aveva solo sussurrato. Eppure quelle parole bruciavano. No, non quelle che aveva pronunciato, ma quelle che soffocava in gola.

- Grazie amore.

Lei sospirò e a lui mancò il respiro. Poteva sentire i muscoli irrigidirsi e i polmoni perforati dalle costole, mentre Adie usciva dalla loro camera da letto. Non riuscì a fermarla. Rimase impalato, seduto su quel letto, culla di ogni loro carezza e tomba di ogni loro litigio.

Billie si passò una mano tra i capelli, facendola poi scivolare lungo le guance ricoperte da un velo di barba. Era uno schifo. Era lo schifo. Sentiva gli occhi pesanti, forse per via della penombra della stanza illuminata solo dall’abatjour, forse per via di tutte le lacrime che ancora non aveva pianto. Il senso di colpa era arrivato a braccetto con l’apatia, senza prendersi il disturbo di bussare alle porte del suo cuore, ma sfondandoglielo con un calcio. Il buon senso l’aveva abbandonato sugli orli di tutte le bottiglie d’alcool che aveva bevuto.

Volse lo sguardo al comodino dove giaceva silenzioso il suo telefono. Da quando aveva confessato ad Adie di aver ripreso a bere, il telefono non faceva altro che squillare; sua madre, i suoi fratelli, i suoi amici. Tutti, tranne loro. Si mosse più o meno come avrebbe fatto un fantasma, afferrò il cellulare e compose quel numero tanto familiare.

Drr…

Un battito di ciglia.

Drr…

Un respiro.

Drr…

- Dai Mike, ris…

- Pronto? Chi è? – rispose una voce che sembrava un cinguettio.

- Ruby, tesoro, sono zio Billie!

- Ciao zio!!! – piccola, quel raggio di sole avrebbe sciolto anche l’Alaska – Adesso ti passo p…

- Ruby, smettila di giocare col mio cellulare!

- Papà, c’è zio Billie al telefono!!!

- Ah…

A Billie s’incresparono le labbra, prima in un sorriso, poi una smorfia d’amarezza.

- Ciao Bill.

- Mike … sei sparito!

- Aspetta Bill, vado in camera mia. In cucina c’è un bordello perché Ruby vuole cucinare e Brit sta per diventare isterica.

- Ok!

Lo sentì poggiare la mano sulla cornetta, poi il rumore ovattato di una porta che si chiude urtando qualcosa di morbido. Era entrato nel piccolo studio di registrazione , Billie ne era certo. Conosceva quella casa come se fosse sua.

- Hey Bill!

- Perché sei sparito? Tu e Frank, siete scomparsi!

- Billie, io non so come dire.

- Possiamo vederci!

- No, questo no!

Il tono di Mike era deciso, di quelli che non ti mandano a dire che non accettano repliche. Billie sentì le palpebre farsi ancora più pesanti, come se avessero voluto coprirgli la faccia. Come se quelle ciglia si sarebbero annodate come una delle sue cravatte rosse intorno al suo collo esile fino a strappargli la voce. Piangeva e soffocava per via di tutta la colpa che si era preziosamente raccolta all’altezza della gola.

- Billie? Ci sei?

- No. – riuscì malamente a sussurrare.

- Billie devi essere forte!

- Come faccio senza di voi, eh? Cristo santo, non potete lasciarmi ora, porca puttana! – singhiozzava parole, mentre Mike, dall’altra parte, ascoltava senza fiatare.

- Billie, Frank è a New York. Sapeva che non sarebbe riuscito a sopportare tutto questo e che non avrebbe potuto aiutarti. Sai com’è fatto, lascia alle cose il tempo giusto perché si risolvano e siamo d’accordo sul fatto che tu debba avere un po’ di tempo per te stesso!

- Ma che cazzo dici, eh? Io ho bisogno di voi, è questo di cui ho bisogno. Mike ma che cazzo succede?

- Ce lo chiediamo anche noi, Bill!

Aveva iniziato ad alzare la voce, come sempre quando ha tanta rabbia e dolore in corpo.

- Sapevi le conseguenze a cui andavi incontro! Anche noi abbiamo sofferto per questi album e ti avevamo avvertito! Sapevi che sarebbe stata dura. Non siamo più ragazzini, Bill!

Faceva male sentirlo parlare così, vedere che contribuiva a ingrandire il suo senso di colpa, la sua frustrazione. Billie lo sapeva, era stato un grande coglione, si era lasciato prendere e trasportare dalle voglie come un fottuto cane in calore. Distruggendo tutto.

- Mike, mi sento di merda. Ho bisogno di te!

Lo sentì sospirare. Poteva quasi vederlo mentre sfiorava con le punte delle dita le corde del basso poggiato alla parete di fianco a lui, gli occhi piantati a terra, il piede sinistro che martellava nervoso scuotendo il ginocchio.

- Billie, io…

- Tu?

Esitava. Tentava di respirare, ma non era possibile. Eppure ci riuscì.

- Billie, è per il tuo bene. Per un po’ è meglio che non ci vediamo.

- Cosa?

- Si, fratello, hai capito bene.

Le lacrime ormai gli incorniciavano le guance piene e si perdevano nella barba. Gli tremavano le labbra e le mani. Forse perché non c’erano parole da pronunciare, forse perché mancavano canzoni da scrivere. Tutto sembrava farsi piccolo fino a perdersi nel buio, come una nave che di notte si perde all’orizzonte. Il dolore si faceva strada su per l’esofago come un conato di vomito.

- Mike. – la voce trasformatasi in supplica.

- Bill, ti prego, capiscimi! Lo faccio per te.

Piangeva pure lui.

- Io sono fottuto senza di te, amico!

- Billie, non sei solo! Hai Adie! È ferita, ma ti ama quanto me e ti sarà vicina. I tuoi figli. È con loro che devi stare ora, con la tua famiglia!

- Ma tu sei della mia famiglia, Mike. Ma che cazzo dici?

Ormai era diventato isterico, la rabbia gli aveva infettato il sangue e colorito le guance.

- Billie, devi essere forte. Devi capire da solo la piega che sta prendendo la tua vita.

Billie sbatteva la testa in segno di negazione, il volto contrito, la voce roca.

- No, no, NO!!!

- SI, BILLIE! Non puoi nasconderti dietro di me! La battaglia è tua e devi vincerla da solo. Dio sa quanto vorrei aiutarti, ma non sono in grado. Sto male per te, per il futuro della band e per il fatto che sono impotente di fronte al tuo problema.

Billie chiuse gli occhi buttandosi sul letto, le lacrime che disegnavano cerchi perfetti sulle lenzuola, come gocce di pioggia sull’asfalto.

- Billie?

- Posso almeno chiamarti?

- Si, questo si.

- Promettimelo!

- Promesso!

Billie sentì l’aria passare come brezza fresca nel deserto di nicotina dei suoi polmoni e il cuore si muoveva dentro il suo petto come un estraneo.

- Grazie!

- Ci sono sempre, anche quando non mi vedi.

- Lo so! Sentire la tua voce mi ha fatto bene. Potresti lavorare in una linea erotica!

Mike rise dall’altra parte del telefono e della città.

- Coglione!

Billie sorrise, sollevato.

- Domani vado in clinica.

- Lo so.

- Quando ti rivedrò?

- Quando avrai finito la cura.

- Ok.

Billie iniziò a pensare e a convincersi che forse Mike aveva ragione, che dovesse recuperare il tempo perso con se stesso. Doveva ritrovarsi e tornare ad amarsi.

- Mi mancherai, idiota! – disse improvvisamente Mike.

- Non lo dire a me! – disse Billie sorridente – E sappi che quando ci rivedremo dovrai scontare tutto il tempo perso senza di me!

- Agli ordini!

- Non avrai il tempo di respirare.

- Tanto per cambiare! – rise Mike.

- Bugiardo!

- Nano!

- Ci vediamo fuori … Cristo, sembra che stia andando in carcere.

- Quello ti manca – rise Mike – Mi raccomando, Bill!

- Sarai orgoglioso di me!

- Lo sono già.

Billie sorrise, ringraziando il cielo per avergli donato Mike.

- A presto Bill!

- Ciao fratello!

Mike esitò a riattaccare, come Bill del resto.

- Hey, che c’è? – chiese quest’ultimo.

- C’è che ti amo. Ricordalo!

- Mai dimenticato, amico! Ti amo anche io!

- ‘Notte Bill!

- Buonanotte.

Billie riattaccò, iniziando già a sentire il senso d’abbandono, di distacco, del vuoto lasciato in prestito dalla lontananza di Mike e che avrebbe restituito al passato una volta uscito dal rehab.

Si alzò in fretta dal letto per andare in cucina per mangiare qualcosa, ma passando dal salotto, notò le tre figure familiari di Adie, Jake e Joey, seduti sul divano che guardavano la tv.

- Papà! – Jake si accorse di lui.

Anche Adie e Joey si voltarono a guardarlo, lo sguardo spaesato di chi non sa come comportarsi col colpevole di turno. Le facce di chi aveva ricevuto una delusione e Billie avrebbe giurato di sentire il suo cuore scendere giù, fino allo stomaco e che da un momento all’altro avrebbe vomitato entrambi.

- Scusatemi. I-io…

Si buttò le mani in faccia, scosso dai singhiozzi e dalla vergogna. Joey si alzò dal divano e andò da suo padre, abbracciandolo. Per l’ennesima volta i ruoli s’invertivano e il giovane Armstrong sembrava più grande del suo vecchio.

- Sono un esempio di merda per voi! – sputò fuori, continuando a nascondere il viso, ma dietro la spalla di Joey. Nel frattempo anche Jake si era avvicinato.

- Non dire scemenze, pà! Sei il padre migliore del mondo, ma sei un uomo come tutti gli altri. E tutti sbagliano. – disse il piccolo, saggio Jake, scompigliando i capelli al padre.

I due fratelli erano completamente diversi e non solo fisicamente. Joey comunicava col suo calore, così simile ad Andy non solo nel viso, ma anche nei gesti. Sapeva sempre di cosa aveva bisogno suo padre e non esitava mai a concederglielo. Jake, invece, era più riflessivo, cercava sempre la parola giusta al momento, dolce e ottimista come Adie.

- Siete la mia vita!

Billie sollevò il viso sorridendo ai suoi figli, consolato e risollevato dalle loro reazioni. Il trio si voltò a guardare Adie che era ancora rimasta seduta sul divano.

- Ragazzi, si è fatto tardi, andate a dormire. Tra qualche ora sarete a scuola.

- Ok, pà! – disse Joey dando una pacca sulla spalla di suo padre.

- Notte! – dissero i due fratelli prima di allontanarsi verso le loro camere.

Adie era tornata a guardare la tv, dando le spalle a Billie. Ferita, delusa, schiacciata da tutte le certezze che le erano crollate addosso. Billie si avvicinò al divano e si mise di fronte a lei, che lo guardò con uno sguardo che non accettava scuse. Lui capì che le parole, mattoni di tante canzoni, non sarebbero bastate questa volta, che tutto ciò che possedeva non era sufficiente per ottenere il suo perdono in quel momento. Doveva, invece, spogliarsi di ogni maschera, scusa e giustificazione. Così, s’inginocchiò di fronte a colei a cui aveva giurato amore eterno, gli occhi gonfi di pianto, le labbra strette e le mani lungo i fianchi.

Adie spense la tv e iniziò a tirare col naso, come faceva sempre quando stava per perdonarlo. Era il suo modo di sfogarsi, di chiedergli, per l’ennesima volta, di non farlo più. Allora gli poggiò le mani sul viso, carezzandogli le guance con i pollici.

- Ti amo, Adie!

Lei non disse nulla, si limitò ad annuire mentre le lacrime le rigavano il viso. Gli passò le mani tra i capelli per poi stampargli un lieve bacio sulle labbra. Lui non fece altro che poggiare il capo sul suo grembo, un po’ come faceva quando dentro c’erano Joey e Jake. Le cinse i fianchi con le braccia, stringendosi come un bambino alla mamma.

C’era il silenzio, eppure si erano detti tutto. C’era un problema, ma l’avrebbero risolto.

C’era l’amore e non avevano bisogno d’altro.

Tried

 

 

 

 

 

 

Angolo della pazza/demente:

Si vede che l’ho presa bene sta cosa di Billie in rehab, eh?? A parte gli scherzi, se non danno sue notizie al più presto diventa pesante la faccenda.

Poi ho ascoltato “Stray Heart” e sono tipo innamoratacolmondo.

Bene, che dire. Si, sto anche abbastanza depressa, ma passerà.

Spero vi sia piaciuta o che almeno non vi abbia fatto vomitare. Nel caso abbiate pianto, aprirò una raccolta fondi per risarcirvi dei fazzoletti che vi ho fatto consumare.

Ok, la smetto!

Alla prossima! :3

P.S. : questa storia fa parte di una raccolta intitolata “The trilogy era”. Ergo, se vi siete persi le storie precedenti, le trovate sulla mia pagina autore o in alto a sinistra di questa storia.

Bye!

Franny

   
 
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