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Autore: Bei e Feng    12/10/2012    3 recensioni
In un tranquillo giorno di scuola, succede qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: come reagiranno Tsuna e gli altri? Ma soprattutto: come reagirà il diretto interessato, Hibari Kyoya?
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Ryohei Sasagawa, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ore 8:45.
Una rapida ombra correva per la strada principale di Namimori. Zaino in spalla e occhi fuori dalle orbite. Esatto: era Tsuna.
Quello era il ritardo più clamoroso di tutta la sua disgraziata carriera scolastica: quasi un'ora dall'inizio delle lezioni; ed era tutta colpa di Reborn. L'allenamento a cui aveva sottoposto Sawada il giorno precedente, era stato pari ad uno di Colonnello, e, secondo Tsuna, apparentemente inutile. Inoltre, il suo premuroso tutor si era assicurato (per mezzo di un deciso colpo di martello) che la sveglia dal suo allievo non disturbasse mai più il riposo del Vongola.
Tsuna maledì Reborn, varcando il cancello della scuola.
"Ci siamo!" pensò, Tsuna, ansante. "Adesso bisogna solo tentare l'impresa di evitare Hibari-san..."
Hibari Kyoya, il mastino posto a difesa della scuola da tempo immemorabile (forse era già lì, quando fu posta la prima pietra dell'edificio); il protettore dei corridoi, il rigido e strenuo difensore della Disciplina, custode del meraviglioso inno della Nami (di cui i normali alunni ascoltavano solamente la prima strofa durante la lezione di chimica per accusare un gran mal di testa e uscire in anticipo); presidente del Comitato Disciplinare, uomo di cui nessuno sapeva niente, ma di cui tutti sapevano abbastanza da evitarlo; conosciuto per i suoi rimproveri 'soft' che si limitavano a spedire uno studente all'ospedale con la testa rotta. Diciamolo: l'incubo di ogni studente indifeso (o 'erbivoro', come li chiamava lui), e anche di Tsuna, nonostante Hibari fosse un membro della sua famiglia (nel senso mafioso del termine, ovvio).
Solitamente, Hibari aspettava gli studenti ritardatari (Tsuna era regolarmente uno di questi) oltre il cancello, per dare loro il benvenuto a modo suo.
Ma quel giorno non c'era nessuna sagoma nera ad attenderlo con un tonfa in mano e uno sguardo gelido e pacato.
"Molto strano..." pensò Tsuna. "Forse Hibari è occupato in uno dei suoi soliti scontri... Lo fa sempre quando vuole prendersi una pausa dal lavoro di buttafuori scolastico."
Era una benedizione che Hibari avesse scelto quel giorno per uno scontro: Tsuna era così in ritardo che Hibari non l'avrebbe lasciato andare con un semplice livido e un braccio rotto (come faceva di solito con i ritardatari).
Con quest'ultimo pensiero, Tsuna varcò la porta dell'edificio scolastico, immergendosi nella pesante atmosfera silenziosa che aleggiava tra i corridoi. Dalle aule non proveniva alcun rumore. Il famoso iperintuito di Tsuna gli disse che qualcosa non andava secondo lo schema dell'ordinarietà. Quello non era il silenzio di una scuola: era un silenzio spettrale, troppo profondo. Il decimo Vongola tremò. Sentiva quella sensazione spiacevole aumentare dentro di lui, premergli il petto, strappargli le viscere lentamente e con brutalità.
Poi raggiunse la porta della sua classe. Il ragazzo udì dei mormorii provenire dall'interno della stanza. Sospirò, sollevato. Per sua fortuna non era solo. In quel momentò la campanella della seconda ora suonò. E Tsuna aprì la porta.
"Ben arrivato, Sawada. Accomodati."
"Buongiorno, professore. Scusi il ri... HIIIIIIIiiiiiiiiiiiiiii!!!"
Con un rapido balzo, uno Tsuna terrorizzato e pallido chiuse la porta della stanza con un sonoro schianto che rimbombò per qualche istante nel corridoio deserto. Che cosa...? Perché...?
"Nessuno ti ha dato il permesso di uscire, Sawada."
Dall'interno della stanza la voce risuonò tetra e pacata, troppo familiare alle orecchie di Tsuna e troppo vicina.
"Forse non ti è ancora chiaro che chi entra qui quando gli pare, non può uscire con la stessa facilità con cui è entrato."
La voce pacata ma inquientante si avvicinava. Tsuna gemette.
Prima che il Vongola potesse persino pensare di fare qualsiasi cosa, una forza incontrollabile spalancò la porta dall'interno, distruggendo i cardini e facendo schizzare il ragazzo cinque metri più in là, addosso alla parete. Tsuna rimase in uno stato di semincoscienza per un breve attimo, chiedendosi che cosa fosse successo. Sapeva solo di avere un forte dolore alla guancia destra, che aveva violentemente sbattuto contro il muro. Poi riuscì a ricollegare ogni cosa. E la paura lo fece rizzare a sedere.
Stava per rimettersi in piedi, ma qualcuno era già davanti a lui, che lo guardava con gli occhi stessi occhi di chi assiste, suo malgrado, ad uno spettacolo demenziale, pietoso, noioso, ridicolo e deprimente.
"Va al tuo posto, prima che ti ci faccia tornare strisciando."
Tsuna annuì, terrorizzato. "S-Subito!"
E il ragazzo si precipitò subito in classe, seguito dal suo inquietante assalitore.
Nella stanza c'era un'atmosfera diversa da quella consueta: regnava un silenzio assoluto e opprimente di sottomissione forzata e terrore. Rapidamente e in silenzio, Tsuna raggiunse il suo banco e si mise a sedere, rigido. Con delle fugaci occhiate si guardò attorno per determinare la situazione: anche gli altri erano a dir poco terrorizzati, sconcertati e anche un po'sorpresi. Solo Yamamoto, che normalmente avrebbe riso, aveva un velo di preoccupazione sul volto. Forse quella del giocatore di baseball era l'espressione più originale della classe, si disse Tsuna. E Gokudera...? Incuriosito dalla faccia che avrebbe avuto il suo compagno di classe, Sawada spostò lo sguardo là dove sedeva Gokudera. Ma la sedia era vuota.
Meglio così, pensò Tsuna. Sapendo bene che Hayato avrebbe reagito nel peggiore dei modi.
Intanto il prof sedette, prese il registro e annotò rapidamente qualcosa.
"E quindi, stavo giusto dicendo..."
Chiuse la penna, la appoggiò sul registro e accantonò entrambi.
"Che d'ora in avanti, per cinque anni, sarò il vostro professore, non che cordinatore di classe, e anche preside di questa disgraziata scuola."
Congiunse le punte delle dita e socchiuse gli occhi sottilissimi ma penetranti.
"E' tutto chiaro" e il suo sguardo li gelò. "Erbivori?"

"Che incubo!" piagnucolò Tsuna, camminando accanto a Yamamoto, una volta usciti da scuola.
La giornata era stata pessima: dopo avergli dato il benvenuto a modo suo, Hibari aveva fatto fare alla classe una serie di test, ma Sawada non era riuscito a completarne nemmeno uno perché era stato picchiato in continuazione dal suo nuovo prof, che si giustificava dicendo che 'non teneva la penna secondo la Regola del Comitato'. E ora Tsuna aveva la faccia gonfia come un pallone.
Yamammoto rise e dette una pacca sulle spalle dell'amico.
"Coraggio Tsuna." disse, positivo come sempre. "Piuttosto: sai qualcosa Gokudera?"
Tsuna scosse il capo.
"E' uscito da scuola all'improvviso, pochi attimi prima che entrasse Hibari. Sembrava allarmato. Chissà perché?" spiegò il ragazzo del baseball.
Sawada sospirò. Il suo ritardo epocale doveva aver messo in allarme il suo opprimente candidato a braccio destro. Sicuramente, in quel momento, Gokudera doveva essere impegnato in una corsa folle tra le vie di Namimori alla sua ricerca. Che incubo!
Intanto il decimo boss dei Vongola e il suo Guardiano della Pioggia arrivarono all'inizio della via dove si trovava casa di Tsuna. Trovarono un segnale che annunciava la chiusura della strada al traffico per lavori in corso, e non ci fecero quasi caso.
Quello che attirò veramente la loro attenzione, fu il posto di blocco davanti al cancello di casa Sawada, davanti al quale un serissimo Gokudera versione militare (dotato persino di elmetto da soldato semplice) faceva la guardia imbracciando un fucile.  
Yamamoto rise. Tsuna urlò.
"GOKUDERA-KUN!"
"Giochi ai soldatini?" chiese Yamamoto, allegro. "Facevo anche io dei posti di blocco davanti casa: mi divertivo da matti! Possiamo giocare anche noi?"
"Decimo!" urlò Gokudera, precipitandosi dal suo boss, sollevato. "Stavo facendo la guardia alla Sua casa." disse, orgoglioso, aggiustandosi l'elmetto. "Ero così preoccupato per Lei... Non L'ho trovata da nessuna parte, e ho deciso di sorvegliare la Sua casa, onde evitare spiacevoli sorprese."
Spiacevoli sorprese? Tsuna non chiese spiegazioni per paura delle risposte esagerate di Gokudera. L'altro, invece, si preoccupò moltissimo per la guancia del suo boss, e insistette per avere spiegazioni.
A gesti, Tsuna gli fece credere di essere andato a sbattere contro una porta.
"La porta la pagherà per questo!" tuonò Hayato, facendo spuntare sulle proprie dita una decina di candelotti di dinamite pronti per essere accesi. Era proprio per paura di una reazione del genere che Tsuna gli aveva mentito.
"Gokudera-kun, penserai dopo alla porta. Ora andiamo a mangiare: sarai mio ospite oggi." disse Tsuna. "Vale anche per te, Yamamoto."
"La ringrazio infinitamente Decimo! Ammiro la grande stima che Lei nutre per me." ringraziò solennemente Gokudera, accennando ad un inchino.
"Grazie Tsuna!" rispose semplicemente Yamamoto, sorridendo in segno di ringraziamento.
"Come osa, quell'idiota del baseball, rivolgersi con così tanta confidenza al Decimo?" borbottò Gokudera, sull'orlo di saltare addosso all'allegro Guardiano della Pioggia.
Ma con inaspettato tempismo, il Cielo placò la Tempesta, e si riunirono tutti attorno allo stesso tavolo.

Il giorno seguente Tsuna si svegliò con largo anticipo. Non aveva raccontato nulla a Reborn: aveva infatti la vaga impressione che c'entrasse anche lui nella curiosa promozione di Hibari, ma non voleva saperne: meno aveva a che fare con il suo tutor, (almeno a di fuori dalla mafia) meglio stava.
Sawada incontrò Yamamoto a metà strada, e proseguirono insieme. Tsuna si sorprese di incontrare Takeshi ma non Gokudera, e chiese all'amico notizie di Hayato. A quanto pareva, l'appassionato del baseball non lo aveva incontrato quel giorno. Molto strano, si disse il Vongola.
Ma le stranezze non finivano lì: arrivati a scuola, i due ragazzi si accorsero che la porta principale dell'edificio era sparita, lasciando solo l'arcata. Nessuno sembrava essersene accorto: giravano tutti lontano da lì, facendo finta di niente. Era più che ovvio che si comportassero così per paura di potersi mettere contro il nuovo preside, e così facevano come se non fosse successo nulla, ignorando tutto.
Tsuna e Yamamoto passarono attraverso l'arcata della porta e raggiunsero la loro classe. Lì, al contrario del cortile, c'era una numerosa folla di volti terrorizzati radunata ad una certa distanza di sicurezza dalla porta dell'aula. Tsuna e Yamamoto si avvicinarono, incuriositi, senza capire cosa stava succedendo.
Poi tutti udirono un sonoro tonfo, e una nuvola di fumo nero si alzò dall'arcata della porta, vuota. Una marea di alunni si precipitavano lontano da lì, urlando, terrorizzati da quell'esplosione. Tsuna e Yamamoto non si mossero, come se stessero attendendo qualcosa.
E infatti, quando il fumo iniziò a diradarsi, una sagoma si fece avanti tra il forte odore di polvere da sparo.
"Eh eh! L'avevo detto che l'avresti pagata, porta! Come hai osato deturpare la faccia del Decimo??"
"Gokudera-kun!" squittì Tsuna, mettendosi le mani tra i capelli. "Che cosa ti salta in mente?!"
"Povera porta..." sospirò Yamamoto, scuotendo il capo.
"La vendetta è compiuta, Decimo." proseguì Hayato. "Ho calcolato le porte della scuola con cui Lei era potuto venire a contatto. La colpevole era sicuramente la porta d'ingresso o quella della nostra aula. Nel dubbio ho polverizzato entrambe. Ho fatto il mio dovere!"
"Hai ragione. Hai fatto il tuo dovere di teppista, ragazzo punk."
"HIBARI-SAN!" urlò Tsuna, riconoscendo la voce.
La sagoma nera del neopreside, già armato di tonfa, si fece avanti con passo silenzioso nel corridoio deserto e annebbiato dalla polvere dell'esplosione. Il ragazzo si guardò attorno, e una volta stimato il danno (la porta di ingresso, la porta e le finestre dell'aula rotte e un pezzo di muro danneggiato), si rivolse a Tsuna, Yamamoto e Gokudera, gli unici rimasti dopo il botto.
"Chi danneggia un oggetto di proprietà della scuola, ne pagherà il prezzo venendo danneggiato a sua volta." disse, pacato ma torvo.
"Non rompere tu! Sono questioni fra me e le porte, queste!" ribatté Gokudera.
Hibari assottigliò gli occhi e alzò un manganello. "Non mi interessano le tue questioni. Voglio solo vederti boccheggiante a terra."
"Anche io. Quando iniziamo, Decimo?" Dieci candelotti di dinamite spuntarono su entrambe le mani del bombarolo.
Yamamoto raccolse un grosso pezzo di legno schizzato via dalla porta durante l'esplosione: sarebbe stata la sua mazza.
Gli occhi penetranti di Hibari si posarono su Tsuna. "Come al solito c'entri anche tu in tutta questa patetica 'erbivorata'; farai la fine della porta."
"Non rivolgerti così al Decimo!"
Quella frase fu il colpo di pistola che dette inizio ad uno scontro confuso e intenso: fumo di dinamite, spezzi di legno che schizzavano in tutte le direzioni, e una costante ombra nera che schivava e colpiva a velocità esponenziale. E in mezzo a quel putiferio, Tsuna restava lì, immobile e confuso. Non voleva combattere, non contro un suo guardiano: era una battaglia senza capo né coda e priva di scopo...
"Combatterò anch'io ALL'ESTREMO!"
Quella non era certo l'ultima frase che Tsuna avrebbe voluto udire, ma in quel momento qualcosa di duro urtò la sua nuca e lo costrinse ad aprire gli occhi.
Era nel suo letto, completamente sudato.
Era stato tutto un sogno... no! Un incubo! Rise, nervoso. Non era ancora convinto che fosse stato solo frutto della sua immaginazione.
Guardò l'orologio della sveglia. Le quattro. Afferrò il cellulare e chiamò Yamamoto: doveva capire se era stato un sogno o no. Un'antipatica vocina sorpresa e allegra lo informò che 'il cliente è occupato in un'altra conversazione' (con chi, alle quattro del mattino??). Stessa storia con Gokudera.
Tsuna sospirò. Avrebbe atteso il giorno seguente: non era poi così urgente così come aveva creduto all'inizio. E si rificcò sotto le coperte rimettendosi a dormire.

Tsuna non ricordò di aver fatto altri sogni, quando si risvegliò tre ore dopo. Ricordarne uno del genere era già abbastanza, per lui. E così, Tsuna si avviò verso la scuola media, sperando che la promozione di Hibari fosse stato solo un sogno.
Lungo la strada incontrò Yamamoto, allegro come sempre, e Gokudera, torvo come tutte le volte che si trovava in presenza di Takeshi. Il Vongola non perse tempo per raccontare il sogno che tanto lo aveva spaventato.
"Sa, Decimo," iniziò Gokudera. "Io sono sveglio dalle quattro per un solo motivo:" e accennò a Yamamoto. "Questo scemo mi ha chiamato alle quattro del mattino..."
"Per dirgli la stessa cosa che hai detto tu a noi oggi." concluse Yamamoto.
Tsuna restò interdetto. Non prestò nemmeno attenzione a Gokudera che inveiva contro Takeshi che lo aveva interrotto. Solo alcuni minuti dopo, Tsuna parlò.
"Credete sia una premonizione?" disse.
"Può darsi." Yamamoto si strinse nelle spalle. "Ma era solo un sogno: non diamogli troppo peso."
"Non sottovalutare i sogni collettivi!" l'avvertimento di Gokudera aveva lo stesso tono di quello di uno sciamano.
E per una buona volta Gokudera aveva ragione: lo capirono quando entrarono a scuola e videro Hibari di un umore piacevolmente maligno e soddisfatto, che a loro non piacque per niente.
Ma il peggio arrivò quando i tre amici si avvicinarono alla bacheca affollata di studenti perplessi e stupiti. E anche loro sgranarono gli occhi: tra tutta quella marea di fogli, uno in particolare, comunicava i nomi dei candidati al titolo di preside della Nami. Il diciottesimo posto era occupato dal nome di Hibari Kyoya.
"HIII!!!" Tsuna impallidì. "Qualcuno faccia qualcosa!!! Non ha nemmeno la licenza media!!!"
Gokudera era pensieroso. Poi alzò il capo, trionfante.
"Decimo, ho un'idea!"

Ospedale di Namimori. Camera 53 ospitante i pazienti Sawada Tsunayoshi, Yamamoto Takeshi e Gokudera Hayato. Fratture su tutto il corpo, causate da un oggetto contundente (tonfa, secondo il resoconto delle vittime, che dichiarano di non aver saputo riconoscere l'aggressore).
La radio di uno dei pazienti faceva una leggera interferenza, ma si riusciva a sentire, in modo distinto, una voce: "Questa cerimonia di presentazione è pallosa ALL'ESTREMO!!!"
"Zitto e comunica le novità, Testa a Prato: non ti abbiamo dato una ricetrasmittente per giocare!"
"Zittite testa a polipo." rispose la voce. "Sta arrivando il vecchio preside. Dice: 'Benvenuti, ragazzi della Namimori! Oggi vi presenteremo il vostro nuovo preside. Al ballottaggio erano finiti tre candidati: il numero 3, Michiro Onko; il numero 26, Noribo Ossu; e il numero 18, Hibari Kyoya'... Ci sono quei cretini del comitato disciplinare che esultano... Ecco il vecchio preside: 'A causa di un invito del preside in una prestigiosa università inglese ad occupare la cattedra di Letteratura Giapponese, il candidato numero 3(ovvero Michiro Onko) ha deciso di ritirarsi. Auguriamo buona fortuna al professor Michiro per la sua nuova occupazione. Un applauso.'"
Anche i tre pazienti applaudiro (per quanto le loro mani distrutte potessero fare).
La voce riprese: "'Il candidato numero 18 (ovvero Hibari Kyoya)'... se quei cretini del Comitato non si zittiscono li ammazzo ALL'ESTREMO... 'Ha deciso di ritirarsi, secondo quanto dice in questa lettera, a causa di una forte orticaria causata da un improvviso affollamento di erbivori attorno a lui.'" la voce di Ryohei rise. "Eccolo che riprende a parlare: 'Per tanto auguriamo al signor Hibari Kyoya una pronta guarigione'" i tre pazienti fecero le corna, mentre dalla radio arrivarono gli ululati e i pianti dei ragazzi del Comitato Disciplinare. Poi Ryohei riprese a ripetere: "'Pertanto sono felice di annunciarvi che il professor Noribo Ossu sarà il vostro nuovo preside per i prossimi cinque anni. Salutiamolo con un caloroso applauso.'"
Allo scroscio di applausi della radio, si aggiunsero le urla di gioia dei tre pazienti, sollevati che i loro sforzi per sabotare la candidatura di Hibari avessero dato tanti bei frutti.
"'Il nuovo preside ha qualcosa da dire ai suoi studenti?' 'Certo! Per prima cosa, ciaossu, ragazzi...'"
"REBORN???" urlò Tsuna, accorgendosi troppo tardi che 'no ri bo' altro non era che l'acronimo di 'ri bo o n'. "QUALCUNO FACCIA QUALCOSAAA!!!"

Tsuna avrebbe voluto tanto che anche quello fosse stato un sogno: ma non era così!...
  
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