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Autore: Lettera C    13/10/2012    0 recensioni
Una ragazza, una come tante altre: un amore non corrisposto, una passione, dei vincoli.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Giorno  quattrocento,  numero fittizio, s’intende. Non sono così folle da ricordare esattamente la data precisa, o forse sì, ma non voglio darlo a vedere. Fossi stata alla solita lezione di matematica avrei dovuto scrivere “giorno n”, un giorno come tutti gli altri, da un anno a questa parte, ma preferisco pensare che tutto questo un giorno avrà la sua fine e quindi quantifico, purtroppo. In realtà la matematica mi piace, mi sembra di poter “abbracciare la conoscenza e assaporare il potere”  quando risulta chiara, direbbe qualcuno, ma a me piace semplicemente perché è razionale, dimostrabile, anche se possiede quel suo fondo di irrazionalità che la rende così magica. Almeno è l’unico elemento razionale della mia vita. Mi piacerebbe poter risolvere i problemi di cuore con la stessa facilità con cui trovo le soluzioni di un’equazione. Sarebbe facile e appagante. Invece la mia testa ed il mio cuore sono invasi da te. Uso proprio questo termine perché tu è questo che fai: invadi le persone, entri dentro, le catturi e le torturi fino alla fine, ne succhi via tutto lo spirito vitale che le anima e poi le lasci andare, nude e vuote oramai. Mi chiedo anche perché spreco parole per te, ma, per poter trovare una risposta alla mia domanda,  dovrei prima chiedermi perché io da più di anno ho un unico pensiero fisso, a cui non riesco a sfuggire.  

“È buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi”

Sono i versi conclusivi della raccolta di Pavese “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, poesie sentite, dense di significato e con un non so che di misterioso. Ma perché anche quando coltivo la mia unica passione – leggere poesie – tu devi farti spazio prepotentemente? Per quale ragione leggendo questi versi la mia mente divaga e la tua immagine appare nitida? Perché la tua assenza è inesorabilmente così presente? Come una morsa che lentamente si chiude, non lasciando via di fuga allo sciagurato viandante che si trova per caso ad essere imprigionato, così tu catturi me, tua preda, senza che io possa sfuggirti. Però leggo, e scrivo, e rinasco lentamente, mi sento appagata, piena, viva, per la prima volta dopo tempo e vorrei che fosse una sensazione duratura, permanente. Poi mi volto e vedo la tua foto, capisco allora che per tornare finalmente a sorridere, devo liberarmi della tua ombra.

La pioggia si fa sempre più densa e fitta, devo smetterla di divagare; mia nonna continua a parlarmi da venti minuti e io nemmeno l’ascolto.
“..e ricordati di essere sempre educata con gli ospiti, sempre; sei una principessa Isabella, mostrati sofisticata e cordiale, non disonorare il nome della famiglia.”
“Certamente nonna, non ti deluderò”. Chissà perché è la risposta pronta che calza sempre a pennello.
“E smettila con queste poesie, non  sai che con la letteratura non andrai mai da nessuna parte? Credi realmente di poter parlare del tuo caro Montale all’ambasciatore questa sera? E vai a cambiarti, mancano soltanto poche ore.”
Strano quanto anche le persone più vicine a te, quelle per cui dovresti essere un libro aperto, un foglio di cui conoscono a memoria ogni singola parola, riescano sempre a farti sentire sola e incompresa. Andrò a vestirmi, forse così avrò un attimo di tempo per tornare a leggere e a dimenticare, o almeno a far finta. 
  
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