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Autore: ciel1    13/10/2012    4 recensioni
Seppur sarebbe bello avere un gran lieto fine, credo che una serie tv come questa, dalle atmosfere cupe e dalla amarezza che si porta con sè forse potrebbe avere ahimè qualcosa di amaro nel finale... chissà cosa ci combinerà il regista.. eheh.. sono curiosa
Pensando a come potrebbe essere l'ipotetico finale della serie, stavo ascoltando la colonna sonora, in particolare "Tema di Claudia" e mi è venuta in mente questa storia, anzi questo finale. Non c'è nessuno spoiler naturalmente, è tutto inventato... Spero sia di vostro gradimento..
Recensite mi raccomando!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Campo De’ Fiori – il ritorno.

Erano passati degli anni, quasi otto, dall’ultima volta che aveva attraversato Campo De’ Fiori, nonostante le sembrassero di più. A quel tempo quella piazza aveva assunto un significato particolare per lei e per coloro che avevano vissuto quegli eventi, tutto dovuto a quella statua dallo sguardo intenso che padroneggia quel posto. Non abitava più a Roma, dopo aver sposato Carlo si erano trasferiti in Toscana. Adesso era soddisfatta della sua vita, tutto sommato stava dando ai suoi figli quello che a lei non le era mai stato concesso: un ambiente familiare saldo e sereno, due genitori attenti, gite in campagna immerse nel verde della Toscana con i suoi profumi e colori … Ormai aveva smesso di pensare, rimuginare. Aveva lasciato che tutto scivolasse giù nel più profondo dell’inconscio. Carlo e i bambini avevano contribuito involontariamente a ciò, grazie a loro il processo di rimozione progredì più velocemente. Lei sapeva bene come avveniva quel passaggio da conscio ad oblio, faceva parte del suo mestiere saperlo, era la sua passione di una vita, ciò di cui si era sempre occupata. Psicoterapia etimologicamente significa cura dell’anima e si occupa di curare i disturbi e il disagio umano; bisogna far riaffiorare ciò che viene sepolto nell’inconscio per poter capire la causa e risalire all’origine del problema. Lei sorrise pensando a ciò, perché invece di seguire il manuale e far emergere il conflitto interno, lei fece di tutto per insabbiare nell’ignoto più profondo tutto ciò che riguardava quella storia. E così avvenne. Non ripensò più a quegli eventi.

Mentre attraversava Campo De’ Fiori venne sopraffatta da ricordi opachi, pensieri sbiaditi, parole non dette, gesti dimenticati.

Angelica voleva un gelato e subito dopo anche Michele espresse la volontà di volerne uno. I due gemelli si tenevano per mano, erano molto legati e si capivano guardandosi negli occhi. Si dice che i gemelli sentano i bisogni dell’altro, come in una sorta di gioco di telepatia, lei era convinta che fosse così. Una volta non la pensava a quel modo. Fredda, scettica e intollerante. È così che l’aveva definita qualcuno una volta, ma ormai molta acqua era passata sotto i ponti e dopo aver visto… iniziò a credere in qualcosa… un qualcosa che non si riduce al solo dono, al fenomeno non normale, non ordinario, ma a qualcosa di più alto, forse di divino, un qualcosa che andando avanti si rafforzò e che venne suggellato con la nascita dei suoi figli. È questo il vero potere? È veramente un bambino che da la forza di credere in qualcosa di alto, in cui tutto è possibile? Non aveva trovato risposte, non ne aveva trovate un tempo e nemmeno oggi, ma rise tra sé pensando ai nomi che aveva dato ai suoi figli, non avrebbe mai immaginato di chiamare un suo ipotetico figlio con uno di quei due nomi così allusivi, così significativi, così complessi per la loro importanza ma così soavi nel suono e così semplici nella pronuncia… e invece …
«Tesoro, porto i bambini a prendere un gelato prima che si mettano ad urlare. Prendi te il pallone? Credo sia rotolato accanto alla statua. Prendo un gelato anche per te?» disse Carlo.

«No, niente gelato caro. Prendo il pallone e vi raggiungo. Angelica, Michele fate i bravi» disse lei.

Si diresse verso la statua guardandola per un momento, poi guardò intorno per cercare il pallone. Alzò lo sguardo per vedere dov’era la sua famiglia e mentre girava su di sé immersa nella sua ricerca, nel suo campo visivo fece capolino qualcosa… ma non ci badò, perché aveva trovato il pallone, quindi si abbassò per prenderlo e in quel momento un dubbio le bussò la mente. Tutto fu troppo veloce, aveva abbassato lo sguardo troppo in fretta per poter vedere, per poter capire, per poter rendersi conto di ciò che poco prima per sbaglio era apparso nel suo campo visivo. Aspettò un momento, gli occhi fissi sul pallone. Cercò di ricordare cosa aveva appena visto. Cos’era quel qualcosa che l’aveva turbata? Poi le sopraggiunse alla mente: un abito nero, gli occhi fissi su un piccolo libro ignari del resto del mondo.
Si alzò con lentezza, mentre la mente ridipingeva nella sua testa la scena vista poco prima: i capelli ramati irradiati dal color miele del sole tenue primaverile che poi li accarezza scendendo dolcemente  sul viso e sulle gote adornate dal medesimo rame. Lo sguardo attento e quella stessa espressione di chi tiene al suo lavoro e ai principi in cui crede.

Ora non aveva più dubbi.

Si voltò lentamente.

Era seduto con un libro tra le mani mentre altri due volumi, assieme al telefonino e al casco, erano alla rinfusa sul tavolino del bar. Con una mano sorreggeva il libro mentre con l’altra era alla ricerca di qualcosa sulla pagina stampata. La stessa precisione nel fare le cose, la stessa passione nel cercare la verità erano li davanti a lei dopo tutti quegli anni. Sembrava che tutto fosse immutato. Le sembrò di vedere in quegli occhi azzurri lo stesso carisma di quel lontano giorno in quella casa di campagna, quando l’aveva conosciuto. Ricordava perfettamente i suoi metodi e le sue ricerche. Ed ora, quando pensava che non avrebbe più visto nulla di tutto quello se lo ritrovò davanti e le venne addosso come una valanga.

 Tutto quello che in quei quasi otto anni aveva tenuto nell’ignoto, nell’oblio, nell’inconscio…

Rimase attonita non sapendo che fare, ma nel mentre accadde qualcosa. Non ebbe il tempo di pensare al da farsi che da li a pochi secondi...

Lui smise di leggere e si bloccò un momento. Aveva ancora lo sguardo sulla pagina. La mano che un secondo prima si muoveva tra le righe del libro ora si era fermata. Alzò lentamente lo sguardo finché non lo incrociò con quello di lei… Non credeva  ai proprio occhi, forse per la prima volta in vita sua. Da quasi otto anni non aveva più pensato e pronunciato quel nome, il nome di colei che in quel momento stava guardando.

Claudia  continuava a guardarlo, colui che da tanti anni non aveva quasi più un volto o un nome, colui che era diventato un ricordo spento della sua oscurità più remota ora si era materializzato davanti a lei portando alla luce come un flash tutto quello che aveva freddato negli anni.

Gabriel ritrovò quegli occhi color cacao che dopo anni lo stavano di nuovo guardando con la stessa intensità di quel tempo, ricordava il ciondolo maori, le passeggiate nei pressi di Castel Sant’Angelo e molte memorie disperse nella sua mente.

Claudia e Gabriel si guardarono pochi secondi che sembrarono minuti, ore, giorni… Bastò uno sguardo per capirsi ed esprimere quel sentimento che con le semplici parole era impossibile da descrivere e che nessuno poteva comprendere. Solo Dio poteva sapere, perché conosce le sfaccettature di quel complesso sentimento essendo Lui stesso amore, Gabriel confidava in questo, aveva trovato rifugio, perché Lui non l’aveva abbandonato.

«Claudia!» la chiamò Carlo rompendo involontariamente quell’atmosfera.

Claudia si voltò verso il marito, prendendo in braccio Angelica. Carlo le si avvicinò e la baciò, lei rispose al bacio in modo naturale, senza pensare. 

In quell’attimo sembrò dimenticare Gabriel.

Gabriel non aveva distolto lo sguardo e i suoi occhi passarono da Claudia al marito e ai due dolci bambini.

Claudia sembrava felice.

Gabriel a quel punto riabbassò lo sguardo sul suo libro.

Uno sguardo dice più di molte parole.

Claudia sfiorò le labbra del marito e in quel momento ebbe una leggera stretta allo stomaco, così si voltò di nuovo verso l’uomo che molti anni prima l’aveva stregata e rubato l’anima e il cuore con la sua semplicità. Claudia si era sempre chiesta com’era possibile che un uomo di chiesa le avesse fatto quell’effetto, ma non c’entrava nulla il clericato, si era solamente innamorata di quell’uomo, di Gabriel. Non aveva scelto, ma era successo. 

Era troppo tardi.

Claudia si era voltata, ma Gabriel aveva già abbassato lo sguardo.

«Tesoro prendimi dei fazzoletti che pulisco queste pesti, hanno il gelato dappertutto» disse Carlo.

Claudia automaticamente prese i fazzoletti e li porse al marito. Carlo si allontanò con i bambini per andare vicino la fontanella dell’acqua per pulire i gemelli.

Claudia tornò a guardare Gabriel che si stava alzando dalla sedia portando con sé i tomi e il casco. Prima di andare alzò lo sguardo verso di lei e le sorrise.

Claudia aveva ancora quell’espressione confusa e malinconica mentre guardava il sorriso convinto di Gabriel.

Sapeva cosa significava quel sorriso, che andava tutto bene, che tutto era al proprio ordine, che tutto era come doveva essere, che il loro tempo era passato e che l’importante era aver  avuto la possibilità di viverlo seppur per poco e nessuno dei due l’avrebbe dimenticato.

Claudia mosse il piede in avanti e protese la mano. Il suo gesto involontario è quello di chi per impulso vuole agire in fretta per non perdere di nuovo quello che è arrivato repentinamente e che con la stessa velocità  si sta dileguando ancora una volta.

Ma prima che il gesto di Claudia trovò la sua conclusione con l’avanzamento verso di lui, Gabriel la fermò con un semplice cenno di dissenso degli occhi e del viso. Quel suo lieve movimento di diniego col volto bloccò Claudia. Mille catene non avrebbero fermato Claudia se ne fosse stata legata, mille catene non erano nulla in confronto a quell’accenno del capo.

Claudia rimase ferma mentre Gabriel  le sorrise ancora.

Infine Claudia ricambiò accennando anche lei  un sorriso, ma il suo era misto a tanta malinconia.

Gabriel se ne accorse.

Claudia non riuscì a fare di meglio, ma non era un problema perché  il sorriso di Gabriel valse per entrambi.

 Gabriel lo sapeva.

Non c’erano segreti tra loro, si capivano a primo sguardo… e sarebbe stato così sempre.

«Claudia!» la chiamò nuovamente Carlo avvicinandosi a lei. «Che fai lì? Dobbiamo andare tesoro»

«Sì, sì sto arrivando. È da tanto che non vedevo questa piazza mi mancava» disse Claudia.

Carlo la baciò su una guancia poi ritornò dai bambini che iniziavano a bagnarsi con l’acqua della fontanella.

Claudia iniziò a camminare a ritroso sostenendo per qualche secondo lo sguardo di Gabriel, per imprimere nella sua mente quegli occhi un’ultima volta.

Poi giunse l’ora di voltarsi e così fece.

Gabriel continuò a guardarla allontanarsi mentre il suo sorriso era ormai svanito. Un leggero zefiro gli scompigliò i capelli. Chiuse gli occhi per fissarsi nella mente quel momento così effimero. Riaprì gli occhi guardando il cielo e cercando di individuare nelle sfumature celesti coLui in cui Gabriel credeva, per porgli delle domande, per avere delle risposte, per conversare a proposito di molte questioni  come il mistero di sé stesso, del suo dono, di Dio medesimo, del bene, del male, dell’amore, di tutte le cose che gli erano accadute e che gli sarebbero capitate e poi di lei...

Gabriel andò via con molti dubbi e dilemmi irrisolti. Non si può rispondere alle domande, siamo solo esseri umani. Variabili. Imperfetti. Siamo degli enigmi, dei misteri per noi stessi.

Nulla può avere risposta, perlomeno non su questa terra.

Nulla.

Ma Gabriel, col suo dono, questo lo sapeva.
 
 
 
 
 
  
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