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Autore: pralinedetective    13/10/2012    2 recensioni
Si sfilò le scarpe con i piedi mentre abbassava la zip della giacca, lentamente per attirare l’attenzione di Misa. Lei fece capolino, curiosa, e quando comprese le sue intenzioni gli sorrise e si mosse per fargli spazio sul letto.
[ Mello/Misa, (hints of) past Matt/Mello, Misa/Light ; temi delicati ]
Genere: Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Mello, Misa Amane | Coppie: Matt/Mello
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[ why would I wait till I die to come alive? ]

 

 

Quando Mihael entrò nell’appartamento impiegò qualche secondo ad accorgersi della temperatura a dir poco glaciale. Imprecò gettando un occhio al termostato, fece cadere la propria borsa dei libri a terra e attraversò l’ingresso a grandi passi.

Chiuse rapidamente le grandi finestre del salotto, in ordine impeccabile, e quella della cucina, linda e profumata come l’aveva lasciata quella stessa mattina, e la mezza finestra del bagno di servizio, quasi inciampando nell’anta ancora aperta del mobiletto sotto al lavandino per la fretta.

Si bloccò sul posto, accorgendosi che tutto era come era stato lasciato quattro ore prima.

Non perse ulteriormente tempo e trovò la stanza della propria coinquilina, vuota a sua volta, il letto disfatto e il piumone scomparso.

«Misa?» la chiamò, non riuscendo a negare la propria preoccupazione.

Il mistero durò poco a lungo: trovò la donna nella propria camera, nel proprio letto, avvolta in entrambe le loro coperte e in un paio di plaid che doveva aver recuperato da qualche armadio.

«Chiudi la porta, chiudi, chiudi!» esclamò lei dal suo bozzolo, nascondendo la testa sotto al cuscino e sembrando a tutti gli effetti uno strano ibrido fra una donna e uno struzzo.

«Che ci fai qui?» le domandò, un Come stai? fra le righe che aveva imparato mesi prima a evitare.

«Freddo,» rispose lei con voce lamentosa, e Mihael pensò che forse avrebbe fatto meglio ad accendere il riscaldamento quando ancora era nella stanza corretta. Oh, be’.

Si sfilò le scarpe con i piedi mentre abbassava la zip della giacca, lentamente per attirare l’attenzione di Misa. Lei fece capolino, curiosa, e quando comprese le sue intenzioni gli sorrise e si mosse per fargli spazio sul letto.

Mihael si prese tutto il tempo del mondo; prima chiuse le tapparelle e tirò la tenda, quindi spense la luce (che Misa aveva lasciato accesa nonostante fosse oltre mezzogiorno, donna incapace di risparmiare) e rimase davanti alla porta ancora aperta, il giorno alle spalle, il viso in ombra.

Si svestì lentamente, rivolgendo la propria attenzione a ogni singolo gesto, e quando ormai indossava solo un paio di boxer scuri (e si accorse dell’idiozia commessa, cazzo che freddo) si infilò sotto le coperte.

Misa gli scivolò contro, il corpo caldo e nudo, e lui non poté che ridere.

«Sei stata tutta la mattina rintanata qui perché non avevi voglia di vestirti?» le chiese con finto rimprovero nella voce. Il giorno in cui l’aveva conosciuta era stato anche il giorno in cui aveva imparato che prendersela con lei non avrebbe mai aiutato in niente né lo avrebbe fatto sentire meglio in alcun modo.

Lei non annuì né smentì, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e respirando.

Dopo qualche minuto mugugnò qualcosa, evidentemente in uno stato di dormi-veglia.

«Che vuoi?»

«Ho messo le mutandine.»

«Donna, tu sai come sorprendermi.»

In risposta, Misa gli tormentò il fianco con le unghie. Erano sempre irrealmente lunghe e ben curate, qualcosa che Mihael aveva col tempo imparato a temere.

Aveva imparato molte cose da quando stava con lei.

«Vuoi fare sesso?» gli chiese la donna in un sussurro – ed ecco qualcos’altro che aveva dovuto imparare a riconoscere: la voce-da-pianto.

Non si mosse, però fu cauto nel rispondere: «Tu lo vuoi?»

Misa allora poggiò le labbra sulle sue, e aveva già quel sapore di lacrime addosso che Mihael non sarebbe mai stato in grado di sopportare.

 

Era compito di Mello, guidare, e di Matt quello di stare al posto del passeggero e fare il fottuto passeggero. Stare zitto e fermo, ed essere la personalità affascinante nel caso in cui fossero stati fermati dalla stradale.

Non era compito di Mello quello di sentirsi stanco e cedere il volante, e quelli di Matt non era quello di trovare uno stramaledetto muro contro il quale andare a schiantarsi.

Matt aveva rovinato la vita di Mello, e non era neppure rimasto in vita abbastanza a lungo da permettere all’amante di prendersi la propria rivincita.

Che gran coglione pezzo di merda.

 

Misa aveva disimparato a fare qualsiasi cosa, dopo la propria ultima relazione.

Light non era un argomento che veniva affrontato, né all’appartamento né altrove: non era una cosa che Misa discuteva alla leggera, il fatto di essere stata quasi sposata a un serial killer e di averci quasi avuto un figlio.

Ella non era più capace di baciare ed essere ricambiata, non era più capace di vivere un normale atto di sesso penetrativo, sicuramente non avrebbe amato mai più.

Non avrebbe più avuto la possibilità di avere figli, a seguito di un aborto che era stato devastante sul suo fisico. Con difficoltà sarebbe stata in grado di fidarsi più di qualcuno al punto da poter mostrare le proprie braccia nude.

Se quel giorno non avesse incontrato Mihael e non ne fosse rimasta tanto affascinata, difficilmente avrebbe visto un altro giorno.

 

«Sotto quale treno vuoi buttarti?»

«…»

«Puoi evitare il prossimo? Ho bisogno di essere a casa prima che il padrone butti fuori la mia roba e quella del mio ex perché le scatole non sono state chiuse bene.»

«Posso farti compagnia?»

 

«Cosa vuoi mangiare per cena?» chiese Misa, cominciando a mettere via la spesa che Mihael era uscito e aveva comprato per entrambi.

Lui non rispose. Almeno, non subito.

«Usciamo questo weekend,» le disse, facendo suonare la frase più come un dato di fatto che non una proposta. «Il tempo è migliorato e restare chiuso qua dentro mi deprime.»

«Come vuoi tu,» fece lei.

«È un sì?»

«Sì, Mello, caro.»

«Vorrei inoltre che ti trovassi un lavoro. Uscire un po’ da sola, conoscere qualcuno. Ci sono giorni in cui ti ucciderei, parli solo di quello che vedi alla tv o su internet. Potresti tornare all’università.»

«Non credo che potrei farlo. Cercherò un lavoretto.»

«Non voglio che tu faccia la modella. Un lavoro vero

Lei si voltò a guardarlo negli occhi, vestendo la stessa espressione fra il triste e l’incredulo che vestiva ogni volta che avevano quella conversazione.

«E perché dovresti volere una cosa del genere?»

 

Sedettero l’uno di fronte all’altra, in silenzio. Misa indossava un paio di shorts e una felpa di Light, lunga e scura, le cui maniche non faceva altro che tormentare.

Il tic cominciava a dare filo da torcere ai nervi di Mihael, però non si sentiva in grado di dirle nulla.

L’ultima volta che il giovane aveva alzato la voce verso qualcuno era in una situazione di stress, si sentiva molto stanco e nervoso e aveva pesantemente insultato l’uomo che amava attimi prima di un incidente automobilistico dal quale era riemerso da solo.

 

«Non fare domande stupide. Non posso essere innamorato di te, sei una donna

Lei rise, rise forte, fino a che le lacrime non cominciarono a rigarle le guance.

«Avrò mai modo di farti cambiare idea?» gli chiese con la voce rotta.

«No, signora.»

Misa annuì e sorrise, smettendo finalmente di muoversi come se le provocasse male fisico restare ferma sul posto e apparendo improvvisamente più tranquilla.

«Bene.»

 

 

 

 

 

 

 

[Non ho parole. Questo fandom non esiste più, né per me né per il resto del mondo.
Giulia, questa è colpa tua e io ti odio.]

  
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