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Autore: Burupya    13/10/2012    4 recensioni
Ho cominciato a scrivere questa storia in un giorno in cui avevo perso ogni speranza proprio come il protagonista, Akira. Mentre cammina cupo per le strade la sua attenzione viene attirata da qualcosa. Qualcosa che fa accendere una piccola luce nel suo mondo buio...
L'inizio è molto tragico, ma non fatevi scoraggiare :3
dal capitolo 7:
“Sì! Voglio un tuo bacio”
Hisaki lo guardò negli occhi.
“Sicuro di non volerlo dalla mia parte malefica?!”
“Sei geloso?”
“Dovrei essere geloso di me stesso?”
“Mh non eri proprio tu!”
“Quindi sei stato baciato da un altro?!”
“Bè... Insomma mi si sta fondendo il cervello a ragionare!! Non puoi baciarmi e basta?”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Era un giorno come molti altri, Akira passeggiava per le strade di Mosca come era solito fare, le mani in tasca e lo sguardo un po’ perso. Non c’era niente che attirasse la sua attenzione in quella città e da lì a un po’ di tempo la sua vita era diventata noiosa e monotona; un senso di vuoto cresceva dentro di lui giorno dopo giorno e sembrava volerlo inghiottire come un buco nero. Stesse strade, stessi negozi, volti sempre uguali. Persino le persone lo disgustavano, nemmeno il contatto umano riusciva a sollevarlo da quell’abisso: ogni individuo che trovava nella sua strada era piatto, pieno di pregiudizi, incapace di provare sentimenti veri e di pensare col proprio cervello, attratto dalla moda e da tutto ciò che la società imponeva, troppo presi dal proprio ego per pensare agli altri. Niente avrebbe mai cambiato il giudizio che aveva sulle persone, niente avrebbe fatto risplendere nei suoi occhi quel sentimento di meraviglia... Almeno fino a quel momento. Il momento in cui lo sguardo di Akira si posò su un ragazzo che spiccava tra la folla per la sua diversità: capelli bicolore, di un nero corvino con dei ciuffi argentei sul davanti, divisi in ciocche ribelli che sembravano voler sfidare la forza di gravità. Ma la cosa che l’aveva attirato più di tutte, più dei suoi bizzarri capelli, del suo fisico scultoreo... Erano i suoi occhi. Due splendidi rubini incastonati su quel viso diafano, che brillavano di una luce che le altre persone non avevano: una luce che sembrava venire dal suo animo, come se dentro avesse un fuoco ardente che faceva scintillare quelle gemme. Akira non aveva idea di chi fosse quel ragazzo ma una cosa era certa: voleva assolutamente conoscerlo. Si sarebbe rivelato come tutti gli altri? Akira non aveva la risposta a questa domanda, ma era fortemente convinto che quel ragazzo fosse diverso e voleva conoscere la verità ad ogni costo, sapere se quello strano tipo capitato per caso sotto al suo sguardo l’avrebbe fatto ricredere e chissà, magari l’avrebbe aiutato ad uscire da quel baratro senza fine.
Ma come avrebbe potuto fare per conoscerlo? Di certo non poteva andare da lui e dirgli “Voglio conoscerti”, l’avrebbe scambiato sicuramente per un pazzo. Mentre Akira pensava a come attirare l’attenzione del bicolore, lo seguiva stando tra la folla dietro di lui. Pedinarlo divenne più difficile quando il ragazzo imboccò una stradina deserta, Akira restò dietro l’angolo osservandolo. Quando girò a destra in fondo alla stradina Akira uscì dal suo nascondiglio per seguirlo: quando si affacciò sulla strada a destra non vide nessuno.
“Dove diamine è finito?” si chiese Akira tra sé e sé. Pochi secondi dopo sentì qualcosa di freddo e tagliente contro la sua gola e una mano ferma bloccargli un polso.
“Perché diavolo mi stai seguendo?”
La voce che Akira sentì era calda, nonostante il tono minaccioso e chiaramente irritato. Akira girò appena lo sguardo incrociando quelle iridi rosse che poco prima avevano attirato la sua attenzione: ora però erano tutt’altro che amichevoli. Perché lo stava seguendo? Nemmeno Akira conosceva la risposta a quella domanda.
“Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
“I-io...”
Akira si rese conto che la sua voce tremava. Non era paura, no... Era qualcosa di diverso. Avere quel ragazzo così vicino lo mandava in subbuglio, gli scombussolava la mente impedendogli di pensare.
“... Voglio conoscerti”
L’aveva detto. Aveva detto l’unica cosa che non avrebbe dovuto dire in quel momento e si era giocato l’unica occasione di conoscerlo. Il ragazzo restò in silenzio per qualche minuto, tempo che ad Akira sembrò interminabile.
“Divertente.”
Disse il bicolore lasciando Akira e riponendo il coltello, poi fece per andarsene.
“Aspetta!”
Disse Akira bloccandolo per un polso. Il ragazzo girò appena la testa restando impassibile.
“Posso sapere il tuo nome?”
“Perché dovrei dirlo ad uno sconosciuto?”
“...”
Perché avrebbe dovuto dirglielo? Domanda più che lecita. Akira non sapeva rispondere nemmeno a questa e restò in silenzio.
“Hisaki” disse il ragazzo liberandosi dalla sua presa e riprendendo a camminare. Akira restò a bocca aperta. Gli aveva davvero detto il suo nome?
“Io sono Akira!” disse seguendolo.
“Non mi interessa chi tu sia” Hisaki parlava senza degnarlo di uno sguardo.
“Scusa...!” bofonchiò Akira rattristandosi.
“Smettila di seguirmi” disse Hisaki freddo. Akira lo guardò per un istante.
“Voglio sapere una cosa...”
Hisaki non fece in tempo a chiedergli di cosa stesse parlando che una ragazza si avvicinò a loro correndo.
“Akira dove diavolo hai il tuo cellulare?! La tua casa è in fiamme!!”
Akira si sentì morire. Non tanto per la casa... Ma per quello che c’era dentro. Per CHI c’era dentro. Senza dire una parola Akira corse via, le sue gambe si muovevano così velocemente che anche lui si sarebbe stupito, se solo avesse avuto la mente abbastanza lucida per pensarci. Hisaki lo guardò correre via. Cosa voleva sapere da lui quello strano ragazzo? Hisaki voleva saperlo e prese a seguirlo, cavolo era davvero veloce, faticava a stargli dietro.
Quando Akira arrivò davanti alla propria casa era tardi: le fiamme l’avevano divorata rendendola irriconoscibile, i pompieri stavano spegnendo ciò che rimaneva del fuoco.
“Yumi...” sussurrò Akira a fior di labbra con gli occhi sgranati. Un pompiere si avvicinò a lui.
“Mi dispiace...”
Il pompiere non aveva finito la frase ma Akira capì. Non voleva crederci, no, non poteva essere. L’unica rimasta della sua famiglia, la sorellina più piccola non c’era più. Akira sentì un vuoto enorme dentro di sé. Hisaki lo vide cadere in ginocchio, poi sentì un urlo. Un urlo straziante che gli rimbombò dentro. Non conosceva quel ragazzo, a dire la verità lo considerava piuttosto strano e troppo invadente per i suoi gusti. Ma vederlo lì, in ginocchio con le mani tra i  capelli e il viso stravolto dal dolore, sentire quella voce carica di dolore... In qualche modo lo faceva star male. Hisaki si avvicinò a lui.
“Akira”
Akira sentendo la voce di Hisaki alzò appena lo sguardo, Hisaki fissò quegli occhi verdi gonfi di lacrime che gli tolsero le parole di bocca per un istante.
“Hai una casa dove andare, ora?”
Akira fece cenno di no con la testa. Hisaki lo guardò in silenzio. L’istinto gli diceva di chiederglielo. Chiedergli di venire con sé. Ma perché? Accogliere uno sconosciuto in casa, che per di più l’aveva pedinato per chissà quale motivo. Forse perché quegli occhi intrisi di dolore gli ricordavano qualcosa. Gli ricordavano quel dolore che anche lui aveva passato.
   
 
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