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Autore: Colli58    14/10/2012    7 recensioni
Con gli uomini della sua vita quel giorno avrebbe significato un addio: avrebbe preso la porta e sarebbe scappata a gambe levate senza voltarsi indietro. Ma non con Castle. Lei non aveva mai amato nessuno come Castle.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Se non la smetti di torturarti il colletto finirai per doverti cambiare la camicia…” Kate Backett avanzò decisa frapponendosi tra l’uomo e lo specchio e sfilò definitivamente la cravatta che Castle stava stropicciando ormai da parecchi minuti rendendola inguardabile.
“Lo so che adori vedermi senza!” ironizzò l’uomo con un sorriso furbo e sbuffando mentre Kate si allontanava scomparendo nella cabina armadio.
Aveva cercato di afferrarla per la vita ma lei era sgusciata via maledettamente bene come solo lei sapeva fare. Una mossa abile e disinvolta che lo mandava in estasi, anche se finiva col perdere il contatto con il suo corpo.
Dopo sette mesi di quella loro relazione negata al mondo, lui era ancora pronto a divorarla con gli occhi e con il corpo in ogni momento della giornata. Lo faceva impazzire e lo faceva solo muovendosi intorno a lui con semplicità e assoluta padronanza della situazione: classe, leggerezza, pura sensualità.
Inspirò profondamente l’odore di lei nella stanza.
Doveva uscire per un incontro voluto dalla sua casa editrice, e non ne aveva voglia. Doveva essere affascinante e letale per tutte le donne presenti alla serata. Così Gina lo aveva messo alle strette. “Fatti vedere in giro, affascina qualche tua bella fan, fatti fotografare! Da un po’ sembra che sei scomparso dal mondo, ma che diavolo combini?”
Certo, per Gina, come per il resto del mondo lui era ancora un single appetibile, brillante romanziere milionario e affascinante quarantenne… si beh, qualcosa di più ma che importavano quei 2 anni o 3 rispetto alla cifra tonda? Non era nemmeno brizzolato. “Grazie a dio” pensò vanesio mentre si passava una mano nei capelli morbidi.
Ma per il suo cuore Castle era più che mai lontano dall’essere single. La donna che ora rovistava nel cassetto delle sue cravatte era la sola che deteneva le chiavi della sua anima.
Il suo nuovo romanzo racchiudeva per molti aspetti quella sua passione ormai trascesa per quella meravigliosa creatura che riempiva la sua mente per buona parte della giornata, inebriava i suoi sensi durante notti di passione come mai si era immaginato. Forte, sanguigna, vivace e… solo sua. 
“Ora rovista nel cassetto delle cravatte…” si ripeté a mezza voce mentre realizzava il perché la donna non fosse ancora tornata.  Due settimane prima aveva chiuso lì qualcosa che voleva donarle presto, ma quella paura innata di forzare la mano con lei lo aveva ancora fatto desistere. Voleva farlo, ma aveva avuto paura che fosse troppo presto. Ora lei, con molta probabilità lo aveva trovato.
“Kate…” disse dirigendosi verso la cabina armadio. La vide ferma davanti al cassetto, con lo sguardo posato su quella scatolina cubica dalla foggia inequivocabile.
Rimase in silenzio sentendo il suo respiro farsi pesante. Lei si voltò mostrandole il volto serio, turbato. “Oops…” esclamò Castle cercando di alleggerire la tensione. La vide muoversi lentamente e richiudere il cassetto.
Castle la raggiunse e le fermò la mano.
“Non avrei dovuto lasciarlo qui… “ disse piano riaprendo il cassetto. “Ma del resto tu non usi cravatte e la tua pistola la metti sempre nella mia cassaforte…” aggiunse poi prendendo in mano il piccolo scrigno.
“Non ho guardato non preoccuparti…” disse lei afferrando la prima cravatta che trovò adatta al completo dell’uomo e porgendogliela frettolosamente. Si allontanò di qualche passo non volendo sostenere lo sguardo dell’uomo che rimase fermo a testa bassa. “Non lo vuoi nemmeno vedere?”
“Farai tardi se non ti sbrighi!” lo richiamò lei dalla stanza accanto.
Lui rimise la cravatta nel cassetto. Ne avrebbe fatto a meno. Si mise in tasca il piccolo cofanetto e rispuntò nella stanza da letto. La guardò muoversi in modo meccanico mentre raccoglieva la sua giacca e la borsa. Nascose il viso all’uomo che la fissava intensamente.
“C’è una chiamata al distretto, devo andare.” Mentì la donna prendendo la porta.
“Kate ti prego…” disse lui cercando di raggiungerla. L’afferrò per un braccio prima che potesse sgusciare via di nuovo. “Possiamo almeno parlarne?”
“Non ora Castle, Non ora.”
“Lo sai che non voglio andare a quella festa, posso anche non farlo se è quello che vuoi…” implorò lui. Lei tenne lo sguardo basso.
“Vai tranquillo, ci vediamo domani.” Lei gli donò un sorriso veloce ma carico di tensione. Lui la lasciò andare. Forzarla a parlare sarebbe stato anche più deleterio. Si maledisse mentalmente per aver voluto di più. Stavano così bene. Così maledettamente bene che gli era sembrato perfetto desiderare di impegnarsi di più. Non erano due adolescenti, erano un uomo ed una donna adulti che si amavano. Che cosa c’era di male nel volere un impegno?
Deglutì e con un sospiro profondo inspirò più aria che poté per sopperire alla mancanza di ossigeno. Poi afferrò le chiavi della macchina dal comò ed usci seguendo mentalmente la scia del profumo di lei.
Già la sua lei.
Kate Beckett non era mai stata una sfida semplice, ma era quello che gliela faceva amare anche di più. Lei lo amava e lo voleva per quello che era veramente, non lo cercava per la sua fama ed il suo denaro. Era donna vera che aveva sempre sognato. Con lei doveva aspettarsi che certe cose non avrebbero funzionato. Ma non si aspettava una reazione così negativa.
Il cellulare squillò e desiderò che fosse lei, ma il viso di Gina sullo schermo lo fece sbuffare.
“Ok arrivo, arrivo…” quasi urlò nel telefono chiudendo la telefonata senza aspettare una risposta.
 
Per le strade di New York scendeva una leggera pioggia. Umidità autunnale che si mescolava agli odori della città. Kate guidava senza badare al traffico persa in un unico pensiero.
“Castle ha preso un anello per me…” si disse per la centesima volta, spaventata a morte da quelle parole. Amava Castle con tutta se stessa, adorava il suo modo di stuzzicarla, di farla divertire, di giocare al gatto ed al topo per nascondere il propri sentimenti in pubblico. Ma un anello significava un impegno. Un anello significava che Rick era pronto a rendere pubblica la loro relazione. Odiava sapere che in giorni come questi lui sarebbe rimasto per ore in balia di donne che avrebbero fatto di tutto per portarselo a letto. Se la loro relazione fosse stata di dominio pubblico forse certe situazioni sarebbero scomparse. Forse… Sapeva bene che Rick era una buona preda per le donne del jet-set di New York. Sapeva anche aveva più volte dimostrato di resistere alle tentazioni, ma per quanto? Donne bellissime gli si gettavano addosso senza ritegno e lui le avrebbe allontanate sempre tutte? Respirò con forza sentendosi frustrata. Doveva per forza fare una scelta? Eppure lui non le aveva ancora chiesto nulla. Non era ancora convinto?
“ Oh mio dio…” mormorò prima che la vista si annebbiasse per le lacrime e riuscire fortunosamente ad accostare l’auto su bordo della strada. Pianse singhiozzando e maledicendo la propria paura per tutto quello che stava accadendo. Con gli uomini della sua vita quel giorno avrebbe significato un addio: avrebbe preso la porta e sarebbe scappata a gambe levate senza voltarsi indietro. Ma non con Castle. Lei non aveva mai amato nessuno come Castle. Non aveva mai amato nessuno veramente prima di incontrarlo. Aveva avuto uomini affascinanti, forti ed eccitanti che le davano l’illusione di avere sicurezza. Ma aveva sempre avuto il controllo su tutto e anche sui sentimenti. Con Castle non era così, non aveva il pieno controllo: non era solo il sesso, fantastico e incredibilmente appagante che viveva con lui, c’era molto di più.
Mai nessuno l’aveva fatta sentire così al sicuro e amata come Castle, l’uomo che tra tutti era il più strano, debole e infantile. Che tra tutti era quello che dava meno garanzie ma che era rimasto fino alla fine, facendosi male per lei. Aveva lottato a modo suo contro i suoi no, non con la forza bruta, no lui usava il cuore, viveva i sentimenti come nessuno sapeva fare, apertamente si buttava nelle passioni bruciando del fuoco che sapeva creare.
Lo aveva fatto con lei ogni giorno di quei quasi cinque anni ormai. Si era gettato a capofitto nella sua vita con lei. Una relazione-non relazione per quattro anni dove Castle aveva dimostrato cocciutaggine, cuore, forza e volontà più di tutti i suoi precedenti uomini.
Aveva atteso, si era straziato il cuore per lei e lo aveva fatto senza ricevere nulla in cambio. Solo dubbi e paure: le sue.  Si era fatto carico di tante cose, di bugie e orrori per difenderla e lei ora se ne stava lì a piangere spaventata come non mai sul volante della sua auto.
Spaventata a morte. Più che vedersi puntare una pistola alla testa. Lui era tutto ciò che voleva, ma aveva paura di quello che lui era nella sua totalità: un uomo dolce, passionale e protettivo, ma era anche il brillante romanziere con fama di donnaiolo. Cosa sarebbe successo alla sua vita se fosse diventata ufficialmente la compagna di Castle? Lei che non amava le attenzioni della stampa nemmeno per la soluzione dei casi più di spicco, figuriamoci essere additata come l’ultima conquista dello scrittore. Aveva bisogno di parlare con qualcuno. Aveva bisogno di un punto di vista differente.
Si asciugò gli occhi e mise la prima. Partì alla volta di una destinazione che non raggiungeva da mesi.
 
Due ore dopo Castle ciondolava la testa appoggiato al bancone del bar del salone del Renaissance hotel, dove si stava svolgendo il party a lui dedicato. Aveva fatto il bravo e accontentato Gina, comportandosi da vero gentiluomo e chiacchierando amabilmente con tutti, ma quella scatola quadrata che aveva nella giacca premeva ora come un macigno sul suo petto, rendendo maledettamente invitante ogni drink super alcolico che incrociava.
Voleva chiamarla, voleva sentirla vicino a se. Voleva le sue labbra sulle sue in quei baci fantastici che lei sapeva dargli. Voleva stringerla e baciarla per lunghi minuti prima di andare in apnea e allontanandosi dalle sue labbra per poi respirare forte tra i suoi capelli.
Voleva che quella sera finisse per tornare a casa, o almeno cercare i suoi occhi al distretto. Si sentiva soffocare e si rallegrò di non avere la cravatta. I suoi pensieri interrotti dal chiacchiericcio vezzoso di Amanda Lakers, ricca 50enne vedova e una delle sue più insistenti fan, nonché una delle più fastidiose donne da sopportare poiché quando alzava il gomito era senza remore. Castle era vittima delle avances più sfacciate che lei potesse fare. Si alzò dallo sgabello in cui era seduto per defilarsi velocemente oltre la finestra a vetri della terrazza, ma Gina fu lesta a bloccargli la strada. “Dove vai? Che ti succede sembri una tomba e qui tu devi essere l’attrazione!!“ Sibilò tra i denti mostrando un sorriso falso.
“Gina non è aria oggi ok? Ho bisogno di stare solo…”
“Hai bevuto?” Chiese lei guardando il bicchiere di scotch che aveva in mano.
“Lo stretto necessario per sopportare te e… Amanda!” finì Castle stringendo i denti e imitando il sorriso poco onesto del suo editore.
La donna lo aveva raggiunto e gli aveva fatto scivolare la mano con noncuranza sul fondoschiena. Castle si irrigidì.
“Oh Richard, non mi dire che sei ancora ai ferri corti con la tua ex moglie, non si fa…” e gli fece l’occhiolino ondeggiando il capo.
“Sono solo problemi di lavoro, nulla di grave” rispose Gina con falsa allegria.
“Allora cara non ti dispiace se te lo rubo…” Aggiunse Amanda pendendo per il braccio il povero scrittore e trascinandolo verso un salottino.
Castle si volto verso Gina e mimò con la bocca “Questa ma le pagherai…” Gina rise e se andò ad intrattenere altri ospiti gongolante: a Rick stava bene aver a che fare con un egocentrismo pari al suo.
“Amanda io devo andare… “ obiettò debolmente Castle mentre la donna si sedeva sul divanetto cercando di trascinarlo con sé.
“Andare dove caro, non è un tuo party questo?” Chiese tra il sorpreso e lo scocciato.
Castle si allontanò di qualche passo. “C’è una persona con cui devo parlare. E’ importante. Mi puoi scusare?” si stirò la giacca e mise una mano sul taschino dove sentì la presenza dell’involucro solido.
La donna sbuffò sorniona. “Non puoi farlo domani? Sai, c’è sempre tempo per parlare…” disse allungando la mano nella sua direzione.
“No, non questa volta…” disse Castle con un sorriso triste. Non voleva passare una notte così tra i dubbi e le paure. Due ore gli erano sembrate già una vita.
“Mi dispiace Amanda. Ci vediamo presto!” disse allontanandosi dalla saletta e nascondendosi tra i tendoni. Doveva uscire senza farsi vedere da Gina o l’avrebbe di nuovo fermato.
Il sindaco Weldon lo vide e sorrise facendogli un cenno di saluto. Si avvicinò a lui stupito di quel comportamento.
“Bob!” esclamò Castle vedendolo avvicinarsi a lui. Il sindaco era la persona adatta a salvarlo da quella petulante situazione.
“Che fai, ti nascondi ad un tuo party? Ricky, se non ti conoscessi bene sarei propenso a pensare che sei impazzito del tutto…” rise di gusto facendogli cenno con il bicchiere di champagne.
“Portami fuori di qui vuoi?” replicò lo scrittore guardandosi attorno come un ladro.
Weldon si fece serio. “Qualcosa non va? “ replicò quindi teso.
“Ho una cosa molto importante da fare Bob, e Gina mi ha inchiodato qui. C’è Amanda Lakers di là, mezza sbronza che vuole approfittare di me ed io voglio solo andarmene. Ti chiedo troppo se ti faccio complice nella mia rocambolesca fuga dal mio party?”
“Per te questo ed altro!” il sindaco rise e ingoiò allegro l’ultimo sorso del suo champagne. “Dimmi almeno che è per una buona causa.”
“Ottima, non sai quanto lo sia.”
Weldon cominciò a camminare lentamente nascondendo col proprio corpo la presenza di Castle nella sala. Lo scrittore prese a camminare al suo fianco.
“Ottima come l’ampliamento della biblioteca comunale?”
“Oh scherzi? Ti ho già dato migliaia di dollari!”
“Un buon affare è sempre un buon affare!” esclamò Weldon sorridendo.
Castle sorrise sorpreso.
“E’ una donna vero Ricky?”
“La più importante della mia vita!  Dopo la mia bambina…” finì col dire seriamente Castle.
Sindaco e scrittore avevano raggiunto l’atrio dell’albergo quando Castle sospirò forte.
“Grazie davvero big boss!” disse stringendo la mano all’amico.
“Salutamela…”
“Chi?” chiese Castle sopreso.
“La tua musa”. Weldon sorrise.
“Come fai a…” l’uomo allungò la mano e lo zittì. “Non ti fai vedere in giro, vai al distretto… Non frequenti donne in pubblico. Sei innamorato! Eh Ricky?” Castle era rimasto con la bocca spalancata. Weldon scosse la testa. “Ho visto come la guardavi allora. Ma stai tranquillo. Ho un grosso debito con te, nessuno lo saprà. Non da me almeno”.
Castle sorrise grato. Fece per allontanarsi quando tornò sui suoi passi. “Prima ti devo chiedere una cosa importante…” gli disse infine indicandogli l’ascensore.
 
Quando Kate giunse a destinazione pensò a cosa dire una volta incontrato il suo interlocutore.
Non era facile parlare di problemi di cuore proprio con lui, ma non era di sesso che dovevano parlare, ma di una relazione seria. Non poteva essere più  imbarazzante dei discorsi sul sesso.
Suonò al campanello cercando di far tacere il rumore nella sua testa. Il suo respiro affannato tradiva comunque la sua ansia ed il suo stato d’animo. Suo padre l’avrebbe capito subito.
La posta si aprì lasciando intravedere un James Beckett piuttosto sorpreso.
“Katie, va tutto bene?” chiese, preoccupato, facendola entrare.
La donna sorrise triste. Gli occhi del padre le scrutarono il viso e lui capì che aveva pianto. “Volevo parlarti, volevo chiederti un consiglio…”
James sorrise. Raramente aveva avuto quel tipo di dialoghi con la figlia, doveva essere successo qualcosa di importante. Ma un pensiero spaventoso lo pervase. Sperò che la figlia non fosse di nuovo in pericolo.
“Che succede?” chiese, preoccupato, guidando la figlia in salotto e facendole segno di sedersi.
“Non è successo nulla di grave, stai tranquillo…” cercò di mediare Kate, davanti alla preoccupazione del padre.
“Qualcosa che però ti ha fatto piangere…” mormorò l’uomo porgendole un bicchiere di latte caldo e versandosene uno per sé.
“Senti, quando hai deciso che… si insomma che la mamma era la donna giusta per te?” chiese di colpo Kate facendo trasalire il padre. Il sorso di latte gli andò per traverso e prese a tossire.
Appena si calmò James si sistemò meglio sulla poltrona che aveva occupato.
Guardò la figlia intensamente e pensò che le lacrime che aveva versato fossero per un uomo.
“Parliamo di un uomo che conosco Katie?” lo sguardo di James  si fece serio.
“Forse…” replicò lei abbassando il capo.
“Perché io ne conosco solo uno veramente, e mi piace.” Replicò James.  Allontanò lo sguardo dalla figlia, rossa in volto per l’imbarazzo e pensò al passato a cui raramente tornava.
Quei giorni felici di lui e Johanna. Del loro amore e della loro storia.
“Mi chiedi come si fa a decidere se la persona che abbiamo accanto è quella giusta? Non lo si decide veramente a parole Katie. Lo si sente dentro in modo strano.”
“ Ma la mamma, come sapevi che tu e la mamma…”
“L’amavo con tutto me stesso. Lei era la mia amica, la mia compagna e mi capiva senza che parlassi. C’è stato un momento in cui ho avuto paura di tutto questo. Ma non volevo vivere senza…” disse malinconicamente. Era vero Non aveva vissuto più dopo la sua morte.
Tornò a guardare la figlia. “Lo ami?” Chiese infine.
“Sì, credo proprio di sì.”
“Stai bene con lui? Sei felice, ti arrabbi ma ti passa subito… Ti fa divertire?  Vi scontrate ma poi vi amate anche di più?” Chiese tutto d’un fiato, senza dubbi su chi fosse il destinatario dei sentimenti della figlia.
Kate annuì con il capo. “Cosa ti ha fatto?” chiese infine James. “Cosa ti ha fatto per farti piangere?”
“Nulla…” mormorò Kate sapendo che era vero. Rick non aveva fatto nulla. La sua paura aveva fatto tutto. James la guardò in attesa di spiegazioni.
Kate bevve un sorso del suo latte. “Ho trovato un anello nel suo armadio oggi.”
James si mosse sulla sedia. “Da quanto stai con lui?”
“Sono 7 mesi… noi non lo abbiamo detto a nessuno. Lo sanno solo sua madre e sua figlia. Scusa se…” James sorrise e scosse il capo. “Ti conosco tesoro, so che me l’avresti detto al momento giusto.” Si alzò e controllò il caminetto acceso cercando di raccogliere i pensieri.
“Pensi che non sia per te? L’anello intendo.”
“No, credo che sia per me.”
“Non ti ha chiesto nulla?”
“Non ancora”.
“E ti terrorizza l’idea che sia per te?” Chiese James sorpreso.
Kate annuì.
James sorrise. “Sei esattamente come me tesoro.”
“Papà lui è Richard Castle, se la nostra relazione diventa di dominio pubblico ho paura che tutto finisca. Ho paura che non sopporterei la stampa e tra di noi le cose potrebbero non funzionare più! E’ troppo presto…”
James sedette di nuovo.  Accarezzò il braccio della figlia cercando di farle coraggio.
“Parlatene insieme Katie. E’ un uomo che si è sposato due volte, lo so. Ha una figlia adulta ormai e che ha cresciuto solo. Nonostante quello che dicano su di lui, ho visto la sua preoccupazione per te. La sua disperazione… E’ un brav’uomo.”
“Appunto questo papà che mi spaventa. Si è sposato due volte con donne che non amava. Non voglio essere la terza…”
James rise. “Hai paura di quello che la gente pensa di te? Di quello che la gente può pensare di te se lo sposi?”
“Io non lo so, e poi non me l’ha nemmeno chiesto…”
“Appunto.”
Kate sbuffò sonoramente. Suo padre sapeva essere un osso duro.
“Non posso dirti se è l’uomo giusto o sbagliato, so solo che ho visto quanto tiene a te. Ho visto cosa può fare per te e questo mi piace.”
James sospirò guardando la figlia. “Famoso scrittore o meno ti è stato accanto per sette mesi all’insaputa della stampa, degli amici e del mondo intero. Ora lui ti ha comprato un anello e però non ti ha ancora chiesto nulla…”
Kate non sapeva più dove sarebbe andato a finire il discorso del padre. Si sentiva anche più confusa di prima.
“Forse anche lui ha paura di chiedertelo. Forse anche lui sa che potresti non essere pronta.”
“Credi?” chiese Kate con un tono sommesso. “Voleva parlare stasera ed io invece sono scappata…”
“Penso che Rick creda ancora nella famiglia. A modo suo Katie quell’uomo crede nel valore della famiglia... E ti ama.” La donna lo guardò con aria interrogativa.
“Se lo ami il resto verrà da sé ma dovete essere in due. Non pensare di essere sola.
Dovete parlarvi, chiarire cosa desiderate. Parlagli delle tue paure, altrimenti penserà ad un rifiuto. Poi sarà tutto più semplice.”
Kate sospirò sorpresa. Suo padre aveva sempre parlato poco. Che la incitasse ad aprirsi di più con Castle la sorprendeva.
“Ed io sarei come te papà?”
“Si era mamma che parlava per tutti e due…”
“Come Rick!”
“Vedi che ho ragione?” Risero entrambi.
“Resti per la notte?”
“No, vado a cercare il mio uomo…” disse Kate alzandosi lentamente.
James la seguì in direzione della porta. Ora i suoi occhi verdi erano più sereni.
“In bocca al lupo tesoro.” Si abbracciarono sull’ingresso.
Kate aprì la porta e si arrotolò la sciarpa per bene al collo. L’umidità era più forte a quell’ora della sera. “Perché pensavi già che si trattasse di lui?” disse all’improvviso tornando sui suoi passi. James aprì la bocca ma rimase in silenzio per qualche minuto.
“Onestamente ci speravo. Non lo sapevo ma ci speravo… Come dicevo, fama o meno lui mi piace.”
“Non ti sono mai piaciuti i miei fidanzati… come mai lui si?”
Kate vide ilarità nello sguardo del padre dopo molti anni. “Non ho mai visto nessuno guardarti così: non era solo attrazione fisica, lui ti guardava in modo diverso. E poi ho avuto modo di parlargli e mi è sembrato sinceramente preso da te. E dal tuo sguardo per lui, dai tuoi racconti trasparivano molte emozioni.”
“Papà mi hai visto con lui quante volte? Una?”
“Mi è bastata.” Kate annuì sorridendo. “Che occhio papà!”. Lo baciò sulla guancia e uscì dalla porta.
James pensò a come Richard Castle aveva cercato di fare scudo col proprio corpo alla figlia, quel maledetto giorno al cimitero. Lo rivide riverso sul corpo esanime della sua Kate disperato ed inerme mentre nel frastuono generale lui le dichiarava il suo amore per tenerla in vita. Si era reso conto di tutto, bloccato dal terrore osservando la scena come in una palla di vetro. Non ne aveva fatto parola con lei durante la sua riabilitazione, ma era felice che avesse lasciato quel Josh.  Lui non faceva per lei. Pensò a come sua figlia aveva finalmente superato un trauma grazie ad un uomo all’apparenza frivolo e superficiale, ma con un cuore grande e sentimenti sinceri. Ringraziò mentalmente quell’uomo che aveva portato di nuovo sua figlia al mondo, per riuscire ad amare e vivere non più come un’automa. Le pene d’amore erano parte della vita stessa. Se soffriva per amore, significava solo che amava. Amando viveva. Lei era viva e aveva di fronte una vita nuova.
 
 
Castle arrivò come una furia al distretto. Lo fecero entrare ma lei non c’era.
“Non è qui stasera, non è di turno” dichiarò l’agente Turner grattandosi la testa assonnato.
“Grazie. A presto” disse Castle riprendendo l’ascensore.
L’aveva chiamata al cellulare 10 volte ma suonava sempre a vuoto. Poi era diventato irraggiungibile e Castle sentì la disperazione farsi strada nel suo animo. Lei non lo voleva sentire. Le aveva mentito sul lavoro ed era scappata via. Poteva chiamare Lanie, ma per dirle cosa? Avrebbe solo fatto aumentare i sospetti che lei già aveva su di loro.
Rientrò a casa verso le 2 di notte dopo aver vagato per la città in cerca di risposte. Era solo riuscito a svuotare il serbatoio della ferrari e a incrementare le proprie paure.
“Non è pronta, non mi ama… non è pronta o non mi ama???””
Confuso e amareggiato rientrò a casa. Il loft era silenzioso e vuoto. Marta era negli Hamptons con amiche attrici. E lui era rimasto solo. Si sedette sul divano del salotto e strinse la testa tra le mani. Solo allora vide il cellulare di Kate posato sul tavolino da caffè davanti al divano. L’aveva scordato lì. Quindi non lo stava evitando. O almeno non evitava le sue chiamate. Il telefono era spento e la batteria esaurita.
In quel momento la porta si aprì di colpo e la vide entrare di corsa. Buttare la borsa e le chiavi della macchina sul tavolinetto dell’ingresso e voltarsi di scatto in direzione della loro camera da letto. Fu allora che lei lo vide. Gli occhi azzurri spaventati e seri che la fissavano imbambolati. Lei sorrise e lui fece altrettanto.
Si avvicinarono lentamente. “Kate io… “ accennò a dire lui ma lei non lo fece parlare. Si avventò sulle sue labbra buttandogli le braccia al collo e baciandolo come se fosse il suo ossigeno. Lui la strinse a sé, con forza, cingendole la vita.
Lei lasciò le sue labbra e sussurrò “scusa…” lui appoggiò la fronte su quella di lei. Strinse gli occhi per non piangere e poi mosse la testa dicendo di no. “Non devi scusarti” mormorò sulle sue labbra. Sentiva il suo corpo appoggiato al suo, caldo e docile. Sapeva che non stava più scappando. La prese in braccio e lei lo lasciò fare. La portò nella stanza da letto e la stese sotto di lui. Si svestirono lentamente baciandosi a lungo e accarezzando ogni centimetro della loro pelle. Fecero l’amore dolcemente, ma con rinnovata passione. A lungo rimasero l’uno nelle braccia dell’altra, l’uno nel corpo dell’altra come una cosa sola.
L’alba li sorprese ancora svegli. Lui accarezzava dolcemente la sua schiena mentre lei, distesa su di lui si faceva cullare da quel gesto.
“Ho paura Rick… “ mormorò. “Ho paura di quello che significa amarti davanti a tutto il mondo.”
Castle sospirò chiudendo gli occhi. “Se non ti ho chiesto ancora nulla Kate è perché so che non sei pronta.”  Rispose lui parlando con vice profonda. “Ma non dobbiamo per forza rendere la nostra relazione pubblica… anche se io ti faccio quella domanda…” Kate alzò la testa dal suo petto puntellandosi sui gomiti.
“Se io porto quell’anello in pubblico quante persone al distretto credi che non capiranno?!” Chiese lei stupita da quell’ovvietà che lui non riusciva ad afferrare.
“Puoi sempre portarlo in un altro modo” rispose lui serio. “Ma prima dimmi una cosa” disse alzandosi e mettendosi a sedere appoggiandosi ai cuscini sulla testiera del letto. La tirò a se, fecendola sedere su di lui. Il suo corpo caldo lo fece rabbrividire e lei doveva aver ricevuto la medesima scossa di adrenalina perché si strinse di più a lui.
“Tu vuoi prendere anche solo in considerazione qualcosa di più per noi, per il nostro futuro? Non dico ora nemmeno di scegliere quest’anno o quello dopo. Ma solo pensare che ci possa essere un futuro insieme?”
I suoi occhi blu erano maledettamente seri. Lo sguardo profondo, preoccupato ma pieno di quell’amore che avevano appena condiviso insieme, concedendosi senza limiti o remore.
Lei sorrise e annuì. “ Sì, anche se ne sono terrorizzata. Sono scappata perché ho avuto paura di affrontare questa domanda.” Castle le baciò la fronte accarezzandole di nuovo la schiena.
“So che sono un disastro e che sono pubblicamente una persona difficile da gestire. Ma non voglio essere per sempre il romanziere donnaiolo che la stampa dice di me.”
Kate sorrise. “Credevo ti piacesse essere considerato un sex symbol…”
“Si ma voglio essere molestato solo da te!” disse schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
“Perché ieri non hai gradito le avances delle tue fans?” chiese Kate con una punta di gelosia. Non avevano ancora parlato della serata, ma Kate valutò che Rick doveva essersene andato presto dalla festa se era rienttrato a casa prima del suo arrivo.
“No, ho pensato tutta la sera a te prima di trovare il sindaco Weldon e scappare dalla festa e dalle furie di Gina grazie a lui”. Risero entrambi della curiosa situazione.
“Ti saluta”. Aggiunse Castle.
“Anche mio padre…” replicò lei. Lui sorrise. Era davvero stata a trovare il padre. Per lui era una notizia straordinaria.
“Papà dice che devo raccontarti le mie paure…” aggiunse lei con tono più mesto. Lui la strinse forte a se. Aveva parlato di lui a suo padre e questo lo rendeva felice come non mai. Una manciata di ore prima aveva avuto paura di perderla ed ora era li di nuovo tra le sue braccia, avevano fatto l’amore ed era stato bellissimo. Si erano stretti l’una all’altro in modo così disperato che avevano finito per perdersi per ore. Ed ora lei gli stava dicendo che suo padre sapeva di loro e che avevano la sua benedizione. “Sono più che d’accordo con lui. Sono tutt’orecchi!” esclamò sorridendo Castle.
Lei lo guardò seria.
“Ho paura di uscire in pubblico. Voglio stare con te. Ma non sono ancora pronta per il pubblico.”
“L’ho capito. Non voglio fare nulla che tu non voglia Kate, ma odio fare serate come queste dove devo mentire… Non voglio vederti avere paura quando esco di casa per un party. Vorrei che tu fossi con me.”
“Lo so, ma non me la sento. Non ancora. Possiamo evitare ancora per un po’?
Castle annuì sorridendo. “Tutto quello che desideri. Voglio però parlare a Gina. Non uscirò in pubblico fingendomi single Kate.  Non più.”
Lei lo guardò preoccupata. “Gina non farà poi qualche colpo di testa? Non è che non mi fido di lei… si insomma detesto meno lei di Paula ma…” Castle rise e la baciò sul naso.
“Sono la sua gallina dalle uova d’oro. Minaccio di andarmene dalla casa editrice se non chiude il becco e fa come voglio io.”
“Credi di poterle tenere testa?”
“Ci ho già divorziato, non credo possa essere peggio di quello…”
“No me lo ricordare!” sottolineò con piccata ironia Kate.
“Già è stato un incubo.” La smorfia di Castle la fece ridere.
“E tu vorresti riprovarci con me?” Chiese infine.
Lui si fece serio. La strinse di nuovo a se. “Con te potrei rischiare tutto sì. All-In!”
Kate pensò che fosse dannatamente pazzo e bellissimo. Un uomo così pazzo da volerla sposare nonostante tutto, il suo brutto carattere, il suo lavoro assurdo, la sua vita impossibile.
“Sei pazzo” disse lei baciandolo avidamente.
“Sono scontato lo so, ma sono pazzo di te e non ho intenzione di guarire.” Rispose lui sulle sue labbra.
“Ho anche scoperto che possiamo farlo di nascosto…”
“Las Vegas?” mormorò lei scuotendo la testa per la sciocchezza.
“No, Sindaco Weldon…” replicò lui tornando a baciarla. Adorava il suo sapore. Dopo aver fatto l’amore la sua pelle aveva un profumo ed un sapore che non sapeva descrivere. Ci provava ma non trovava nulla di così buono. “Quando come e dove vogliamo”.
Lei lo strinse di nuovo persa tra le sue parole ed il calore dei suoi baci.
“Seriamente?”
“Sì. Me lo ha detto stasera. Dio, sei buonissima!” Aggiunse spostando le labbra sul suo collo.
“Tu…” cominciò a dire ma Rick le passò la lingua sul lobo dell’orecchio e lei perse la facoltà di parlare.
“Weldon terrà il nostro segreto. Ci deve un favore grande non ricordi?” sussurrò al suo orecchio.
“Potremmo provare a… fare partecipe i nostri amici di noi…” Abbozzò lei cercando coraggio. Castle sorrise di nuovo, raggiante. “Un poco alla volta…” aggiunse titubante. “Sai per il distretto noi non possiamo stare insieme.”
“Vedrai, se chiediamo a Espo e Ryan di restare muti lo faranno... dovrò prestargli spesso la mia ferrari ma lo faranno!!” Kate rise sonoramente, una risata liberatoria e giocosa.
“Gliela dovrai quasi regalare… ma minaccerò di fargli sistemare l’archivio per mesi se non resteranno muti.”  Castle le prese il viso tra le mani e la baciò di nuovo con passione. Poi la fece scivolare lentamente accanto a se alzandosi.
Lei ammirò il suo bel fondoschiena sodo, le sue spalle larghe e la schiena enorme che adorava stringere. Castle era molto sexy. Non era magro, né palestrato, ma aveva un corpo naturalmente bello. E adorava che fosse morbido abbastanza per addormentarsi su di lui dopo aver fatto l’amore. Adorava aggrapparsi a quelle spalle larghe quando il piacere che le procurava arrivava all’apice. Non poteva cadere con spalle così grandi e braccia così forti. Lui rovistò nei vestiti sparsi per terra e tornò sdraiarsi accanto a lei nel letto, non senza uno sguardo compiaciuto dopo aver incontrato i suoi occhi che avidamente lo stavano osservando.
“Ti piace ciò che vedi detective… “ sorrise ammiccando.
“A te no?” replicò lei mentre la mano di Castle scivolava dolcemente sulla sua spalla fino al seno. “Direi che sono davvero colpito” disse, chinandosi poi a baciarle un capezzolo e solleticandolo con la lingua.
Lei sospirò gemendo per i brividi che quel gesto gli aveva procurato. Castle sorrise mentre gli lasciava una scia di baci fino al collo. Poi le allontanò la mano che lei teneva sul suo petto e la fece appoggiare aperta alla sua. Tra le due mani sentì la presenza di qualcosa di freddo e Kate si mosse abbassando lo sguardo verso la sua mano.
“Kate Beckett, vuoi prendere in considerazione la possibilità che in futuro, quando sarai pronta per farlo, io possa essere molto fortunato tanto da diventare tuo marito?”
Kate tornò a guardare gli occhi di Castle. Erano di un blu perfetto e fermo. Rimase alcuni secondi senza fiato a quello sguardo. Come poteva essere così perfetto persino in quella situazione così assurda che lei gli aveva creato? Era lì e gli chiedeva di essere suo marito. Non stava chiedendo a lei di essere la sua terza moglie, lui stava chiedendo di diventare per lei il suo unico marito.
“Sì” sussurrò lei stringendo la mano dell’uomo nel cui palmo era contenuto l’anello. Lo voleva davvero quell’uomo. Lo voleva con tutta l’anima. E non perché avevano appena fatto l’amore, ma perché lo desiderava accanto per sempre. Desiderava quello sguardo su di se, quelle carezze, quei baci per sempre. Suo padre aveva ragione. Lo poteva sentire in tutto il corpo quel desiderio. Lo aveva temuto e lo aveva allontanato ma adesso che lo lasciava uscire lei lo trovò straordinariamente gratificante. Era il suo amore per Castle.
Lui la baciò dolcemente. Un bacio morbido e profondo allo stesso tempo. Sentì le sue mani muoversi e infilargli all’anulare l’oggetto che aveva reso quella sua serata un incubo, aveva riempito la sua nottata di passione pura ed ora prometteva un futuro radioso.
“Grazie… “ sussurrò lui sulle sue labbra.
Poi liberò di nuovo le mani e le fece scivolare sul suo collo. Qualcosa di freddo si posò sul suo petto e Castle armeggiò con la chiusura prima di far scivolare le mani di nuovo sulle sue spalle.
“Così puoi portarlo senza mostrarlo a tutti” disse piano. Lei abbassò lo sguardo e vide la piccola catena di platino su cui spiccava un elaborato gancio ad anello.
Kate alzò la mano ed osservò infine l’anello che lui le aveva messo al dito. Diamanti incastonati su platino. Semplice ma bellissimo. Capì il funzionamento delle due parti. Se unito al gancio sulla catenina l’anello diventava un pendente.
Lui aveva già pensato a tutto. Aveva già anticipato la sua paura e aveva fatto in modo di assecondare il suo desiderio ancora prima che lei glielo dicesse. Come faceva?
Sul bordo esterno dell’anello, vi era un’incisione con la scritta “Always”.
Kate sorrise e tornò a baciare il suo uomo. “Per sempre sì…” mormorò sprofondando di nuovo nelle sue braccia. 

  
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