One More Night
Sapeva
che al suono della terza campanella si sarebbero spente le luci,
perciò affrettò il passo e salì a due
a due i gradini per andare a cercare il posto a lei assegnato: 26Z.
Riuscì a trovarlo appena in tempo e si sedette sbuffando.
“Ottimi posti per la sorella della protagonista,”
pensò, sfogliando il programma del balletto. Si
rilassò sulla poltrona e aspettò che si aprisse
il sipario; non era mai stata appassionata di danza classica
ma sua sorella maggiore, Maria, l'aveva supplicata in tutte le lingue
del mondo, le aveva anche detto che l'avrebbe pagata se fosse stato
necessario: era la prima volta che aveva il ruolo di prima
ballerina e interpretare Giulietta era il suo sogno fin da piccolina.
Perciò aveva deciso di accontentare Maria, pur non facendosi
pagare.
-
Romeo e Giulietta, eh?
La
voce alla sua destra attirò l'attenzione della
ragazza e quando si voltò per soddisfarla rimase
sconvolta: non aveva mai visto così tanta bellezza
concentrata in un'unica persona; non dal
vivo almeno.
Quel
ragazzo sembrava venuto fuori da una rivista di moda, era bello da
far paura: i suoi capelli neri erano in perfetta sintonia con la
barba incolta, gli occhi castani e vivaci richiamavano il sorriso
sulle labbra perfette e non troppo sottili.
- Così hanno
detto, – Gli sorrise e lui
ricambiò; avrebbe voluto
parlargli ancora, sentire storie sulla sua
vita, perché quegli
occhi l'avevano incuriosita; come in un film o in un libro si era
trovata a fantasticare su uno sconosciuto, a immaginare situazioni
incredibili e a un tratto non riusciva a smettere di pensare ad
altro.
-
Sai quanto
dura?
Non
rispose, ma senza smettere di guardarlo
negò; sperò solo
che durasse tutta la notte perché non voleva allontanarsi.
Le sembrò
strana quella sensazione soprattutto perché non l'aveva mai
provata
prima: era attratta da quell'uomo e non riusciva neanche a spiegarsi
il motivo.
-
Tu sei qui
per?
-
Mia sorella:
è Giulietta. Mi ha costretta a venire perché sa
che a me non
piacciono la danza e il teatro.
Fermò la
lingua prima di raccontargli il resto della sua vita, aveva parlato
senza freni e senza pensare, come se lo conoscesse da
sempre.
-
Ti capisco. Romeo è mio fratello, è la prima
volta che balla in
Italia e volevo vederlo.
- Tuo fratello è quel ballerino che si è
esibito in Europa e che mia sorella ha elogiato per un anno
intero?
Rise e lei rimase affascinata da quel suono. – Sì
è lui, sono famoso anche io?
Negò ancora e lo spettacolo
iniziò, ponendo fine a quel simpatico scambio di
battute. Fu
quando i due protagonisti ballarono con delle
maschere durante quella
che doveva essere la festa in casa Capuleti che lui, il ragazzo
più
bello che lei avesse mai visto e che le sedeva accanto, si
avvicinò,
ponendole la mano: si stava presentando.
- Jervis, scusa per non
essermi presentato prima.
- Alice.
Gli occhi della ragazza si
alternavano tra lui e la mano e decisa gliela strinse: un brivido la
colse all'improvviso, una scarica elettrica; forse era dovuta alla
suola delle scarpe in contatto con il pavimento, le capitava
spesso, ma in quel momento le sembrò una
coincidenza troppo
strana.
- Tua sorella è brava.
- Grazie.
- Volete stare
zitti voi due!
Un anziano signore si voltò a rimproverarli e in
quel momento smisero di parlare per concentrarsi sul balletto. In
realtà Jervis avrebbe voluto parlarle ancora, sapere il suo
cognome,
la sua età e, perché no, anche il suo
numero di telefono.
Avrebbe voluto chiederle di uscire da teatro per andare a bere
qualcosa di caldo; voleva stare con lei, non smettere di guardare in
quei suoi occhi profondi e incredibilmente neri, vederla sorridere e
sentire il suono soave della sua voce.
Era possibile provare
attrazione e una così profonda curiosità per una
sconosciuta?
Alice sospirò nel vedere sua sorella
danzare in quel modo: stringeva le pieghe dell'abito da sera
immaginando le parole di William Shakespeare, perché la
scena del
balcone la conosceva a memoria da quando, a scuola, l'aveva recitata
insieme allo sfigato della quinta C. Non aveva mai capito la scelta
di Giulietta, ma in fondo la reputava una giovane donna forte:
nessuno avrebbe mai trovato il coraggio di uccidersi per
amore.
Si
sentì osservata e privata di un po' di intimità:
Jervis aveva gli
occhi puntati su di lei e sembrava curioso, come se stesse cercando
di capire i suoi pensieri; gli sorrise gentile e lui
ricambiò.
-
Ti andrebbe di...
- E insomma, un po' di silenzio.
Parlare
era impossibile, decise che avrebbe aspettato fino alla pausa, quando
quel vecchio davanti si sarebbe alzato e loro avrebbero avuto un
attimo libero per restare soli.
Il
sipario si chiuse e Alice andò in bagno, doveva fare
pipì e voleva
andare prima di trovare una fila chilometrica; per fortuna era ancora
vuoto.
Quando uscì trovò Jervis seduto sul muretto di
fronte la porta. Sembrava stesse aspettando proprio lei e lo
capì
dal sorriso che le regalò; sotto la luce gialla del
corridoio del
teatro, poté notare quanto fosse bello e
alto.
- Ti va
di bere qualcosa?
La sua domanda fu improvvisa e
inaspettata, ma Alice non poteva accettare anche se avrebbe
davvero voluto fuggire via e rifugiarsi nel pub in fondo alla strada,
scolare una o due birre e divertirsi insieme al suo nuovo
amico.
-
Mi dispiace, ma ho promesso a mia sorella che sarei
rimasta.
L'abito da sera di seta beige risplendeva sotto quelle
luci particolari e fasciava il suo corpo in modo
perfetto, rendendola
ancora più bella agli occhi di Jervis che la guardava
famelico e
dispiaciuto.
- Non preoccuparti, sarà per la prossima volta.
-
Vai via?
- Sì, Romeo e Giulietta non fa per me; non questa
versione almeno.
Avrebbe voluto andare via con lui, seguirlo
ovunque, anche in luoghi misteriosi e mai visti prima
perché
solo in quel modo lo avrebbe conosciuto davvero. Invece lo
salutò con la mano e tornò in sala.
Jervis
la osservò andare via, mentre si muoveva su quei tacchi alti
e
dentro quell'abito lungo e aderente; sicuramente non doveva
indossarli spesso, ma era bella uguale, sinuosa, elegante e sensuale.
I capelli un po' mossi le ricadevano sulle spalle e si intravedeva un
tatuaggio sull'avambraccio. Avrebbe voluto fermarla o tornare in sala
con lei ma il ricordo di quella strana sensazione che aveva provato
stringendole la mano lo aveva bloccato: in realtà aveva
avuto paura,
per lui era tutto nuovo e non sapeva come comportarsi.
Alice
aspettò sua sorella in camerino; era stata bravissima e il
pubblico
non aveva smesso di applaudire, perciò era tornata sul palco
per
prendersi tutti gli applausi mentre lei si era seduta sul divanetto
in attesa della grande star. Per tutta la durata del secondo atto non
aveva fatto altro che pensare a Jervis: ai suoi occhi, le labbra, i
capelli spettinati, la barbetta e quel piercing sopra il labbro
piccolo ma abbastanza visibile da farle desiderare di
baciarlo.
Sospirò stanca proprio quando sua sorella entrò
in stanza.
- Come è andata? Ti è piaciuto? Ero abbastanza
Giulietta?
- Beh sì, sei morta bene.- Si abbracciarono e
Maria si complimentò per l'eleganza della sorella
minore: non
l'aveva mai vista così bella e così elegante,
appunto. Indossava
sempre sneakers, jeans e felpe ed era strano, quindi,
vederle un abito lungo e dei tacchi.
- Andiamo a mangiare
qualcosa? Sto morendo di fame.
- Ho incontrato un ragazzo.
Maria
la guardò sconvolta – Ma sicura di avermi vista?
Una cosa che
Alice odiava era non essere creduta, sua sorella aveva questa brutta
abitudine – Certo, malfidente! Era in sala, seduto accanto a
me e,
a proposito, ero in ultima fila!
Tentò di cambiare discorso e
odorò le rose rosse dentro il vaso sulla
specchiera: erano
tante e belle e in quel momento desiderò essere al centro
dell'attenzione anche lei.
- Mi racconti di questo ragazzo o devo
leggerti nel pensiero?
Le disse di quanto fosse bello e simpatico,
di come si fosse presentato prima che iniziasse lo spettacolo e della
scarica elettrica che aveva avuto nello stringergli la mano; Maria
l'ascoltava attenta mentre si cambiava, aspettò che la
sorella
finisse per esprimere il proprio parere.
- Hai rinunciato alla
possibilità di trascorrere una serata con lui solo per
mantenere la
tua promessa?
- Sì.
Le rispose afflitta e si lasciò
cadere sul divanetto di camoscio rosso: era stata una stupida e aveva
perso l'occasione più grande della sua vita.
- Io ti ringrazio
Cici, ma del detto Carpe
Diem cosa
non ti è
chiaro? Accidenti poteva essere l'uomo della tua vita e tu l'hai
lasciato andare.
- In realtà c'è un modo per contattarlo
–
Quel sussurro in quel momento le sembrò un urlo. - E' il
fratello
del tuo Romeo.
Gli occhi di Maria si ingrandirono per lo
stupore e non ci impiegò un attimo a finire di vestirsi per
uscire
dal suo camerino. Alice la guardò preoccupata e la
seguì
incerta e la vide bussare a una porta. Solo quando
comparve
un ragazzo moro e dal fisico perfetto capì il piano della
sorella:
voleva rintracciare Jervis.
- Alice, ti presento Gordon
McGuire uno dei più grandi ballerini di tutto il mondo
nonché il
fratello del tuo principe azzurro.
Maria era abituata a
stare nuda di fronte a molte persone, non era un tipo timido e
pensava che tutti fossero come lei.Alice era il suo contrario: non
amava essere al centro dell'attenzione e le bastava
avere
più di un occhio puntato su di sé per arrossire e
smettere di
respirare.
-
Io,
cioè, lui... Piacere! - Si strinsero la mano e Gordon le
sorrise
curioso. - Non volevo disturbarti solo che mia sorella è
così
impicciona e ha pensato di...
-
Non preoccuparti, sarò lieto di aiutarti.
Alice
ringraziò nella mente la sorella per la sua intraprendenza e
schiettezza mentre parlava senza filtri con Gordon: gli chiese
qualsiasi cosa riguardante il fratello mentre lei cercava di fingersi
disinteressata; scoprì che abitava in una villetta in
periferia con
i suoi quattro cani e con Alex, suo figlio.
Quella
notizia la sconvolse ma non perse la voglia di conoscerlo, aveva
quella scintilla dentro che aumentava sempre di più ogni
volta che
lo pensava o immaginava il suo viso. Credette di essere pazza
e
un po' stupida per aver perso la testa, e forse anche
la
dignità, per uno sconosciuto, ma sua sorella aveva
ragione:
doveva cogliere l'attimo, correre a conoscere Jervis e dirgli cosa
aveva provato in quegli attimi.
Quando
si svegliò la mattina dopo, l'ansia le strinse lo
stomaco
talmente tanto da farle passare la fame; doveva andare fino a casa di
Jervis, a un tratto non le sembrò più una buona
idea incontrarlo e
conoscerlo ufficialmente.
La
neve peggiorò la situazione. Alice sentì il cuore
rompersi in mille
pezzi e la speranza volare via come foglie al vento: quello era il
destino che la stava avvertendo o cos'altro?
-
Ha nevicato, Maria, e non vuole smettere. In tv hanno
detto
di non uscire: come cavolo faccio!
La
risata di sua sorella dall'altro capo del telefono la
innervosì,
avrebbe dovuto tirarla su di morale o incoraggiarla.
-
Cici sei una fifona e le tue sono tutte scuse: metti qualcosa e vai
subito da quel ragazzo prima che venga a prenderti a pugni.
-
Tanto non puoi – Piagnucolò – La neve
avrà bloccato la tua
porta e io voglio andare da lui, incontrarlo, baciarlo e sono una
scema!
Riattaccò
perché
aveva finalmente trovato il coraggio, corse in camera a vestirsi e
dopo aver indossato un enorme giubbino color blu elettrico imbottito
di piuma d'oca, uscì di casa di corsa, agitata e
infreddolita.
La
neve non smetteva di scendere, copriva strade e marciapiedi, era
più
alta del previsto, ma questo non la demoralizzò: un
passo dopo
l'altro riuscì a percorrere il vialetto di casa e arrivare
nella via
principale. Avrebbe dovuto mettere le catene alle ruote dell'auto e
guidare fino a destinazione; troppo tardi si accorse che quella mossa
sarebbe stata inutile, ma per fortuna le venne in
mente
Victor, il suo strambo vicino di casa.
-
Vuoi che ti presti la mia motoslitta? - Victor se ne stava in
pantaloncini e a petto nudo sulla soglia della porta, con la carta
argentata in testa perché stava facendo le mèches
ai capelli biondo
paglia; la guardava ferito nell'orgoglio perché Violet era
la sua
bimba e mai l'avrebbe ceduta a qualcuno.
Alice
lo supplicò con le lacrime agli occhi per il freddo. Se
fosse stata
ancora ferma con i piedi nella neve sarebbe diventata una statua di
ghiaccio o un pupazzo di neve, come Le Tont ne La
Bella e la Bestia.
- Ti
do tutto quello che vuoi, ti prego è importante.
-
D'accordo, ma se la graffi o le succede qualcosa, ti uccido.
-
Grazie, grazie. Grazie!
Lo
ringraziò a distanza, aveva paura ad avvicinarsi, credeva
che
toccandolo o respirando la sua stessa aria potesse diventare stramba
come lui.
Aspettò
che le
aprisse il garage e zompettò verso la motoslitta. Non ne
aveva mai
guidata una e non aveva idea di come si facesse. Aveva paura di
schiantarsi contro qualcosa, soprattutto perché
l'unica volta
che aveva guidato un mezzo a due ruote era stato a sedici anni ed era
finita male: era caduta dopo qualche minuto e si era rotta gamba e
braccio. Questa volta aveva una motivazione
valida, perciò guidò
concentrata per tutto il tempo; aveva le mani rosse per il freddo, le
guance arrossate e gli occhi lucidi, batteva i denti e sperava di
arrivare in tempo prima del suo congelamento.
Riuscì
ad arrivare sana e salva, oltre che soddisfatta per non aver
distrutto la moto di Victor; le tremavano le gambe e il cuore le
batteva talmente forte che temette potesse uscire dal petto.
Davanti
al grande cancello grigio tentennò per qualche minuto,
improvvisamente aveva perso la forza di volontà che l'aveva
spinta
fino a lì.
Suonò il campanello e solo in quel
momento si
accorse quanto la sua mano tremasse: doveva rimanere calma e
mantenere la sicurezza che aveva avuto fin da quando lo aveva
conosciuto; l'aveva attratta, c'era qualcosa di lui che le piaceva
davvero e aveva sul serio intenzione di conoscerlo, non avrebbe
quindi rovinato tutto per una stupida paura di non sentirsi
abbastanza o per la sua solita timidezza.
Il
cancello si spalancò e il suo cuore raddoppiò i
battiti; dovette
poggiare le mani sul petto per calmarlo, il respiro era irregolare e
se non si fosse calmata avrebbe avuto un vero e proprio attacco di
panico. Lo vide da lontano: indossava dei jeans scuri e un giubbotto
chiaro, i cani di cui aveva parlato Gordon gli correvano accanto e
scodinzolavano felici.
-
Alex, resta in casa; posso aiutarti?
Jervis
non aveva capito chi fosse al di là del cancello, in fondo
lei era
troppo coperta e troppo diversa dalla sera precedente per farsi
riconoscere. Avrebbe dovuto pensarci prima e avvertirlo in qualche
modo: ecco che si sentì stupida e
desiderò scomparire proprio
in quel momento in cui lui le si avvicinò e la riconobbe. Le
sorrise
sorpreso e molto felice.
-
Ciao, io sono Alice, non so se ricordi.
-
Alice! Mi ricordo benissimo, come mi hai trovato?
-
Mi dispiace non dovevo, lo so. Mi dispiace, è stata mia
sorella a
chiedere a tuo fratello e io ho guidato quella motoslitta per non so
quanto tempo – Gesticolava e parlava troppo veloce, lo faceva
solo
quando era nervosa e si sentiva a disagio ma lui era dolce, carino e
stava sorridendo; lei non aveva nessuna ragione per sentirsi in quel
modo. - Mi dispiace davvero, avrei dovuto chiamarti prima, forse;
perché magari sei impegnato. Sono una stupida e me ne vado.
-
Ho preparato una cioccolata calda per mio figlio, ne vuoi un
po'?
Il
sorriso che le regalò e il modo dolce in
cui la guardò la
fecero rilassare. Prese un sospiro profondo e accettò
l'invito di
Jervis, si incamminò lungo quel viale insieme a lui e
accanto a lui.
********
Buonasera.
Per
chi non mi conosce sono Alessia per chi invece è
così pazzo da
perseverare “Ehilà, come vi butta?” (Non
fateci caso: è colpa
della tarda ora!)
Dunque
questa è una breve OS romanticosa e
fluffosa nata da un mio sogno; in quel caso la protagonista ero io ed
era notte ma non potevo scriverla per filo e per segno
perciò
cambiare qualcosa o sarebbe stata ancora più surreale.
So
che è
impossibile provare una tale attrazione (o
“innamorarsi” in
questo modo) per uno sconosciuto/a e so anche che è
impossibile
guidare una motoslitta in centro città, di giorno, mentre
nevica. E'
una storia, accettate quello che narro, please.
Spero
che abbiate
amato Jervis e Alice come li ho amati io, che abbiate provato almeno
un po' delle loro emozioni e sensazioni o anche le paure e le ansie
di Alice; se lo avete fatto sono contenta perché significa
che il
cibo e il mal di pancia di ieri è servito a qualcosa.
Grazie,
come sempre a Elle
che con i suoi suggerimenti rosa mi spinge a scrivere e
migliorare e grazie per aver fatto quel meraviglioso banner che vedete a inizio pagina. AMATELO E AMATELA.
Grazie
a Roberta per
aver sostenuto questa pazzia e per aver amato Jervis insieme
a me ancora prima di crearlo.
Grazie
a tutti voi per aver
letto.
Per
qualsiasi cosa potete lamentarvi, conoscermi o
“picchiarmi” qui: facebook.
Adios
amigos.
"Shippo me stessa con le scarpe, è stato bello, andate in pace"