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Autore: thecarnival    14/10/2012    3 recensioni
Come in un sogno, i due protagonisti, si sono incontrati e si sono piaciuti.
DAL TESTO: Avrebbe voluto chiederle di uscire da teatro per andare a bere qualcosa di caldo; voleva stare con lei, non smettere di guardare in quei suoi occhi profondi e incredibilmente neri, vederla sorridere e sentire il suono soave della sua voce.
Era possibile provare attrazione e una così profonda curiosità per una sconosciuta? 
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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One More Night




Sapeva che al suono della terza campanella si sarebbero spente le luci, perciò affrettò il passo e salì a due a due i gradini per andare a cercare il posto a lei assegnato: 26Z. Riuscì a trovarlo appena in tempo e si sedette sbuffando. “Ottimi posti per la sorella della protagonista,” pensò, sfogliando il programma del balletto. Si rilassò sulla poltrona e aspettò che si aprisse il sipario; non era mai stata appassionata di danza classica ma sua sorella maggiore, Maria, l'aveva supplicata in tutte le lingue del mondo, le aveva anche detto che l'avrebbe pagata se fosse stato necessario: era la prima volta che aveva il ruolo di prima ballerina e interpretare Giulietta era il suo sogno fin da piccolina. Perciò aveva deciso di accontentare Maria, pur non facendosi pagare. 
- Romeo e Giulietta, eh? 
La voce alla sua destra attirò l'attenzione della ragazza e quando si voltò per soddisfarla rimase sconvolta: non aveva mai visto così tanta bellezza concentrata in un'unica persona; non dal vivo almeno.

Quel ragazzo sembrava venuto fuori da una rivista di moda, era bello da far paura: i suoi capelli neri erano in perfetta sintonia con la barba incolta, gli occhi castani e vivaci richiamavano il sorriso sulle labbra perfette e non troppo sottili. 
- Così hanno detto, – Gli sorrise e lui ricambiò; avrebbe voluto parlargli ancora, sentire storie sulla sua vita, perché quegli occhi l'avevano incuriosita; come in un film o in un libro si era trovata a fantasticare su uno sconosciuto, a immaginare situazioni incredibili e a un tratto non riusciva a smettere di pensare ad altro. 

- Sai quanto dura? 
Non rispose, ma senza smettere di guardarlo negò; sperò solo che durasse tutta la notte perché non voleva allontanarsi. Le sembrò strana quella sensazione soprattutto perché non l'aveva mai provata prima: era attratta da quell'uomo e non riusciva neanche a spiegarsi il motivo.
- Tu sei qui per? 
- Mia sorella: è Giulietta. Mi ha costretta a venire perché sa che a me non piacciono la danza e il teatro.
Fermò la lingua prima di raccontargli il resto della sua vita, aveva parlato senza freni e senza pensare, come se lo conoscesse da sempre. 
- Ti capisco. Romeo è mio fratello, è la prima volta che balla in Italia e volevo vederlo.
- Tuo fratello è quel ballerino che si è esibito in Europa e che mia sorella ha elogiato per un anno intero? 
Rise e lei rimase affascinata da quel suono. – Sì è lui, sono famoso anche io? 
Negò ancora e lo spettacolo iniziò, ponendo fine a quel simpatico scambio di battute. Fu quando i due protagonisti ballarono con delle maschere durante quella che doveva essere la festa in casa Capuleti che lui, il ragazzo più bello che lei avesse mai visto e che le sedeva accanto, si avvicinò, ponendole la mano: si stava presentando.
- Jervis, scusa per non essermi presentato prima.
- Alice.
Gli occhi della ragazza si alternavano tra lui e la mano e decisa gliela strinse: un brivido la colse all'improvviso, una scarica elettrica; forse era dovuta alla suola delle scarpe in contatto con il pavimento, le capitava spesso, ma in quel momento le sembrò una coincidenza troppo strana.
- Tua sorella è brava.
- Grazie.
- Volete stare zitti voi due!
Un anziano signore si voltò a rimproverarli e in quel momento smisero di parlare per concentrarsi sul balletto. In realtà Jervis avrebbe voluto parlarle ancora, sapere il suo cognome, la sua età e, perché no, anche il suo numero di telefono. Avrebbe voluto chiederle di uscire da teatro per andare a bere qualcosa di caldo; voleva stare con lei, non smettere di guardare in quei suoi occhi profondi e incredibilmente neri, vederla sorridere e sentire il suono soave della sua voce.
Era possibile provare attrazione e una così profonda curiosità per una sconosciuta? 

Alice sospirò nel vedere sua sorella danzare in quel modo: stringeva le pieghe dell'abito da sera immaginando le parole di William Shakespeare, perché la scena del balcone la conosceva a memoria da quando, a scuola, l'aveva recitata insieme allo sfigato della quinta C. Non aveva mai capito la scelta di Giulietta, ma in fondo la reputava una giovane donna forte: nessuno avrebbe mai trovato il coraggio di uccidersi per amore. 
Si sentì osservata e privata di un po' di intimità: Jervis aveva gli occhi puntati su di lei e sembrava curioso, come se stesse cercando di capire i suoi pensieri; gli sorrise gentile e lui ricambiò.
- Ti andrebbe di...
- E insomma, un po' di silenzio. 
Parlare era impossibile, decise che avrebbe aspettato fino alla pausa, quando quel vecchio davanti si sarebbe alzato e loro avrebbero avuto un attimo libero per restare soli. 


Il sipario si chiuse e Alice andò in bagno, doveva fare pipì e voleva andare prima di trovare una fila chilometrica; per fortuna era ancora vuoto. 
Quando uscì trovò Jervis seduto sul muretto di fronte la porta. Sembrava stesse aspettando proprio lei e lo capì dal sorriso che le regalò; sotto la luce gialla del corridoio del teatro, poté notare quanto fosse bello e alto. 
- Ti va di bere qualcosa? 
La sua domanda fu improvvisa e inaspettata, ma Alice non poteva accettare anche se avrebbe davvero voluto fuggire via e rifugiarsi nel pub in fondo alla strada, scolare una o due birre e divertirsi insieme al suo nuovo amico. 
- Mi dispiace, ma ho promesso a mia sorella che sarei rimasta.
L'abito da sera di seta beige risplendeva sotto quelle luci particolari e fasciava il suo corpo in modo perfetto, rendendola ancora più bella agli occhi di Jervis che la guardava famelico e dispiaciuto.
- Non preoccuparti, sarà per la prossima volta.
- Vai via? 
- Sì, Romeo e Giulietta non fa per me; non questa versione almeno.
Avrebbe voluto andare via con lui, seguirlo ovunque, anche in luoghi misteriosi e mai visti prima perché solo in quel modo lo avrebbe conosciuto davvero. Invece lo salutò con la mano e tornò in sala.

Jervis la osservò andare via, mentre si muoveva su quei tacchi alti e dentro quell'abito lungo e aderente; sicuramente non doveva indossarli spesso, ma era bella uguale, sinuosa, elegante e sensuale. I capelli un po' mossi le ricadevano sulle spalle e si intravedeva un tatuaggio sull'avambraccio. Avrebbe voluto fermarla o tornare in sala con lei ma il ricordo di quella strana sensazione che aveva provato stringendole la mano lo aveva bloccato: in realtà aveva avuto paura, per lui era tutto nuovo e non sapeva come comportarsi. 

Alice aspettò sua sorella in camerino; era stata bravissima e il pubblico non aveva smesso di applaudire, perciò era tornata sul palco per prendersi tutti gli applausi mentre lei si era seduta sul divanetto in attesa della grande star. Per tutta la durata del secondo atto non aveva fatto altro che pensare a Jervis: ai suoi occhi, le labbra, i capelli spettinati, la barbetta e quel piercing sopra il labbro piccolo ma abbastanza visibile da farle desiderare di baciarlo. 
Sospirò stanca proprio quando sua sorella entrò in stanza.
- Come è andata? Ti è piaciuto? Ero abbastanza Giulietta? 
- Beh sì, sei morta bene.- Si abbracciarono e Maria si complimentò per l'eleganza della sorella minore: non l'aveva mai vista così bella e così elegante, appunto. Indossava sempre sneakers, jeans e felpe ed era strano, quindi, vederle un abito lungo e dei tacchi.
- Andiamo a mangiare qualcosa? Sto morendo di fame.
- Ho incontrato un ragazzo. 
Maria la guardò sconvolta – Ma sicura di avermi vista?
Una cosa che Alice odiava era non essere creduta, sua sorella aveva questa brutta abitudine – Certo, malfidente! Era in sala, seduto accanto a me e, a proposito, ero in ultima fila!
Tentò di cambiare discorso e odorò le rose rosse dentro il vaso sulla specchiera: erano tante e belle e in quel momento desiderò essere al centro dell'attenzione anche lei.
- Mi racconti di questo ragazzo o devo leggerti nel pensiero?
Le disse di quanto fosse bello e simpatico, di come si fosse presentato prima che iniziasse lo spettacolo e della scarica elettrica che aveva avuto nello stringergli la mano; Maria l'ascoltava attenta mentre si cambiava, aspettò che la sorella finisse per esprimere il proprio parere.
- Hai rinunciato alla possibilità di trascorrere una serata con lui solo per mantenere la tua promessa?
- Sì. 
Le rispose afflitta e si lasciò cadere sul divanetto di camoscio rosso: era stata una stupida e aveva perso l'occasione più grande della sua vita.
- Io ti ringrazio Cici, ma del detto 
Carpe Diem cosa non ti è chiaro? Accidenti poteva essere l'uomo della tua vita e tu l'hai lasciato andare.
- In realtà c'è un modo per contattarlo – Quel sussurro in quel momento le sembrò un urlo. - E' il fratello del tuo Romeo. 
Gli occhi di Maria si ingrandirono per lo stupore e non ci impiegò un attimo a finire di vestirsi per uscire dal suo camerino. Alice la guardò preoccupata e la seguì incerta e la vide bussare a una porta. Solo quando comparve un ragazzo moro e dal fisico perfetto capì il piano della sorella: voleva rintracciare Jervis. 
- Alice, ti presento Gordon McGuire uno dei più grandi ballerini di tutto il mondo nonché il fratello del tuo principe azzurro. 
Maria era abituata a stare nuda di fronte a molte persone, non era un tipo timido e pensava che tutti fossero come lei.Alice era il suo contrario: non amava essere al centro dell'attenzione e le bastava avere più di un occhio puntato su di sé per arrossire e smettere di respirare. 

- Io, cioè, lui... Piacere! - Si strinsero la mano e Gordon le sorrise curioso. - Non volevo disturbarti solo che mia sorella è così impicciona e ha pensato di...
- Non preoccuparti, sarò lieto di aiutarti. 
Alice ringraziò nella mente la sorella per la sua intraprendenza e schiettezza mentre parlava senza filtri con Gordon: gli chiese qualsiasi cosa riguardante il fratello mentre lei cercava di fingersi disinteressata; scoprì che abitava in una villetta in periferia con i suoi quattro cani e con Alex, suo figlio. 
Quella notizia la sconvolse ma non perse la voglia di conoscerlo, aveva quella scintilla dentro che aumentava sempre di più ogni volta che lo pensava o immaginava il suo viso. Credette di essere pazza e un po' stupida per aver perso la testa, e forse anche la dignità, per uno sconosciuto, ma sua sorella aveva ragione: doveva cogliere l'attimo, correre a conoscere Jervis e dirgli cosa aveva provato in quegli attimi.



Quando si svegliò la mattina dopo, l'ansia le strinse lo stomaco talmente tanto da farle passare la fame; doveva andare fino a casa di Jervis, a un tratto non le sembrò più una buona idea incontrarlo e conoscerlo ufficialmente. 
La neve peggiorò la situazione. Alice sentì il cuore rompersi in mille pezzi e la speranza volare via come foglie al vento: quello era il destino che la stava avvertendo o cos'altro? 
- Ha nevicato, Maria, e non vuole smettere. In tv hanno detto di non uscire: come cavolo faccio!
La risata di sua sorella dall'altro capo del telefono la innervosì, avrebbe dovuto tirarla su di morale o incoraggiarla.
- Cici sei una fifona e le tue sono tutte scuse: metti qualcosa e vai subito da quel ragazzo prima che venga a prenderti a pugni. 
- Tanto non puoi – Piagnucolò – La neve avrà bloccato la tua porta e io voglio andare da lui, incontrarlo, baciarlo e sono una scema!
Riattaccò perché aveva finalmente trovato il coraggio, corse in camera a vestirsi e dopo aver indossato un enorme giubbino color blu elettrico imbottito di piuma d'oca, uscì di casa di corsa, agitata e infreddolita.
La neve non smetteva di scendere, copriva strade e marciapiedi, era più alta del previsto, ma questo non la demoralizzò: un passo dopo l'altro riuscì a percorrere il vialetto di casa e arrivare nella via principale. Avrebbe dovuto mettere le catene alle ruote dell'auto e guidare fino a destinazione; troppo tardi si accorse che quella mossa sarebbe stata inutile, ma per fortuna le venne in mente Victor, il suo strambo vicino di casa.
- Vuoi che ti presti la mia motoslitta? - Victor se ne stava in pantaloncini e a petto nudo sulla soglia della porta, con la carta argentata in testa perché stava facendo le mèches ai capelli biondo paglia; la guardava ferito nell'orgoglio perché Violet era la sua bimba e mai l'avrebbe ceduta a qualcuno.
Alice lo supplicò con le lacrime agli occhi per il freddo. Se fosse stata ancora ferma con i piedi nella neve sarebbe diventata una statua di ghiaccio o un pupazzo di neve, come Le Tont ne La Bella e la Bestia. 
Ti do tutto quello che vuoi, ti prego è importante.
- D'accordo, ma se la graffi o le succede qualcosa, ti uccido.
- Grazie, grazie. Grazie!
Lo ringraziò a distanza, aveva paura ad avvicinarsi, credeva che toccandolo o respirando la sua stessa aria potesse diventare stramba come lui.
Aspettò che le aprisse il garage e zompettò verso la motoslitta. Non ne aveva mai guidata una e non aveva idea di come si facesse. Aveva paura di schiantarsi contro qualcosa, soprattutto perché l'unica volta che aveva guidato un mezzo a due ruote era stato a sedici anni ed era finita male: era caduta dopo qualche minuto e si era rotta gamba e braccio. Questa volta aveva una motivazione valida, perciò guidò concentrata per tutto il tempo; aveva le mani rosse per il freddo, le guance arrossate e gli occhi lucidi, batteva i denti e sperava di arrivare in tempo prima del suo congelamento.


Riuscì ad arrivare sana e salva, oltre che soddisfatta per non aver distrutto la moto di Victor; le tremavano le gambe e il cuore le batteva talmente forte che temette potesse uscire dal petto.
Davanti al grande cancello grigio tentennò per qualche minuto, improvvisamente aveva perso la forza di volontà che l'aveva spinta fino a lì.
Suonò il campanello e solo in quel momento si accorse quanto la sua mano tremasse: doveva rimanere calma e mantenere la sicurezza che aveva avuto fin da quando lo aveva conosciuto; l'aveva attratta, c'era qualcosa di lui che le piaceva davvero e aveva sul serio intenzione di conoscerlo, non avrebbe quindi rovinato tutto per una stupida paura di non sentirsi abbastanza o per la sua solita timidezza.

Il cancello si spalancò e il suo cuore raddoppiò i battiti; dovette poggiare le mani sul petto per calmarlo, il respiro era irregolare e se non si fosse calmata avrebbe avuto un vero e proprio attacco di panico. Lo vide da lontano: indossava dei jeans scuri e un giubbotto chiaro, i cani di cui aveva parlato Gordon gli correvano accanto e scodinzolavano felici.
- Alex, resta in casa; posso aiutarti? 
Jervis non aveva capito chi fosse al di là del cancello, in fondo lei era troppo coperta e troppo diversa dalla sera precedente per farsi riconoscere. Avrebbe dovuto pensarci prima e avvertirlo in qualche modo: ecco che si sentì stupida e desiderò scomparire proprio in quel momento in cui lui le si avvicinò e la riconobbe. Le sorrise sorpreso e molto felice.
- Ciao, io sono Alice, non so se ricordi.
- Alice! Mi ricordo benissimo, come mi hai trovato? 
- Mi dispiace non dovevo, lo so. Mi dispiace, è stata mia sorella a chiedere a tuo fratello e io ho guidato quella motoslitta per non so quanto tempo – Gesticolava e parlava troppo veloce, lo faceva solo quando era nervosa e si sentiva a disagio ma lui era dolce, carino e stava sorridendo; lei non aveva nessuna ragione per sentirsi in quel modo. - Mi dispiace davvero, avrei dovuto chiamarti prima, forse; perché magari sei impegnato. Sono una stupida e me ne vado.
- Ho preparato una cioccolata calda per mio figlio, ne vuoi un po'? 
Il sorriso che le regalò e il modo dolce in cui la guardò la fecero rilassare. Prese un sospiro profondo e accettò l'invito di Jervis, si incamminò lungo quel viale insieme a lui e accanto a lui.




********

Buonasera.
Per chi non mi conosce sono Alessia per chi invece è così pazzo da perseverare “Ehilà, come vi butta?” (Non fateci caso: è colpa della tarda ora!)
Dunque questa è una breve OS romanticosa e fluffosa nata da un mio sogno; in quel caso la protagonista ero io ed era notte ma non potevo scriverla per filo e per segno perciò cambiare qualcosa o sarebbe stata ancora più surreale.
So che è impossibile provare una tale attrazione (o “innamorarsi” in questo modo) per uno sconosciuto/a e so anche che è impossibile guidare una motoslitta in centro città, di giorno, mentre nevica. E' una storia, accettate quello che narro, please.
Spero che abbiate amato Jervis e Alice come li ho amati io, che abbiate provato almeno un po' delle loro emozioni e sensazioni o anche le paure e le ansie di Alice; se lo avete fatto sono contenta perché significa che il cibo e il mal di pancia di ieri è servito a qualcosa.
Grazie, come sempre a Elle che con i suoi suggerimenti rosa mi spinge a scrivere e migliorare e grazie per aver fatto quel meraviglioso banner che vedete a inizio pagina. AMATELO E AMATELA.
Grazie a Roberta per aver sostenuto questa pazzia e per aver amato Jervis insieme a me ancora prima di crearlo.
Grazie a tutti voi per aver letto.

Per qualsiasi cosa potete lamentarvi, conoscermi o “picchiarmi” qui: facebook.

Adios amigos.


"Shippo me stessa con le scarpe, è stato bello, andate in pace"

   
 
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