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Autore: Kashmir    15/10/2012    5 recensioni
"Loki era stato portato a casa da Padre che era letteralmente piccolo, un fagotto piombato al Palazzo così all'improvviso, ma Thor non si era mai curato realmente di spiegarsene il perché o la provenienza. Per lui era stato alla pari di un regalo, qualcuno che lo facesse sentire meno solo tra quelle stanze enormi dove persino i respiri creavano un'eco tra le pareti, e con il quale potesse giocare e stare in compagnia tra le innumerevoli formalità della vita di corte.
Ma aveva sbagliato tutto. Lo aveva reputato come un dono, come qualcosa di cui si viene ricompensati. Lo aveva dato per scontato."

I pensieri di Thor alla luce di ciò che Loki ha architettato, una sua riflessione fatta ripercorrendo a grandi linee ciò che hanno condiviso. E' la prima cosa che scrivo per far sì che venga letta, non vi dirò siate clementi, ma giusti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He killed eighty people in two days


 


 

Sapeva come ci si sente ad essere guardati con occhi pieni di orgoglio, di fierezza, di affetto. Sapeva com'era stare al centro dell'attenzione, ricevere complimenti, non deludere mai le aspettative.

Conosceva fin troppo bene anche le pressioni che si nascondevano dietro tutte quelle cose, le prediche sul dover dare il buon esempio, sul dover spianare la strada; era passato attraverso quei momenti di incertezza assoluta, quelli durante i quali non c'è mai nessuno a dare indicazioni o suggerimenti. E riconosceva anche che, qualora qualcuno ci fosse stato, lui era sempre stato troppo presuntuoso e impulsivo per considerarlo degno di attenzione.

Sapeva Thor, sapeva bene tutte quelle cose perché le aveva provate fin troppe volte. Si concesse il lusso di perdersi in quei ricordi mentre i suoi compagni -gli Avengers, così li avevano battezzati- si organizzavano vagando per l' Helicarrier. Si costrinse a osservare il fratello -perché per lui lo era sempre stato e lo era ancora, nonostante tutto- apparentemente indifeso rinchiuso in quella gabbia trasparente. Si ricordò di come per tanti anni lo avesse puerilmente sfidato, deriso in maniera per lui innocua ma tuttavia immatura, guardato mentre insieme a lui cresceva in giro per l'enorme palazzo di Asgard; si disse che per anni aveva fatto tutto questo, lo aveva anche seguito, osservato, ma non lo aveva mai visto davvero. E sentì il senso di colpa franargli addosso, come se gli mancasse la terra sotto i piedi, e provò un dispiacere peggiore di quello che lo aveva assalito durante il suo esilio su Midgard, più doloroso di quando capì che non avrebbe potuto rivedere Jane.

Jane... Durante il breve periodo trascorso insieme, la scienziata gli aveva raccontato di come i mortali avessero immaginato, da sempre, tutte le divinità come esseri perfetti, privi di pecche, incapaci di sbagliare. Ora più che mai questo pensiero così buono faceva sorgere sul suo viso un sorriso amarissimo quanto il fiele.

Provò a ripercorrere le tappe fondamentali nella vita di ogni persona, e perciò anche quelle della vita di Loki, mettendosi stavolta nei panni del dio dell'inganno, e non nei suoi.

Ripensò a come doveva essersi sentito sin da piccolo, quando lo guardava crescere senza vederlo, quando chiunque additava con non poco scetticismo i capelli nerissimi, la pelle fin troppo chiara, la figura troppo esile per un futuro guerriero.

Rivide vividamente tutte le volte in cui la balia aveva detto a Loki di mangiare di più affinché potesse diventare forte e robusto come il fratello, o le lezioni di combattimento dove veniva continuamente giudicato inadatto, e paragonato al fratello con cui non avrebbe mai potuto competere.

Gli aveva voluto bene, e gliene voleva ancora, ma forse non aveva mai saputo esprimere il suo affetto in modo tale che Loki potesse leggerlo.

Leggere, appunto.

Lui non aveva mai dato peso alla passione per i libri e per la conoscenza che Loki aveva sempre mostrato di avere, per Thor era suo fratello e lui gli voleva bene per quello, ciò che il dio dell'inganno amasse o meno non aveva molta importanza. Ma forse, avrebbe dovuto averne durante un ennesimo episodio scivolato troppo in fretta sulla sua pelle, sottovalutato da quella che ora si rendeva conto essere stata superficialità, e che adesso ritornava con tutta la prepotenza e la violenza che solo i brutti ricordi hanno. C'era stato un pomeriggio, durante la loro infanzia, quando la rivalità tra loro non era ancora dettata da potere, trono, successione, consanguineità o altro, un pomeriggio in cui stavano giocando tutti insieme, come tante altre volte. Ad un tratto, Loki decise di riposarsi un po' (si stancava sempre prima degli altri, e con più facilità) e si sedette poco distante con un libro di arti magiche tra mani a fargli compagnia. Poco dopo, venne raggiunto da una bambina che, incuriosita, gli rivolse la parola; Thor non seppe mai cosa si dissero, ma dalla reazione del fratello questi sembrava essere interessato e gentile nei confronti di lei. A dispetto di ciò, per la fanciulla non dovette essere abbastanza: annuì a stento a ciò che Loki con garbo le aveva mostrato sul libro, per poi alzarsi e raggiungerli.

Ripensando a quella scena, riconobbe che allora non fece nulla per rimediare a quella situazione; eppure aveva letto, pur senza riuscire a capire appieno data la giovane età, degli strani sentimenti negli occhi del fratello. Occhi chiari che erano diventati freddi e taglienti, che avrebbero voluto essere pericolosi, che avrebbero voluto far male, ma che in realtà non potevano perché erano essi stessi ad essere feriti.

A distanza di anni, quello che all'epoca era un avvenimento inoffensivo ora diventava tutto a un tratto doloroso, tanto che Thor sentì spezzarsi qualcosa dentro. Comprese quanta inadeguatezza ci fosse in quegli occhi, e come il fratello negli anni avesse solo cercato di far sì che tale inadeguatezza diventasse un'arma verso gli altri e non verso se stesso, anche se dubitava che Loki fosse davvero riuscito nell'intento.

Non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stato menefreghista in quell'occasione e in tante altre. E non serviva dirsi che era troppo piccolo per capire, sciocchezze. Loki era stato portato a casa da Padre che era letteralmente piccolo, un fagotto piombato al Palazzo così all'improvviso, ma Thor non si era mai curato realmente di spiegarsene il perché o la provenienza. Per lui era stato alla pari di un regalo, qualcuno che lo facesse sentire meno solo tra quelle stanze enormi dove persino i respiri creavano un'eco tra le pareti, e con il quale potesse giocare e stare in compagnia tra le innumerevoli formalità della vita di corte.

Ma aveva sbagliato tutto. Lo aveva reputato come un dono, come qualcosa di cui si viene ricompensati. Lo aveva dato per scontato.

Capiva finalmente, metteva insieme le briciole che il fratello più o meno involontariamente aveva sempre lasciato sul percorso, univa i punti e la figura che ne stava venendo fuori era enorme, enorme e pesante ferma lì, a metà tra il cuore e il fondo dello stomaco. Loki aveva trascorso la sua vita su un'altalena che lo aveva fatto oscillare tra l'essere sottovalutato e il fargli pesare tutte le caratteristiche che lo distinguevano dagli altri, e anche da lui. Lui non aveva detto né fatto abbastanza, e Loki non gli aveva mai fatto notare dove sbagliasse, Loki il più delle volte era in silenzio. Quanto silenzio avevano assorbito le pagine dei libri letti dal fratello? Quanti pensieri rumorosi mai esternati? Quanto cieco e sordo era stato per essersene reso conto solo adesso? Ed ecco qual era adesso il risultato. Natasha poco prima lo aveva sintetizzato fin troppo bene, non necessitava lo sforzo di trovare ulteriori definizioni.

Loki ha ucciso ottanta persone in due giorni”

Così come si era assentato in quella sorta di trance, perso nei ricordi e nella consapevolezza terribile e ingombrante di dover condividere le colpe del dio dell'inganno, allo stesso modo si riscosse. Li vide schierati lì, tutti insieme a discutere, a cercare di trovare un punto di incontro, e una volta tanto nella sua vita riuscì a sentirsi vicino al fratello, comprese cosa volesse dire sentirsi diverso. Perché questo era, era diverso da tutti loro, nonostante fossero suoi amici e non li avrebbe mai traditi.

Perché erano le motivazioni ad essere differenti.

Gli altri erano lì per salvare la Terra. Solo la Terra.

Lui era lì per salvare anche la Terra, ma soprattutto suo fratello.




Se leggerete questo commento, vuol dire che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, e vi ringrazio già solo per questo :). Come ho scritto nella presentazione, è la prima cosa che scrivo destinata a un ipotetico pubblico, per cui non vi chiedo di essere clementi, ma giusti, ovvero critiche costruttive e meritate, perché mi saranno senz'altro utili. Spero possa piacervi, lasciatemi una recensione, sarebbe molto gradita per sapere cosa ne pensate :)
Grazie mille!
  
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