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Autore: Ryta Holmes    15/10/2012    1 recensioni
"In una sola notte il suo passato nella grande città dei Pendragon era stato cancellato. Quel passato fatto di impegno e dedizione, fatto di grandi imprese troppo spesso tenute nascoste. Un passato in cui aveva protetto l’erede al trono a rischio della propria vita.Una sola notte che aveva cambiato tutto. La sua reputazione, i suoi sentimenti e soprattutto la stima nei confronti di colui che considerava un amico, quasi un fratello nonostante il divario dato dal loro status. Una differenza  però, che il principe Artù aveva ben chiarito con ciò che aveva fatto quella notte. E che aveva costretto Merlino ad usare la magia."
Genere: Drammatico, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!
 
Premessa: non ho scusanti. Vi ricordate di me? E soprattutto vi ricordate di questa storia? Ebbene, esiste ancora. Dopo due anni ho deciso di dargli una fine. Era stata interrotta per motivi personali, poi era andata perduta… poi mi ero pure scordata come finiva (-.-) alla fine dopo un lungo, lunghissimo parto, finalmente questo capitolo ha visto la luce.
Lo dedico a tutti quelli che lo leggeranno e che ancora hanno la voglia di farlo dopo tutto questo tempo. A voi chiedo anche scusa : )
Buona lettura!

SO COSA HAI FATTO

 
.11.
 
“Artù, non mi sembra un’idea tanto intelligente.”
“Invece ti dico di sì!”
“Sì ma attendiamo almeno il buio…”
“Sarebbe uno spreco di tempo, idiota. Nessuno si aspetta che entriamo a Camelot dall’ingresso principale.”
“Certo… peccato che voi indossate l’armatura con i colori dei Pendragon e il mantello con cui mi nascondevo, lo avete distrutto!”
“Se tu non sei in grado di usare la magia per queste sciocchezze non è colpa mia…”
Merlino guardò malissimo il principe, che a sua volta ignorò completamente quell’occhiata obliqua e continuò a concentrare l’attenzione al portone di ingresso della sua città.
Si erano nascosti più o meno nel punto in cui qualche giorno prima lo stesso Merlino si era sistemato per osservare la situazione, dietro alcuni grandi cespugli.
Dopo aver trascorso la notte al lago, si erano incamminati verso Camelot non appena aveva albeggiato e il sole era già alto nel cielo, quando erano arrivati alle porte della città. Stavolta non c’era nessuna bandiera che sventolava alta sulle torri. La fortezza pareva senza nome ed era chiaro che i druidi non avessero portato nessun benessere con la loro presenza, rispetto a quando prima Uther sedeva sul trono.
Davanti al portone non c’era nessuna guardia e sembrava ancora più abbandonato. Per questo Artù si era convinto che sarebbero potuti entrare in città senza farsi scoprire e poi da lì cercare di capire cosa fosse accaduto ai suoi sudditi.
Merlino non era dello stesso parere. Erano troppo conosciuti e troppo visibili per andarsene a spasso per una città in cui morte e pericoli regnavano incontrastati. Inoltre Artù non aveva la minima idea che dietro i druidi ci fosse lo zampino di Mordred e temeva che avrebbe potuto sottovalutarlo e prenderlo solo per un moccioso con manie di grandezza. Quando invece era stato lo stesso Drago ad avvisarlo che quel ragazzino avrebbe un giorno decretato la fine dell’erede al trono.
Conosceva fin troppo bene l’irruenza di Artù e sapeva quanto quel testone di un principe attirasse i guai. O forse era meglio dire che erano i guai ad attirare quel testone di un principe…
“Fatemi almeno cambiare il colore alla casacca…” tentò Merlino, quando lesse la determinazione negli occhi dell’erede, segno che non lo avrebbe smosso dalle sue intenzioni nemmeno sotto minaccia di tortura.
Artù tornò a guardarlo, arcuando le sopracciglia e poi annuendo. Mentre Merlino imponeva la mano sulla casacca, non riuscì a non farsi sfuggire un commento sarcastico.
“Vedi di non fare come l’ultima volta…”
Gli occhi del mago si erano dorati e quando erano tornati azzurri l’armatura aveva perso lo stemma ed era diventata nera. Poi si erano rivolti al principe, illuminati dal sogghigno che Merlino non aveva saputo trattenere.
“E’ bello avere il coltello dalla parte del manico, per una volta.”
Artù fece schioccare la lingua, seccato e sgusciò fuori dai cespugli velocemente. “Non ti ci abituare…”
Merlino lo aveva seguito ridacchiando ma poi era tornato velocemente serio, quando il portone di Camelot si era fatto più vicino… troppo vicino. E in un attimo si erano ritrovati sulla strada principale della città bassa.
“Ecco magari, evitiamo di dare troppo nell’occhio… prendiamo qualche via secondaria.”
Artù acconsentì senza opporsi e presto furono al sicuro dietro alcune abitazioni.
“Vi spiacerebbe adesso spiegarmi cosa avete in mente?” il giovane mago gli lanciò un’occhiata nervosa. Artù sembrava sicuro di quello che faceva.
“Devi aprire una porta che è chiusa da dentro… lo sai fare, spero.” Merlino annuì mentre lentamente la comprensione di faceva strada nella sua mente.
“La postierla che dà nella sala delle armi!”
Artù si fermò, lanciandogli un’occhiata sorpresa e per un momento anche un po’ delusa: era così pronto per descrivergli il suo piano ingegnoso che non si aspettava che l’altro lo anticipasse in quel modo. Strinse le labbra dandogli una gomitata e riprendendo a camminare.
“E tutta questa sagacia l’hai sempre tenuta nascosta assieme a tutto il resto o ti è venuta solo adesso?”
Merlino sollevò le sopracciglia divertito da quella reazione. “Ho sempre detto a Vostra Maestà, che ho tante doti che non conosce” non tardò a replicare, stringendo i denti sull’appellativo.
Artù non rispose ma si limitò a sbuffare, ormai sgonfiato da ogni entusiasmo. Nel frattempo si spostarono verso la botola segreta che percorreva uno dei tanti cunicoli che conduceva al castello, fino alla porticina nella sala d’armi che un tempo Morgana aveva utilizzato per far scappare senza riuscirvi, proprio Mordred.
Merlino in realtà temeva che il Druido bambino potesse tenere sott’occhio anche quella entrata ma dovette ricredersi quando giunsero a destinazione senza incontrare ostacoli.
Bastò un soffio di magia per aprire la serratura e dopo aver dato una rapida occhiata, furono dentro la sala che conservava tutte le armi dei cavalieri e dei soldati di Camelot.
Quella era stata una delle poche stanze che forse ancora conservava tutte le sue cose al proprio posto. L’assenza della guardia in giro alla ricerca di Merlino e poi l’arrivo dei Druidi le cui armi altro non erano che gli incantesimi prodotti dalla loro magia, avevano fatto sì che le numerose spade, lance, scudi, giavellotti e quant’altro dimorasse tra quelle quattro mura, rimanessero lì a riempirsi di alti strati di polvere.
Artù accolse quella rivelazione con piacere. Aveva addosso pezzi arrabattati di armatura che i suoi compagni gli avevano prestato prima di risalire dalla caverna in groppa al Grande Drago ed era sicuro di trovare in quel luogo qualche buon gambale e magari anche uno dei suoi vecchi copri spalla. Fu fortunato infatti, trovò quello che cercava proprio su uno dei tavoli della sala e lo rimirò con soddisfazione, prima di iniziare a slacciarsi quello che aveva addosso.
Nel frattempo Merlino aveva dato un’occhiata in giro e si era accertato che nelle vicinanze non avvertisse alcun pericolo, segno che quella stanza davvero era stata abbandonata al suo destino. Probabilmente Mordred aveva dimenticato la postierla o forse dava per scontato che il re, il principe e la corte che erano riusciti a fuggire, fossero ancora da qualche parte nelle viscere del castello.
Ad un tratto la voce del principe aveva riportato l’attenzione del mago sulla stanza e il giovane – che fino ad un momento prima aveva auscultato la porta nel caso si sentisse qualcosa – si era voltato per guardare Artù.
“Come?”
“Ti ho chiesto di aiutarmi ad allacciarla! O hai scordato come si fa?”
Merlin sollevò per un attimo il sopracciglio ma poi scosse il capo e si avvicinò per aiutarlo. Il tono di voce dell’erede al trono era stato imperioso, come se lui fosse ancora considerato il servo e non fosse accaduto niente negli ultimi mesi. Merlino, per quanto sapeva che ormai tutto era stato chiarito, non nascose di essere rimasto un po’ sorpreso ma si prodigò ugualmente in quel lavoro senza fiatare. Quando ebbe finito, rimirò l’opera e sorrise nel constatare che anni di esperienza non erano andati perduti in quei mesi di latitanza.
“Ci so ancora fare, come vedete”.
Artù non rispose, si limitò a scuotere una mano come a chiudere ogni discorso e si fece avanti per aprire la porta, senza preoccuparsi di non fare rumore. Merlino sobbalzò, senza avere il tempo di replicare e si fece in avanti preoccupato.
“Artù ma siete impazzito?! Potrebbero…” non completò la frase quando furono nel corridoio in penombra, esposti ai pericoli e alla brezza gelida che proveniva dagli angoli più remoti del castello. Merlino si guardò intorno, spaventato dal fatto che chiunque avrebbe potuto sentirli e vederli senza dare loro possibilità di fuga. Ma poi ricordò che con loro avevano Excalibur e che la sua magia in quei mesi era diventata molto più potente e per un attimo si tranquillizzò. Ciò che gli rimase fu però, la rabbia per quell’insolenza di Artù che proprio non si spiegava. Che le piaghe e la degenza a letto lo avessero reso ancora più stupido? Probabile…
Nel frattempo il principe aveva continuato ad ignorare i richiami del mago e si era incamminato senza curarsi del pericolo per il corridoio, diretto verso l’androne principale. Merlino, dopo aver sospirato con quieta disperazione  lo aveva seguito guardandosi continuamente le spalle. Davvero non riusciva a comprendere da dove uscisse fuori tutta quella baldanza, in un momento tra l’altro di così grande pericolo. I druidi avrebbero potuto scovarli da un momento all’altro e loro dovevano raggiungere il cristallo di Neahtid prima che ciò avvenisse.
Quando furono nell’atrio dell’androne e Artù si piazzò al centro, esposto completamente al pericolo, per Merlino fu la famosa goccia: gli si avventò contro arpionandolo per un braccio.
“A quanto pare l’aria di casa vi ha fatto ritornare l’asino che siete!” commentò arrabbiato.
Non ottenne risposta. Il principe si divincolò con forza e prese a salire le scale che portavano alla sala del trono. Fu a quel punto che Merlino capì che qualcosa non andava. E ne ebbe la conferma nel momento successivo, quando all’improvviso Artù si fermò e sollevò il capo come se avesse sentito un rumore. L’attimo dopo si era voltato verso il mago. E lo stomaco di Merlino si era chiuso in una morsa.
Quello sguardo. Occhi color del cielo, diventati improvvisamente vuoti, sguardo appannato. Gli angoli della bocca contratti in una smorfia di rabbia. Merlino ebbe una dolorosa visione di quello stesso sguardo, la notte della sua fuga da Camelot, la notte in cui tutto ebbe inizio e la medaglia dalle due facce si crepò inesorabilmente.
Un fremito di terrore percorse tutta la schiena del mago, mentre Artù con lentezza si avvicinava a lui, scendendo i pochi gradini percorsi.
Cosa stava accadendo?
Merlino indietreggiò ma Artù fu più veloce e con uno scatto gli si avventò contro serrandogli la gola con una mano.
“Ar…” il giovane provò a richiamarlo ma la stretta era troppo forte e gli uscì soltanto un verso strozzato. Subito allora, l’istinto gli suggerì di ricorrere alla magia, sollevò una mano, pronta a colpire ancora una volta il principe, quando una vocina più flebile si inserì tra i suoi pensieri spaventati e gli impedì il gesto.
Vi siete chiariti! Artù ti ha chiesto scusa!
La mano si richiuse e al suo posto Merlino usò i piedi, scagliando un calcio nelle reni del principe. Il colpo non fu tanto forte da metterlo al tappeto ma bastò a fargli allentare la presa, quel tanto da permettere a Merlino di sgusciare via.
Mentre tossiva per riprendere a respirare, il mago cercò di recuperare un poco di lucidità e nel contempo di trascinarsi da un’altra parte.
“Perché non mi ha colpito?” la domanda, pungente giunse dalla labbra di Artù e Merlino sollevò lo sguardo confuso verso di lui. Era convinto che Artù fosse stato vittima di una stregoneria ma quando incrociò il suo sguardo gli parve lucido. Lucido e cattivo.
“Pensavi davvero che io ti avessi perdonato quello che mi hai fatto?” domandò ancora Artù.
Merlino scosse il capo. “Perché non è così? Mi avete persino chiesto scusa!” replicò velocemente, la voce ancora rauca a causa della poderosa stretta da cui si era liberato. Non riusciva a capire, Artù era improvvisamente arrabbiato con lui, eppure fino a poco prima scherzavano come due amici…
“Ti ho mentito. Tutto quello che volevo fin dall’inizio era punirti per avermi attaccato con la magia.”
Merlino cercò in tutti i modi di restare calmo e di convincersi che Artù non poteva essere lui. Cercò di replicare per capire se le sue supposizioni erano sbagliate, oppure…
“Avresti potuto vendicarti una volta usciti dalla caverna ma non lo avete fatto! Io non vi credo, non siete voi!”
Artù scoppiò a ridere, facendo roteare la spada. “E pensavi davvero che mi sarei sbarazzato di te, senza prima essermi procurato Excalibur e l’ingresso al castello?”
Le convinzioni del mago vacillarono a quelle parole. “Mi servivi, a Camelot c’è pur sempre un grande pericolo e io avevo bisogno di aiuto. Ma adesso… posso cavarmela da solo”.
Quelle parole, pronunciate con quel tono cinereo, apparvero a Merlino come una sentenza di morte. Cercò di convincersi con tutte le forze che quello non poteva essere Artù ma qualcosa dentro di lui gli impediva di farlo. Forse la paura, la rabbia, forse la sensazione di umiliazione che si acuì improvvisamente. E su tutti il dubbio. Se davvero quell’Artù diceva la verità, allora Merlino era stato di nuovo trattato alla stregua di un oggetto.
Nel frattempo Artù si scagliò nuovamente contro di lui. Merlino gridò un incantesimo e generò un’onda d’urto tale da farlo indietreggiare, poi prese a scappare dall’unica via di fuga che gli parve accettabile, ovvero la scalinata che portava alla sala del trono. Da lì, avrebbe potuto deviare verso un’uscita che portava al cortile interno.
Artù gli venne dietro inesorabile e quando Merlino fu sul punto di voltare l’angolo, lo raggiunse scaraventandolo contro la porta della sala del trono che si spalancò. Merlino gemette e rotolò dentro la grande stanza che si rivelò vuota come tutto il resto del castello. Ma dove erano finiti Mordred e i druidi?
Non c’era tempo per pensarci, perché Artù aveva deciso di uccidere Merlino. Il mago dovette fare nuovamente ricorso alla magia ma qualcosa dentro di lui gli impediva di colpirlo con più violenza.
In realtà era combattuto. Doveva credere a quelle parole? O invece doveva credere ai fatti del giorno prima e a quell’altro Artù che aveva osato chiedergli il perdono?
Merlino riuscì a schivare un nuovo attacco ma non il successivo, che gli lacerò i vestiti e arrivò fino alla pelle. Con un gemito Merlino si fece indietro ma non ebbe il tempo di sentire il sangue bagnargli la pelle, perché Artù attaccò ancora e ancora e a quel punto il giovane dovette far ricorso alla magia in maniera più efficace. Con un gesto della mano e un guizzo dorato negli occhi, lo spinse all’indietro, creando una potente onda d’urto. Voleva stordirlo, magari se fosse riuscito ad addormentarlo, avrebbe potuto capire cosa gli era successo e…
Artù indietreggiò questa volta fino a perdere l’equilibrio ma la determinazione fu più forte della magia di Merlino e poco dopo fu di nuovo in piedi, pronto ad attaccare.
Un altro fendente passò a pochi millimetri dal mago, rischiando di ferirlo seriamente. Ma improvvisamente Merlino smise di avere paura. Era bastata un’illuminazione, breve, fugace a rendergli tutto chiaro. Adesso sapeva cosa doveva fare.
“Sai che penso? Che non ne hai avuto abbastanza!” gridò contro il principe e con tutte la forza mentale di cui disponeva desiderò che all’erede al trono tornassero le piaghe da ustione che tanto lo avevano martoriato.
In  un lampo, Merlino vide Artù fermarsi e cacciare improvvisamente un urlo di dolore, poi si accartocciò su se stesso, gemendo e gridando e con foga si strappò di dosso il copri spalla dell’armatura che adesso a causa delle piaghe lo soffocava.
Il mago avvertì un senso di nausea al cattivo odore che di colpo quelle ferite emanarono e si sentì male nel constatare quanto dolore causavano nel principe.
Ma non aveva avuto altra scelta…
Quando Artù, con un ultimo grido, cadde riverso al suolo con un tonfo, Merlino tornò a respirare e si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore. Lo aveva fermato… e nel peggiore dei modi. Si avvicinò a lui, preoccupato e nello stesso tempo arrabbiato e si concentrò su pensieri più positivi.
Poi sentì la risata. Merlino sollevò il capo e riconobbe sull’uscio del portone il bambino Druido, Mordred.
 
Era cresciuto di un paio di spanne, dall’ultima volta che lo aveva visto ma quello sguardo di ghiaccio era rimasto immutato nel tempo. Quegli occhi tanto azzurri quanto freddi, così diversi dai suoi che nonostante il medesimo colore esprimevano un calore dato dalla sua bontà d’animo. Mordred era cattivo, annegato di magia oscura che poco aveva a che fare con quella dei veri druidi, coloro che non si erano uniti al colpo di mano perpetrato a Camelot.
“I miei complimenti, davvero.” Lo canzonò il bambino, con un sorriso che non raggiunse gli occhi. “Sei riuscito a soggiogare Arthur Pendragon cedendo al tuo odio”.
Merlino strinse i pugni, sudando freddo, la mente che continuava a ripetergli di aver fatto la scelta giusta. Non c’era altra soluzione perché sapeva che non c’era altro modo per… liberarlo.
Adesso però che era riuscito nell’impresa, ritirò i suoi pensieri e cercò di riportare la calma dentro di sé.
“Ti sbagli… questa volta non ho ceduto all’odio”. Esordì sibillino, provocando un’altra risata in Mordred.
“Ah no? E allora questo come lo spieghi?” indicò Artù riverso al suolo e poi tornò a rivolgersi al mago. “Il cristallo di Neahtid mostra il futuro, sapevo sareste arrivati e sapevo che avresti di nuovo ferito il principe.”
Merlino sorrise, le sue supposizioni non erano state poi così errate dopotutto. Allora era vero che Mordred sapeva, altrimenti non si sarebbe spiegato il castello vuoto e quello che era accaduto ad Artù. Ora tutto aveva un senso.
Solo che Mordred aveva fatto un errore.
Merlino rimase fermo dov’era, mentre il Druido bambino avanzò di qualche passo e mostrò tra le mani il famoso cristallo che tanti problemi aveva causato a Camelot.
“Quel cristallo è pericoloso Mordred. Dovresti sbarazzartene… o potresti darlo a me.”
Mordred rise ancora dimostrando una tale sicurezza di sé che in qualche modo inquietava Merlino. Possibile che fosse diventato più potente di lui? Beh… con quel cristallo forse…
“Non farmi ridere Emrys. Se il cristallo fosse nelle tue mani, lo ridaresti ai Pendragon senza curarti del suo potere. Tu non vuoi riportare la magia nel regno, tu non sei degno di essere chiamato mago”.
“La magia deve essere accettata, non imposta!” si infervorò Merlino, rivivendo nitidamente cosa era accaduto a lui in quegli ultimi mesi. “A Camelot non tornerà mai se tu e tuoi druidi seminerete il panico tra la gente! Se ucciderete il loro principe! Non verrete mai accettati!”
Mordred lo squadrò glaciale. “Beh a quanto pare, ci hai già pensato tu ad uccidere il tuo principe”.
“No… ti sbagli!”
A parlare non era stato Merlino. Mordred si accorse dello scatto di Artù solo dopo che la lama di Excalibur aveva tranciato il cristallo di Neahtid. Ed ebbe appena il tempo di rivolgere a lui e a Merlino uno sguardo sorpreso… prima che una grande esplosione generata dal cristallo si propagasse nell’aria.
Tutto quello che ne seguì fu cumuli, macerie e buio.
 
Continua…
 
Ora… so che mi odierete. Vi ho fatto attendere una vita e manca ancora un capitolo. Ma prima di farmi fuori ci tengo a dire che quello che manca è soltanto l’epilogo. Non potevo chiudere tutto in questo capitolo… perché… beh, lo saprete presto.
Ad ogni modo spero che la lettura sia stata all’altezza. Mi scuso ancora e ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui.
I saluti più importanti li farò poi alla fine ^^
Intanto ci sentiamo presto! (prestissimo lo giuro!)
E se vi va di farmi un commentino vi vorrò tanto beneeeee XD
Baci
Ryta
   
 
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