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Autore: elyxyz    28/04/2007    17 recensioni
Sappiamo tutti che Edward Elric ODIA il latte, ma nessuno ne conosce la ragione… e perché Roy Mustang detesta il sapore, l’odore… persino il colore del ribes?
(Roy X Ed)
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Milk & Redcurrant

Note: - il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.

Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

 

Dediche: a Setsuka, in primis.

Per un sacco di buoni motivi, ma soprattutto per le sue dolcissime RoyEd.

 

E ad Arkadio, Desy, Fuuma, Meichan, Melchan, Onda, Lisachan, Nacchan e Voce del Silenzio.

Come sincero ringraziamento, per aver accolto così positivamente ‘Feel’.

 

 

 

Latte    e   Ribes

 

by elyxyz

 

 

 

Ha un che di surreale, questo pomeriggio… non sei d’accordo, Roy Mustang?

Tu e Fullmetal, seduti ad un tavolo all’aperto di questa locanda di paese dimenticato da Dio, attendendo una Gola Profonda che, forse, neppure arriverà.

E la cameriera bionda, - che di profondo ha solo lo spacco nella gonna - giovane e procace, occhieggia da 5 minuti buoni nella tua direzione – se ne accorgerebbe anche un cieco - e sculetta in modo lascivo facendo avanti e indietro proprio di fronte a te, anche se il giro è più lungo.

Le abbozzi un sorriso, un po’ per educazione e un po’ per abitudine. Così finalmente si decide a prendere le vostre ordinazioni.

 

“Un caffè allungato. Le dici, quasi con noia.

 

“Intende un caffè macchiato?” chiede lei, sollevando la testa dal block notes.

 

“Sì, quello. Un caffè maculato. La ragazza ti fissa, sorpresa. Apre la bocca, forse per correggerti l’imprecisione, ma poi annuisce solo, e se ne va, sorvolando sulla tua stravaganza.

 

Acciaio protesta, in un misto di stupore e indignazione: “Maledetto Colonnello, dovevo ordinare anch’io! E invece, a causa sua, se n’è andata…”

 

Ma non è colpa tua, Roy, se fai quest’effetto a tutte le donne...

 

“E sentiamo… che cosa desideri?” t’interessi, intrecciando le dita sotto al mento, mostrandoti accondiscendente.

 

“Vorrei una limonata.” Replica lui, spiccio.

 

“Una limonata, eh?” ghigni, allusivo.

 

Edward arrossisce, infervorandosi tutto.

Non riesci proprio a trattenerti, eh?

Ma è così divertente farlo arrabbiare...

 

“Lei è solo un maniaco, ecco cos’è!”

Vero. Ma non puoi mica confermarglielo.

La parola ‘limonata’ a te fa pensare a cose diverse dall’acqua, zucchero e limoni spremuti, ma.

 

“Tu viaggi troppo con la fantasia, ragazzino.

Cosa vuoi saperne? Puzzi ancora di latte.”

 

Gli occhi di Ed potrebbero incendiarti. E’ quello che realizzi.

Ed è buffo, a ben pensarci, che sia proprio tu ad utilizzare una similitudine così. Perché il fuoco è il tuo elemento, non il suo.

 

Ma il giovane Elric non si cura delle tue elucubrazioni. Sbatte entrambe le mani con forza, sul tavolo, e adesso partirà per la tangente, con uno dei suoi consueti sproloqui sull’altezza…

 

“Io NON puzzo di latte!” ringhia, diventando paonazzo.

 

Dov’è finito il solito ‘Chi è così piccolo da fare a gara con un moscerino?

 

La cameriera civettuola abbandona ogni proposito di ottenere i tuoi favori, posa in fretta la tazzina, il bricchetto di latte e lo zucchero, e batte in ritirata.

 

“Io ODIO il latte!!” grida Edward, con eccessivo ardore.

 

Il tuo primo istinto è quello di sedare questa sua spropositata scenata. Ma ci rinunci all’istante.

Lo osservi, stupito.

Le sue parole ti colpiscono dentro, conficcandosi in un posto che avevi sigillato con cura, con premura, molto tempo fa. Ma non è servito a niente. E te ne sei accorto solo adesso.

 

“Tu non hai detto che non ti piace il latte, ma che lo odi. Puntualizzi, afferrando con grazia due zollette di zucchero; tuttavia stai fissando lui.

 

Ed ti guarda con gli occhi innaturalmente dilatati, spaventati.

Gli occhi di chi non è qui con la mente.

Edward guarda te, ma vede solo una schiena forte e muscolosa, - una schiena su cui si era arrampicato tante volte -, che gli volta le spalle, prende una valigia in mano e una porta che si chiude, dietro di lei, abbandonandolo per la prima volta.

Suo padre, Hohemheim, era sempre in viaggio. ‘Per motivi di studio’ diceva, e lo aveva abituato fin dalla più tenera età alle sue continue, piccole assenze da casa... ma Ed non avrebbe mai scordato quel primo, lungo addio.

E sente ancora, in fondo alla gola, il sapore rancido del latte zuccherato nella colazione di quel mattino.

E le lacrime di sua madre. Lei, sempre così solare…

I gridolini insensati di Alphonse, che non poteva capire davvero quella situazione…

Quel bastardo di suo padre. Egoista e insensibile… che entrava e usciva dalle loro vite quando più gli aggradava...

 

Lo vedi stringere i pugni con violenza, la sua auto-mail scricchiola sinistramente, ma lui non se ne cura. E’ troppo preso ad alimentare il fuoco dell’odio, per preoccuparsene.

 

“Io odio il ribes.” Lo dici con naturalezza, come se steste parlando del tempo.

 

Acciaio ti fissa, stranito.

 

“Il ribes rosso.” Precisi, afferrando il bricco del latte e versandotene un po’. “Da piccolo, lo adoravo. Mia madre cucinava sempre delle torte, oppure preparava la marmellata... e io passavo le mie giornate d’estate nei boschi, alla ricerca di quelli selvatici, quelli più buoni…”

 

Ti costa, raccontargli tutto questo. Ma lo fai per lui. Solo per lui...

                                                            

“Finché un giorno, allontanandomi un po’ più del solito, trovai una macchia grandissima, coi frutti maturi al punto giusto.

Erano così tanti che riempii il cestino di vimini che avevo con me, ma mi dispiaceva lasciarli lì, così usai la magliettina bianca di cotone che avevo addosso e deposi i ribes anche in quella.

D’un tratto sentii un rumore strano, ben diverso dal canto degli uccelli e dai versi degli animali selvatici… era un lamento straziante.

Forse non avrei dovuto, ma andai nella direzione in cui provenivano i gemiti: c’era un uomo, lì per terra, in mezzo al bosco. Aveva una vistosa ferita nel petto... era ricoperto di sangue.

Non sapevo chi fosse, non era uno del mio villaggio; ma, quando mi vide, cercò di chiamarmi a sé.

Mi avvicinai, con l’incoscienza tipica di un bambino. E lui, cogliendomi di sorpresa, mi catturò una caviglia e mi attirò a sé, facendomi cadere, e con me anche il cesto e i ribes.

Non voleva farmi del male. Ma stava morendo. E non voleva farlo da solo.

Gli dissi che sarei andato a chiamare aiuti, che sarei tornato in fretta, ma fu irremovibile… e forse era davvero troppo tardi.

Rimasi semplicemente lì. A vederlo spegnersi piano piano.

 

Da quel giorno, per me, il ribes rosso ha il sapore, l’odore e il colore del sangue coagulato.

Al solo vederlo, mi viene da vomitare.

 

Sono un militare, Fullmetal. Ho visto la Morte in faccia migliaia di volte, e io stesso l’ho data ai miei nemici, in guerra.

Ma ero solo un bambino, allora. E non scorderò mai il primo uomo che ho visto morire. Il suo volto, l’essenza del muschio...”

 

I ribes che avevano macchiato di rosso la tua maglietta...

 

“…e quel mare di sangue.”

 

“Perché mi ha raccontato tutto questo?”

 

‘Perché?’, ti chiede?

Sorridi amaro.

Avresti milioni di motivi per farlo, Roy Mustang.

…perché ti sei accorto di amarlo, per esempio, benché lui abbia quasi la metà dei tuoi anni…

…perché ti fa soffrire vederlo star male quando giochi con una donna, ma devi salvare le apparenze…

…perché, in fondo, è ancora un bambino e va consolato…

…perché i ricordi tristi pesano di meno, se si è in due a portarli…

 

“Perché è uno scambio equivalente.” Gli spieghi, raccogliendo gli spiccioli del resto e un biglietto che la cameriera bionda ti ha lasciato. “Io ho capito qualcosa di te, e tu di me.

 

“Ma io… non ho…”

 

“Non importa. Certe cose sono raccontate… anche se non vengono dette. Forse un giorno lo farai.” Tagli corto. Poi aspetti che l’informatore ancheggi verso un tavolo lontano da voi e quindi lo aggiorni “Andiamocene. Qui abbiamo finito.” E ti alzi in piedi, mettendo in tasca il pezzetto di carta – Francis Maculato e il suo attuale indirizzo.

 

“Muoviti, Fagiolino. La prima stazione dista a un’ora di strada da qui.

Le sue rumorose invettive ti investono, ma tu non puoi impedirti di sorridere. Solo dentro di te, certo.

La familiarità dei suoi strepiti, il suo arrancarti dietro – che, benché lui spergiuri il contrario, le sue gambe sono davvero corte -, il suo sguardo che brilla di sfida, mentre ti ingiunge uno scontro all’ultima trasmutazione…

 

Ma ha un che di rasserenante, tutto questo... non trovi, Roy Mustang?

 

 

-Fine-

 

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note: Gola Profonda: per chi non lo sapesse, è il celeberrimo informatore di Fox Mulder, in X-Files, ma il suo nome ha radici più profonde, grazie all’omonimo e citatissimo film, che ha il primato di essere il primo film porno legale della storia del cinema. Da questa pellicola, si ricava proprio l’espressione ‘Gola Profonda’ per identificare un informatore che riesce ad ottenere informazioni inarrivabili e segretissime.

 

Per Lisachan: volevo chiarire l’uso del nome ‘Edo’ anziché ‘Ed’ inFeel’.

Lo so che - tecnicamente – non ha senso, questa scelta. Ha semplicemente delle ragioni affettive. Guardando FMA in lingua originale, mi ha colpita molto la dolcezza del suono ‘Edo’. E mi ha riportata ad un ricordo d’infanzia, ad un altro bimbo che io chiamavo così. Aru’ non ha la stessa gradevolezza. ‘Al’ è già – di per sé – un suono mite.

In conclusione. Perdona questa mia licenza personale, ma credo che succederà ancora. ^__=

 

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al mio divano blue navy: elyxyz@alice.it

Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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