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Autore: Black as ink    15/10/2012    2 recensioni
"Loro si amavano, si amavano davvero tanto. Si amavano da MORIRE, ma non bastò. La vita a volte mette un muro davanti all'amore; questo muro non fa passare nulla: baci, carezze, affetto, nemmeno un piccolo 'ti amo'. Questo muro si chiama morte."
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Forever yours


“Ciao amore mio,
approfitto del fatto che sei ancora di mia proprietà per affibbiarti questo possessivo. Ricordi quando ti dissi che non ti avrei mai abbandonata? Ricordi quando ti promisi il matrimonio? Lo ricordi, amore? Ricordi tutte le promesse che ci siamo fatti mentre il sorriso della luna vegliava su di noi trasparendo da un flebile vetro? Amore ricordi il nostro ‘per sempre’ inciso sulla corteggia di quell’albero in campagna di tuo nonno? E ricordi quanto è stato bello passare l’adolescenza tra le tue braccia e a contatto con la tua lingua? Amore mio, ricordi tutte le risate causate da vero e proprie cazzate? Io si, ricordo tutto, nei minimi particolari; in fondo, come potrei mai dimenticare?! E sorrido malinconicamente mentre scrivo tutto ciò. Sento un grande vuoto crearsi nel mio stomaco quando penso a come reagirai a queste parole.

Mi sto odiando, sto facendo il masochista perché tutto questo fa male prima a me, poi a te. Purtroppo, però, ho fatto promesse che non posso mantenere, ne è la prova la valigia posata sul mio letto. L’ultima della catasta di valigie tenute strette nel cofano della macchina nera di papà. La casa è talmente deserta e vuota che posso sentire l’eco della penna che macchia questo foglio testimone dei miei occhi lucidi. Ti sto scrivendo tutto questo in una stupida lettera, perché non sono abbastanza forte per vederti piangere per me, ancora. Amore, ricordi la prima volta che litigammo? Tu e la tua stupida gelosia, così tanto tenera e dolce. Quel giorno, per la prima volta, il mio cuore, proprio come il tuo sorriso, si distrusse. Un sorriso sciupato dalle lacrime: un sorriso che non se lo meritava. Per la prima volta, amore, mi sono odiato a tal punto da volermi picchiare.
Quanti giri di parole, ma proprio non posso arrivare alla questione centrale, non posso dirti tutto e vorrei svegliarmi e vedere, al posto di questa penna, la tua mano che stringe la mia.

Amore, ricordi la prima volta che dormimmo insieme? Non dovevamo farci scoprire da tua madre, era tutto così eccitante. Ci svegliammo e ci dimenticammo di lei, così scendemmo mano nella mano, cosa che sarebbe poi diventata un’ abitudine. Tua madre scoppiò a ridere davanti al tuo volto rosso.
Amo ricordare queste cose, come amo ricordare il tuo sorriso, il tuo profumo dei tuoi capelli e il tuo fresco respiro. Amo ricordare la tua stupenda figura coperta da un leggero lenzuolo. Amo te, amore. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata in questa breve vita, che ormai sta per giungere al termine: qui arrivo al succo della lettera. Ho aspettato la fine di tutto, prima di dirti tutto questo, perché lo davo per scontato, però la morte che incombe mette ansia e paura e inizio a pensare che ho dato troppe cose per scontato, cose che –in realtà- andrebbero ripetute un milione di volte e più, perché è quello che ti meriti: ti meriti una persona che ti ripeta ogni giorno che sei l’essere più bello sulla faccia della terra, ti meriti qualcuno che ti possa essere accanto per sempre. Qualcuno che non sia malato, ecco.

Da domani inizierà tutto: terapie, TAG, chemio. Terapie su terapie che dovrebbero guarirmi, ma non lo faranno, ne sono certo: uno le sente queste cose. Sente la morte che ti mangia.
Il biondo cadrà dalla mia testa, tutti i muscoli, risultati di anni di palestra, si indeboliranno, probabilmente non avrò nemmeno la forza di parlare e non posso farmi vedere da te in questo stato, non posso vederti soffrire, non posso essere un peso per te. Vedere le lacrime causate da me, dal mio aspetto, dal mio dolore, non posso proprio. Sarebbe peggio di mille terapie, siringhe, medicine dall’acido sapore. Però, amore, permettimi di usare il ricordo del tuo sorriso perfetto, del tuo castano liscio, dei tuoi occhi chiari capaci di illuminare tutto, per alleggerire il dolore.
So che stai piangendo, probabilmente lo stai facendo sin dalla prima riga, ma non devi. Non devi perché diverrò il tuo angelo custode. Non devi perché veglierò su i tuoi figli. Non devi perché non lo meriti. Non devi, amore mio, proprio no.
Quando i medici mi hanno detto che il cancro al cervello era tornato, mi sono sentito morire, per la seconda volta, amore. Ho ripensato a tutte le cose che ho ancora da fare con te, a tutte le promesse che ti ho fatto. A quel piccolo anello che ci avrebbe unito per sempre, anche se noi lo siamo già. Noi abbiamo qualcosa di più grande che ci unisce: l’amore.
Amore voglio ringraziarti per tutto. Per tutte le volte che ci sei passata sopra, per tutte le volte in cui usavi le tue labbra per privarmi del sapore della nicotina e donarmene uno più dolce, alla fragola. Grazie amore. Grazie perché respiri; grazie per quel sorriso, grazie per tutto. Vorrei ripagarti, ma non c’è tempo. Io devo partire e tu rifarti una vita, in cui il mio nome sia assente: è il mio unico desiderio. Vorrei vederti sposata, con il sorriso sulle labbra, mentre coccoli il tuo pargolo.
Voglio che tu sia forte, che resista. Sei giovane e bella, devo solo vivere, vivi la tua vita, fallo giorno per giorno, il domani è incerto.

Ora basta, hai sprecato troppe lacrime, quindi chiudo la lettera. Vorrei che le mie ultime parole fossero il sussurro di un ‘ti amo’ troppe sentito sentimentalmente, ma non so se avrò le forze, quindi te lo scrivo qui: ti amavo, ti amo e lo farò per sempre, giuro.

Ciao amore mio,
tuo per sempre.”


Rilessi un’altra volta, per l’ennesima volta, quella parole ed era atroce come la prima. Era ormai passato un anno da quando la chemioterapia me lo portò via, strappato dalle braccia e mi sentivo come se avessi perso tutto. Ora mi trovo di fronte a questo ammasso di terra marrone che ricopriva una bara marroncina dal contorno oro, il tutto abbellito da una lapide grigia su cui hanno inciso il suo nome con una frase: “vivi la tua vita e dallo giorno per giorno, il domani è incerto”. Ormai conoscevo quel posto a memoria, ogni singola ammaccatura sulla lapide, potevo arrivare a dire il numero preciso delle briciole di terra.
Come ogni pomeriggio mi sedetti per terra e sporcai l’ennesimo paio di jeans scusi.
«Hey amore mio» dissi dolcemente, «come stai? Sai, ho tante cose da raccontarti, me sono segnate tutte su un foglietto... Ma l’ho perso. Sì, sono sempre la solita impacciata, lo so» ammisi prevedendo ciò che avrebbe detto se fosse stato vicino a me, poi tornai seria, «Dopo un anno sono riusciti ad acquistare la tua vecchia casa» sorrisi malinconicamente. «mi manca così tanto entrare in camera tua e sentire il tuo profumo...» al contatto con quel ricordo tutte le forze del mio corpo che combattono contro le mie lacrime, cedettero. Scoppiai in lacrime e i singhiozzi iniziano ad echeggiare per il cimitero vuoto. Iniziai a ricordare ciò che credevo di aver dimenticato: la forte emozione che provavo ogni volta che mi svegliavo tra le sue braccia; la dolce sensazione che mi completava quando le nostre risate si univano.
«Amore, mi manchi così tanto. Mi hai lasciata sola, ed ora non so cosa fare, come andare avanti. Ormai è un anno che non riesco a fare qualche passo avanti. Sono sempre al punto di partenza. Mi sento morire e proprio non ce la faccio. Tutti mi dicono di trovarne un altro, ma è davvero troppo presto; lo è oggi e lo sarà tra due o tre anni. Sai, a volte vorrei tanto raggiungerti, ma sono troppo codarda per il suicidio, ma se mi dovesse succedere qualcosa di brutto non potrei essere triste. Sei la cosa più importante che sei mai entrata nella mia vita e non voglio far entrare nessun’altro, non ora, almeno, ma se un giorno dovesse succedere, ricorda che sarò sempre tua» concludo posando una rosa sulla tomba e ripongo nella tasca la lettera.

Dieci anni dopo.

Tengo stretta la mano della mia piccola, mentre mio marito cerca un modo per calmare quella peste di mio figlio, ma invano. Mi sono sposata tre anni fa, ma mi sono rassegnata alla sua morte solo da due anni, solo quando è nato il mio primo genito.

Tutto accade in un attimo, le mie urla di terrore, il volto del mio piccolo ad un palmo dal parabrezza di una macchina rosso fuoco. Le mie lacrime e lo spavento da infarto. Corro ad abbracciare mio figlio, ancora paralizzato davanti alla macchina. «Devi stare più attento, dannazione!» gli sbraito ancora preoccupata prima di stringerlo forte tra le mie braccia, unico posto in cui è al sicuro.
Poi una voce troppo familiare per essere dimenticata; troppo familiare per provocare poche emozioni. Una voce priva di corpo: un fantasma. Una voce che diede motivo in più alle mie lacrime per bagnarmi le goti. Una voce, quella voce che riaffiora ricordi mai morti non ostante gli anni. Una voce che soffia fresca nel mio orecchie parole di conforto:
«Hai visto? Non ti lascio sola, veglio su di te e su i tuoi figli, come promesso. Sapevo che ce l’avresti fatta, tu sei forte amore mio».


********
Un parto per scrivere il capitolo,
ancora di più per fare il banner. lol
Comunque, la scrissi una notte d'estate,
avevo le idee confuse e non so come sia venuta,
quindi che ne dite di lasciare un piccolo commento? :)
Non mi dispiacerebbe.
Non l'ho riletta, per paura che fosse uno schifo e quindi non pubblicarla,
ergo perdonate i miei aventuali errori.

Okay, con questo mi dileguo. RECENSITE.

Lot of love;
-NanaDrew. xxx

  
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