Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Nyaa_    16/10/2012    6 recensioni
Una raccolta di flash fic, esclusa l'ultima che sfora decisamente nella one-shot, con diversi paring.
Ognuno presenta però come secondo elemento il nostro shinigami in rosso.
Fra più o meno crack, fluff, e un po' di commedia, ecco a voi una piccola storiella senza troppe pretese.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Grell Sutcliff, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                               Dedicata a Vanny (Sì, ancora) perchè: "Tu sei Igor, riesci sempre a farmi sorridere, posso parlare di tutto con te (libri, specialmente), sei fissata con le tue tette." e perchè so quanto la musica sia importante per te.



Nota iniziale: In caso di OOC vi pregherei di segnalarmelo in eventuali recensioni, grazie e buona lettura.


Prompt: Recita.

- Oh Igor, Igor! Perché sei tu Igor?-
- Ma non era Romeo?-
Uno sbuffo seccato si levò dalla rossa figura in piedi davanti al balcone.
- Per l’ultima volta: questa è una rivisitazione di Romeo and Juliet!-
Il ragazzo, osservando il maggiore dal basso della sua postazione, sospirò teatralmente.
- Cosa non si fa per ingannare il copyright, eh Senpai?- domandò retorico, sorridendo esasperato.
Quando ci si metteva (e anche quando non lo faceva) Grell Sutcliff sapeva essere terribilmente infantile, come un bambino capriccioso.
- Non potevate chiedere a William Senpai o al vostro Sebas-Chan?- inarcò un sopracciglio, osservando vagamente disgustato le maniche a balze e i pantaloni aderenti che indossava come costume di scena.
Aveva seriamente il sospetto che Grell glieli stesse facendo indossare solo per veder meglio il suo fisico scolpito.
Ma che colpa ne aveva, Ronald, se era bellissimo?
- Pensi che non ci abbia provato?!- indicò con l’indice smaltato di rosso la fasciatura che gli circondava il capo.
- Oh, e io che pensavo fosse una vostra trovata per rimanere al passo coi tempi…- giocherellò distrattamente con la piuma azzurra del cappello, sentendone la morbidezza coi polpastrelli delle dita.
- Stai insinuando che sono vecchia, moccioso?!- era decisamente troppo facile, non che troppo divertente, far saltare i nervi al rosso.
- Chiedo venia, Meredith, ma vorrei trascorrere le mie giornate libere in modo diverso, che allenandomi per una stupida recita.- borbottò il biondo, calcando particolarmente sul nome scelto per la parte di Juliet e ignorando volutamente la domanda del Senpai.
Gli occhi di Grell si fecero lucidi, e il labbro inferiore si tremulò appena.
In quell’istante a Ronald ricordava un cucciolo smarrito.
Un rosso cucciolo smarrito.
Un rosso cucciolo smarrito che indossava un vestito da donna.
- E va bene, d’accordo, continuiamo pure! Basta che non piangete…- si sarebbe pentito di quella scelta, ne era sicuro, ma quando il maggiore esibiva una tale espressione non poteva che cedere.
Trattenne una smorfia, reprimendo in un angolo della mente certi pensieri ben poco professionali che gli stavano invadendo la mente.
Dannazione, Sutcliff era in grado di deviare chiunque!
No, lui sarebbe rimasto fedele alle gentil pulzelle che periodicamente incontrava nei ripostigli dell’ufficio.
- Eh? Non potrei mai piangere, hai una vaga idea di quanto stia male il mascara che cola?, mi si era solo spostata una… come si chiama… lente a contatto.- sogghignò, scoprendo i denti da squalo e portandosi una mano smaltata al mento, fintamente pensieroso.
- Eri forse in pena per me, Ronnie?- il tono di voce con cui lo disse fece rizzare i peli (a cosa pensavate?) delle braccia a “Ronnie”, che mugugnò un “Assolutamente no.” un poco ostentato, nascondendo le gote arrossate sotto al grande cappello.
- Da capo allora! Oh Igor, Igor! Perché sei tu, Igor?-
- Senpai, guardate che così mi offendo: il mio nome è Ronald!-
Oh, quanto amava veder dare di matto Grell!
Oh, quanto amava la dolce vendetta verso quella testa rossa!
Oh, quanto amava poter trascorrere del tempo col suo Senp- No.
Bisogna cacciare i pensieri non consoni alla situazione.
Per ora non avrebbe detto nulla, aspettando solo il momento propizio per dimostrare al suo Senpai che non era più un moccioso da diversi secoli.

Prompt: Sorriso.

La figura in nero sorrise, arrampicandosi rapido sino alla finestra della camera di Lui.
La aprì, ben attento a non provocare alcun suono, e si sedette in perfetto equilibrio sulla cornice, le gambe a penzoloni nella stana e la schiena rivolta verso la frenetica Londra ottocentesca.
Osservò insistentemente la figura china a raccogliere qualcosa, facendo poi vagare lo sguardo dal suo capo cremisi al fondoschiena fasciato dai pantaloni neri stretti.
Un nuovo sorrisetto malizioso fece capolino sul volto segnato da una profonda cicatrice, mentre un lungo fischio di apprezzamento spezzò il silenzio di quella camera color sangue.
L’altro, sorpreso e un poco spaventato, si voltò strabuzzando gli occhi.
Con gli occhiali che scivolavano appena sul ponte del naso e uno sguardo sorpreso era decisamente adorabile, pensò con un ghigno beffardo il più grande.
- Non comprendo la tua voglia di apparire come lady, sei tremendamente bello anche come uomo.- il sorriso da gatto Cheshire non accennava ad estinguersi sul volto pallido del giovane.
Il rosso, capendo finalmente chi aveva davanti, si sistemò gli occhiali e rivolse un’occhiataccia al suo interlocutore.
- Undertaker… cosa ci fai tu qui?- fece per raccogliere da terra la sua bambina, ma una tavoletta piuttosto appuntita lanciata dal becchino lo fece desistere.
- Mmh… volevo vederti, mi pare ovvio.- con uno scatto felino scese dalla cornice, avvicinandosi sempre di più a Grell sino a metterlo spalle al muro.
- Mi sei sembrato decisamente interessante…- gli bloccò il mento con una mano, portando l’altra a stringergli un fianco.
Il rosso sussultò, recuperando subito la sua sfrontatezza e ostentando un sogghigno sfrontato.
- Ti ringrazio del complimento, caro, ma non ti perdonerò mai per questo.- il tono mellifluo venne sostituito da uno irritato, mentre accennava con un dito al taglio sulla fronte, che oramai iniziava già a rimarginarsi.
- Piccoli incidenti di passaggio…- tracciò il contorno del suo viso con le lunghe unghie laccate di nero, facendo le fusa come un gatto color inchiostro.
E, a quel punto, Grell fece un’unica cosa: sorrise.
Sorrise, quando gli assestò un’ inaspettata quanto dolorosa ginocchiata nei genitali.
Sorrise, quando lo spinse violentemente contro la finestra ancora aperta.
Sorrise, quando gli diede un rapido bacio a fior di labbra che lasciò entrambi un poco storditi.
Sorrise, quando lo fece cadere da quella che era, dopotutto, un’altezza considerevole.
Sorrise, quando chiuse di scatto la finestra e tirò giù le persiane, tastandosi le labbra ancora infuocate.
Undertaker sbuffò, massaggiandosi un poco la schiena e osservando la stanza dal vicolo in cui si trovava.
Aprì velocemente un portale per il mondo umano, domandandosi se fosse proprio necessario che gli shinigami più anziani avessero una stanza al quinto piano.
Si voltò un’ultima volta, muovendo le dita in un cenno muto saluto che nessuno avrebbe mai visto.
Sorrise.

Prompt: Libro.

Sebastian trattenne un gemito davanti all’ennesima richiesta di Grell.
Lo shinigami in questione, che sembrava non conoscere il significato di vocaboli come “No”, “Vattene”, e l’immancabile “La pregherei gentilmente di andare in un luogo remoto e non fare mai più ritorno” con sorrisetto sexy/sadico annesso, aveva infatti insistito per prestargli un libro.
L’aveva definito “Romantico” e “Dai tratti cupi e passionali”, tanto da mischiare il nero del corvo e il rosso scarlatto di della peccaminosa lady.
Dopotutto, si disse, era solo un libro.
Sarebbe stata una commediucola romantica di quelle che, immaginava, piacessero tanto a Grell.
Lesse svogliatamente il titolo, e per un secondo (uno solo) pensò che forse (forse) aveva, per così dire, fatto i conti senza l’oste:
In caratteri color rubino, spiccava il macabro nome del romanzo “Misery non deve morire”.
Sebastian deglutì.
Avendo tutta l’intenzione di restituirglielo il giorno seguente, si sarebbe prospettata una lunga notte.

Dopo aver finito l’intero manoscritto, ed essersi concesso una rilassante pausa per riposare gli occhi (perché si sa: i demoni mica dormono, riposano gli occhi), si rese conto che c’era molto silenzio.
Troppo.
Si tirò a sedere sul letto dalle lenzuola bianche immacolate, voltando il busto in direzione della finestra sopra la tastiera.
Come a voler confermare i propri sospetti, un ombra rossa si mosse a tutta velocità verso il demone, che fu lesto a spalancare la finestra prima che quella creatura vi si schiantasse contro o, peggio, la rompesse.
- Grell Sutcliff… posso sapere cosa ci fate voi qui?- il tono con cui pronunciò quelle parole era freddo e distaccato, come l’alito d’inverno che proveniva dalla ancora semichiusa finestra.
- Ma come Sebas-Chan, te ne sei già dimenticato? Vengo a riprendermi il libro, non è ovvio?- spostò lo sguardo verde-giallo verso il comodino dove riposava il romanzo.
Sogghignò, lasciando che la fila di denti appuntiti venisse rivelata.
- L’hai letto? E dimmi, com’è? Sai, mi è stato moooolto di ispirazione.- fece vagare una mano sul petto del maggiordomo, privo di giacca e panciotto che lo contraddistinguevano.
- Quasi quasi spero vi riferiate al fatto di volervi fare rapire e molestare… avete un animo masochistico, no?- sorrise, mefistofelico, mentre lo sguardo dello shinigami si riempiva di lussuria.
La mano che il rosso teneva sul suo petto artigliò la camicia candida, stringendola possessiva nel pugno guantato di nero ed esercitando una leggera pressione al fine di farlo cadere sul letto.
Sebastian, come ipnotizzato dallo sguardo ammaliatore dell’altro, si lasciò scivolare dolcemente sul lenzuolo.
Grell sorrise, mettendoglisi sopra a cavalcioni.
- Sai Sebas-Chan, ammiro veramente tanto Annie: così gentile da porre fine alle sofferenze dei suoi pazienti, così fedele da volere a tutti i costi che la sua eroina sopravviva! Quale passione, Sebastianuccio!- fece scivolare le mani, ora prive delle coperture corvine che le caratterizzavano, passandole veloci sulle costole e sui fianchi del moro, che in risposta si mordicchiò il labbro inferiore.
- Sai Grell, sinceramente… spero vivamente che tu in questo momento voglia amputarmi un piede, fatto decisamente preferibile ad… altri tipi di abusi.- sorrise, chiaramente nervoso.
Lo shinigami ghignò in risposta, guardando con sguardo vacuo il romanzo.
- Oh Sebby, ho in mente ben altre intenzioni…- si leccò le labbra dipinte di rosso scarlatto.
- Hai intenzione di violentarmi, Sutcliff?- inarcò un sopracciglio, rendendosi conto con orrore di non essere completamente indifferente alle carezze del rosso.
- Una lady d’alta classe come me non potrebbe mai, Bassy.- gli fece l’occhiolino, sbattendo le ciglia allungate dal mascara.
- Non so perché ma non ti credo, lord…- lanciò un’occhiata allusiva alle mani del mietitore, sempre più ardite sotto alla sua camicia, provocandolo divertito con appellativi maschili.
Grelll inarcò un sopracciglio, irritato.
- Senti, pinguino, che tu mi creda o no non importa, visto che sono io a muovere i fili.-
E tutto si fece buio alla vista del maggiordomo, mentre una certa “Infermiera” si prendeva cura di lui.

Prompt: Seno

Grell sorrise, ammirando il suo riflesso nello specchio a muro della parete.
Il lungo abito rosso fasciava perfettamente il bacino femmineo, terminando con un risvolto a balze appena sotto il ginocchio e lasciando così intravedere le calze a rete nere, che sparivano ben presto dentro un paio di stivali amaranto.
L’unica sbavatura in quella perfezione, era la parte del decolleté:
Lo shinigami fissò con espressione corrucciata la rosa bianca (che, a suo avviso, sarebbe stata meglio di un bel color sangue… o, perché no, direttamente di sangue) che scendeva assieme alla scollatura.
La porta della stanza cigolò appena, segnando l’entrata di un’altra persona.
Il mietitore sobbalzò, inquieto come una bambina che viene scoperta ad indossare le scarpe col tacco della madre anziché le solite ballerine a fiorellini.
- Non ti avevo detto di smetterla di giocare coi miei vestiti?- Madame Red inarcò un sopracciglio davanti a quell’immagine comica e ai limiti del grottesco che le si presentava davanti.
- Non sto giocando, Madame. Quella che vedi non è altro che arte, e io sono colei che le fa da musa!- sorrise, lo sconforto momentaneo sostituito dalla solita vanità femminile che lo caratterizzava.
Angelina sbuffò - E che arte dovresti ispirare, di grazia?- un sogghigno si dipinse sulle labbra scarlatte
- Natura morta?- si divertiva a stuzzicare la sua dea della morte.
- Molto spiritosa. Non sono forse pari ad Afrodite, io? O, ancora meglio, ad Eris, la Dea del caos e della discordia?- scoprì i denti perlacei in un sorriso malizioso.
- A mio parere ti manca un elemento che tutte queste divinità, e qualunque donna ad onor del vero, possiedono…- si avvicinò al rosso, facendo scalpicciare i tacchi sul pavimento in marmo.
- Se ti riferisci alla modestia devo darti ragione, meine liebe*.- si scostò la folta frangia sanguigna che gli copriva la vista.
- Ma non è forse inutile negare la mia bellezza? Se sono bella lo sono e basta, senza giri di parole.-  arricciò le labbra in un sorrisetto felino.
La donna si avvicinò ancora di più, poggiandogli una mano sul petto ed attirandolo a sé.
Grell, pensando che non volesse altro che un bacio, si sporse in avanti per accontentarla; a sorpresa Angelina infilò due dita nella scollatura fantasma del mietitore tirandola un poco verso di lei.
- Io parlavo del seno, mia modesta shinigami.- quando erano soli non esitava ad assecondare il rosso nella sua recita, rivolgendosi a lui utilizzando il femminile.
Sutcliff sgranò gli occhi, allontanandosi di scatto dalla presenza ghignante che gli stava dinnanzi.
- Cosa vorresti insinuare?!- ringhiò, riducendo gli occhi color giada a due fessure.
- Assolutamente nulla, solo che dove io ho le colline citate in “Tom’s the piper soon” tu hai la depressione caucasica.- sorrise, ostentando una certa nonchalance mentre Grell diveniva rosso di rabbia.
- Anche senza corsetto io ho comunque il vitino di vespa…- fece scivolare lasciva le mani sui fianchi di Grell
- mentre la tua scarlatta persona invece è formosa quanto un palo della luce.- ghignò, vedendo l’umore dello shinigami toccare picchi critici.
- Ma… non ho mai detto che mi dispiace.- gli pose un casto bacio sulle labbra, uscendo poi dalla stanza ridacchiando.
Il focoso mietitore congelò.
Quell’umana era una tipa decisamente… particolare.

Ciò nonostante…
- Almeno i miei capelli non sono stopposi!- e, con una linguaccia infantile indirizzata alla porta chiusa, terminò il loro teatrino giornaliero.
Dopotutto una lady deve sempre avere l’ultima parola.

Prompt: Musica.

Grell sbuffò, estremamente annoiato.
Non c’era assolutamente nulla da fare, chiuso in quell’ufficio come un topo in trappola a limarsi le unghie con esasperante lentezza.
Quando si rese conto che oramai più che delle unghie aveva dei coltelli da burro decise di mettere giù la limetta color corallo.
Odiava annoiarsi.
Era così… noioso.
E lui non era un tipo noioso, era brioso, frizzante e decisamente passionale.
Sì, perché se il rosso era il colore della passione, il grigio era senza dubbio quello che caratterizzava la noia.
Il fatto che, in quel momento, fosse interamente circondato da grigio non lo aiutava affatto.
Piuttosto sconsolante, a dirla tutta.
“Mi fanno venire il latte alle ginocchia solo a guardarli, questi Verlierer*” pensò, mordicchiando distrattamente una matita con i denti affilati.
“Dove sarà mai il mio Will caro? Oggi è uscito prima, ma io sono bloccata qui dentro… penso ci sia un’unica opzione, in questi casi.” si tirò seduto di scatto, sbattendo i palmi contro la scrivania e dirigendosi verso una ben precisa aula della Dispatch Society con un ghigno sul viso e un’idea malpela* in testa.

Aprì la porta dello sgabuzzino numero ventidue da sinistra, nel corridoio con la grande finestra che dava sul giardino.
Al suo interno vi trovò, pantaloni calati e camicia semi aperta compresi, il caro Ronald in compagnia di una ragazza.
Il rosso fece una smorfia, arricciando il naso in disgusto davanti a una di quelle che dovevano essere le segretarie del biondo, ma che finivano sempre per andare a letto con lui.
Con uno sguardo veloce poté notare il tailleur grigio (così spento e fuori moda!) e i capelli di un banale e sfigatissimo color castano chiaro che scendevano a ciocche dallo chignon disordinato.
Un classico, la tipica ragazzina tutta chiesa e famiglia che sotto sotto (ma neanche tanto, bastava aprire un poco quella giacca vintage e voilà!) possedeva un animo da zoccola.
- Rooon! Dimmi, hai visto Will? ~- sorrise, appoggiato alla parete e per nulla a disagio in quella situazione che aveva visto ripetersi sin troppe volte.
- A-ah… Senpai! No, non ho visto il Senpai William… So solo che è uscito prima oggi, penso sia tornato a casa.- abbozzò un sorriso, grattandosi il capo imbarazzato e cercando di ritirarsi su i pantaloni, impacciato.
La ragazza con lui arrossì, cercando di nascondersi dietro al corpo dell’altro.
“Ottima tecnica di mimetismo, tesoro.” Pensò con una punta di veleno lo shinigami in rosso.
Bene, se Will era a casa l’avrebbe raggiunto.
- Oh, Ron! Cosa ne diresti di fare anche il mio lavoro, per oggi?- gli prese il mento con due dita, ammiccando con fare provocante e trattenendo una risatina davanti allo sguardo terrorizzato e disgustato del biondo.
- Che?! Senpai, lavorare non mi fa impazzire già di mio, se poi mi metto anche a fare il vostro lavoro…- venne zittito da un indice guantato posato sulle sue labbra.
- Non vogliamo che Quelli Là* sappiano delle tue scappatelle, vero?- sorrise, dolce come i bambini che chiedono delle caramelle in cambio del loro silenzio sulla relazione clandestina della sorella.
- … E va bene, affare fatto.- borbottò sconfitto l’altro.
- Ottimo~.-


Era arrivato in pochi minuti a casa di Will, ormai conosceva la via a memoria date le sue brevi (e soprattutto non volute, almeno da parte del moro) visite notturne.
Entrato nell’appartamento però, aveva una copia delle chiavi, non era mica uno sprovveduto lui!, non vi trovò nessuno.
Inarcò le sopracciglia, irritato per aver fallito nella sua ricerca.
Quando stava per andarsene sentì una melodia provenire dalla camera da letto.
I suoi occhi brillarono, come si sporse leggermente socchiudendo la porta per vedere che stesse succedendo all’interno.
Nella camera, ordinata e pulita in modo meticoloso che quasi sfiorava il maniacale, in piedi davanti al letto a due piazze (“Abbastanza grande per due” pensò subito Grell) vi era una figura in nero che, tenendo in mano una sorta di… bastone… produceva una bellissima melodia.
Il rosso ascoltava, incantato, la bella musica che proveniva dal suo Will, così abile con gli strumenti.
In effetti l’idea di imparare a suonare era stata sua, iniziata come il capriccio di una diva che voleva superare William in tutti i campi, non solo nella parte pratica del loro lavoro.
Il suo scopo era iniziare e divenire bravissimo in poco temo, per poi lasciare le scene al massimo della fama, in modo che la sua leggenda durasse in eterno.
Sì, la leggenda della violinista scarlatta. Questo era il titolo che si era dato, visto il suo interessamento per lo strumento a corde.
William invece, più calmo e meno esibizionista, aveva optato per un flauto traverso argento.
Quando il rosso si era lamentato per la scelta poco originale il moro gli aveva tirato il flauto in testa, a mo’ di Death Schyte.
Delicatamente, sia chiaro.
Non voleva mica romperlo!
Il flauto, non Grell, ovviamente.
Quando il giovane ebbe finito la sonata, il rosso fece la sua entrata in scena teatrale.
Applaudì lentamente, in modo quasi plateale, e riuscì ad avvicinarsi abbastanza a William per mettergli un braccio attorno alla vita.
- Non credevo fossi andato avanti a prendere lezioni, Will dear ~.- gli soffiò in un orecchio, venendo ricompensato  con un colpo di flauto sulla testa rossa.
Delicato.
- Cosa ci fai tu qui, Sutcliff?- si sistemò gli occhiali, frustrato, cominciando a smontare il suo strumento per riporlo accuratamente nella sua custodia.
- Mi mancavi, che domande! Dimmi, cosa stavi suonando?- sorrise, ignorando lo sguardo gelido del moro che se lo levò di dosso con una gomitata.
- Le nozze di Figaro, non lo conosci?- accennò un sorrisetto di scherno davanti alla totale incapacità musicale del rosso.
Rosso che, dal suo canto, sbuffò irritato.
- Ovviamente lo conosco, per chi mi hai presa?- pareva quasi offeso.
Dico quasi perché chiunque conosca Grell Sutcliff sa che è difficile, se non impossibile, offenderlo per davvero.
Era un’impresa titanica sferzare, anche di poco, la corazza d’autostima (o vanità?) che si era costruito negl’anni la lady.
- Anzi, mi faresti sentire qualcos’altro?- si sedette sul letto, non facendo neanche troppi complimenti.
L’occhio di William si contrasse, ma sapeva bene che, se non l’avesse accontentato, quello sarebbe andato avanti.
- Un brano. Uno solo.- prese in mano il flauto e, dopo averlo rimontato si portò la testata alla bocca, cominciando a soffiare.



Come fossero arrivati in quella situazione, Will non lo sapeva.
Tutto ciò che sapeva era che aveva un Grell addormentato sul letto, e che lui era troppo stanco per poter anche solo pensare di svegliarlo.
Con un sospiro il moro gli tolse gli occhiali, poggiandoli sul comodino di fianco alla tastiera in legno e sdraiandosi poi vicino a lui.
Erano le due di notte, aveva suonato per talmente tanto tempo che aveva la gola secca e il fiato ridotto a zero.
Il rosso si voltò, abbracciandolo e accoccolando il viso nell’incavo del suo collo.
Will si irrigidì, socchiudendo poi gli occhi respirando il profumo di ciliegia dei capelli dell’altro.
Rimasero così, in quel abbraccio non voluto, per tutta la notte, sino a che anche il moro non cadde nel mondo dei sogni.

-Wiiill! Dobbiamo assolutamente imparare a suonare!-
- E perché mai, Sutcliff?-
- Ma come perché?! I musicisti sono così… affascinanti! Forza, sbrigati, scegli uno strumento!-
- Ti piacciono i musicisti?-
- Non sai quanto! Che ne pensi di questo violino?-
- Uno strumento è un impegno costante, sicuro di riuscire a portarlo a termine?-
- Non ignorare le mie domande!-
- Non le sto ignorando, le sto volutamente glissando.-
- E violino sia, grazie per l’aiuto, sei stato indispensabile.-
- Non c’è bisogno di essere sarcastici, Sutcliff.-
- Non sono sarcastica, sto volutamente facendo dell’ironia. Che bel flauto, hai intenzione di prendere quello?-
- Possibile…-
- Auch! Che bisogno c’era di colpirmici?!-
- Volevo vedere se era utile in termini pratici…-
- Tsk, frigido.-
- Iperattivo.-
- Ti amo, lo sai?-
- …-


Nyaa: Mai più.
No, dico sul serio, mai più una cosa del genere. Amo lo shonen-ai, ma evidentemente non lo so scrivere.
Grell penso di averlo lasciato IC, ma con gli altri (Seb in primis) non ho davvero speranze.
Sigh.
Comunque.
Sono, finalmente direi, riuscita a finire questa fic (fra una versione di latino e delle traduzioni di greco)e spetta a voi giudicare.
Per i prompt: so che possono sembrare (anzi, direi proprio che lo sono per chiunque) insensati, ma per me e per Vanny hanno un senso.
Per le mie asterischette:
* meine liebe: Letteralmente, “mia cara” in tedesco. Come capita anche nel seguito della fanfic, ho deciso di prendere spunto dalle origini tedesche del nome “Grell”.
* Verlierer: Come detto prima, ho sfruttato il tedesco. A detta di google traduttore, significa “sfigati”.
* Malpela: Omaggio al caro Verga e al suo “Rosso Malpelo”. Un tempo si credeva che i capelli rossi erano un simbolo del demonio, un’idea malpela può essere quindi interpretata come una “furbata”, un’idea sadica.
* Quelli Là: Qui mi riferisco semplicemente ai loro superiori,” i piani alti” per così dire.
La parte finale in corsivo è un flash back, nel caso non si fosse capito.
Tanti tanti auguri Vanny, spero che passerai un felice compleanno!
Spero vi sia piaciuta, lasciate qualche recensione se volete e grazie ancora di aver letto!
Salutoni!

Nyaa <3


  
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