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Autore: UncleObli    16/10/2012    4 recensioni
Una vacanza fra amici. Un cottage in riva al lago. Il terrore nella foresta non ha volto umano, e cammina fra i vivi. Cosa si prova quando è la propria vita a venire afferrata?
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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«Per l’ultima volta, la smetta di dire assurdità. Due persone non spariscono nel nulla, come se nulla fosse. Lei mi sta nascondendo qualcosa, e io scoprirò cos’è. Crede forse che io sia nato ieri? No, mio caro. Resteremo qui finché non avrà formulato un racconto di senso compiuto. Non ho fretta. Sa com’è, mi pagano.»

L’uomo seduto al tavolo degli interrogatori si prese la testa fra le mani, ansimando. Da più di sette ore non faceva altro che ripetere le stesse cose all’uomo incredulo che gli stava di fronte. E la cosa più sconvolgente era che in fin dei conti quel poliziotto stempiato aveva perfettamente ragione. Non avrebbe raccontato ciò che era successo  veramente nel cottage. Non voleva. Non poteva. L’avrebbero semplicemente preso per matto e spedito al primo manicomio di provincia sull’elenco telefonico. L’uomo tradusse in parole i suoi pensieri confusi:

«No no, è la verità. Non so che fine abbiano fatto. Erano…con me! E poi…non lo so, i miei ricordi sono confusi! Come glielo devo dire che non so nulla? Se potessi aiutarvi lo farei, mi creda.»

Il poliziotto sorrise, gelido. Era lampante che la sua scusa non l’aveva convinto minimamente. E nemmeno l’uomo poteva dargli torto, in fin dei conti. L’agente credette di scorgere un lampo di paura nello sguardo dell’uomo, e non a causa dell’interrogatorio un po’ brusco. Così decise di cambiare tattica, per l’ultima volta prima di procedere all’archiviazione del caso e all’arresto dell’uomo per duplice omicidio.

«Senta, signor Johnson, lei è certamente dotato di una fervida immaginazione, lo deve essere per fare il lavoro che fa. Ora, vuole forse farmi credere che non solo non si ricorda nulla dell’accaduto ma anche che non riesce a immaginare dove i suoi amici possano essersi cacciati? Forse potrei farle tornare la memoria con qualche giorno in gattabuia…o, meglio, potrei farla tornare al cottage. Così forse si ricorderebbe qualcosa.»

Le sue parole ebbero un effetto incredibile sull’uomo. Iniziò a tremare dalla testa ai piedi, tanto che il poliziotto credette di trovarsi di fronte ad una crisi epilettica. Poi si calmò. Il signor Johnson parve di nuovo lucido. E vi era qualcosa di inquietante nel suo sguardo limpido e accusatorio. Con voce suadente iniziò a narrare, prima lentamente, con titubanza, poi via via più spedito.

«E va bene. Che sia maledetto se voglio mettere ancora anche solo un unghia dentro quel postaccio infame. Ma lei non mi crederà, glielo assicuro. Ma sappia che quella che sto per dire è la pura verità. Non ho mentito, almeno in principio. Come lei sarà ormai stanco di sentire sono venuto qui con i miei due amici in vacanza. Lo sa no? Aria buona di montagna, acqua fresca…un toccasana per un uomo della mia età. Noleggiai quel cottage appena arrivato, come dire, stregato dal suo fascino. Non ebbi un minimo di esitazione, e lo affittai per tutta la settimana. La posizione era buona, vicina al lago così come il locale. Sembrava ristrutturato di recente, anche. Lo definirei pittoresco.»

Qui l’uomo si interruppe. Bevve un sorso d’acqua minerale dal tavolo, e si asciugò il sudore sulla fronte con un fazzoletto di stoffa. Con il medesimo fazzoletto si inumidì le labbra. Approfittando della pausa nella narrazione il poliziotto consultò le sue scartoffie e per la sesta o settima volta commentò, caustico:

«Come ho detto, deve avere una fervida immaginazione. Il cottage da lei descritto non esiste. Non ci sono cottage vicino al lago. Non ce ne sono mai stati. E si fidi, me ne ricorderei. Abito qui da sempre, e se domandassi al mio defunto nonno probabilmente confermerebbe. Il terreno vicino al lago è cedevole. Non si può costruire lì. Sta dicendo una marea di sciocchezze.»

L’uomo annuì, solennemente. Poi, come per enfatizzare il concetto, fece un gesto conciliante con le mani aperte. Sembrava divertito dalla costanza del vecchio poliziotto. Ma anche un po’ scocciato, in effetti.

«Senta, non andremo da nessuna parte se si ostina a contraddire ogni sillaba che dico. E comunque non è l’unica cosa incredibile nella mia storia la posizione del cottage. Dicevo, quel fottuto cottage era dannatamente confortevole. Ci stavamo bene, e per i primi due giorni andò tutto per il meglio. L’incidente accadde il terzo giorno.»

«Cazzate! Non sono passate nemmeno 36 ore da quando siete arrivati qui. Ma che tre giorni d’Egitto! Senta, signor Johnson, dovrà essere molto più convincente di così se vuole salvare la pellaccia. E la sua situazione non è affatto rosea, me lo lasci dire. Ripeto: non esiste nessun cottage vicino al lago. La signora della Reception ha testimoniato sotto giuramento di avervi portati al cottage vicino al vecchio ponte. E’ lì che avete soggiornato.»

L’uomo questa volta fece finta di non aver sentito, e proseguì:

«Dicevo, il terzo giorno avvenne il disastro. La mattina ci svegliammo, e prendemmo al bar del paese un caffè disgustoso e una cheesecake più stopposa delle tette di una strega. Santo dio, mi pare di averla qui davanti, quella schifezza. Poi abbiamo fatto il bagno al lago e siamo tornati nel primo pomeriggio, dopo aver consumato un parco pranzo al sacco. Guardammo la televisione fino a sera, non ricordo cosa, e poi abbiamo giocato a carte. Io ho vinto facilmente le prime due mani, mentre uno dei miei amici, Terry, vinse la terza, la quarta e la quinta mano. Fortunato figlio di puttana. Poi ci mettemmo il pigiama e guardammo un altro po’ la televisione. Erano le dieci e mezza. Dalla finestra aperta entrava un soffio di aria gelida, e io avevo i brividi. Non ricordo perché non mi alzai per chiuderla. So solo che di quella sera ricordo il freddo, talmente intenso che era come se mi si rimescolassero le viscere. Terry mi guardò, e sorrise. Poi le luci si spensero.»

Il poliziotto attese che il racconto proseguisse. Ma l’uomo non pareva avere intenzione di continuare. Stava tremando, e sudava abbondantemente. Con voce tremante l’uomo chiese:

«Mi scusi, non potrebbe darmi una sigaretta, per cortesia? Io…ho bisogno di calmarmi un attimo se non le dispiace.»

Al poliziotto dispiaceva eccome, dal momento che in caserma non si poteva fumare, ma fece finta di nulla e con noncuranza consegnò la sigaretta al signor Johnson. L’uomo la accese con un fiammifero che aveva in tasca  e iniziò a fumare con evidente sollievo. Poi proseguì, più calmo.

«Le luci si spensero. Io non mi spaventai più di tanto, perché eccetto quel freddo innaturale non mi pareva di percepire niente di anomalo. Poi la porta del cottage si aprì. Naturalmente non vidi nulla, a causa del buio pressoché totale ma udii distintamente il rumore cigolante provenire dall’ingresso. Chiamai per nome i miei amici, ma nessuno rispose. Pensai che fossero usciti per cercare di ripristinare la corrente, ma non ritornarono. Io mi alzai, e cercai delle candele in cucina. Stavo aprendo il cassetto del mobile vicino al tavolo quando iniziarono ad accadere cose strane, innaturali. Sentivo qualcuno respirare, vicino a me, prima piano, come se cercasse di celare la sua presenza, poi sempre più forte, finché il respiro non divenne un costante ansimo. Io mi sforzai di credere che fosse solo la mia immaginazione. In seguito potei chiaramente scorgere, grazie alla luce della luna che filtrava dalla finestra dietro di me, un ombra alla mia destra, fluente, come se indossasse ampie vesti mosse dal vento. L’inquietudine divenne quasi terrore. Ora alle mie spalle sentivo dei passi, strascicati, che puntualmente si interrompevano quando mi fermavo per cercare di carpire la posizione dell’intruso. Ne ero certo. C’era qualcun altro con me nel cottage. Presi dalla mensola un coltello da cucina, e mi rifugiai in camera da letto. Chiusi la porta a chiave. Sentivo un gracchiare sordo, appena fuori dalla porta, e rumore di unghie contro il muro di legno del cottage. A questo punto ero completamente fuori di me dall’angoscia. Mi sembrava che la mia vita fosse stata afferrata da un essere al di là di ogni comprensione. Non appena giunsi a questa conclusione, la luce tornò. Io mi tranquillizzai. Aprii lentamente la porta, e tornai in cucina. Sembrava tutto tornato alla normalità, eccetto che i miei amici non erano ancora tornati. D’improvviso la luce si spense ancora. Sentii un rumore di vetri infranti e un urlo agghiacciante squarciò l’oscurità. Non pareva affatto un urlo umano. Non so spiegarmi bene ma seppi dentro di me con certezza che non era umano. Cosa fosse non lo voglio sapere. So solo che non persi tempo. Spezzando i fili invisibili che mi tenevano avvinto a quel luogo infernale uscii di casa e corsi nel bosco. Mi sentivo braccato, come se avessi un pugnale puntato alla gola. La sensazione era quella. Mi pareva quasi di sentire il freddo metallo a contatto con il mio pomo d’Adamo. Non vi erano stelle, quella notte, né luna. Era un luogo morto, e custodito dai morti. Intorno a me vi era solo il silenzio della foresta. Mi persi nel bosco, e corsi fino a svenire. Quando mi risvegliai ero nel cottage vicino al vecchio ponte, come dice lei. E non erano passate che 36 ore. Dei miei amici non vi era nessuna traccia, ma sui miei vestiti trovai foglie secche e le scarpe erano sporche di terriccio.»

Il poliziotto non seppe cosa replicare. Era una storia troppo ridicola per essere vera. Ma troppo audace per essere completamente inventata di sana pianta. Al vecchio agente non rimase che capitolare.

«Per oggi abbiamo finito, Signor Johnson. Ne riparleremo domani; nel frattempo si riposi. La faccio portare in una delle celle della nostra caserma.»
Il signor Johnson commentò:

«Le avevo detto che non mi avrebbe creduto. Spero che per lei queste possano rimanere le farneticazioni di un folle ancora per molto tempo.»

«Non ho dubbi a riguardo.»

«Oh, io si.»
  
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