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Autore: Nocturnia    17/10/2012    8 recensioni
Ti eri voltata, incamminandoti per le scale dell'acciaieria.
Era l'inizio, era la fine.
Era l'ultima risata, il commiato vibrante e assoluto di una vedova al proprio amato.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Bruce Wayne, Joker, Harley Queen e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"Posso misurare il moto dei corpi, non l'umana follia".

- Isaac Newton -

Maschere d'amore

 
Non ti erano mai piaciuti i clown.
Li trovavi ridicoli e persino un po' bruttini, con quel loro nasone rosso e quei modi di fare sempre sorridenti, sempre allegri.
Erano ipocriti.
Erano un'orribile maschera dietro alla quale si celavano mostri e situazioni difficili, complicate.
Magari un'infanzia abusata oppure un lutto in famiglia.
Nessun sorrideva sempre.
Nessuno.

Tranne lui, vero Harley?

Fissavi un punto indefinito oltre la sua spalla, il pipistrello una figura d'incubo e tenebra.
Pareva prendere consistenza solida tutta quell'oscurità attorno al Cavaliere di Gotham, tra le braccia un fantoccio di stracci e biacca.

No.

Non poteva essere vero.
Era uno scherzo.
Uno degli scherzi di Mr. J.
Adesso lui si sarebbe alzato e avrebbe urlato bam!, ficcando un bel proiettile nella testa cornuta del pipistrello.
Giusto?

"Il TITAN è parte di lui, delle sue cellule. Mi dispiace. Il processo non è reversibile."

Tra i cirri grigiastri di un cielo scuro e livido avevi appreso appieno la verità.
Sotto una pioggia battente avevi schiaffeggiato a sangue il pipistrello, lasciando che fosse una punizione tutta femminile e un po' blanda a corrodergli l'animo.
Non si era scansato, depositandolo sul cofano della macchina di Gordon.
Ansante, ti eri afflosciata su te stessa, diventando una massa liquida e fragile, quasi uno stelo in mezzo a una tempesta.

Fa male.

Faceva un male cane.
Oltre la follia, oltre gli strati di arroganza e supponenza, oltre il tuo titolo di 'arlecchino', faceva terribilmente male.
Eri carne viva e bruciante, un nodo d'amore e pazzia ormai rappreso.
Eri polvere e presto il vento della baia ti avrebbe spazzato via.
Per sempre.

Vendetta, mia cara, vendetta. Cosa c'è di più dolce?

Gettavi uno sguardo allucinato ai tuoi sottoposti, grattando e grattando, consumando ciò che rimaneva della tua mente.
Non l'avevi neppure pianificata: semplicemente, avevi agito.

"Sei una stupida, Harley. Stupida."

Così aveva motteggiato 'la rossa', lasciando che le sue piante parlassero per lei.
Amava un uomo - un pagliaccio - con tutto il cuore e lei la chiamava stupida.
Amava e non cercava consolazioni solitarie, al contrario di Ivy, che degli uomini aveva fatto l'imago spietata del mondo.
Amava e piangeva.

"Non è certo una persona raccomandabile il Joker."

Certo.
Perché lo era invece un pipistrello brutale e violento, vero Selina?
Com'era fare l'amore con la notte e il sangue, eh, Selina?
Era bello? Era piacevole? Era eccitante?
Tra le braccia di una bestia ti eri sentita, infine, umana?

Avevi scosso la testa con forza, i capelli che frustavano l'aria circostante.
Ti eri guardata allo specchio, tra il fumo e il vetro scomposto l'immagine di una donna avvizzita, rancorosa.
Un mucchio di balle e belle parole, ecco cosa erano quelle due.
Un pianta carnivora e menefreghista era Ivy, un bacio dal sapore dell'odio e un sorriso che era fiele e falsità.
Una gatta randagia e traditrice era invece Selina, buona solo a correre dietro a un topo con le ali.

Avevi sorriso: un sorriso sgradevole, che non raggiungeva veramente gli occhi.

"Prenderemo Arkham City e vendicheremo il capo! Mi avete capito?"

Sotto di te la folla aveva urlato, un mugghiare disarticolato e feroce.
Quel sorriso non aveva abbandonato le tue labbra e lì rimaneva, cicatrizzato nel dolore e nella pazzia.
Faceva male, era inutile negarlo.
Il fianco ti doleva in maniera pulsante e l'addome era tutto un grumo, ma niente faceva male come la sua assenza.

"Sei un cosino carino, Harley. Non cercare di capirmi...impazziresti nel preciso istante in cui tentassi di farlo"

Ti eri morsa il labbro inferiore, conficcandoti le unghie nel palmo della mano e lasciandone stillare sangue.
Nel cielo si era delineata un'ombra scura, lo stigma di una città ingrata e maledetta.
Il pipistrello stava arrivando.

"Nessuno è veramente chi dice di essere."

Ti eri voltata, incamminandoti per le scale dell'acciaieria.
Era l'inizio, era la fine.
Era l'ultima risata, il commiato vibrante e assoluto di una vedova al proprio amato.

L'ultima risata di un pagliaccio che aveva saputo rubarti il cuore.
Che aveva saputo rubarti la vita.

"Mi piace come nome Harleen Quinzel. Mi fa pensare che ci sia qualcuno in grado di capirmi o, almeno, di provarci."

Ridi Gotham.
E che quella risata sia il tuo ultimo respiro.
   
 
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