Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: arael93    17/10/2012    0 recensioni
Chiara stava corredo più velocemente che poteva verso casa mentre quel violento temporale estivo si stava abbatteva sulla campagna, ricoprendo tutto ciò che c’era intorno.
C’era un uomo sul ponte. Era fermo, immobile. Stava seduto sulla ringhiera, le gambe a penzoloni verso il fiume e un’aura malinconica e triste stava attorno a lui. Aveva tutta l’aria di uno che stava seriamente meditando di buttarsi di sotto. Cosa doveva fare ora lei? Poteva forse ignorare la cosa?
No. Si. Forse. No.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Chiara stava corredo più velocemente che poteva verso casa mentre quel violento temporale estivo si stava abbatteva sulla campagna, ricoprendo tutto ciò che c’era intorno. Era ormai completamente fradicia, e ogni tentativo di salvare qualcosa da tutta quell’acqua era ormai inutile. I fulmini avevano ormai smesso di irrompere nel cielo e di illuminare il tutto attorno a lei, ma la pioggia continuava a scendere incessante.

Stava per attraversare un ponte che stava sopra un fiume, ponte dove di solito si fermava sempre a dare un’occhiata alle acque impetuose che scorrevano senza pausa, ma con quel tempo avrebbe saltato il suo rituale quotidiano.

C’era un uomo sul ponte. Era fermo, immobile. Stava seduto sulla ringhiera, le gambe a penzoloni verso il fiume e un’aura malinconica e triste stava attorno a lui. Aveva tutta l’aria di uno che stava seriamente meditando di buttarsi di sotto. Cosa doveva fare ora lei? Poteva forse ignorare la cosa?

No. Si. Forse. No.

Si avvicinò al ragazzo, che avrà avuto all’incirca 25/27 anni, e si appoggiò alla ringhiera affianco a lui.

-Non mi sembra il tempo più adatto per ammirare questo spettacolo. Non credi?- In effetti con tutta quella pioggia il fiume si era ancora ingrossato parecchio, sembrava molto più pericoloso ed era molto più bello da osservare.

-Forse hai ragione. Ma non era il mio scopo principale- Non si voltò nemmeno per osservare la sua interlocutrice.- Però non mi sembra neanche il tempo più adatto per parlare con uno sconosciuto, cosa di solito pericolosa, quindi ti consiglierei di andartene ragazzina.-

-Mi sembra pericoloso anche stare seduti cosi, sulla ringhiera di un ponte alto 4 metri sospeso su un

fiume pieno di rocce appuntite. E il tutto durante un violento temporale non credi?- Lui mosse appena la testa nella sua direzione, come se volesse sentire meglio la sua voce in mezzo a tutto quello scrosciare d’acqua.

-Usi un po' troppe ripetizioni ragazzina. Di certo non intravedo per te una carriera da scrittrice sai? Inoltre quello che faccio io su questo ponte non è di certo affar tuo.-

-E tu come lo sai? Sei forse uno scrittore?- rispose un po' piccata.

-Si. -

-Ah-

-Sei ancora qui ragazzina. Quando te ne vai?-

-La smetti di chiamarmi ragazzina? Ho 23 anni non 15.- disse chiara piccata. L’uomo si voltò di scatto a guardarla. Era la prima volta che riusciva a vederlo in viso.

-Seriamente? A me sembri solo una ragazzina.-

Lei non rispose nulla, si limitò solo ad osservarlo. Era quello che si poteva considerare un bell’uomo nonostante avesse un’aria trascurata. La barba era incolta, come se fosse stata li da almeno una settimana ma erano i suoi occhi che l’avevano rapita. Occhi azzurri, chiari, in netto contrasto con lo scuro dei capelli, e cosi malinconici da far venire le lacrime. Sembrava che non dormisse da secoli data l’evidenza delle occhiaie e sembrava anche particolarmente infastidito dal fatto che quella ragazzina fosse ancora li.

Di colpo rigirò la testa, come se avesse sentito un rumore, ed in effetti in lontananza i tuoni si stavano riavvicinando a loro.

-Vattene. -

-Vuoi forse buttarti di sotto?- Forse avrebbe dovuto usare un po' più di tatto.

-Secondo te ragazzina?-

-Sì.- Si voltò di nuovo a guardarla.

-Brava. E dimmi, hai forse intenzione di impedirmelo?-

-Non credo di averne i mezzi. A quanto pare non ci so fare con le parole, o sbaglio?- La guardò sorpreso.

-E allora cosa ci fai ancora qui?-

Bella domanda, cosa ci faceva ancora li? Non poteva impedirgli nulla, non poteva aiutarlo, non sapeva come avrebbe potuto farlo.

-Non lo so. Sai hai ragione, forse dovrei semplicemente andarmene prima di essere testimone dell’ultimo gesto di idiozia da parte di un uomo.- Nonostante le sue parole non si mosse di un millimetro. l’uomo tornò a concentrarsi su di lei invece.-Ma almeno hai un buon motivo per farlo?-

-Non vedo come questo potrebbe interessarti.-

Passarono un po' di tempo in silenzio, nessuno dei due aveva idea di cosa dire o pensare.

-La donna che stava per diventare mia moglie è stata investita, due mesi fa. Non si sa nemmeno chi sia stato, il bastardo l’ha fatta franca, probabilmente un ragazzino della tua età, ubriaco e incurante di quello che ha fatto. Lui... lui mi ha tolto la cosa più bella che avevo al mondo. E io non posso farcela senza di lei.- le sue lacrime iniziarono a confondersi con la pioggia. Poi si riprese, si passò una mano sul viso, e proseguì come se niente fosse. -Perché dovrebbe essere un gesto idiota? Forse è solo da disperati quello te lo concedo. Ma perché diavolo sto tentando di giustificarmi con una ragazzina?- Scosse la testa, come se avesse pensato a qualcosa di profondamente sbagliato.

-Farai soffrire un sacco di persone cosi, lo sai?-

-Nessuno si dispiacerà per me. Non ho nessun’altro al mondo, se non lei. -

-Sei uno scrittore, avrai dei fan immagino. A loro dispiacerà.-

-Può darsi. Ma tu cosa ne vuoi sapere?- Aveva smesso di piovere.

Già, lei cosa ne poteva sapere? Del dolore che provava lui sicuramente nulla, ma di quello che si provava nel vedere qualcuno uccidersi, quello lo sapeva bene.

-Una mia compagna di classe si è uccisa, 5 anni fa. La conoscevo dalla prima superiore, eravamo amiche, magari non migliori amiche, ma comunque lo eravamo. Quel pomeriggio dovevo andare da lei, ed ero in ritardo. Pioveva, come oggi, e c’era il disastro per strada, dato che c’era stato un incidente. Quando arrivai da lei davanti a casa sua c’erano una macchina della polizia e un’ambulanza, la madre che piangeva disperata, il padre che parlava con i poliziotti, e un sacco di gente curiosa, che cercava di capire cosa stesse succedendo. Non so se riuscirò a perdonarla per aver premuto quel grilletto, qualsiasi possa essere stato il motivo di quel gesto. Non ha lasciato scritto nulla, niente, non una spiegazione o un indizio che lasciasse capire che cosa avesse passato per arrivare a quel punto. Nessuno di noi ne ha un’idea, e se ce l’ha sta zitto. Lei ha solo premuto il grilletto, una scelta facile, come la tua di buttarsi giù da un ponte, una scelta che trascura tutto ciò che ne consegue: giornali, articoli, il banco vuoto che ti ricorderà sempre che quella persona non c’è più, un suo oggetto che ti aveva prestato, il dolore, un’enormità di dolore per i suoi genitori e chiunque la conoscesse.

E tu, tu vuoi buttarti, pensando che cosi raggiungerai la tua amata. Perdona il mio cinismo ma chi ti dice che sarà cosi? Tu vuoi buttarti perché è più facile, perché cosi, a parte il primo minuto dove batterai la testa e soffrirai molto, non dovrai più passare le notti e i giorni pensando a lei e soffrendo, non dovrai più vedere il suo posto vuoto che ti ricorda che il suo sorriso non ci sarà più, perché questa è di fatto la scelta più facile, quella in cui si abbraccia il dolore e lo si soffoca in un colpo solo.

E poi, lei ti amava immagino. Lei non lo vorrebbe sai? Non credo proprio. Non la conoscevo, ma non credo che avrebbe voluto che tu ti crogiolassi nel dolore e che...no non credo proprio.-

-E cosa dovrei fare eh ragazzina? Dimmi cosa dovrei fare? Dovrei fare finta che nulla fosse successo? Andare avanti ed essere felice come se nulla fosse??-

-No. Assolutamente no. Dovresti soffrire, stare male per lei, e poi alzarti una mattina e accettare ciò che è successo e vivere una vita tua, non una vita nel dolore. Sei uno scrittore, o cosi dici, allora devi incanalare il dolore nello scrittura, trasmetterlo, usarlo, non farti dominare da lui. Ma in fondo io sono una ragazzina, giusto? Cosa ne posso sapere?-

Lui si voltò a guardarla. É vero. Era vera ogni singola parola che aveva pronunciato. Senza aggiungere altro lei si girò e se ne andò via, mentre la pioggia ricominciava di nuovo a scendere violenta su entrambi.

 

Due anni dopo.

-Accendi la televisione, subito!- aveva appena risposto al telefono.

-Ciao anche a te Matteo, si sto bene grazie e tu come te la passi?- Rispose sarcasticamente mentre si avviava a fare ciò che diceva-Su che canale? E spero per te che sia importante.-

-Sul 2. E lo sarà. Aspetto la tua telefonata per ringraziarmi. Anzi no, vengo direttamente a casa tua-

Sul 2 una giornalista stava introducendo un nuovo servizio, in cui uno scrittore presentava un libro. La giornalista stava introducendo lo scrittore che era inquadrato si spalle.

-Dopo la morte tragica della sua fidanzata avvenuta quasi tre anni fa ha deciso di pubblicare un libro la cui trama in realtà è un po' più impegnata di tutti i lavori che le abbiamo visto pubblicare fin’ora, racconti più o meno brevi, ma sempre molto allegri. In quest’opera invece lei ci presenta la mente di un ragazzo di un ragazzo che sta meditando di suicidarsi e non dico più altro su questo nuovo libro per non rovinarlo anticipando qualcosa. Mi dica signor Linton, quanto del suo dramma c’è in questa storia? Perché nel leggere il libro qualche somiglianza mi è parsa di percepirla, o mi sbaglio?- L’inquadratura si spostò sull’intervistato e Chiara dovette reprimere un urlo di sorpresa.

-Devo ammettere che c’è molto di mio in effetti,mi sono messo in gioco, molto di più che negli altri libri. È stata davvero dura per me superare la morte di Francesca, credo che tutti lo sappiate quello che è successo. Questo libro è stata una delle cose che mi è servita per passare la fase del dolore e mi ha fatto accettare ciò che è successo. Non che non mi manchi, mi manca sempre, ma non si può lottare col passato, nè cercare di vivere in esso.- La giornalista aprì il libro nella pagina dove si trovavano le dediche.

-Mi ha colpito molto la dedica all’inizio del libro. Posso leggerla?- Lo scrittore annuì- Dedico questo libro a una ragazzina che, pur avendo 5 anni in meno di me, mi ha insegnato a superare le scelte facili, a intraprendere quelle difficili e a superare il dolore. Non so il tuo nome, non so chi sei ora, dopo due anni, ne chi eri quando ti ho conosciuta, ne so se ti rivedrò mai, ma so che vivo grazie a te, e questo è il mio modo di ringraziarti. - La giornalista mostrò un disegno, apposto nella pagina seguente. Ritraeva una ragazza sotto la pioggia, completamente bagnata, capelli lunghi lungo il volto, un’aria un po' disordinata e uno sguardo fiero e deciso negli occhi. Stavolta Chiara non represse la sorpresa. -Posso chiederle al riguardo?-

-Lo ha già fatto. Sto scherzando ovviamente. Sa, due mesi dopo la morte di Francesca io mi sono ritrovato seduto su un ponte durante uno dei peggiori temporali che abbia mai visto, con la ferma intenzione di raggiungere la mia amata. E se ora sono seduto davanti a lei, presentando un nuovo libro e di nuovo quasi felice, e lo devo solo alla ragazza che vede ritratta li. Si è fermata sotto quel temporale, nonostante fosse bagnata fradicia, e ci fosse una tempesta in corso, ed è stata l’unica a capire cosa stavo per fare e a trovare il modo di fermarmi nonostante la mia ben poca gentilezza nei suoi confronti. Devo la mia vita a lei, perché me l’ha salvata, e le dirò di più, credo di amarla per il solo fatto che con le sue parole sia riuscita a impedirmi di compiere questo gesto.-

-Insomma l’ha riportata alla vita, e le ha ridato la possibilità di amare.-

-si, è vero. Mi sento un po' in colpa nei confronti di Francesca, o meglio ciò è successo all’inizio, ma lei avrebbe voluto che fossi andata avanti. I suoi stessi genitori me lo hanno detto sa? Ho raccontato a loro ciò che era successo. I miei sono morti diversi anni fa, e loro mi sono sempre stati molto vicini e sono sinceramente affezionato a loro, tanto che mi invitano a pranzo tutte le domeniche, e mi hanno incoraggiato a cercare questa ragazza. Sono anche tornato a quel ponte, diverse volte per diverso tempo, ma non lo mai più trovata. Avrei dovuto chiederle il nome vero? Chissà forse avrò fortuna e il destino me la farà incontrare di nuovo.- In effetti lei si era trasferita appena fuori un’altra città pochi mesi dopo quell’incontro, subito dopo la specialistica e non era più tornata sul quel ponte. Si era spesso chiesta che fine aveva fatto lo scrittore, ma non aveva letto la sua storia da nessuna parte, e pensava che alla fine forse si era salvato. E ora lui la stava cercando.

Sentì bussare alla porta, e quando aprì trovò il suo amico che le stava davanti, con una copia del libro di quell’uomo. Gli aveva raccontato la storia, tutta, ed era l’unico oltre a lei a saperlo.

-Leggilo. Devi leggerlo.- contemporaneamente suonò il telefono. Sua madre. Doveva aspettarselo visto che Luca Linton era il suo scrittore preferito.

Dopo mezz’ora passata a spiegare la situazione alla madre, che era euforica per tutta quella storia, si mise a leggere il libro. Fini il libro verso le due della mattina, e non chiuse occhio per il resto della notte. La mattina dopo si presentò al lavoro con delle occhiaie spaventose, tanto che qualche suo collega si preoccupò. Per fortuna nessuno aveva visto il telegiornale, sennò non l’avrebbero lasciata mai in pace.

Fu il suo turno a essere intervistata diversi mesi dopo. Era una veterinaria di fama nazionale ormai nonostante la sua giovane età, una delle migliori chirurghe presenti sul suolo italiano, e aveva fatto diverse ricerche innovative in collaborazione con dei medici altrettanto famosi ed era davanti a una giornalista.

-Ma sa che lei mi ricorda qualcuno? Non ci siamo già viste prima?- le chiese una volta finita l’intervista.

-Non credo proprio. Mi dispiace.-

-Ma certo! Lei è la ragazza del libro di Linton.- Le porse il libro che aveva sulla scrivania.

-Non sono io. So che le assomiglio, ma non l’ho mai conosciuto. - Cerco di essere il più decisa possibile.

-d’accordo, farò finta di crederle e di non essere una giornalista esperta nel capire le persone e molto più anziana di te, visto che hai l’aria di una ragazza riservata che avrebbe fatto a meno persino di questa intervista dico bene?- Chiara non le rispose, ma la giornalista capì di aver centrato il punto.

-Ma almeno è vera la storia che si voleva suicidare o è stata una trovata pubblicitaria?- Le sussurrò con fare cospiratore porgendole un biscotto, che un ammiratore le aveva regalato.

-Se era una trovata ha fregato anche me. Spero che questa risposta rimarrà tra noi due. Lei non lo dica a nessuno e io prenderò in considerazione la collaborazione per un programma sugli animali una volta ogni tanto, può andare?- Il luccichio negli occhi della signora la convinse.

Era già da un po' che la rete la stava corteggiano per quel programma e a lei l’idea non dispiaceva, a condizione che potesse continuare con la ricerca e gli interventi. La produzione stava cercando un modo per accontentarla, e lei in fondo ci teneva a quel progetto nel quale erano coinvolti diversi nomi importanti nello scenario scientifico. In più ci teneva a dare una mano a sfatare miti falsi sugli animali e dare una mano a migliorare la loro salute.

 

Qualche sera dopo quell’intervista ricevette una telefonata inaspettata.

-Buonasera dottoressa Franzi. Sono Linton- Sussultò. Il suo enorme Alano grigio andò a posare la testa sulle sue ginocchia, come per confortarla.

-Come hai avuto il mio numero?- Evviva la gentilezza.

-Ti ho vista in televisione, e ho qualche contatto in giro. E la signora che ti ha intervistato è una mia amica da molti anni, è stata la prima che mi ha intervistato nella mia carriera, quando uscì la mia prima storia a 18 anni. Ci ho messo 3 giorni per trovare il coraggio di usare quel numero.- Ecco cosa era quel luccichio, altro che complicità con la ragazza, ma con lo scrittore. -Se la mia telefonata ti è sgradita, o avere qualche contatto con me lo è, metto subito giù e farò finta di non aver mai avuto il tuo numero, anche se farlo mi dispiacerebbe alquanto.- Sembrava sincero.

-No, tranquillo, mi fa piacere sapere che stai bene. Anche se hai rischiato di far venire un infarto a mia madre con quel disegno sai?-

-Scusami. È che speravo che in un qualche modo ti avrei ritrovata. Potrei vederti?- diretto. Poteva vederla? Stette un attimo in silenzio. Il suo alano iniziò a scodinzolare. È un si?

-Angus dice che potrebbe essere una buona idea. -

-Angus?-

-Il mio Alano.-

-Ah.- Ci fu una pausa silenziosa -Fuori a cena?- Audace. Fuori a cena Angus? Non scodinzolava più. Forse aveva ragione.

-Senza offesa, ma mi hai fatto già troppa pubblicità in questo periodo. Farmi vedere fuori con te finché questa storia è ancora fresca sarebbe un duro colpo per la mia tranquillità. Un conto è apparire in televisione per il mio lavoro, ma per il resto, un disegno basta e avanza. -

-Hai ragione. Ti spiegherò poi.-

-Credo che tu l’abbia fatto bene nell’intervista-

-L’hai vista?-

-L’ho vista.-

-Cazzo.-

-Ne parleremo. Alle 3 da me domani? Sai dove abito? Suppongo che la tua amica te lo abbia detto no? E spero che tu non abbia problemi con gli animali, perché qui ce ne sono parecchi. - Si salutarono, e lei si preparò a un’altra notte insonne nell’attesa di quello che sarebbe accaduto domani. Chiamò Matteo, e gli raccontò la conversazione.

 

Arrivò puntuale, e con un mazzo di fiori colorati.

-Non scherzavi quando dicevi che hai molti animali.- Si guardò attorno. C’erano 3 gatti in giardino, 5 cani che la seguivano fedelmente, un riccio, una serie di conigli in giro, due tartarughe e anche un pony.

-Un pony? Seriamente? E vanno tutti d’accordo?-

-Assolutamente. Il vantaggio di essere una veterinaria è che almeno ho qualche sconto sul cibo, e la casa e il giardino hanno spazio per tutti. Inoltre jack è un tagliaerba molto efficace.-

Lo fece accomodare in casa, e andò in cucina a preparare in caffè, quandò sentì un urlo represso nella stanza accanto.

-Quello è un serpente? Hai un serpente in casa?-

-Sei pregato di non offendere Voldy con le tue parole, è buono ma molto permaloso.-

-V-Voldy? Seriamente?-

-Che c’è?-

-Ma, hai chiamato il tuo serpente Voldy? Perchè non Nagini direttamente?-

-Perchè lui è un maschio. Me lo hanno portato in clinica quando l’hanno trovato abbandonato in un pattume, povero. Un mio collega è esperto di serpenti, e io erano secoli che ne volevo uno ed eccolo qui. - Intanto che diceva ciò aprì la teca nella quale stava sonnecchiando e gli porse un braccio. Lui accolse l’invito e le salì lungo l’arto per appoggiarsi sulle sue spalle. Sarà stato lungo un metro.

-Quando è arrivato qui era circa la metà. Si è sempre comportato benissimo. -

Lo avvicinò allo scrittore, che allungò la mano per accarezzarlo, salvo ritrarla spaventato al sibilo del serpente.

-No no. Devi porgergli la mano e aspettare che lui ti giudichi. Non ti farà del male. - In effetto il serpente gli si avvicinò, e si lasciò accarezzare. Chiara lo ripose nella sua teca e poi si avviò in cucina.

Preparò il caffè, mentre lui si era accomodato sul divano.

-Non pensavo avessi visto l’intervista.-

-Dopo quel pomeriggio ho chiamato un amico, lo stesso che non appena ha visto il tuo libro e che stata iniziando l’intervista mi ha chiamato dicendomi di accendere la televisione,e ti ho visto. È stata una bella sorpresa. -

-Non avrei dovuto metterci il disegno, lo so. In realtà l’idea non è stata mia.-

-Ah no?-

-Bè la dedica si, certamente. Il mio editore mi ha chiesto spiegazioni, e io gliele ho fornite.-

-E il disegno chi l’ha fatto?-

-Io. Quel giorno stesso. Mi ha chiesto una descrizione e io avevo quel disegno con me. Ieri sera hai accennato a tua madre.-

-Lei è una tua fan. Ha tutti i tuoi libri, e ovviamente ha preso anche quello nuovo e poi ha seguito l’intervista. all’inizio le era sfuggito il disegno, poi ci ha fatto caso, ha notato la vaga somiglianza e poi mi ha chiamata. Ci ho messo mezz’ora a calmarla.-

-Mi dispiace.-

-Tranquillo, per fortuna in pochi di chi mi conosce ha guardato l’intervista e me la sono cavata senza problemi.- Ci fu una pausa di silenzio pieno di parole non dette. Lei si alzò e andò a posare le tazze del caffè, e poi si risedette sulla sua poltrona. Lui aveva iniziato ad accarezzare uno dei gatti acciambellato affianco a lui sul divano.

-L’hai letto?-

-Matteo mi ha portato il libro subito dopo che mi ha avvisata. Io l’ho comprato il giorno dopo.-

-Che ne pensi?-

-E’ bellissimo. Davvero.- Altra pausa di silenzio.

-Bè, alla fine non avevo torto del tutto.-

-Riguardo a cosa?-

-Non sei una scrittrice.- Chiara iniziò a ridere.

-No, in effetti no. Ho discusso la tesi di laurea due mesi dopo il nostro incontro. Poi mi sono specializzata nella chirurgia, quella d’urgenza, e mi hanno fatto una proposta di lavoro e di ricerca che non ho potuto rifiutare.-

-La giornalista che mi ha dato il tuo numero ha detto mi faceva un enorme favore a darmi il tuo numero, che lei avrebbe rischiato di non vederti più. Che significava?-

-Che mi aveva fatto una proposta per un programma sugli animali, e mi voleva perchè sono giovane, moderatamente carina- rise- e perchè sono in grado di spiegare le cose in linguaggio umano e non in medichese come la maggiorparte dei miei colleghi. -

-In effetti è una caratteristica che non ho mai trovato in un dottore.-

-Il vantaggio di essere una ragazzina.- Altra risata.

 

-Come mai alla fine sei sceso da quel ponte?- diretta al punto.

-In realtà credo di essere rimasto li un altro paio di ore dopo che te ne sei andata. Il giorno dopo avevo una febbre spaventosa. -

-Si bè, non sei stato l’unico.-

-Lo immaginavo. Il punto è che dopo che te ne sei andata mi sono reso conto che ne sapevi molto, molto più di me pur essendo una ragazzina. Hai azzeccato il punto in pieno quel pomeriggio, su tutto, e avevi ragione, stavo scappando da tutto e da tutti, e avrei fatto soffrire molta gente. Non scherzavo in quella intervista, mi ha davvero salvato la vita. - Si alzò. -Credo che sia il caso che vada ora. Se posso, hai un invito a pranzo questa domenica. -

-Da parte tua?-

-Non esattamente.-

-In un luogo pubblico?-

-No. -

-Mi dici da parte di chi?-

-No. -

-Ah. Quindi suppongo di dover accettare. -

-Sarebbe carino.-

-D’accordo.-

Si lasciarono. Lui uscì dalla porta di casa e lei si accorse che già gli mancava.

 

La domenica successiva si presentò alle 10 di mattina. Il posto dove dovevano andare era a più di due ore di distanza, ma per lui non era un problema andarla a prendere e portarcela.

-Per me è molto importante che tu sia venuta, ti ringrazio.- le disse quando salì in macchina. -Cosa c’è nella sporta?-

-Torta di mele fatta in casa e delle mele appena colte. Dovunque stiamo andando non mi piaceva l’idea di presentarmi a mani vuote. Mi dirai dove stiamo andando?-

-No. Ma possiamo parlare di qualsiasi altro argomento.-

-Ma perchè?-

-Mi è stato chiesto dai diretti interessati. Avevano paura che se avessi saputo non saresti venuta.-

-Mi arrendo.-

In effetti parlarono di altro, chiacchiere leggere, per riprendersi dell’ultima conversazione data da argomenti non proprio leggeri.

 

Arrivarono dopo due ore e mezza di viaggio, fermandosi nel cortile di una casetta in un paese di campagna non troppo grande. Luca scese dalla macchina e le apri la portiera, aiutandola a scendere e a portare i suoi doni. Bussò alla porta, e subito si sentì un trillo femminile che li invitò ad entrare.

Entrarono, e una signora di mezza età li accolse con un sorriso enorme e immediatamente chiamò quello che doveva essere suo marito. Accolsero lo scrittore come se fosse loro figlio, e lei come se fosse un’amica di vecchia data.

Le porse la torta quasi imbarazzata da tanto affetto da parte di sconosciuti.

-Ma cara, non dovevi, ma ti ringrazio. Ha un profumo deliziosa. l’hai fatto tu? E queste mele hanno un aspetto magnifico. Davvero sono del tuo giardino? Deve essere splendido.-

-Di sicuro jack lo tiene molto ben curato.- Disse lo scrittore.

-Jack? Se il tuo giardiniere riesce a far venir fuori delle mele cosi belle lo voglio anche io.- Luca iniziò a ridere in maniera convulsa, e alla ragazza scappò un risolino trattenuto per non sembrare scortese.

-Jack è un cavallo. Anzi un pony per la precisione, un Falabella. - Spiegò lei rispondendo alla muta domanda che le stava facendo la signora.

-Hai un pony in giardino?-

-Fosse solo quello. Un pony, tre gatti, conigli, un riccio, 5 cani e un serpente. -

-In realtà ora sono 4 gatti. E presto saranno molti di più. Una mia amica lavora in un gattile, e mi ha supplicata di prendermi una gattina in cinta. E tra un mesetto dovrei ritrovarmi la zona piena di micini indisciplinati. -

-Mamma mia ragazza. Sei davvero circondata. Bè se dovessi dare via i piccolini non mi dispiacerebbe avere un cucciolino in giro per casa.-

-Appena saranno svezzati farò in modo di portarvene uno. Promesso!-

Durante il pranzo scoprì chi erano, con sua grande sorpresa e anche in parte imbarazzo. Erano i genitori della fidanzata dello scrittore. All’inizio la questione venne rimandata, lasciando spazio a tante chiacchiere leggere, disimpegnate, incentrate per lo più sul lavoro della ragazza e sulla storia dei suoi numerosi animali.

Finito il pasto i due uomini di casa andarono in salotto per bersi il caffè, mentre la signora Pietra si dirigeva in cucina per mettere in ordine il tutto, accompagnata dalla ragazza che si era offerta di aiutarla ma le era stato tassativamente vietato. Cosi mentre lei sorseggiava un caffè delizioso la signora le stata spiegando il perché di quell’invito, partendo magari da un po' prima.

-Vedi Luca e Francesca si conoscevano da quando erano in classe assieme alle medie, e all’inizio non potevano assolutamente sopportarsi. Il problema per loro è che noi invece andavamo molto d’accordo con i suoi genitori, e li vedevamo spesso... Per fortuna alle superiori la situazione cambiò e iniziarono a diventare amici, legame che si rinforzò quando Luca perse i genitori in un incidente d’auto. Non ci fu speranza per nessuno dei due. Devi sapere che lui aveva uno zio a quell’epoca, il quale però si era trasferito in Francia e non poteva rimanere qui con lui, ma voleva portarlo con sè. A noi sembrò cosi una brutta idea, già aveva perso i genitori, dover anche cambiare stato, scuola e amici ci sembrava ancora peggiore, cosi gli proponemmo di lasciare vivere qui Luca, con la promessa di occuparci noi di lui pur lasciandogli lo spazio che gli era, credo, dovuto. Ha vissuto da solo dai 16 anni in su e noi l’abbiamo assistito in ogni modo, standogli dietro per le questioni scolastiche e tutto il resto. Di fatto avevamo la tutela legale, facendo le veci di suo zio, pur ovviamente contattando lui per qualsiasi decisione importante. Lo aiutava anche economicamente, anche se si era vinto una borsa di studio per l’università vincendo diversi concorsi di scrittura, ed in effetti aveva pubblicato una raccolta di racconti brevi. Spesso veniva a pranzo da noi, e piano piano loro due si sono innamorati e si sono messi insieme durante il primo anno di università. Il resto credo che tu lo sappia, almeno in parte. Vedi quando mi ha raccontato di te, molto prima che uscisse il libro, già volevo conoscerti per ringraziarti. Lui è diventato un figlio per noi, e non avrei sopportato il dolore di perderne un altro. Si è rifatto una vita, ha ricominciato a scrivere e a vivere, e solo grazie a te.

Quando poi ti ha vista in televisione era qui da noi, è scattato sulla sedia dicendo che eri tu la ragazza del ponte. Si è attaccato al telefono per rintracciarti, standoci per quasi due ore, e poi di colpo non sapeva più se chiamarti o meno. In ogni caso, ti ringrazio per essere venuta. In effetti sareste una bella coppia. -

Chiara era sorpresa. Era il futuro marito di sua figlia, come poteva incoraggiarla a provarci con lui?

-Francesca non tornerà purtroppo, e ci manca moltissimo, ma la vita deve andare avanti. E ora direi che possiamo assaggiare la tua splendida torta con una bella tazza di the cosa ne dici?-

-D’accordo.-

 

Passata la metà pomeriggio i due si congedarono dai coniugi e iniziarono il viaggio verso casa della ragazza. Il viaggio in macchina fu silenzioso, un silenzio però tranquillo, riposato e sereno. Il viaggio fu però più lungo dell’andata a causa di numerose code. Arrivarono infatti a sera inoltra, così lo scrittore si fermò a casa della ragazza che lo invitò a rimanere a cena da lei se non altro per sdebitarsi del passaggio in macchina.

-Visto che mi hai buttato fuori dalla cucina a calci posso curiosare un po' in giro?-

-Se proprio devi. -

-Leggi molto devo dire, pensavo che non ne avessi il tempo tra interviste, interventi e cura degli animali.-

-Si, ogni tanto posso permettermi di far fuori qualche testo che non sia solo scientifico o di studio e leggere qualcos’altro. Inoltre ho una madre premurosa che mi regala sempre libri di ogni genere, anche i tuoi.- In effetti aveva notato un paio dei suoi libri in mezzo ad altri di nomi molto più importanti, autori di grandi classici. La raggiunse in cucina.

-Ma, quella sera sul ponte dovevi avermi riconosciuto visto che nei libri spesso mettono una mia foto sul fondo.-

-In realtà no. Onestamente non mi sono mai fermata a leggere la tua biografia, anche perché ti dirò, all’inizi mi stavi un po' sulle palle. Per carità, come scrittore nulla da dire, ma mia madre ti venera, non fa che raccontarmi di quanto sei bravo e di quanto tu abbia cominciato giovane, come se la mia carriera io invece non abbia fatto e ottenuto riconoscimenti che per la mia età sono sorprendenti. Non avevo alcuna aspirazione nel vederti in volto quindi, senza rancore naturalmente.-

 

Cenarono, e dopo cena si sedettero sul divano a parlare. Chiara si accorse di quanto andava d’accordo con un uomo per la prima volta dopo diverso tempo così, come se la cosa fosse assolutamente naturale. Intanto che erano li scoppiò un violento acquazzone, che fece riunire al volo tutti gli animali in casa, per lo meno felini e canidi. Data l’insolita violenza lei lo invitò a dormire, se lo desiderava, da lei, sebbene sarebbe dovuto rimanere sul divano, e lui accettò.

-Ti avviso che la mattina qui ci si alza presto.-

-Sono uno scrittore, ma non vuol dire che dormo fino alle 12 tutti i giorni sai?- Rispose lui facendo il finto offeso.

-Bene, allora buonanotte scrittore fancazzista. -

Come se fosse la cosa più naturale del mondo le venne da dargli un bacio sulla guancia, gesto che lasciò sorpresi entrambi, e mentre lei si allontanava imbarazzata lui le prese una mano, l’attirò a sé a distanza moto ridotta, i due corpi quasi a contatto. Lei era immobilizzata, paralizzata, incatenata nella profondità di quei suoi occhi chiarissimi che l’avevano colpita la prima volta che si erano incontrati. Lui alzò una mano e col dorso le accarezzò la guancia, con una lentezza e una delicatezza che lei per un momento pensò di essersi immaginata il suo tocco, le spostò una ciocca di capelli che si era appoggiata sulla sua fronte, e poi lentamente scese verso la sua bocca. La baciò, in maniere dolce e delicata, appoggiando appena le labbra. Dopo qualche secondo però si staccò da lei, come se il contatto tra loro l’avesse ustionato. Si allontanò le chiese scusa e poi si sedette sul divano, dicendo che non avrebbe dovuto farlo.- Chiara non disse nulla, non sapeva cosa cosa fare, come comportarsi. Scelse la via del silenzio, e salì le scale per andare nella sua stanza, dove si preparò all’ennesima notte insonne che quel tipo le stava facendo passare.

L’aveva baciata. L’aveva baciata e lei aveva avuto dei brividi lungo la schiena. L’aveva baciata, di sorpresa, lei neanche ci aveva pensato a lui in quel modo, almeno fino a quel momento. Si certo, era un bell’uomo, era colto, piacevole e divertente ma non aveva osato pensare a nient’altro. E quella reazione poi? Come spiegarsela?

Erano ormai le 4 di mattina quando si alzò per andare a bere dell’acqua, e dovette pure fare piano per evitare di svegliare l’uomo che dormiva sul divano, o almeno cosi credeva.

-Allora non sono l’unico a essere sveglio a ore improprie.- sentì la voce familiare alle sue spalle.

-A quanto pare no.- Lui le fece segno di sedersi al suo fianco e lei lo fece.

-Senti, so che l’ora non è quella più adatta ma dobbiamo parlare. -

-Luca no, non è necessario. -

-Si, lo è, lo è perchè non ho chiuso occhi da quando te ne sei andata e non faccio che pensarci. È necessario che ti spieghi cosa mi è successo. Io, io credo di averti pensata più o meno sempre dal giorno del temporale, specialmente le prime 3 settimane dove avevo ridotto ogni contatto umano a meno che 0, e le mie funzioni vitali a minimo indispensabile. Non facevo che pensare a te, a come potevi essere come persona, a cosa facevi nella vita, a chi eri, cosa ti era successo nella vita; Diciamo che a un certo punto mi ero creato quasi un ideale di come potevi essere basandomi su ciò che mi avevi raccontato di te quel giorno. Poi una mattina mi sono svegliato con un’illuminazione, un libro, un libro già scritto ella mia mente, libro che poi ho dedicato a te che non conoscevo, e ho deciso di, in parte, usarlo sia come mi avevi suggerito tu sia come mezzo per arrivare a te, farti sapere chi ero io, per cercare di trovarti. Sai perchè ci ho messo cosi tanto per chiamarti quando ho avuto il tuo numero? Perchè quando ho avuto in mano, in quel biglietto la possibilità di chiamarti, mi sono reso conto che io avevo costruito un’immagine completamente idealizzata di te e in quel momento mi sono reso conto che avevo paura, paura che non fossi come eri nella mia mente. E quando ci siamo incontrati, e oggi, è stato, bellissimo. Sei esattamente come avevo immaginato che fossi, e l’avevo capito da uno scambio minimo di battute, e per due anni non ho fatto che pensare a te e scopro che sei cosi come pensavo e io, io non ho capito più nulla se non una cosa: che avrei voluto baciarti. E quando l’ho fatto, ti chiedo perdono, ma mi sono sentito in colpa nei confronti di Francesca, mi sono sentito come se l’avessi tradita e mi dispiace averlo fatto perchè so che non è vero. - Calò il silenzio. Lei appoggiò la testa sulla sua spalla e lui le prese la mano.

-Scusa se mi sono allontanato prima- disse in poco pi di un sussurro-ma sembra che sia in grado solo di sbagliare. Posso baciarti?-

-ti dirò, io no ci avevo mai pensato. Ho pensato a te in questi due anni, più volte, chiedendomi cosa avessi scelto, se mi fosse sfuggita la notizia di uno scrittore suicidato o se avevi cambiato idea, se poteva essere stato per merito mio o per altro motivo non mi importava. E ti giuro, non avevo mai avuto altro tipo di pensieri fino a 5 ore fa quando mi hai baciata. E quando lo hai fatto sai cosa è successo? Ho avuto i brividi, per la prima volta.- Lui si voltò a guardarla, e poi la baciò di nuovo. Di nuovo fu solo un contatto veloce, ma non appena finì entrambi si resero conto di volerne di più, e si baciarono di nuovo, dando il via a una danza, prima lenta e armoniosa, poi tempestosa e irruenta.

 

Dopo 1 anno, il giorno esatto in cui si erano conosciuti e sullo stesso ponte, lui le chiese la sua mano e meno di 3 mesi dopo si sposarono.  

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: arael93