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Autore: Kiara Wolf    18/10/2012    3 recensioni
Questa è la storia della dinastia dei Pendragon vista sotto una chiave completamente diversa da quella che noi conosciamo, con l'aggiunta di vecchi e nuovi personaggi, che giorno dopo giorno assisteranno alla fine di un'epoca e all'inizio di una nuova era. Tra intrighi, amori proibiti, duelli e magia si apre lo scenario sulla corte di Camelot.
Dal Prologo:
"Tu eri lì?".
"Sì! E c'eri anche tu. Anche se, fortunatamente, sei giunto alla fine di tutto", dichiarò con orgoglio, pensando ai tempi quando il suo ventre era rigonfio. "Però non puoi ricordare questa storia, perché eri ancora nella mia pancia", illustrò, chinando il volto per potergli posare un bacio tra i capelli.
"Quale storia?", domandò subito Artù, che amava molto le storie.
"La storia che ha caratterizzato me, te, i tuoi nonni, i tuoi zii, i sudditi e tutto il regno", spiegò. "E’ una storia troppo lunga per essere raccontata. Figurati che io ne presi parte solo dopo molto tempo", rilasciò un piccolo sospiro, ripensando a quei giorni che non erano poi tanto lontani. "Però un giorno te la racconterò", promise solennemente.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Allora da dove posso iniziare? Ciao a tutti, io sono Kiara (beh sì, questo lo sapevate perché il nome l’avete letto prima xD). Mi sono appassionata da un po’ di tempo a questa bellissima serie televisiva e da qualche mese ho deciso di dar vita alle idee che di notte mi fanno visita prima di addormentarmi.
Infatti, oggi sono qui per tentare un esperimento, che io ritengo assolutamente mal riuscito, ma comunque venuto fuori. Il che comprende in una fan fiction che, a parte essere (se naturalmente riterrò il caso di continuarla) di una lunghezza bestiale, non ripartirà da una delle stagioni, ma da un altro periodo, che non voglio specificare, ma voglio lasciarvelo intendere dal prossimo capitolo, così da stuzzicare un po’ la vostra curiosità.
Le coppie saranno tante e più in là naturalmente verrà fuori la coppia che io amo di più: Merthur! Ritroverete i personaggi originali, ma ne troverete anche di nuovi con tutte le loro caratteristiche e i loro ruoli, che sperò riusciranno a prendervi e ad appassionarvi.
Detto ciò, vi auguro una buona lettura e vi invito, solo se volete, a lasciare un'opinione, che può essere sia positiva che negativa.
Ci sentiamo presto.
Bacini bacetti.
 
 
Disclaimer: purtroppo non sono la proprietaria né delle serie, né dei personaggi originali, e nel pubblicare degli scritti riguardanti loro da parte non vi è nessuna forma di lucro, ma solo di pura e semplice voglia di scrivere.
 
 
 
 
 


  


                                                                                                                 PROLOGO
 

 
 

 
<< Mamma, mamma >>, la voce squillante di un bambino echeggiò per tutta la radura del bosco di Camelot. << Guarda! >>, esclamò correndo verso un albero, su cui vi si stava arrampicando una giovane donna, e mettendo in evidenza i palmi delle mani che aveva congiunto.
La donna, al fine di raggiungere la cima dell’arbusto, poggiò il piede destro sul ramo più alto di quello su cui era posto il piede sinistro. In seguito fece pressione sul ramo intorno a cui aveva intrecciato le dita così da poter porre anche l’altro piede sul ramo superiore. Una volta trovato il giusto equilibrio, si voltò verso il figlio con un sorriso a fior di labbra. << Tesoro >>, lo chiamò, sporgendosi al fine di riuscire a vedere quel birbante del suo piccolo, che si trovava sotto il possente arbusto.
<< Guarda >>, ripeté il bambino, alzando le braccia e rivolgendole in direzione della madre. << Ho una sorpresa per te >>, il suo volto sprizzava gioia da tutti i pori e le sue parole erano pure come l’acqua proveniente da una sorgente.
La donna assunse un’espressione colma di sorpresa così da incrementare l’entusiasmo del figlio. << Davvero? >>, formulò sul viso un sorriso da ebete, << lo sai che io adoro le sorprese >>, posizionò le braccia su un ramo per poi appoggiarvici il mento. << Ti prego mostramela >>, lo supplicò giocosamente.
<< Va bene >>, acconsentì il bambino annuendo, voglioso di mostrarle ciò che le sue mani contenevano. << Ecco! >>, esclamò, disgiungendo i palmi, da cui fuoriuscirono leggiadramente due farfalle variopinte che, una volta libere, volarono via verso l’alto.
La giovane madre, nel vedere i meravigliosi colori delle ali delle farfalle vibrare per aria, schiuse le labbra per poi curvarle all’insù. << Tesoro >>, sussurrò la donna, senza distogliere lo sguardo dai due minuscoli esserini. << Sono davvero… >>, pose in avanti il braccio e alzò l’indice della mano destra, << stupende >> terminò la frase, non appena una delle due farfalline si posò sul suo dito.
Sta volta toccò al bambino rimanere di stucco. Il suo stupore fu tale da fargli spalancare vergognosamente la bocca nel vedere la farfalla tranquillamente appollaiata sul dito della madre. << Come hai fatto? >>, domandò il fanciullino aggrottando la fronte. << Io ho impiegato un’intera clessidra per riuscire a prenderla >>.
La mamma posò gli occhi sul suo piccolo e, in un tono che includeva una piccola nota seria, gli chiese: << tu hai avuto pazienza? >>.
<< No >>, scosse la testa. << L’ho solo inseguita per tutta la radura >>, le raccontò innocentemente. << Lei non si faceva prendere >>, si giustificò scrollando le spalle.
<< Mmm >>, mugugnò la madre, facendosi pensierosa. << Forse non si faceva prendere perché non le ispiravi fiducia >>, ipotizzò.
<< Tu dici? >>, chiese sorpreso il fanciullino.
<< Oh sì >>, annuì la giovane donna. << Vedi Artù… >>, sul suo volto apparve un amaro sorriso. << Non possiamo forzare gli altri a fare quello che non vogliono >>, gli annotò dolcemente ma allo stesso profondamente. << O almeno non contro la loro volontà >>, aggiunse, alludendo alla farfallina che si trovava ancora sul suo dito.
Il bambino stette per qualche minuto in silenzio e poi ribatté con la seguente frase: << ma i servi fanno tutto ciò che voglio >>.
<< Sì è vero >>, gli diede ragione, << ma non lo fanno contro la loro volontà >>, tenne presente. << Sono pagati per lavorare per te >>.
<< Ma lo fanno >>, insisté il piccolo Artù, pensando alle sue balie o ai suoi valletti, che lo seguivano ovunque e lo ricoprivano di attenzioni.
<< Ma sotto paga >>.
<< Quindi… >>, il bambino, dopo aver analizzato attentamente le parole della madre, giunse a una conclusione: << devo pagare la farfalla per convincerla a farsi prendere? >>.
La mamma in tutta risposta scoppiò a ridere sguaiatamente, avendo per l’ennesima volta la conferma che il suo piccolo fosse ancora ingenuo e innocente rispetto a molti altri bambini. Il che era normale, giacché suo figlio da quando era nato era stato praticamente posto in una teca di cristallo, che lo aveva sempre protetto da qualsiasi male. << Artù >>, scosse la testa, portandosi la mano sinistra alla bocca per provare a darsi un contegno. << Ma devo essere io a spiegarti proprio tutto? >>.
<< No! Lo fa anche il precettore >>, le ricordò il piccolo, pensando al suo maestro che giornalmente lo intratteneva nelle sue stanze, impedendogli di andare a giocare con gli altri bambini o di recarsi da suo padre e suo nonno per osservarli negli allenamenti.
<< Ma nel modo sbagliato a quanto vedo >>, affermò la donna, sapendo bene che il precettore, che era stato scelto per suo figlio, tendeva sempre a sottolineare il fatto che un giorno lui sarebbe diventato re e che tutto quel vasto regno un giorno gli sarebbe appartenuto. Non si curava di trasmettergli l’umiltà che un futuro sovrano doveva possedere per governare con giustizia e lealtà. Distolse l’attenzione dal figlio e la spostò sul fragile esserino: << va amica mia >> le sussurrò, accennando un sorriso.
La farfalla sembrò intendere le parole della donna, poiché sbatté un paio di volte le alucce e poi spiccò il volo in direzione del cielo, sotto lo sguardo confuso di Artù, che si stava ponendo tanti quesiti nella sua piccola testolina e tra questi il perché la sua genitrice avesse lasciato andare quella farfalla, quando poteva benissimo portarla a casa e tenerla con sé. A lui era sempre stato insegnato che le cose, una volta conquistate, gli appartenevano di diritto.
 La madre, accorgendosi del volto confuso del bambino, non perse tempo a dargli delle spiegazioni: << devi imparare che tutti gli esseri viventi sono posti sullo stesso piano >>, scese dall’albero con un balzo e atterrò sul terreno in punta di piedi, ma con le gambe piegate. << Che non esiste la legge del più forte >>, tornò lentamente in piedi, guardando intensamente il figlio negli occhi. << E se qualcuno la mette in pratica, a meno che non sia estremamente necessario, è solo per stoltezza o inferiorità interiore. O per puro egoismo >>, si avvicinò a grandi passi al figlio, per poi chinarsi e trovarglisi a un palmo dal suo naso. << E tu non dovrai mai essere egoista Artù, ma giusto >>, gli schioccò amorevolmente un bacio sulla fronte. << Sei il portatore di grandi valori >>, dichiarò, accarezzandogli con il dorso della mano una guancia. << Valori come il coraggio, la lealtà e l’amore >>.
Il bambino prese la mano della madre tra le sue e, portandosela alle labbra, la baciò delicatamente. Adorava i momenti in cui la madre lo coccolava. Lo facevano sentire protetto e speciale, ma soprattutto amato.
Udendo l’ultima osservazione, si pose un’altra domanda ad alta voce:<< e tu come lo sai? >>, inclinò leggermente la testa, curioso.
<< Perché tutti nella tua famiglia siamo portatori di questi valori >>, rispose con naturalezza, rivendendo in quel bambino le fattezze del padre. << E tu >>, lo indicò con il dito, << dovresti saperlo, visto che studi storia da due anni >>.
Ad Artù vennero in mente coloro che erano guidati da suo padre. << Intendi i valori dei cavalieri della tavola rotonda? >>.
<< Esatto >>, annuì la giovane, lasciandosi alle spalle Artù, che non perse tempo a seguirla, incamminandosi verso il cavallo che avevano lasciato legato a un albero. << Proprio quelli >>.
Il piccolo si ricordò di uno dei pomeriggi passati con suo nonno e le disse velocemente: << il nonno mi ha detto che tutti gli uomini seduti a quella tavola hanno lo stesso valore e… >>.
<< La stessa importanza >>, completò la frase la sua genitrice. << Sono molto più che compagni >>, dichiarò con fierezza.
<< Amici? >>.
<< Oh no >>, scosse la testa, chiudendo gli occhi. << Di più. Molto di più >>
<< Fratelli allora >>, dette per scontato il bambino.
<< Ti sbagli >>, scosse la testa la mamma. << Anche più di quello >>, sospirò, accarezzando il muso del suo cavallo, che avendola vista aveva iniziato a nitrire.
<< Cosa ci può essere di più di quello? >>.
<< Lo capirai quando sarai più grande >>, lo liquidò la madre ridacchiando sotto i baffi, poiché sapeva che il figlio non sopportava quella frase e che ogni volta che gliela ripeteva s’imbronciava.
<< Uffa >>, protestò Artù, incrociando le braccia al petto. << Dite sempre così voi grandi >>, borbottò pensando a tutti quelli che gli ricordavano che fosse ancora piccolo per fare o dire certe cose.
La mamma soffiò una risata dal naso, ricordando quando lei era ancora una bambina e aveva le stesse reazioni del figlio. << Forse perché anche a noi è stato detto >>.
<< Quindi è una vendetta la vostra? >>, azzardò il piccolo.
<< Io la riterrei solo una ruota che gira >>, rispose in difesa la donna, alzando le mani. << Anche a noi è toccato essere bambini >>, illustrò, voltandosi verso il cavallo per accarezzarne il dorso. << E poi al momento giusto abbiamo avuto le risposte alle nostre domande >>.
Artù non fu soddisfatto dalla sua risposta, classificandola solo come una scusa per farlo arrabbiare. << Befana >>, mormorò, guardandola indifferentemente con la coda dell’occhio.
Le parole del bambino non sfuggirono alla giovane, che con uno scatto si girò verso il figlio e con gli occhi sbarrati sibilò: << cos’hai detto? >>.
 << Befana >>, ripeté Artù, divertito dall’occhiata assassina che la madre gli aveva lanciato.
<< Ah sì? >>, ghignò la madre, ripromettendosi mentalmente, poiché era convinta che tale appellativo fosse farina del sacco del padre di Artù, di far andare in bianco per qualche notte il suo adorato compagno. << Ora ti faccio vedere quanto è cattiva questa befana >>. In un batter d’occhio imprigionò il figlio tra le sua braccia e subito dopo lo stese con delicatezza sull’erba, per poi infilare le sue affusolate dita sotto la blusa e iniziargli a solleticargli la pelle.
Artù, da perfetto Pendragon, oppose resistenza ma la madre era troppo forte per lui, così si arrese e iniziò a ridere, dimenandosi. << Basta mammina >>, implorava tra le risate. << Ti prego basta >>.
<< Basta? >>, chiese sconcertata la donna. << Io ho appena cominciato >>, ridacchiò fiondandosi sul collo del bambino, dove depose delle sonore pernacchie, facendolo ridere ancora di più.
<< Mammina >>, sussurrò il piccolo, circondandogli il collo con le braccia. << Ti voglio bene >>. << Anche io tesoro >>, il tono della madre era un misto di note calde e dolci, << anche io >>. Amava suo figlio più della sua stessa vita e non si era mai pentita di tutti i sacrifici che aveva dovuto fare per metterlo al mondo.
 << Ma adesso >>, si alzò, prendendolo di peso, << sarà meglio andare >>, decretò sistemandolo sulla sella del cavallo, << che si sta facendo tardi >>, dichiarò nell’accorgersi che il tramonto fosse alle porte.
<< Dobbiamo tornare a casa? >>, chiese deluso il piccolo.
<< Eh sì >>, annuì la giovane, montando anche lei lo stallone e posizionandosi dietro il bambino. << Abbiamo un banchetto stasera >>, gli ricordò, mentre prendeva in mano le briglie e spronava l’animale.
<< Che tipo di banchetto? >>, rivolse la testa all’insù il piccolo per potere guardare la madre in volto.
<< Si festeggia una data molto importante >>, incitò l'animale ad accelerare il passo, istradandolo verso il fitto bosco.
<< Quale? >>.
<< Il trionfo della pace e della prosperità dopo anni e anni di guerra >>, narrò, sentendosi pizzicare gli occhi a causa dell’emozione che il ricordo le suscitava sempre.
<< Tu eri lì? >>.
<< Sì! E c'eri anche tu. Anche se, fortunatamente, sei giunto alla fine di tutto >>, dichiarò con orgoglio, pensando ai tempi quando il suo ventre era rigonfio. << Però non puoi ricordare questa storia, perché eri ancora nella mia pancia >>, illustrò, chinando il volto per potergli posareun bacio tra i capelli.  
<< Quale storia? >>, domandò subito Artù, che amava le storie.
<< La storia che ha caratterizzato me, te, i tuoi nonni, i tuoi zii, i sudditi e tutto il regno >>, spiegò. << E’ una storia troppo lunga per essere raccontata. Figurati che io ne presi parte solo dopo molto tempo >>, rilasciò un piccolo sospiro, ripensando a quei giorni che non erano poi tanto lontani. << Però un giorno te la racconterò >>, promise solennemente.
<< Quando sarò grande? >>, azzardò il piccolo.
La madre rise alla sua domanda. << Vedo che impari in fretta >>, affermò compiaciuta.
<< Lo so >>, annuì con fierezza Artù. << Sono tuo figlio dopotutto >>.
La madre rimase spiazzata da quelle parole e si annotò di riferirglielo al padre, che si pavoneggiava sempre sostenendo che il loro bambino avesse preso tutto da lui. << Ben detto >>, concordò, annuendo anche lei.
Dopo qualche minuto, il bambino la chiamò di nuovo.
<< Dimmi amore >>.
<< Mi dici solo come inizia? >>, chiese, << la storia intendo >>.
Quella domanda la colpì così tanto la madre da farle tirare le briglie così da fermare il cavallo. << Oh >>, mormorò, spaesata. << Io… >>, vacillò non sapendo cosa dire.
<< Allora? >>, incalzò il piccolo. << Non te la ricordi? >>.
<< Certo >>, si ricompose la giovane formulando un sorriso forzato, << che vai a pensare? >>.
<< Allora mi dici come inizia? >>, insisté Artù, che non voleva demordere.
<< Beh… >>, tentennò per la seconda volta la madre, << certo, certo. Allora… >>, cercò di prendere tempo, ma il tentativo fu vano. << Tutto iniziò… >>, strinse tra le sue dita le redini e poi le agitò per far ripartire lo stallone, << dalla corsa di un cavallo >>.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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