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Autore: WestboundSign_    18/10/2012    1 recensioni
10 dicembre 2007.
"Dicevano che fosse uno dei Re, un uomo appartenente al Club delle Leggende Viventi. Ma quelle morte? Dove finivano tutti, dopo Il Giorno?"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E per un momento, solo per un istante, un attimo, una di quelle particelle temporali che svaniscono nei buchi neri della mente, lo vide.
E sorrise.
 
Seduto solo nel suo camerino, John Paul Jones stava rileggendo la scaletta del concerto di quella sera. I titoli fin troppo noti di quelle canzoni che avevano plasmato, forgiato, impresso nella storia il suo nome e la sua vita, erano stati scritti su un foglio bianco molto probabilmente da Jimmy.
Stavano per rifarlo. Di nuovo insieme.
La vita era passata velocemente.
Come un fiammifero, la punta se n’era presto andata, lasciando spazio solo all’estremità dell’asticella di legno.
Si passò una mano fra i capelli ingrigiti, radi, l’ennesimo segno del tempo che non aveva saputo sfruttare.
La verità era che gli mancava; sì, gli mancava fottutamente.
Dopo la morte del suo migliore amico, John Paul Jones era vissuto in un limbo atono.
Viveva, questo sì. Ma come? Non si era mai posto la domanda. Non aveva proprio più pensato.
E ogni anno, ogni 25 settembre, sentiva l’impulso di fare qualcosa. Cazzate, per lo più. Cose di cui si sarebbe pentito.
Ma non gli importava.
E sempre si teneva lontano da ogni accenno del passato.
 
Era come se non fosse mai esistito.
Né lui, né nessun altro. Una nuova vita. L’inizio di una nuova vita, ogni giorno.
Il basso, il suo basso, era sempre lì e ogni tanto lo riprendeva in mano.
Dicevano che fosse uno dei Re, un  uomo appartenente al Club delle Leggende Viventi. Ma quelle morte? Dove finivano tutti, dopo Il Giorno?
John si svegliava di notte.
Sudato, affannato, spaventato. Incubi.
Dicevano che fosse colpa Sua. Lui non voleva ascoltare ed ingurgitava le pastiglie senza farsi problemi, ignaro di tutto quanto.
Un giorno, poi, aveva capito che la causa era Lui per davvero.
Aveva sentito Suo figlio suonare.
Gli mancava fottutamente tanto.
 
Robert gli diede una pacca sulla spalla prima di salire sul palco.
Sarebbe stata una sfida per tutti.
John non sapeva neanche da dove fosse arrivata la forza di suonare di nuovo.
Era successo tutto in fretta; e lui si stava ancora riprendendo dallo shock. Bonzo era morto il 25 settembre 1980. Ventisette anni.
E lui era stato fottutamente abbandonato da sé stesso.
Si era lasciato trasportare dalle correnti, come una foglia nel vento autunnale.
Cadere non era stato facile.
Ma ora era lì.
 
Nessuna parola al mondo avrebbe potuto descriverele ventunomila persone in quello stadio. Solo per loro.
Erano tornati?
Guardò Robert.
Guardò Jimmy.
Sì, lo erano.
Nessuno sguardo alla batteria. Non voleva pensarci. Non doveva pensarci.
Lasciò muovere le mani su quelle tanto conosciute corde, in disparte, assorto, mangiato dal suo talento.
Ogni energia, ogni fibra del suo corpo, ogni particella dei suoi pensieri e del suo essere lì, nelle sue dita.
Lui era quello. Era fatto della stessa materia di una nota musicale.
Fuori dallo spartito, bella, lucente.
Non la più brillante, ma poteva accontentarsi. Il primo posto spettava a qualcun altro.
 
Le migliaia di persone acclamanti lo fecero risvegliare dal suo sogno.
Improvvisamente, si rese conto di chi realmente fosse.
E c’era Robert.
E c’era Jimmy.
E sì, c’era Jason Bonham.
“Sono John Paul Jones.”
“Sono John Paul Jones.”
“Sono John Paul Jones.”
Ancora.
“Sono John Paul Jones.”
Più forte!
“IO SONO JOHN PAUL JONES!”
E per la prima volta, impercettibilmente, sorrise.
E guardò verso il suo migliore amico.
E per quella particella temporale evanescente, lo vide.
E sorrise. 
   
 
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