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Autore: taisa    01/05/2007    18 recensioni
Quando tutto va storto, quando sembra che peggio di così non può andare forse c'è qualcuno disposto ad aiutarti (attenzione: il primo capitolo è un pò violento)
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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MOON LIGHT

MOON LIGHT

*

In una notte di tenebra

*

“Non permetterti mai più di parlarmi con quel tono!” urlò l’uomo sbraitando con rabbia.

La donna lo guardò con astio “Sei solo uno stronzo! Quando ti deciderai a pensare più a noi che a te stesso?” lo rimproverò visibilmente nervosa.

Lui fece una smorfia quasi disgustata “Non me ne frega un cazzo ne di te de di quel marmocchio” continuò additando la porta della camera del ragazzino.

*

È sempre stato così,

fin da quando ero bambino…è sempre stato così

*

“E’ tuo figlio cazzo! Tuo figlio! Possibile che non t’importi nulla di lui”insistette la donna prossima alle lacrime.

L’uomo ringhiò con rabbia mostrandole un pugno “Esatto, di lui non m’importa nulla…e nemmeno di te se vuoi saperlo” le disse con freddezza.

*

Non ho mai sentito una parola positiva,

sempre e solo insulti…è sempre stato così

*

“Bastardo! Non sei nient’altro che un bastar…” le parole della donna furono interrotte da un sonoro schiaffo dell’uomo.

Con un incredibile sforzo trattenne i segni del pianto massaggiandosi una guancia e guardando il compagno con rancore “Stro…” ancora una volta le sue parole furono interrotte, ma questa volta fu un pugno a zittirla.

*

E’ sempre stato così…

Fino a quella notte…

*

La donna ricadde all’indietro sbattendo violentemente la testa contro un tavolo alle sue spalle…esso si colorò di rosso.

In silenzio lui osservò la scena, con freddezza ed indifferenza.

Nonostante il colpo subito la donna riuscì lentamente a muoversi in una pozza sempre più estesa di sangue.

“Cosa hai fatto papà!?!” esclamò il ragazzino accorso nel sentire un rumore diverso dal solito.

L’uomo si voltò a guardarlo con la stessa indifferenza che stava usando per la moglie stesa al suolo.

“Cosa hai fatto!?!”ripeté visibilmente scoccato dalla scena.

Il genitore osservò la donna quasi al limite delle forze, ormai non aveva più speranza, tornò a guardare l’adolescente che con un leggero tremolio non riusciva a staccare gli occhi di dosso alla madre morente.

L’unico testimone…

Fece un passo verso di lui, poi un altro…la puzza d’alcol che emanava era percepibile già da quella distanza.

Il ragazzo non badò al padre che in una silenziosa andatura minatoria si stava avvicinando a lui.

Fece uno scatto verso la donna, si chinò verso di lei afferrandola saldamente per le spalle “Andrà tutto bene mamma…ti porto subito in ospedale” la tranquillizzò in una specie di procedura standard, ma questa volta era diverso…

La donna gli posò una mano tinta del colore cremisi su uno zigomo accarezzandolo per l’ultima volta “Vattene da qui” gli ordinò con l’ultimo filo di voce che le restava.

Il ragazzo strinse i denti, scosse la testa “No” disse risoluto con la chiara intenzione di aiutarla…ancora una volta…

Il rumore di vetri infrangersi attirò inevitabilmente la sua attenzione.

Fece giusto in tempo a voltarsi per vedere la mano del padre, armata di una bottiglia spezzata, vide quella stessa mano avvicinarsi pericolosamente a lui.

Istintivamente afferrò saldamente la madre per proteggerla dal colpo, la sua spalla si tinse di rosso…

Soffocò un urlo di dolore quando sentì il vetro conficcarsi nella sua carne, non urlò nemmeno quando con un colpo secco l’arma si staccò dalla sua ferita.

La mano minuta e gelida dalla donna lo spinse via allontanandolo “Ti ho detto di andartene” ordinò in un urlo soffocato.

Pietrificato restò a guardarla per alcuni secondi, secondi che alla donna furono fatali.

I ruoli si invertirono, e questa volta fu lei a proteggerlo dal colpo omicida dall’uomo.

Riversa sul corpo del figlio alzò lo sguardo in un ultimo tentativo di salvare almeno lui “Ti prego vattene…ti prego” lo supplicò, mentre le lacrime pulirono le sue guance dal sangue.

Il ragazzo raccolse tutte le forze che aveva scostando il corpo della madre, ormai esanime e scattò in piedi.

Evitò la bottiglia che lo stava ancora minacciando afferrandosi la spalla ferita e sanguinante con una mano.

Riuscì a scansare il padre e si allontanò di corsa dalla camera.

“Non scappare, ti ordino di tornare subito qui…mi hai sentito Vegeta?!” gli urlò il padre barcollando visibilmente ubriaco.

*

La pioggia scrosciante continuava a bagnarli la pelle.

Pelle che bruciava, nonostante quella fresca acqua che continuava a scendere dal cielo notturno.

Lui continuava a correre…aveva corso per chissà quanto, e per chissà quanto avrebbe continuato a correre.

Le sue gambe stavano muovendosi da sole, non aveva neanche idea di dove stesse andando.

La scarsa illuminazione delle strade, aggiunta alla mancanza della luna, coperta dalle nuvole cariche di pioggia non gli permettevano una chiara visibilità.

Non sapeva nemmeno in che zona della città fosse, non sapeva nemmeno se sarebbe arrivato al mattino.

Barcollò a causa della copiosa perdita di sangue, ma lui aveva deciso che avrebbe continuato a correre.

Vacillò ancora, e questa volta la sua forza di volontà non si rivelò sufficiente.

Le sue forze cedettero e con un tonfo sordo, attutito dalle pozzanghere che ricoprivano il cemento, si ritrovò al suolo esausto.

Ansimante osservò il cielo nero ed infausto, sembrava dovesse inglobarlo nelle sue tenebra da un momento all’altro.

Con notevole sforzo decise di spostarsi, si trascinò nel più vicino cunicolo adagiando la sua schiena alla parete del palazzo accanto.

La sua mano era ancora appoggiata sulla sua spalla, solo allora se ne accorse, solo allora si accorse di non averla più tolta da lì.

La osservò visibilmente tremolante osservando quel liquido che aveva ricoperto tutto il suo corpo, e che nonostante la pioggia, sembrava non volersi lavare via.

Si guardò il petto e le braccia, anch’essi ricoperti dello stesso liquido, ma questo non gli apparteneva…

Chiuse gli occhi per costringersi a non vomitare, quell’odore gli stava entrando prepotentemente nelle narici e gli stava dando un senso di nausea troppo grande.

La sua resistenza a tale impulso però durò molto poco, fu infatti costretto a chinarsi in avanti e rimettere anche l’anima.

Si asciugò la bocca con il dorso di una mano tornando ad adagiarsi alla parete alle sue spalle, riaprì gli occhi osservando quella chiazza che la pioggia stava lentamente lavando via.

Si raggomitolò su sé stesso tremolante, ed esausto.

Chissà per quanto rimase così…bagnato dalla pioggia chiedendosi per quale accidenti di motivo era sopravvissuto.

Se fosse morto in quel momento sarebbe stato decisamente meglio…invece era sopravvissuto…per cosa poi?!

La pioggia smise di bagnare i suoi folti capelli neri, eppure ne sentiva ancora distintamente il rumore…

Non si mosse, non alzò la testa, non si chiese come ciò fosse possibile.

“Ehi…ti senti bene?” gli chiese una voce, ma lui ancora non rispose.

“Vuoi una mano?” chiese ancora quella voce…una voce chiaramente femminile.

Vegeta alzò finalmente lo sguardo osservando quella ragazza, di circa la sua età, che con un piccolo ombrello lo stava proteggendo dalle gocce che cadevano incessanti.

La ragazza si chinò verso di lui immergendosi negli occhi neri del giovane “Vuoi che ti accompagni in ospedale?” gli chiese ancora la ragazzina dai capelli e gli occhi blu…

*

CONTINUA…

*

*

Allora, un piccolo appunto: questo è solo un prologo, la storia vera e propria inizierà dal prossimo capitolo e tratterà di un periodo diverso da quello appena letto, in pratica non è una storia nella quale sono tutti adolescenti.

  
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