Fandom: The Vampire Diaries
Characters: Alaric Saltzman; Damon Salvatore
Timeline: 4x02
Notes: Non so da dove questa cosa è uscita fuori. Sarà che le lacrime dopo il finale della 4x02 sono uscite a fiotti. Sarà che mi manca Rick. Sarà che il nostro fighissimo prof di storia tirava fuori qualcosa…qualcosa, sì, da Damon. Sarà che mi sembra che Damon sia più solo che mai.
Sembrava
quasi strano, per quante cose fuori dal normale avesse visto da quando
era
arrivato a Mystic Falls – lui stesso era un fantasma
–, vedere Damon parlare da
solo.
Si
chiese se l’avesse fatto altre volte. L’unica cosa
di cui era sicuro, al
momento, era che se la risposta alla sua domanda fosse stata
sì, lui non
l’avrebbe mai saputo, perché Damon non
gliel’avrebbe mai detto.
Eppure,
gli scappava quasi un sorriso a vederlo così. E non gli
dispiaceva, alla fine.
Perché cosa gli rimaneva da fare, se non provare a tirare su
gli angoli della
bocca in una strana smorfia? Perlomeno, non si lasciava prendere dallo
sconforto.
Si
chiese cosa gli avrebbe fatto il vampiro, se l’avesse visto a
ridere sotto i
baffi dei suoi problemi esistenziali. Non importava: al momento
– e sentì una
fitta, o un qualcosa di simile, all’altezza del petto, dove
una volta avrebbe
avuto un cuore che batteva e pompava sangue – nessuno dei due
avrebbe proprio
potuto fare nulla.
Damon
non gli metteva le cose facili, certo. Ora fingeva che fosse
lì.
Beh,
fingeva. In qualche modo, aveva ragione: lui era lì.
C’era sempre, con
l’aria da vagabondo fuori dal mondo, e ci sarebbe sempre
stato, a rodere e
maledirsi perché non poteva parlare con nessuno di coloro
che guardava.
Venne
riportato alla realtà, la sua realtà di vago
spettatore silenzioso ed attento,
dalla voce di Damon che riprendeva il discorso lasciato in sospeso.
«Sai
che
stanno facendo?» chiese retoricamente, spalancando gli occhi
e stringendo il
collo della bottiglia di whiskey che teneva in mano.
Rick
pensò che anche se fosse stato lì e non avesse
mostrato interesse per il
monologo del vampiro, lui avrebbe ovviamente continuato lo stesso,
fregandosene
altamente.
«Stanno
lanciando in cielo delle lanterne.»
sbottò, nella voce una punta d’ironia.
«Riesci a crederci?»
continuò, voltando il capo accanto a dove era
seduto, dove effettivamente lui c’era, nonostante Damon non
lo sapesse.
Il
vampiro andò avanti a parlare: «Le
lanterne giapponesi simboleggiano il
lasciarsi alle spalle il passato.»
spiegò, borbottando. «Beh, notizia
dell’ultima ora. Noi non siamo giapponesi.»
fece una battuta fiacca, che
forse non lo era nemmeno, con un mezzo sorriso.
Anche
lui stiracchiò le labbra, imitandolo.
Poi,
però, lo sguardo di Damon si rabbuiò, colto
improvvisamente da una nuova
consapevolezza, e ogni traccia di sarcasmo sparì dalla sua
voce. «Sai cosa
sono?» chiese, serio. «Dei
bambini.» sputò la parola come se lo
infastidisse, con risentimento.
«Come
se accendere una candela potesse aggiustare tutto. O dire una
preghiera…o
fingere che Elena non diventerà come il resto di noi vampiri
assassini.»
proseguì, con sguardo vacuo.
Lui,
dalla sua postazione, lo guardò di sbieco. Notò,
malinconicamente, quanto Damon
continuasse a tenere ad Elena. Come lei fosse sempre il primo dei suoi
pensieri, il più delle volte.
Si
meravigliò che l’avesse dimostrato così
apertamente – più o meno, insomma –
davanti a lui, o al finto lui con cui Damon pensava di parlare.
«Sono
dei bambinetti…stupidi, illusi e esasperanti.»
riprese il discorso,
bofonchiando. Portò la bottiglia alla bocca, e bevve un
sorso.
Se va
bene a loro, Damon, lasciali fare,
pensò, sospirando.
«Lo
so cosa dirai. “Li fa sentire meglio, Damon.”»
Dovette
ammettere che Damon lo conosceva piuttosto bene, visto quanto si
ostinava a
spergiurare il contrario.
«E
allora? Per quanto? Per un minuto? Un giorno? Che differenza
fa?» un
altro sorso, e Damon si alzò di scatto.
«Perché
alla fine, quando perdi qualcuno, ogni candela, ogni preghiera non
rimedierà al
fatto che l’unica cosa che ti resta è un vuoto
dove una volta c’era quel
qualcuno a cui tenevi.» tirò fuori quasi
a fatica quelle parole,
gesticolando.
Si vedeva con che sforzo tentasse di trattenere il dolore dentro di sé. Di non lasciare che quel ghiaccio fuoriuscisse sotto forma di lingue di fuoco.
Lui
abbassò lievemente lo sguardo.
Quanto
aveva ragione.
Per
quanta speranza aveva avuto e per tutti gli imperterriti tentativi che
aveva
fatto da vivo, ricordava perfettamente il vuoto della perdita di
Isobel, prima,
e di quella di Jenna, dopo.
Un
dolore vivo, bruciante, insopportabile. Eppure, lui
incanalava il dolore
ed il senso di perdita in ricerche, cercava di non sprofondare e farsi
prendere
dal vuoto, mentre Damon scatenava le pene sugli altri, trasformandole
in ira.
Prima,
almeno.
Per ora
il vampiro si limitava a starsene lì nel cimitero,
consapevole che le sue
parole venivano accolte dal vento, mentre lui le ascoltava segretamente.
Damon
abbassò lo sguardo. «E una pietra.»
indicò la sua tomba con aria
scocciata. Ingoiò un altro sorso, fece un respiro.
«Con sopra incisa una
data di nascita che sono certo sia sbagliata.»
ironizzò, chiudendo per un
secondo gli occhi e lasciandosi cadere di nuovo seduto sulla panchina
grigia.
Anche
lui non trattenne una mezza risata silenziosa.
«Perciò
grazie tante, amico mio.» commentò,
contrariato.
Si
chiese per che apocalittico fatto lo incolpasse.
«Grazie
per avermi lasciato qui a fare il babysitter. Perché a
quest’ora me ne sarei
dovuto essere andato da tempo.»
Eccolo,
il motivo. La parola esatta sarebbe stata “Grazie per avermi
lasciato solo”,
ma nemmeno se avesse potuto parlargli l’avrebbe specificato.
«Non
ho ottenuto la ragazza, ricordi?»
illustrò, con una punta di malinconia,
voltandosi nuovamente verso di lui.
Bevve
ancora. «Sono solo bloccato qui a litigare con mio fratello e
ad occuparmi dei
bambini.» strascicò le parole, in un moto
d’irritazione.
Fece per
alzarsi.
«Sei
in grosso debito con me.» chiarì infine,
come se fosse di vitale
importanza, e se ne andò.
Il
fantasma di Alaric Saltzman osservò la figura del suo
migliore amico allontanarsi,
e scrollò le spalle.
Sapendo
di non essere ascoltato – purtroppo, proprio quella volta che
l’avrebbe detto
davvero davanti a Damon – espresse tutta la sua tristezza
– fatta dai ricordi
di quei piccoli momenti, quegli insignificanti scambi di battute con
dei
bicchierini da liquore alla mano – in un’unica,
sfuggente, frase.
«Mi
manchi anche tu, amico.»
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Spero vi sia piaciuta! *Q*
Un commentino? :3
Baci,
xAlly.