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Autore: _Eleuthera_    20/10/2012    28 recensioni
«Credi che non sia più un prigioniero?» domandò Loki, fissandola negli occhi pieni di orgoglio. «Credi che io adesso sia libero? Ti svelo un segreto, Sigyn. La libertà è la più grande menzogna che ti sia mai stata raccontata. Qui dentro non deciderai mai per te stessa. La prigione non è quella che hai visto nei sotterranei. Asgard lo è. Tutto il mondo è una prigione».
[Post Avengers][Loki/Sigyn]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NEVER LET ME GO

Sigyn aprì gli occhi e subito se ne pentì. Li richiuse immediatamente, cercando di sprofondare di nuovo nel sogno, ma dietro alle palpebre vide solo soltanto buio e allora capì di non poter tornare indietro. Si sentì travolgere dal panico mentre si rendeva conto che quel mondo così reale era sparito proprio come un’illusione, tanto da chiedersi se mai fosse esistito veramente. Tentò di muoversi, ma il proprio corpo era ancora addormentato e per un brevissimo istante rimase paralizzata, incastrata fra il sonno e il risveglio. La mente però era tornata nel mondo reale da un pezzo e lei già si stava chiedendo come avesse potuto accettare la proposta di Loki. Se prima le sue parole erano riuscite a convincerla, adesso le sembrava semplicemente impossibile che bastasse svegliarlo per riportarlo indietro. Il terrore crebbe come la prima onda di una bufera e la travolse. L’ho abbandonato, pensò. Soltanto un attimo prima era lì insieme a lui, ma era bastato lasciarsi convincere a chiudere gli occhi e desiderare di svegliarsi per fuggire da quel mondo. Loki era solo, adesso, in quella distesa sconfinata di roccia e cielo. Sigyn poteva ancora vedere dentro ai propri occhi l’immagine del suo volto sfigurato dal veleno. Pensò che l’unica cosa che mai avrebbe potuto perdonargli era di averle fatto credere di poterlo salvare, e mai avrebbe potuto perdonare a sé stessa di averlo creduto.
All’improvviso si rese conto di potersi muovere e riaprì gli occhi, battendo le palpebre per difendersi dalla luce inaspettata. Il colore sfocato del mondo le invase la retina, lasciandola confusa e stordita, incapace di decifrare i contorni della sua vista e le voci sussurrate che avvertiva attorno a sé. Non ricordava più dov’era. La sua memoria tracciò lentamente il percorso a ritroso, risalendo verso l’ultimo istante di coscienza prima del sonno, e dopo una manciata di secondi ricordò la camera di guarigione e i sacerdoti. Fece per mettersi a sedere, ma scoprì di non avere forza nelle braccia. Non si era aspettata quella stanchezza, una debolezza disarmante. Batté di nuovo le palpebre e finalmente riuscì a vedere.
C’erano tutti. Frigga le stava accanto, Thor era poco distante insieme ai suoi compagni, Odino era curvo su di lei e la scrutava in volto. Sembrava leggere sui suoi lineamenti ciò che era successo nel mondo dentro al sogno, e probabilmente era proprio così, perché Sigyn vide il suo sguardo riempirsi di ombre e quando si allontanò aveva l’espressione di chi è stato sconfitto.
«Loki non si è svegliato, perché?» Era una voce maschile, e Sigyn la riconobbe come quella di Thor. Si sentiva ancora incapace di reagire, non completamente sveglia. Non apparteneva più al sogno, ma allo stesso tempo era come se il sogno non l’avesse lasciata andare del tutto. Riemergeva con una lentezza estenuante e ad ogni istante di lucidità riguadagnato sapeva di essere sempre più lontana da Loki.
«Abbiamo fallito», disse Odino. Sigyn vide le sue labbra muoversi e le parole seguire come un’eco. Poi capì che il rumore che sentiva nei timpani era il rombo del proprio cuore e aprì la bocca per parlare, perché c’era ancora una speranza, e per quanto assurda e irreale fosse era l’unica che aveva. Ma nessuna voce uscì dalla sua gola e Sigyn si sentì soffocare. Lottò con ogni sua forza perché il sogno le restituisse gli ultimi brandelli della coscienza e quando finalmente riuscì ad alzarsi trovò Frigga a sorreggerla tra le braccia.
Allora si rese conto che la stavano portando via.
Frigga le stava sussurrando qualcosa sul fatto che doveva riposare e che si sarebbero presi cura di lei. Sigyn si voltò, ricordandosi che Loki era proprio lì accanto, ma Odino e Thor si erano avvicinati al capezzale e le impedivano di vederlo. Una furia cieca esplose dentro di lei, quasi lo stesso dolore dell’addio, il momento in cui aveva visto Loki sparire oltre i cancelli, in cui aveva creduto che fosse morto in battaglia, e infine l’istante in cui si era svegliata e il sogno era scivolato dai suoi occhi. Forse era in grado di cancellare tutti quegli addii, se solo glielo avessero lasciato fare. Sentì le mani dei sacerdoti posarsi premurosamente su di lei e si divincolò.
«No».
La voce le uscì flebile e sottile, ma Frigga si voltò verso di lei. Sigyn lottò ancora, scacciando il torpore con ferocia, riemergendo dal sonno come dal mare, il fiato corto e i polmoni pieni di acqua gelata. Per un istante senza tempo vide la Regina osservarla e i sacerdoti stringersi attorno a lei e sommergerla come una tempesta, e pensò che non ci sarebbe riuscita, che non avrebbe potuto dirgli che il modo per salvare Loki c’era, e anche se glielo avesse detto non le avrebbero creduto. Non si accorse nemmeno di avere gli occhi pieni di lacrime.
Tutt’ad un tratto ciò che era rimasto del sogno scomparve. Sigyn sgranò gli occhi, stordita dalla percezione improvvisa e lucida. I sacerdoti non la stavano annegando come le onde di una tempesta, erano presenze discrete attorno a lei, e Frigga era le era davanti e le stava parlando. Poteva sentire tutte le sue parole, e a quel punto si rese conto di essersi svegliata del tutto.
«Prima dobbiamo assicurarci che tu stia bene, poi ci racconterai che cos’è successo», stava dicendo la Regina. Aveva occhi vuoti come pozzi di angoscia e la voce stanca.
«No», replicò Sigyn. Il suono uscì attutito come se non avesse parlato per moltissimo tempo, ma adesso era sveglia la vita bruciava dentro di lei, e ripeté a voce più alta. «No. Posso svegliarlo».
«Svegliarlo non spezzerà il sogno», rispose piano la Regina.
«Lo farà, invece. Sono state le Norne a dirmelo. Mi hanno detto di svegliarmi, e poi di svegliare Loki».
Improvvisamente Sigyn si accorse che tutti la stavano ascoltando. Non era solo Frigga a fissarla senza battere ciglio, ma anche Thor, Odino, i guerrieri e i sacerdoti. Nel silenzio risuonavano solo le sue parole, e quando Sigyn tacque nessuno aggiunse altro. Allora li guardò uno ad uno, e si rese conto che non le credevano.
«È la verità» esclamò, umiliata. «Le Norne mi hanno aiutata lungo il cammino, e mi hanno rivelato come riportare indietro Loki».
«E basterebbe soltanto che tu lo svegliassi?» domandò Frigga. C'era una sfumatura ambigua nelle sue parole, a metà tra l’incredulità e lo scetticismo.
Sigyn indugiò, temendo che una risposta così semplice non sarebbe stata presa sul serio.
«Sì».
Frigga si voltò verso Odino. Adesso tutti fissavano il Padre degli Dei, cercando nel suo sguardo una risposta. Dietro di lui Sigyn poteva intravedere la sagoma di Loki, disteso sul letto, addormentato, e pensò a cosa si celasse dietro a quel sonno e al veleno del serpente e all’ultimo sorriso con cui lui aveva mascherato l’addio. Allora Sigyn si avvicinò al Padre degli Dei, il cuore pesante come piombo, e lo guardò dritto nel suo unico occhio blu.
«Vi prego», disse. «Lasciate che provi a svegliarlo».
Lo sguardo di Odino, profondo come l’universo, vagò a lungo sul suo volto. Poi, senza dire niente, il Padre degli Dei si fece da parte permettendole di passare.
Sigyn si fece avanti con gli sguardi di tutti posati su di lei. Era stato così alla supplica, e così anche al matrimonio, ed ebbe l’inquietante impressione di chiudere un cerchio, con la differenza che questa volta nessuno la stava obbligando a fare niente.
Ad un tratto ebbe paura di sentirsi mancare e si fermò accanto al letto in preda al terrore, perché se quello era l’ultimo inganno di Loki toccava a lei scoprirlo, e sarebbe stata la sua menzogna più dolorosa, perché aveva mentito per salvare lei. Sarebbe diventato un eroe, e Sigyn pensò a quanto Loki avrebbe potuto odiare una cosa del genere.
Esitò, appena protesa oltre il bordo del letto, ipnotizzata dalla malinconia sul suo viso. Era l’istante eterno prima della verità, il momento in cui l’ignoto si incrina. Se ora aveva una speranza, piccola ma così luminosa e così piena di forza, forse dopo non l’avrebbe più avuta. Per una frazione di secondo, Sigyn pensò di non voler sapere. Sentiva il sangue pulsare sotto la pelle del collo al ritmo selvaggio del cuore mentre appoggiava una mano sul braccio di Loki. Non era meno reale di quanto non lo fosse stato nel sogno. Forse, pensò Sigyn, la realtà non è questa, anche questo è un sogno e io non mi sono mai veramente svegliata.
Poi improvvisamente ricordò le parole di Loki, parole lontanissime che però aveva conservato nella memoria, custodendole con attenzione. Anche volendo, non le avrebbe mai dimenticate. All’epoca erano state parole malvagie, ma adesso danzavano nella sua mente come frammenti di cristallo, e lei lasciò che risuonassero tra i ricordi.

Non ci sono vie di fuga per nessuno dei due, non puoi voltarti e scappare.
Sigyn guardò suo marito e pensò che forse c’era un motivo se era stata mandata da lui, il giorno del suo ritorno ad Asgard. Era lo stesso motivo per cui Loki l’aveva abbracciata in silenzio, una notte di molto tempo dopo.
Si chinò su di lui e sussurrò il suo nome per svegliarlo, come mai aveva osato fare. E forse sempre per quello stesso motivo, Loki aprì gli occhi.
Li aprì di scatto, come avrebbe fatto se si fosse svegliato da un incubo nel bel mezzo della notte, e Sigyn cessò di respirare e rimase immobile, perché stava vivendo un momento impossibile. Fino ad allora quell’istante era esistito solo nella sua testa. Era un momento così bello che lei aveva quasi avuto paura di crederci quando lo aveva pensato, e viverlo non era meno spaventoso che immaginarlo. Fece giusto in tempo a realizzare che Loki non le aveva mentito, prima che la sua mente si svuotasse; e allora restò ferma di fianco a lui, in perfetto silenzio, come per paura che il minimo sussurro potesse spezzare l’illusione e riportarla dentro ad un mondo dove Loki non aveva aperto gli occhi e né lei né nessun altro avrebbero potuto svegliarlo. Non sentiva più nemmeno il battito del cuore infrangersi contro il petto. Tutto era sospeso dentro di lei, e così rimase finché non si accorse che nel risveglio Loki le aveva afferrato il polso in un riflesso involontario. Lo teneva ancora stretto, tanto da farle quasi male. Solo per un istante lo sguardo di Sigyn si spostò sul suo braccio, osservando la mano di Loki stretta attorno al suo polso in una morsa ferrea, come l’ultimo appiglio di una fuga. Quando si volse di nuovo verso di lui, lo sguardo di Loki cadde nel suo.
Sigyn sapeva che negli sguardi di Loki c’erano sempre state parole, messaggi più o meno nascosti nei suoi occhi color del ghiaccio. Lo sapeva perché le aveva viste, furiose e infide e malinconiche negli sguardi che le aveva rivolto fin dal primo giorno. Non era stata subito in grado di comprenderle, ma dopo un po’ aveva capito. Alla fine aveva iniziato a cercare i suoi occhi, perché quei messaggi da decifrare erano come una sfida tra di loro. Così in quel momento Sigyn cercò d’istinto il messaggio nello sguardo di Loki, ma si accorse che quella volta nessuna parola silenziosa poteva tradurre i suoi occhi. Era lo sguardo stravolto di chi è sfuggito a qualcosa di peggiore della morte, e lei sapeva che cosa vi fosse di peggiore, così strinse le dita attorno al polso di lui per dirgli che era sveglio, che non si sarebbe addormentato mai più dentro a quel sonno.
Loki sorrise. Allora Sigyn comprese che era tornato veramente, perché quando aveva pensato a quel momento aveva immaginato esattamente quel sorriso.
«Non ho mentito, vedi?»
La sua voce era impastata dal sonno e da qualcos’altro che sembrava dolore e che nemmeno il sorriso riusciva a nascondere. Sigyn annuì, ridendo piano. Era un suono sussurrato, ma liberatorio, eppure si accorse che si stava già trasformando in pianto.
Le sembrò che Loki la fissasse per un tempo infinito, ipnotizzato, aspettando forse che dicesse qualcosa, ma quando si rese conto che Sigyn era troppo sconvolta per parlare anche lui iniziò a ridere sommessamente. Poi si fermò, come colpito da un dolore improvviso, serrò la mascella e tentò di alzarsi, senza riuscirci. Non aveva lasciato il sogno senza pagarne le conseguenze, però era vivo, e Sigyn gli strinse la mano e gli accarezzò il viso mentre sentiva di non riuscire più a controllare le lacrime e dentro di lei esplodeva una felicità così folle da far quasi male, un sollievo che le faceva tremare le gambe.
All’improvviso fu come se il mondo riprendesse a muoversi. Ad un tratto c’era un grande brusio, tante persone che parlavano tutte assieme senza che Sigyn riuscisse a capire che cosa stessero dicendo. Alcuni si avvicinavano, altri uscivano dalla stanza. Sigyn non lasciò Loki finché non sentì qualcuno afferrarla per le spalle e allontanarla con gentilezza. Oppose resistenza al contatto, ma inutilmente, perché si sentiva prosciugata di ogni forza, stanca come se si fosse appena risvegliata dal sogno. Disorientata, cercò di tornare verso Loki, ma improvvisamente era in un’altra stanza senza sapere come ci fosse arrivata e un attimo dopo era distesa su un materasso troppo morbido e qualcuno le stava dicendo di riposare. Con suo immenso orrore, si rese conto di essere sul punto di addormentarsi. Combatté il sonno, terrorizzata, ma fu sconfitta dalla propria stanchezza. Dormì a lungo, senza sognare.
Si svegliò più volte, ogni volta insicura del proprio risveglio, ansiosa di verificare la realtà, di assicurarsi di non essere intrappolata in un sogno. C’era sempre qualcuno lì con lei, e una volta riuscì a restare cosciente abbastanza a lungo da riconoscere Grete, pallidissima e silenziosa. Quando fu un grado di rimanere sveglia, le dissero che aveva dormito per oltre due giorni. Le spiegarono anche che era un effetto causato dal suo viaggio nel sogno di Loki. Doveva recuperare le forze, dissero, e la costrinsero a letto finché non riuscì a mettersi in piedi da sola. Era ancora troppo debole perché Odino o Frigga le facessero visita, ma non appena fu in grado di camminare volle essere portata da Loki. Si accorse non averlo nemmeno chiesto, ai sacerdoti: glielo aveva
ordinato. Loro avevano obbedito senza sollevare obiezioni e l’avevano condotta nella sala dove riposava Loki.
Loki non stava dormendo. Quando Sigyn entrò nella camera, lo trovò in piedi accanto alla finestra con un atteggiamento impaziente, come un prigioniero. Era una strana immagine, e più che i loro primi incontri le ricordò il giorno dopo la notte delle nozze, quando l’aveva trovato ad aspettarla nella loro stanza. Aveva l’impressione che anche adesso fosse lì ad aspettarla.
Non lo vedeva da giorni, ma non era stata quell’attesa a congelarle il cuore nel trovarselo davanti. Era stato tutto ciò che era successo prima, nel sogno e fuori dal sogno, a ritroso fino al momento in cui lei aveva osato parlare nel silenzio il giorno del suo ritorno ad Asgard. Era una vita intera, e Sigyn esitò un attimo, la porta chiusa alle spalle e Loki a pochi passi da lei. Come poteva trovare le parole, per una vita intera?
Loki si avvicinò con passo deciso e l’abbracciò in silenzio. Sigyn sentì la voce morirle in gola e si strinse a lui come non aveva potuto fare nel sogno, ma come aveva tanto desiderato. Le sembrava assurdo che all’improvviso tutto fosse così normale. Poteva abbracciarlo quando voleva. Poteva baciarlo. Poteva parlargli e sentirlo parlare e vedere i suoi occhi. Aveva avuto così tanta paura di aver perso per sempre ciascuna di quelle cose e pensò che voleva assolutamente parlare, trasformare in parole il nodo che sentiva nel petto, perché stringerlo fra le sue braccia dopo aver avuto paura di perderlo era una cosa talmente bella da essere quasi dolorosa. Poi però Loki la baciò e lei allora gli parlò così, spezzando i baci e ascoltando le sue risposte sottili come sussurri.
Quando si sedette sul letto insieme a lui osservò con calma il suo volto, la sua espressione sempre seria e il colore freddo degli occhi. Le piaceva accarezzare i contorni delle sue guance e lui chiuse gli occhi quando lei le sfiorò con la punta delle dita. Ricordava com’era stato il suo viso dentro al sogno, la pelle ustionata dal veleno, piegata in carne viva. Un nodo di lacrime le serrò la gola, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dal volto di Loki.
«Nel sogno, la tua faccia era…» si lasciò sfuggire, senza riuscire a concludere la frase. Loki riaprì gli occhi.
«Immagino fosse messa piuttosto male», commentò.
«Sembrava così reale».
«
Era reale».
Sigyn rabbrividì, perché bastava parlare del sogno per rivederselo davanti agli occhi. Se lo sentiva dentro come l’inquietudine opprimente del risveglio da un incubo. Loki le accarezzò i capelli, lentamente. Anche lui doveva provare la stessa identica cosa.
«C’è una cosa che ancora non ho capito», disse Sigyn dopo un po’. «Le Norne. Perché erano nel tuo sogno?»
Loki rifletté per qualche istante prima di rispondere, la fronte corrugata.
«Non ne sono del tutto convinto», rispose. «Ma credo che loro siano dentro ognuno di noi».
«Avrei potuto svegliarti fin da subito», osservò Sigyn. Loki le rivolse lo sguardo e lei proseguì senza riuscire a guardarlo negli occhi. «È bastato dire il tuo nome. Svegliarti, come mi avevano detto di fare le Norne. Non c’era nessun rito da compiere, nessuna formula da recitare. Era semplice. Avrei potuto farlo subito, non appena ti ho visto di ritorno dal campo di battaglia, se solo mi fosse venuto in mente».
Sentì la mano di Loki sfiorarle il mento e sollevarle il volto verso di lui. Nonostante tutto, non era ancora abituata a quei gesti di affetto. La sorprendevano, lasciandola senza parole. Alzò lo sguardo verso di lui, scoprendo che i suoi occhi avevano assunto la loro sfumatura più grave.
«Ascoltami, Sigyn», disse. «Non potevi saperlo. Non ci pensare. Hai letteralmente viaggiato tra gli universi per riportarmi indietro, e io non mi lamenterò di certo perché non hai tentato di svegliarmi quando mi credevi morto».
Loki fece una pausa, ma Sigyn non riuscì a distogliere lo sguardo da lui.
«Inoltre», proseguì. «Credo che tu sia riuscita a svegliarmi proprio perché sei entrata nel mio sogno. Se le Norne non te lo avessero detto, non ne saresti stata capace».
Dietro a quelle parole Sigyn intravedeva i segreti di qualcosa che non si poteva nemmeno definire magia. Non indagò oltre. Alla fine il sogno era stato spezzato, e non contava nient’altro. Loki la teneva fra le sue braccia con una naturalezza disarmante e Sigyn sbirciò di sottecchi la piega seria delle sue labbra, la curva della fronte, il profilo del collo. Era il Dio degli Inganni, esattamente come lo aveva visto la prima volta, e allo stesso tempo era tutt’altro.
Del groviglio di sentimenti che avvertiva dentro di sé, Sigyn non riusciva a trovare né l’inizio né la conclusione. Quindi, alla fine, mentre si lasciava avvolgere dal torpore rassicurante dell’abbraccio, fece la scelta che aveva sempre fatto. Disse la verità.
«Mi sei mancato».
Sentì la stretta di Loki farsi improvvisamente nervosa, i muscoli irrigidirsi, ma continuò a parlare.
«Ho avuto paura che non tornassi dalla battaglia. Ho avuto paura di non riuscire a trovarti dentro al sogno, e di non essere in grado di svegliarti. Ho pensato di averti perduto e non riuscivo a sopportare l’idea di non vederti mai più».
Quando tacque ancora sentiva l’eco delle proprie parole nella testa. Il nodo dentro al petto si stava sciogliendo. Loki rimase in silenzio per qualche istante, poi si chinò verso di lei e la guardò negli occhi. Il suo sorriso le tolse il respiro.
«Allora», disse. «saprai perché, dentro al sogno, quando ti dissi di lasciarmi da solo, ti chiesi anche di uccidermi».
Non smise di guardarla negli occhi nemmeno per un momento. Sigyn si sentì invadere da un calore bollente che proveniva da qualche parte dentro al petto, lì dove aveva sempre creduto che si annidassero i sentimenti, le lacrime e le parole non dette. Certo che capiva. Avrebbe desiderato la morte anche lei, piuttosto che restare per sempre senza di lui. Sorrise, nascondendo il viso contro il suo collo. Negli ultimi giorni, mentre temeva per la sua vita e lottava per salvarlo, si era completamente dimenticata di tutta la paura che aveva provato prima, dei suoi dubbi e dei suoi rancori. Forse, pensò Sigyn, non erano così importanti. O almeno, non lo erano più.


Quando finalmente gli avevano permesso di lasciare le camere di guarigione, non gli era stato concesso di tornare subito alle sue stanze. Era stato convocato dal Padre degli Dei e aveva passato la serata nella sala del trono a discutere delle conseguenze dello scontro con Thanos e ad analizzare la situazione. Odino e Frigga gli avevano fatto visita non appena si era ripreso, e lui aveva sopportato a fatica le loro parole. Adesso, costretto ad ascoltare i loro discorsi riguardo i postumi della battaglia, a malapena riusciva a trattenersi dall’alzarsi e andarsene. Era furioso con ciascuno di essi, perché avevano permesso a Sigyn di entrare nel suo sogno e di affrontare un viaggio pericoloso in quel mondo che sebbene esistesse dentro sé stesso, lui non poteva controllare. Aveva rischiato di restare imprigionata lì con lui, condannata ad assisterlo nel suo supplizio per l’eternità. Non avrebbero dovuto permetterle di correre un tale pericolo.
Tuttavia Loki rimase in silenzio, il familiare calore della rabbia nello stomaco. Esitava a sollevare l’argomento con i presenti, perché c’era dell’altro. C’era qualcosa che lo pungeva nel profondo, un ricordo così opprimente da impedirgli di pensare.
Niente di tutto ciò sarebbe successo se lui non avesse fallito nell’uccidere Thor. Se fosse riuscito a portare a termine la sua vendetta, se avesse lasciato che l’Altro colpisse suo fratello e ne strappasse via la vita, sarebbe riuscito a provare a Thanos la sua lealtà e si sarebbe assicurato la salvezza. Loki sapeva che le cose non erano così semplici, che quello dei “se” era un mondo pericoloso dove le illusioni erano potenti e insidiose. Sapeva anche che, probabilmente, Thanos non avrebbe affatto accettato la sua alleanza e le cose sarebbero finite allo stesso modo. Tuttavia restava un’incognita sottile, una domanda che non poteva avere risposta e a cui lui continuava a pensare.
Thor aveva avuto gli occhi lucidi quando era venuto a trovarlo nelle camere di guarigione. Loki gettò uno sguardo al fratello, seduto accanto a lui, e sentì quel nodo in gola che ormai gli era tanto noto. Da ragazzi il suo odio era stato quasi un gioco, come il brivido di sporgersi oltre un precipizio e oscillare indietro un attimo prima di sbilanciarsi. Quando aveva scoperto di essere un Gigante di Ghiaccio non era più riuscito a restare in equilibrio. Era precipitato, e adesso non sapeva più dov’era. Non era del tutto certo di essere in fondo al precipizio, ma ovunque si trovasse, non riusciva a risalire. Aveva l’impressione che sarebbe rimasto per sempre a metà strada. Era un nuovo equilibrio a cui ancora non si era abituato, e faceva male. Non era riuscito a lasciar morire suo fratello, e sebbene fosse umiliante, fu costretto ad ammettere a sé stesso che se fosse tornato indietro probabilmente non ci sarebbe riuscito comunque. Pensò di non aver mai desiderato la morte di Thor. Forse voleva soltanto che le cose tornassero com’erano prima, ma sapeva che questo non era possibile.
Thor non sembrava sospettare nulla di tutto quello che Loki aveva cercato di mettere in atto. Quando si erano rivisti nella sala del trono lo aveva accolto con un gran sorriso e una pacca sulla schiena di cui Loki avrebbe volentieri fatto a meno. I tre guerrieri e Sif, forse, avevano intuito che qualcosa di insolito nella faccenda, ma Loki ignorò deliberatamente le loro occhiate oblique. Erano veramente l’ultimo dei suoi problemi. Si era salvato per miracolo da una punizione eterna, mettendo a repentaglio la vita dell’unica donna che mai avesse contato qualcosa per lui, e nella sua mente non c’era spazio per altro. Non si era vendicato, aveva fatto quella che molti avrebbero ritenuto essere la cosa giusta, ma Sigyn aveva comunque pagato le conseguenze delle sue azioni. Non c’è una risposta, pensò Loki. Aveva la sensazione di essere stato in balia di un’ironia crudele.
«Loki».
La voce del Padre degli Dei lo fece quasi sussultare, ma Loki dissimulò la sorpresa e si voltò con noncuranza.
«Hai fatto mostra di grande realtà e coraggio, salvando la vita di tuo fratello».
Loki sorrise maligno. «Immagino che questo faccia di me un
eroe».
«È quello che sei, fratello» esclamò Thor, battendogli di nuovo la mano sulla spalla. Loki se la scrollò di dosso a denti stretti.
«Non amo essere definito tale» replicò, freddo. «E sono certo di non essere il solo a non apprezzare la definizione».
Pensò a come avrebbe reagito la popolazione alla notizia.
Il Dio degli Inganni, redento. Si sentì soffocare dalla rabbia, una frustrazione che nasceva dal profondo. Sarebbe stata l’ennesima menzogna, e questa volta non era nemmeno stato lui ad architettarla.
«Il tuo è stato un atto di valore, tutto ciò è innegabile», proseguì Odino. «E cancella completamente la vergogna delle tue azioni passate».
Loki pensò di aver sentito male. Corrugò la fronte, colto alla sprovvista, poi sollevò lo sguardo, sdegnato. «
Cosa?!»
Il Padre degli Dei non reagì. «Ciò che hai fatto su Midgard passa completamente in secondo piano di fronte alla tua impresa sul campo di battaglia».
«Ti perdoniamo», intervenne Frigga. «Sebbene ti fosse stata concessa la grazia, eri stato condannato per i tuoi crimini. Adesso quella condanna non esiste più».
Loki strinse gli occhi, incredulo, in preda al risentimento. «Non vi ho chiesto un
premio per aver salvato Thor».
«È quello che hai meritato».
«Ma non è quello che voglio». Loki si rese conto che tutta la sua rabbia rischiava di emergere e di travolgerlo da un momento all’altro. Odiava quel mondo con tutte le sue forze. «Non cercate di
redimermi. Sarebbe un inganno troppo grande anche per me».
Notò con soddisfazione di aver lasciato i presenti senza parole. Un guizzo di euforia trasformò il suo sorriso in un ghigno. Quasi non sentiva più il nodo in gola, e nemmeno la delusione negli occhi di Thor cambiò le cose.
Lasciò la sala con una baldanza che scaturiva dall’ira. Il mondo avrebbe potuto credere che fosse un eroe, ma loro avrebbero sempre saputo che non era così. Era l’unico travestimento che non avrebbe mai voluto indossare. L’ultima volta che ci aveva provato era precipitato dal Bifrost negli abissi dell’universo. Thor era un eroe, non lui; ancora prima di Thor lo era stato Odino, e Loki mai e poi avrebbe voluto essere come lui.
La prima cosa che vide quando aprì la porta delle proprie stanze - gli sembrava di essere stato lontano una vita, e in fondo era così - fu Sigyn. Era un’ombra al di là della tenda che copriva la porta della terrazza. Non si era accorta del suo arrivo, ma si volto immediatamente quando Loki entrò e scostò la cortina.
«Ti stavo aspettando», disse.
Loki sorrise. «Lo so».
Forse qualcosa di anomalo era trapelato dalla sua voce, perché avvertì lo sguardo di Sigyn indugiare su di lui troppo lungo. Si rese conto che aveva capito. Si voltò, rientrando, ma era troppo tardi.
«Cos’è successo?» chiese Sigyn. Per un solo istante, Loki pensò di dirle che non era successo niente.
«Si è parlato del mio valore sul campo di battaglia», rispose invece. «Sembra che le mie azioni facciano di me un eroe».
Sentì i passi di Sigyn dietro di sé e improvvisamente si rese conto di essere stato profondamente agitato fin dal momento in cui aveva messo piede nella stanza.
«Hai salvato la vita di Thor, è normale che pensino che sei un eroe», disse lei. Loki serrò la mascella, soffocando l’irritazione. Non era arrabbiato con lei, quanto con la verità nelle sue parole.
«Lo so, ma non amo la definizione, né l’uso che ne faranno», replicò. «Plasmeranno una nuova identità per il figlio traditore. Racconteranno a tutti della mia redenzione miracolosa».
«E tu lascia che ci credano. Una volta mi dicesti che non avrei dovuto nemmeno considerare quello che pensava la gente».
Loki si voltò con una strana sensazione, come di essere stato colto in flagrante. Sigyn lo guardava senza paura, ma non c’era giudizio nei suoi occhi, e lui ne fu esageratamente sollevato.
Sigyn gli si avvicinò e gli rivolse un sorriso quasi timido. «So che non ne vuoi parlare», disse. «Ma anch’io penso che tu abbia agito con valore».
Loki rimase impassibile, ma dentro di sé qualcosa si incrinò. Osservò il volto di Sigyn con il terrore di vedervi dipinto l’orgoglio e così la scrutò a lungo, con attenzione. Quando fu sicuro di non scorgere niente del genere, si voltò di nuovo.
Era rimasto in silenzio, eppure sentiva quella stessa sottile amarezza di quando raccontava una menzogna. Era una sensazione con la quale aveva imparato a convivere, ad accettare addirittura, ma per la prima volta nella sua vita la trovò assolutamente insopportabile. Sapeva, ancora una volta, di trovarsi davanti ad un bivio. Spesso gli era capitato, con Sigyn, di dover fare una scelta. In quel momento avrebbe potuto tacere, sorridere e fingere che tutto andasse più o meno bene, oppure rivelarle cos’era veramente successo su quel campo di battaglia. Mentire sarebbe stata la soluzione migliore, lasciar credere a Sigyn di aver voluto salvare Thor, e risparmiarle la verità. C’era una bellezza anche nelle bugie, e Loki lo sapeva bene. Con le parole poteva creare la realtà, ma non doveva essere per forza una realtà mostruosa. Distorta, sì, ma bella: una realtà in cui Sigyn non aveva sposato un uomo che era sceso sul campo di battaglia pensando di uccidere il fratello. Le avrebbe fatto un regalo, in fondo. Era una bella bugia da raccontare.
Poi però pensò a quanti altri campi di battaglia ci sarebbero stati e a quante altre volte si sarebbe trovato a scegliere tra la verità e la menzogna, finché non avrebbe più avuto la possibilità di decidere e l’una o l’altra si sarebbero presentate fuori dal suo controllo. Pensò di star mentendo non tanto a Sigyn quanto a sé stesso.
Preso da un impeto di determinazione, si girò di nuovo verso Sigyn. Improvvisamente si accorse di aver bisogno di una quantità spropositata di coraggio per dire quelle parole, più di quanto avesse immaginato, e per un istante ebbe paura di non averne abbastanza.
«Non avevo intenzione di salvare Thor», disse dopo quella che gli parve un’eternità. «Volevo negoziare con Thanos, volevo scambiare il Tesseract con la nostra salvezza. Avevo un piano, ma ho fallito. Non ho mai voluto comportarmi da eroe. Intendevo uccidere Thor, e anche il Padre degli Dei, non appena mi si fosse presentata l’occasione».
Era così assurdo credere di star pronunciando quelle parole proprio in quel momento, che tutto gli sembrava meno reale del sogno in cui era stato rinchiuso. Sigyn lo fissava attentamente, gli occhi sgranati e il volto serio.
«Alla fine, però, quando hai avuto l’occasione, non l’hai fatto», disse lei con un filo di voce.
«Ma se lo avessi fatto?»
Sigyn restò in silenzio, e quando Loki la vide abbassare lo sguardo sentì quel qualcosa dentro di lui incrinarsi ancora di più. Aspettò con pazienza che lei rialzasse gli occhi, controllando la rabbia. Ormai aveva fatto la sua scelta e per quanto il pensiero di quella verità lo lasciasse completamente terrorizzato, doveva sapere.
«Il punto è che l’ho
pensato», disse quando Sigyn incontrò di nuovo il suo sguardo. «L’ho pensato a mente fredda e sono stato sul punto di agire. Non importa che non l’abbia fatto, quel pensiero è esistito nella mia testa. Queste sono le cose che penso: la vendetta nei confronti di chi mi ha fatto torto. Forse un giorno riuscirò a compierla. E io… non credo che tu voglia passare la tua vita al fianco di qualcuno che pensa queste cose».
Avrebbe voluto cercare immediatamente la reazione di Sigyn, ma si rese conto di non riuscire a guardarla in volto. Si impose di non vacillare e la fissò con il cuore in gola mentre lei abbassava gli occhi, forse cercando di riordinare i pensieri. Continuava a ripetersi nella testa le proprie parole, come a ricontrollarle per essere sicuro di averle dette esattamente come voleva. Gli sembrarono comunque terribili, forse perché erano sincere.
«Ti sbagli».
Aveva atteso la sua reazione, eppure lo colse alla sprovvista e quasi sussultò. C’era un fuoco negli occhi di Sigyn, quel moto di fierezza che aveva notato per la prima volta nelle prigioni e che gli aveva fatto venire voglia di continuare a provocarla.
«Tu pensi che se portassi a termine la tua vendetta, io ti odierei?» proseguì Sigyn, un tremito nella voce che Loki classificò come frustrazione. «Certo che non voglio che tu uccida nessuno, non puoi chiedermi il contrario. Ma so benissimo che non è l’unico pensiero che hai nella testa. Lo so, perché me ne hai raccontati molti altri. Li ho visti, li ho sentiti, e non vi rinuncerei mai. Se dovessi vendicarti sarai esaltato dalla vittoria, ma non sarà l’unica cosa che che proverai. Sai anche tu che ci saranno cose più oscure che cercheranno di strapparti tutti gli altri pensieri». Gli si avvicinò senza sorridere, lo sguardo pieno di una forza nuova eppure istintiva, come se in realtà fosse sempre stata lì. Loki la fissò con un nodo in gola mentre lei scandiva le sue ultime parole.

«Ma io non ti lascerò solo».
La mente di Loki non conosceva attesa e lui aveva immaginato molte risposte nel tentativo di dare forma al futuro. Aveva pensato che Sigyn non avrebbe replicato, o che avrebbe mormorato qualche parola consolatoria. E poi sì, aveva immaginato anche quella risposta, ma non aveva osato sperare di sentirla. Per un istante non provò nulla, poi si rese conto che il peso che avvertiva dentro era molto, molto più leggero di prima.
Sarebbe potuto restare sé stesso e Sigyn ci sarebbe stata comunque. L’idea che lei lo amasse davvero così com’era lo colpì quasi come una pugnalata, improvvisa e disarmante. Si era tormentato a lungo, diviso tra ciò che reputava il proprio dovere e quello che aveva iniziato a provare per lei, ma si rese conto di non dover più scegliere. In un certo senso, era come essere liberi.
Si accorse di essere rimasto in silenzio molto a lungo quando sentì la mano di Sigyn sfiorargli il volto. «Loki?»
Adesso la sua voce aveva assunto una tinta velata di paura. Loki batté le palpebre e la guardò come si guardano le immagini irreali dei sogni, poi la strinse a sé senza dire una parola. Sigyn appoggiò la testa sul suo petto. Loki si chiese se sentisse il rintocco folle del proprio cuore.
«Tu, piuttosto», disse Sigyn dopo un po’, con la voce incerta di chi ha pensato a lungo prima di parlare. «Quando farai quello che devi fare, non… lasciarmi».
Loki la scostò per poterla guardare negli occhi. Era la prima volta che udiva quelle parole e sentì il loro potere entrargli nel sangue. Rispose d’istinto.
«No», disse. Poi i pensieri entrarono in circolo e lui corrugò la fronte. «No, certo che no. Sigyn, non pensarlo. Non pensarlo nemmeno».
Baciò il suo sorriso e lasciò che gli abbracci li sospingessero verso il letto. Nel sogno aveva desiderato poterla sfiorare senza averne il modo, e la baciò e la strinse con l’intensità di qualcuno che ha rischiato di morire.
«I sacerdoti hanno detto di riposare», sussurrò Sigyn in mezzo ad un sospiro.
Loki rise senza smettere di baciarla. «Per quanto mi riguarda, ho dormito abbastanza» rispose. Allora anche Sigyn rise e non disse più nulla.
Alla fine, quando lei si addormentò fra le sue braccia, Loki rimase sveglio. Aveva veramente dormito abbastanza, e non era sicuro di voler chiudere gli occhi e sognare. In realtà pensava che non sarebbe mai più stato capace di dormire. Rimase vigile e attento, sveglio nella notte, con il calore di Sigyn su di sé a ricordargli che stava tutto succedendo veramente.
Loki abbracciò più forte la donna al suo fianco mentre la sua mente inarrestabile dipingeva il futuro con colori sconosciuti. Sarebbe rimasto il Dio degli Inganni, avrebbe mentito e ingannato, forse anche ucciso, intrecciato illusioni e giocato con le parole come aveva sempre fatto.
Con la differenza che, adesso, avrebbe mentito e ingannato, ma lo avrebbe fatto per lei.















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Questo è l'ultimo capitolo.
Tuttavia vorrei commentare la fine della storia solo quando uscirà l'epilogo - non necessariamente fra una settimana, quindi state attenti - che però non considero un capitolo vero e proprio perché è molto più breve ed è notevolmente diverso dal punto di vista stilistico. E' la chiusa della storia, e secondo me le lacrime arriveranno di più con quello che con il capitolo che avete appena letto.
Qualche giorno fa ho finito di scrivere la storia. Ho scritto l'ultima parola dell'epilogo e mi sono detta "l'ho finita". Mi aspettavo una sorta di vuoto interiore tragico ma invece niente, solo un po' di malinconia. Meglio così. Ci tengo tanto a questa storia e l'aver evitato la depressione post parto narrativo forse significa che sono abbastanza contenta di quello che ho scritto.
Mi sembra comunque incredibile essere arrivata a pubblicare l'ultimo capitolo! Quando ho iniziato non avevo idea che sarei arrivata fin qui. Come sempre vi ringrazio di cuore, perché senza voi lettori tutto questo non sarebbe stato possibile.

Un ringraziamento speciale per le recensioni allo scorso capitolo: KikkaMj, Chrisscolfersara, Darma, FrancescaAkira89, LittleBulma, Butterfly90, Alkimia187, Aires89, Kashmir, Clint Laufeyson, Just My Immagination, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, L_Remy, Artemis Black, Vampire_Heart, SenzaNome, EffEDont, Evilcassy, Efy, Dietrich, Lady_Porta, Elweren, _Zazzy, Alice Williams, SofyEchelon97 Lo sapete che ci tengo che mi facciate sapere cosa ne pensate della storia, quindi, veramente, grazie!

Se volete seguirmi anche dopo che questa fan fiction sarà finita, potete aggiungermi su facebook (http://www.facebook.com/eleuthera.efp). Se volete chiedermi qualcosa, invece, potete scrivermi qui: http://ask.fm/Eleuthera

Au revoir!
Eleu

   
 
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