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Autore: Nemsi    20/10/2012    6 recensioni
Era sempre così tra loro.
Una seratina tranquilla, solo per parlare e chiarirsi, magari guardando una commedia in tv. Perché in quel modo non si poteva andare avanti. Era pericoloso, folle e stupido.
[Partecipante alla challenge DirtyDrabble di Yggdrasill_Ita]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Tabella 5 ~ Special Drabble
Cucina
Bosco
Fluff
Spalle
Pancia


Una freccia con il tuo nome sopra

Cucina - Take Away

Era sempre così tra loro.
Una seratina tranquilla, solo per parlare e chiarirsi, magari guardando una commedia in tv. Perché in quel modo non si poteva andare avanti. Era pericoloso, folle e stupido.
Lui riordinava l'appartamento, per renderlo umanamente vivibile, e comprava da bere. Vermentino italiano, giusto per farsi figo.
Lei noleggiava l'ultimo film comico uscito al cinema e portava cibo take away. Pizza quella sera. Forse era meglio una comunissima birra. Meno chic, ma più azzeccata.
Non che avesse un grande appetito... di cibo almeno.
Maledizione a quel suo fisico esplosivo. Riusciva ad sexy anche con un sacco per rifiuti. E parlava con cognizione di causa.
Jeans sdruciti, t-shirt dozzinale e capelli spettinati eppure era la donna più bella del mondo.
Si erano accomodati, cartoni fumanti in mano ed avevano preso a ridere e scherzare.
Poi, nessuno dei due sapeva come o perché, erano finiti a fare sesso sfrenato sul tavolo della cucina. I vestiti sparsi sul pavimento, il vino, ancora da stappare,abbandonato sul lavabo e irrimediabilmente caldo. Al contrario della pizza, ormai fredda gelata.
Era come una droga. Baciarsi, strusciarsi, toccarsi. Due magneti che si attraggono e respingono, con leggi fisiche prevedibili ed inevitabili.
«Clint... ci si è freddata la cena.» fu lo stanco commento di Natasha, mentre indossava la t-shirt e si ravvivava i capelli.
«La prossima volta, sushi.» ribattè Barton infilandosi i jeans. Niente film. Avrebbe inforcato la porta alla velocità della luce, ignorandolo sfacciatamente per minimo una settimana.
«Posso dormire da te?» mormorò la donna, scendendo dal tavolo, diretta al frigorifero.
L’arciere credette di essere ubriaco, senza aver ingerito una goccia d’alcool.
«Come scusa?» biascicò incerto. Doveva averne la conferma. Illudersi faceva troppo male.
«Fa nulla.» replicò lei, cercando il cavatappi nel primo cassetto.
«Ogni notte, se ti va.» la rassicurò, abbracciandola stretta e baciandole il collo, proprio sulla cicatrice che lui le aveva causato anni prima. A Budapest.


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Bosco - Regina dei Ghiacci

Citazione: "a Budapest"


L’obbiettivo era una donna: molto bella, capelli rossi, fisico esplosivo. Non era questo il punto.
C’era qualcosa in lei. Sentiva che sarebbe potuta essere di più che una semplice assassina su commisione. Lui non era il tipo da fare pazzie. Incoccare la freccia, prendere la mira e scoccare. Semplice, facile, senza sbavature: centro perfetto. Eppure l’aveva risparmiata, facendo incazzare tutti, finendo disperso in un bosco con lei, ammanettata e furibonda, dopo un bagno fuori programma nel Danubio, a Budapest.
Se sopravvivevano alla gelida notte delle foreste ungheresi, lui, Clint Barton sarebbe andato in ginocchio in pellegrinaggio da San Fury per una lobotomia. Perché l’età lo stava sicuramente rincitrullendo.
«Ho ancora una freccia con il tuo nome sopra.» la minacciò, vedendola avvicinarsi un po’ troppo.
Lei lo fissò con quelle iridi glaciali, portandosi le mani alla zip dell’abito.
«Che stai facendo?» aveva stranazzato sconvolto.
«Non intendo sedurti, solo sopravvivere.» aveva chiarito la donna, continuando a spogliarsi.
«Rischiamo l’assideramento.» impersonale e concisa. Lui aveva solo l’equipaggiamento base: telo e fuocherello da campo, che non potevano accendere o sarebbe stato come gridare “Hei cretini! Siamo qui!”. Stese la coperta e si ritrovò due seni sodi ed invitanti davanti al naso. Guardò giù e non vide altro che un bozzetto rossiccio.
«Sotto il vestito niente...» si trovò a mugugnare distratto. E finì schienato, con la rossa che armeggiava con la zip dei suoi pantaloni. «Ma che donna sei?!» berciò, spingendola via nuovamente.
«Sei omosessuale?» fu la semplice ed un tantino giustificata domanda della russa.
«No!» esclamò con un po’ troppa verve. Un altro urlo così e sarebbero stati accerchiati subito.
Era nel telo ed attendeva una sua mossa. Anche l’arciere si tolse i vestiti zuppi e si sdraiò sopra di lei.
Ed entrambi aspettarono. Clint stava per dare di matto.
«Non ci riesco. Non così.» si arrese, attirandola a sé e baciandola con trasporto.


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Fluff - Una notte da dimenticare

Citazione: "Stava per dare di matto"


Stava per dare di matto
Quel bacio l’aveva colta assolutamente impreparata.
Era stata lei a spingerlo via, pulendosi la bocca con il dorso della mano.
«Le smancerie non sono necessarie.» specificò severa, quelle iridi glaciali fisse nelle sue. Credeva di essere stata chiara: voleva sopravvivere, non sedurlo. Non aveva nulla che potesse interessarle. Non era un obbiettivo, non aveva informazioni rilevanti. E visto il tipo, anche se le avesse avute, non avrebbe cantato solo perché era stato accolto tra le sue cosce.
«Forse per te, Regina dei Ghiacci.» ribatté lui, altrettanto serio. Sciocca donna. Come sperava che gli venisse voglia, se non creava un po’ di atmosfera? Non era mica un ragazzino, con gli ormoni in subbuglio, da eccitarsi alla vista di un paio di tette.
«Se è un problema meccanico, posso aiutarti a risolverlo.» aveva dichiarato chinandosi su di lui, a labbra aperte. Prontamente fermata dalla sua mano grande, indurita da numerosi calli da arco.
«Ma che hai in quella testaccia?!» era sbottato, chiudendosi a riccio come un verginello.
Stava per dare di matto. Quella donna era assurda. D’accordo essere spie pronte a tutto, ma lui non era disposto a svilire entrambi così. Si erano studiati per lunghi minuti, nonostante tremassero entrambi. Aveva sbuffato, passandosi una mano nei capelli.
«Si fa a modo mio. O niente.» aveva dichiarato categorico, stringendola a sé, baciando collo e spalle.
Lei malcelò il proprio astio. Come se avesse tante chance di rifiuto, ammanettata, senza armi, in mezzo ad un bosco fuori Budapest. Era stata costretta ad acconsentire.
Avrebbe preferito mille volte non farlo.
Quell’uomo era pazzo, stupido e crudele. Non l’aveva posseduta, l’aveva amata. Diverse volte, fino a lasciare entrambi sudati e stremati. Era stato dolce, delicato, rispettoso.
Ed anche ora, nel sonno, la teneva stretta a sé, protettivo e sereno. Perché non l’aveva fatta sentire null’altro che un sesso con gambe e braccia?
Sarebbe stato tutto molto più semplice.


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Spalle - Un mondo diverso

Citazione: "Pazzo, stupido e crudele"


Si era voltato nel sonno, dandole la schiena. Ed ora russava sereno ed appagato. Lei non riusciva a chiudere occhio.
Quello era un pazzo, stupido e crudele. Non c’era altra spiegazione. Erano in un bosco, braccati e nemici. Eppure non l’aveva usata solo per sopravvivere. L’aveva fatta sentire una donna, bella e desiderata.
L’aveva baciata molte volte. Baci dolci, passionali, possessivi, giocosi.
Ed ora le dava le spalle. Sprovveduto o superbo?
Le aveva legato nuovamente i polsi prima di crollare sfinito. E lei era riuscita a leggere imbarazzo in quegli occhi chiari, mentre le manette scattavano. Le aveva baciato la fronte, come se si dovesse far perdonare un qualche torto, e l’aveva stretta a sé, protettivo e gentile.
Non era riuscita neppure a fingere. All’inizio ci aveva provato, così da mantenerlo funzionale, proteggendosi al tempo stesso. Poteva concedersi un po’ di piacere, non perdere la testa e godere davvero.
«Dimmi il tuo nome.» le aveva biascicato all’orecchio, mentre le palpeggiava il sedere, approfondendo la loro unione.
«Non era nel mio fascicolo?» aveva replicato sarcastica, mordendosi le labbra per trattenere un gemito. Se la colpiva in quel modo...
«Voglio quello vero.» aveva chiarito baciandole il collo, forzandola ad inarcarsi contro di lui.
«Natasha.» aveva mentito. Almeno in parte. Natalia era scomparsa da troppo tempo ormai. E nessuno sembrava sentire la sua mancanza.
Spalancò gli occhi e si impedì con la destra di lanciare un urletto un po’ troppo alto e soddisfatto.
«Tasha. Mi piace.» aveva sorriso, baciandola di nuovo, riversandosi in lei per l’ennesima volta.
Studiava le sue spalle, grandi, muscolose, piene di piccole cicatrici. Anche lei ne aveva una fresca, sul collo, causata da una sua freccia.
«Clint Barton.» assaporò il suo nome tra le labbra, lentamente, studiandone ogni sfumatura. E non riuscì trattenere un sorriso sincero. Forse anche per una come lei poteva esistere un mondo diverso in cui vivere.


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Pancia - Felicità

Citazione: "con il tuo nome sopra"


Anni fa avevo una freccia con il tuo nome sopra. Ora è un anello. Lo porto sempre con me, nella tasca interna, vicino al cuore.
«Ancora nausea?» domando sbadigliando, appoggiato pigramente alla porta del bagno. Mi incenerisce sul posto. Ah le donne e gli ormoni. Ieri sera era la creatura più dolce e sexy della terra, questa mattina sembra una strega con capelli rossi ed espressione arcigna. «Non posso capire eh?» mugugno avvicinandomi al lavabo per lavarmi i denti.
Mugugna qualcosa, in russo. Sicuramente un insulto. Prima o poi dovrò imparare quella dannata lingua o a breve ne avrò due ad accusarmi e io a fare l’ebete.
«La piccola ti fa già dannare?» mormoro avvicinandomi, spazzolino in bocca, accarezzandole i capelli arruffati. So che è scorretto giocare così, sfruttando i suoi punti deboli, ma un uomo deve pur difendersi.
«Stai sbavando.» mi fa notare, alzandosi in piedi, affiancandosi a me.
«Devi fare la doccia?» mi informo, con un’ideuzza. Il suo riflesso annuisce.
Me la trascino dentro, ancora in sottoveste.
Mi inginocchio e scopro la pancia, sempre più tonda e tesa. Mi perdo a baciarla per intero.
«Tu non guardare, che papino deve fare felice quella musona della mamma.» mormoro rivolto alla nostra preziosa inquilina. Poi scendo giù, oltre quello stuzzicante ciuffetto rosso.
«Clint!» adoro sentirla strillare il mio nome, con la voce roca di desiderio.
«Shhh che ti piace.» la zittisco, riprendendo a baciarla e leccarla. Ormai è sempre più difficile fare l’amore normalmente, ma non per questo mi rassegno all’astinenza.
Nat forse no, però il sottoscritto con gli ormoni da gravidanza va perfettamente d’accordo. La rendono incredibilmente sensibile e sexy da morire.
Mi afferra per i capelli e mi lancia uno sguardo da sgelare il polo nord. E poi sussurra le uniche due parole che non difficoltà a capire, russo o meno.
Ti voglio.
«SissiSignora.» sussurro alzandomi in piedi e baciandola vorace. E lei si avvinghia come può, amandomi con tutta sé stessa.
Felicità. Ora so cosa significa davvero.

   
 
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