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Autore: kate95    20/10/2012    2 recensioni
"Rick, io..." la voce le morì in gola e le lacrime minacciava nuovamente di uscire.
Abbassò gli occhi, non riusciva a sorreggere quello sguardo.
"Pensavo che saresti stata dalla mia parte" aggiunse lui visto che la sua musa si era improvvisamente zittita.
"Lo sono, Castle"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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I believe you



Ciao! Non ho saputo resistere alla tentazione di scrivere qualcosa sulla 5x05.... questa attesa mi sta uccidendo e visto che gli sneak peeks non si decidono ad uscire, ho deciso di mettere per iscritto le mille fantasie che mi passano per la testa su questo episodio :)
Buona lettura!

Non sapeva più che cosa pensare.
Non poteva credere che fosse tutto vero, voleva solo svegliarsi e rendersi conto di aver fatto un terribile incubo.
Eppure tutte le volte che chiudeva gli occhi e poi li riapriva trovava sempre quei maledetti fascicoli aperti sulla sua scrivania.
Continuava a leggerli e rileggerli come se d'improvviso quelle scritte potessero mutare, come se quelle lettere potessero mescolarsi, cambiare il loro ordine e comporre nuove parole, con un nuovo significato.
Le impronte corrispondevano.
Doveva esserci un errore, per forza.
Aveva chiesto a Lanie di ricontrollarle, migliaia e migliaia di volte ma il risultato era sempre lo stesso.
C'erano quelle maledette impronte dappertutto: non si trattava di un errore.
Allora perché lei si rifiutava di crederci?
Se fosse un caso normale sarebbe già andata dal loro sospettato, l'avrebbe arrestato e messo sotto torchio nella stanza interrogatori.
Ma era proprio questo il punto: non era una caso normale.
"Non può essere lui.... non può" sussurrò mentre tentava di ricacciare indietro le lacrime.
Sapeva cosa sarebbe successo: l'avrebbero arrestato come un qualsiasi criminale, nonostante tutta la sua squadra credesse in lui, nella sua innocenza.
Tutte le prove erano contro il suo scrittore.
D'improvviso si alzò dalla sedia e afferrò la giacca avviandosi verso l'ascensore.
Doveva parlargli, doveva vederlo.
Era tornato a casa sua un paio d'ore prima dopo che i primi indizi sembravano indicarlo come possibile sospettato; poi erano arrivate le prove.
Avevano discusso e lui se ne era andato dal distretto lasciandola lì da sola a ripensare a quello che si erano detti.
Prese l'ascensore e quando le porte si chiusero non riuscì a trattenere le lacrime che fino ad allora aveva ricacciato indietro.
Cercò di calmarsi e riprendere un po' del suo autocontrollo prima di uscire dal distretto, si asciugò velocemente le lacrime con il dorso della mano e prese un lungo respiro.
Riuscì a malapena ad arrivare in auto prima che gli occhi si riempissero nuovamente di lacrime offuscandole la vista.
Mise in moto e partì a tutta velocità cercando di riordinare l'idee durante il tragitto.
Arrivò sotto casa di Castle poco più di venti minuti dopo ma ce ne vollero parecchi altri prima che trovasse il coraggio di salire.
Le luci illuminavano le finestre del grande loft e Beckett sperò che Rick fosse a casa da solo.
Non aveva voglia di affrontare tutta quella situazione anche davanti ad Alexis e Martha.
Quando l'ascensore la lasciò al piano dell'appartamento suonò il campanello e attese che qualcuno venisse ad aprirle.
Si trovò davanti lo scrittore con lo sguardo un po' assente e stanco.
"Hey" lo salutò lei entrando nel loft.
"Ciao" rispose chiudendo la porta alle sue spalle "come mai sei venuta? Ci sono novità?"  chiese con voce fredda e distaccata.
"Volevo dirti che mi dispiace per quello che ti ho detto al distretto... io non avrei dovuto... non lo pensavo realmente"
"Ah davvero? Sembrava che fossi molto sicura di quello che dicevi"
"Lo so che sei arrabbiato, ne hai tutto il diritto"
"Non sono arrabbiato, Kate" rispose "solo... deluso"
Lei incatenò per un istante i loro sguardi, ma in quegli occhi azzurri non c'era la solita allegria e vivacità di sempre e questo faceva maledettamente male.
Si sentiva in colpa, proprio perché lo aveva deluso.
"Rick, io..." la voce le morì in gola e le lacrime minacciava nuovamente di uscire.
Abbassò gli occhi, non riusciva a sorreggere quello sguardo.
"Pensavo che saresti stata dalla mia parte" aggiunse lui visto che la sua musa si era improvvisamente zittita.
"Lo sono, Castle"
"Beh da come mi hai parlato non sembrava affatto. Tu non mi credi"
"Non è così... è che tutte le prove conducono a te, ogni cosa! Ci sono le tue impronte dappertutto e non hai un alibi... "
"È proprio questo il punto. Se tu fossi nella mia situazione io ti crederei. Anche se avessi tutte le prove contro io continuerei a sostenerti, perché so che non saresti capace di fare una cosa simile!" si allontanò da lei di qualche passo dandole le spalle.
"Io sono una detective, Castle. Non posso nascondere le prove e fare finta di nulla.
Non posso farlo, vorrei tanto ma il mio lavoro..."
"Non ti sto chiedendo questo" rispose alzando la voce e voltandosi nuovamente verso di lei "Non sto cercando di convincere la detective Beckett che le prove non esistano. Lo stesso chiedendo a Kate! Sto chiedendo alla donna che amo di credermi... perché non ho ucciso nessuno"
La guardò negli occhi mentre le prime lacrime sfuggivano al controllo della donna, rigandole le guance.
"Io ti credo, Rick. L'ho sempre fatto! Ma questo non fermerà le indagini su quell'omicidio, questo non impedirà alla Gates di metterti nella lista dei sospettati,  non farà sparire le prove che ci sono contro di te. E io non riesco a sopportarlo. Non posso pensare che potrebbero arrivare da un momento all'altro per interrogarti o per trattarti come qualsiasi altro criminale. Non voglio entrare nella sala interrogatori e trovarmi te davanti, seduto dalla parte sbagliata del tavolo.
Non posso essere lucida e imparziale, nemmeno Ryan ed Esposito ci riusciranno, e questo porterà soltanto ad una conclusione: la Gates ci toglierà il caso perché siamo troppo coinvolti" prese una pausa cercando di respirare e di controllare le lacrime che ormai uscivano copiose da suoi occhi "non voglio mollare... non affiderò mai questo caso ad una squadra qualsiasi perché loro non cercheranno un'altra spiegazione, loro non ti crederanno... vorrei soltanto trovare qualcosa, qualsiasi indizio che ti scagioni, che faccia capire a tutti che sei innocente. Voglio non essere la sola a crederti"
In un attimo si trovarono stretti uno all'altro, in quell'abbraccio che dava conforto ad entrambi.
"Ho paura... " sussurrò Beckett con il volto ancora sprofondato tra la spalla e il collo del suo scrittore " ho paura di fallire... se non riuscissi a risolvere questo caso, io... non me lo perdonerò mai"
"Ce l'abbiamo sempre fatta, Kate. Ci riusciremo anche questa volta, insieme"  rispose sapendo di poter contare sulla sua musa.
"Rick..." lo chiamò sciogliendo l'abbraccio per guardarlo negli occhi.
Voleva dirglielo. Voleva finalmente esprimere ad alta voce quello che ormai sapeva di provare per lui da molto tempo.
"Sì?" la incitò lui.
"Io..." prima che potesse dire qualsiasi cosa il suo telefono prese a squillare.
Sbuffò irritata ma leggendo il numero del distretto decise che era meglio rispondere.
"Beckett"
"Sono Esposito. Devi venire al distretto, il più presto possibile"
"Ci sono novità?" chiese allarmata dal tono di voce serio del suo collega.
"Non voglio parlarne per telefono. É meglio se vieni qui"
"Ok" rispose con la voce tremante "arrivo subito"


Mezz'ora più tardi era arrivata al dodicesimo, dopo aver lasciato Castle al loft senza aver avuto l'occasione di dirgli ciò che voleva.
Si precipitò fuori dall'ascensore e arrivò davanti alla sua scrivania.
Ryan ed Esposito la stavano aspettando e le loro espressioni non promettevano nulla di buono.
La lavagna su cui lavorava per risolvere i casi d'omicidio si stava a poco a poco riempiendo di indizi, appunti e possibili teorie.
Alcune scritte le aveva fatte lei stessa poco prima mentre sotto la foto della vittima riconobbe immediatamente la calligrafia del suo scrittore che aveva appuntato degli indizi, prima che se ne tornasse a casa.
Ma la cosa che le balzò subito agli occhi fu la parte riguardante i sospettati.
Quando aveva lasciato il distretto non c'era ancora nulla, ora invece c'era il nome Richard Castle scritto a grandi lettere e una sua fotografia attaccata con una delle clip magnetiche.
Non riusciva nemmeno a guardarla, faceva troppo male.
"Chi l'ha messa?" domandò riferendosi alla foto.
"Beckett, non..."
"Lui non è coinvolto in tutto questo, toglietela" la sua voce era dura e al tempo stesso tremolante ed insicura.
"Kate, è il principale sospettato, dobbiamo metterlo sulla lavagna. Lo facciamo sempre con tutti gli altri casi"
"Sì, ma questo non è come tutti gli altri casi" rispose secca.
Cercava di non dare a vedere il suo dolore ma il suo sguardo triste e spento la tradiva.
Loro non risposero, sapendo cosa provava in quel momento la loro collega.
D'improvviso si avvicinò a grandi passi alla lavagna e con un movimento deciso staccò la foto e la fece sparire nel cassetto della scrivania.
Non voleva che tutti i poliziotti del distretto vedessero la faccia di Richard tra l'elenco dei sospettati.
Ryan sospirò poi prese coraggio e parlò: "Beckett, c'è un'altra cosa che devi vedere"
La donna seguì i due nella saletta adiacente dove c'era la lavagna elettronica.
"Abbiamo appena ricevuto i video delle telecamere della gioielleria" iniziò Javier "mi dispiace" aggiunse dispiaciuto facendo partire il video.
Nelle immagini si vedeva un uomo di spalle che parlava con la loro vittima, ma si capiva chiaramente di chi si trattava.
Era lui. Che diavolo ci faceva in una gioielleria quella sera?
"È visto di spalle" commentò lei, appigliandosi a qualsiasi possibile dettaglio "non abbiamo la certezza che sia lui"
Sapevano perfettamente tutti e tre che quello era Rick ma ammetterlo faceva troppo male, soprattutto a Kate.
Come a voler distruggere anche l'ultima flebile speranza, l'uomo nel video si voltò per uscire dalla gioielleria mostrando il volto.
Beckett chiuse gli occhi. Non voleva crederci.
Aveva promesso a Rick che era dalla sua parte, ed era effettivamente così ma quel video rendeva ancora tutto più difficile.
"É lui" constatò Kevin.
"L'hanno incastrato! Non può essere stato lui" ormai ripeteva quella frase in continuazione come un disco rotto.
"Kate, anche noi pensiamo che non sia stato lui, non ne sarebbe capace. Ma tutte queste prove..." Esposito non terminò la frase, spaventato anche lui da quello che avrebbe detto.
Stava davvero pensando che il loro amico fosse immischiato in quella brutta faccenda?
Dopo qualche minuto di silenzio i due detective si guardarono, consapevoli che il peggio doveva ancora arrivare.
"Kate... dobbiamo..." Ryan non trovava le parole per dirlo, non mentre Beckett lo guardava con gli occhi lucidi, sul punto si scoppiare in lacrime.
"Dobbiamo arrestarlo" concluse Esposito al suo posto attendendo la reazione della donna.
"No..." fu soltanto un debole sussurro quello che uscì dalle sue labbra ma entrambi sentirono il dolore che traspariva dalla sua voce.
"Mi dispiace" disse Ryan "se vuoi restare qui al distretto, andiamo solo noi... non ti preoccupare"
In quell'istante il mondo sembrò crollarle addosso, schiacciarla con tutto il suo peso.
Chiuse gli occhi respirando a fondo, cercando di calmarsi e di non permettere al dolore di invaderla.
Si appoggiò alla scrivania lì vicino quando i due decisero che forse era meglio lasciarla un po' da sola.
"Aspettate" li fermò mentre stavano uscendo dalla saletta "vengo con voi"
"Sei sicura che sia una buona idea?"
"Sì, sono sicura" disse afferrando la giacca e seguendo i suoi colleghi verso l'ascensore.

Quando arrivarono al palazzo di Castle le sembrò di morire.
Non voleva arrestarlo, non ce l'avrebbe fatta.
Aveva tradito la sua fiducia, non aveva trovato nulla per scagionarlo e in più erano saltate fuori altre prove contro di lui.
Arrivarono al piano del loft ed erano tutti molto agitati, con Kate in testa al gruppo.
Oltre a lei, Ryan ed Esposito c'era tanti altri agenti e questo di certo non l'aiutava a calmarsi.
Quando Castle venne ad aprire e se li trovò tutti davanti fu peggio di quel che pensava.
Non riusciva a parlare, la gola secca e gli occhi umidi dalle lacrime sempre pronte ad uscire.
Fu Esposito a parlare e ad entrare per primo nel loft capendo la difficoltà della donna.
"Castle, mi dispiace ma abbiamo trovato altre prove a tuo carico" disse mostrandogli un mandato di perquisizione per la casa "sei il principale sospettato"
Rick non disse nulla, sapeva che non sarebbe servito a rimandare l'inevitabile.
Beckett non aprì bocca per tutto il tempo, cercava di racimolare i pensieri e formulare una frase ma non ci riusciva.
"Richard Castle, ti dichiaro in arresto per omicidio" disse Javier portandogli le mani dell'uomo dietro la schiena e ammanettandolo.
Quel rumore metallico delle manette che si chiudevano risuonò a lungo nella mente e nelle orecchie di Kate provocandole un lungo e gelido brivido.
Nel momento in cui Esposito lo ammanettò, Rick realizzò davvero quello che stava succedendo.
Sarebbe finito in prigione, l'avrebbero interrogato, accusato ingiustamente e chissà cos'altro.
Cercò disperatamente lo sguardo della sua Kate che restava immobile a distanza. Quando lei incrociò i suoi occhi lesse dentro tutta la paura e l'angoscia che in quel momento lo tormentavano e seppe di aver fallito.
Non si sarebbe data per vinta però, lo avrebbe scagionato, a qualunque costo.
Sostenne il suo sguardo perdendosi dentro quel mare blu in cui spesso annegava tutte le sue insicurezze e paure. Ora era lui ad aver bisogno di lei, e l'avrebbe trovata lì al suo fianco proprio come lui aveva fatto per lei in quattro anni.

Il viaggio verso il distretto fu più lungo e duro del previsto.
Quando arrivarono era già sera tardi e quindi avrebbero rinviato l'interrogatorio al giorno seguente.
Il che significava per lo scrittore dover passare la notte a dormire in cella.
Beckett si buttò a capofitto nel caso con i due detective nella speranza di trovare qualcosa per provare l'innocenza dello scrittore.
Quando la Gates ordinò loro di andarsene a casa, Beckett decise di andare a trovare Castle, nonostante Esposito glielo avesse sconsigliato più volte.
"Non puoi Kate! É meglio se lasci perdere.... se la Gates viene a saperlo ti toglierà il caso perché sei troppo coinvolta. É già un miracolo che non l'abbia ancora fatto!"
"Non mi importa, continuerei ad indagare comunque e lei lo sa... togliermi dall'indagine peggiorerebbe solo la situazione, perché farei di testa mia"
"Sta attenta a non farti beccare" gli disse serio prima di andare via con Kevin.
Quando rimase sola si diresse verso la cella dove Castle era rinchiuso.
Lo trovò lì, seduto con lo sguardo un po' spento, ancora ammanettato.
Lui sentì dei passi avvicinarsi, quell'inconfondibile rumore di tacchi che conosceva da più di quattro anni.
Quando arrivò davanti alla cella alzò lo sguardo, incrociando gli occhi della sua bella musa.
La donna prese le chiavi e ordinò all'agente di guardia di andare a farsi un giro.
"Ma... non posso andarmene..." protestò lui.
"Ho detto: vai a farti una pausa" ripeté lei, questa volta più duramente.
L'agente si arrese e, sperando di non doversene pentire, se ne andò lasciando i due da soli per un po'.
"Kate, che ci fai qui? Ci sono novità?" domandò lo scrittore una volta che lei entrò dentro insieme a lui.
"No, purtroppo no" rispose posando le chiavi e inginocchiandosi davanti a lui.
Gli prese le mani tra le sue e lo guardò negli occhi: "Mi dispiace... per tutto questo, davvero... io... sono stata costretta a farlo"
"Lo so... Nessuno di voi avrebbe voluto farlo ma siete obbligati. In fondo siete sempre poliziotti"
"Già" constatò "in situazioni come queste preferirei non esserlo, almeno non dovrei seguire il regolamento"
"Tu? Che sei piena di regole e che non sgarri mai?"
Lei sorrise e lui non poté che fare la stessa cosa mentre Kate gli apriva le manette e gli liberava i polsi.
"Non dirlo alla Gates... o mi accuserà di trattamenti di favore"
"Sarò muto come un pesce"
"Perfetto" disse stringendogli le mani e accarezzandole dolcemente, mentre con il pollice disegnava cerchi immaginari sulla sua pelle.
Rimasero qualche istante in silenzio, godendo di quel dolce e piacevole contatto.
"Troverò qualcosa per scagionarti, qualsiasi cosa. Farò di tutto per farti uscire, fosse l'ultima cosa che faccio" disse seria lei dopo un po'.
"Stai attenta a non metterti nei guai"
"Non credo sia un grosso problema... l'esperto in quel campo sei tu" disse strappandogli un debole sorriso.
"Grazie, Kate" aggiunse qualche minuto dopo.
"Di cosa?"
"Di tutto quello che stai facendo per me... e per quello che farai da adesso in poi"
"Always" sussurrò guardandolo negli occhi per poi posare un lieve bacio sulle sue labbra.
"È la cosa giusta da fare: aiutarsi a vicenda, sopratutto se si tratta della persona a cui si tiene di più... della persona che si ama..."
Quelle parole, uscite dalla sua bocca, fece tornare il sorriso allo scrittore, uno di quelli veri, soltanto per la sua Kate.
Lei gli credeva, lo avrebbe aiutato ma sopratutto gli aveva praticamente detto di amarlo. Certo non erano proprio le classiche parola ma era decisamente un buon inizio.
E questo non poteva che renderlo felice.
Lei gli sedette accanto e lo strinse a sé, tra le sue braccia.
Fu così che li trovò l'agente una volta tornato dalla sua pausa, abbracciati l'uno all'altra, addormentati.




Prometto che presto arriverà anche l'ultimo capitolo della mia long.... perdonate l'immenso ritardo ma tra scuola e mille impegni vari non mi rimane molto tempo per scrivere....
Intanto spero vi sia piaciuta questa pazzia, a presto! =D
   
 
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