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Autore: ippogrifogirl    21/10/2012    1 recensioni
Bonnie mi guardò come se potessi fulminarla con lo sguardo. Dopotutto era colpa sua se ci trovavamo in questo pasticcio, ma a me non importava più di tanto chi fosse l’autore di questo; cercavo dentro di me rabbia, e delusione ma trovavo solo felicità. Bè non proprio, ma avevo una voglia matta di avere un’avventura da non dimenticare.
Genere: Avventura, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensai a Bonnie. Mi accorsi che le lacrime mi rigavano il viso. Me lo coprì con le mani e presi a correre. Avevo fatto molta fatica per cercarla, e ora… Avevo trovato un cretino. E così pensai che Bonnie dovesse essere in quel bosco, per questo motivo non la trovavo. Però, era strano: lei non aveva trovato la chiave e di conseguenza non sarebbe potuta entrare in questo villaggio, ammesso che ne conoscesse l’esistenza. Riflettei ancora e, dopo aver realizzato che la grotta era troppo piccola perché una persona si potesse perdere, giunsi alla conclusione che da tempo mi tormentava nei sogni e mi distraeva durante la sua ricerca, che non avrei mai pensato di poter accettare, l’unica conclusione a cui non volevo giungere. “Il lupo l’ha presa” Mi dissi sottovoce. Rassegnata e disperata, mi accasciai a terra.
Sentivo il profumo del pane, e sarei anche potuta rimanere così per sempre, se non fosse per il fatto che mi mossi, e qualcuno accanto a me se ne accorse. “Hey…” mi disse. Capii a chi apparteneva quella voce, così non aprii gli occhi e, gesto un po’ infantile, mi girai e finsi di non sapere che lui era accanto a me. Dopo un po’, mi accorsi che le mie mani erano calde, e aprii gli occhi; avevo una pagnotta calda in mano e, senza neanche pensarci, le diedi un morso che, forse, così aggressivo, non se lo meritava: era così bella e così calda… “Ahaa… Lo sapevo che non saresti potuta resistere con la pagnotta dei miei genitori!” Lo guardai, ed ebbi conferma dei miei pensieri: era lui, il ragazzo arrogante con cui avevo fatto una bella chiacchierata prima. Non sapevo neanche come si chiamava, così gli chiesi: “Come ti chiami?” Mi rispose: “Come vuoi”. Ok, quel tizio mi stava  davvero antipatico. Mi accorsi, dopo un po’, di essere in una di quelle casette che, da piccola, sognavo  di avere: era una di quelle che avevo visto durante la piccola visita del villaggio, ma all’interno era veramente diversa dall’esterno: era come un castello, anche se piccolo, molto piccolo. Ero stesa su un divano, molto comodo, di un colore beige cacchetta. Davanti c’era un caminetto grazioso che riscaldava l’atmosfera. Dietro c’era un tavolino con delle sedie tutte diverse attorno e, ancora dietro, c’era un bancone che si affacciava sulla strada; probabilmente lì facevano le pagnotte e le vendevano. Un momento… ma chi? Probabilmente i genitori del ragazzo dal nome sconosciuto, che stava accanto a me a scaldarsi le mani al caminetto. Forse dovevo ringraziarlo della sua ospitalità, ma al momento non era la mia prima preoccupazione. Quella parola, nella mia mente, scatenò immagini di Bonnie e della mia disperata ricerca: lei era la mia prima preoccupazione. Feci per alzarmi, ma una mano mi bloccò. “Ferma! Non vorrai svegliare tutti?!” mi disse. “Che ore sono?” chiesi con il tono più formale che riuscii a trovare. “O forse è un altro mistero da risolvere?” Aggiunsi. Rise. “Per non farti fare pazzie, ti svelo che sono le tre del mattino.” Oddio. Era così presto? “E perché tu non dormi?” Ops. Non avrei dovuto chiederglielo. Prima cosa, non mi importava di quello che faceva e non faceva, e seconda… “Beh… volevo vedere se… saresti scappata, o mi avresti ucciso mentre dormivo.” “Si, ci avevo pensato.” Gli risposi, per allentare la tensione. “Ehm… tu, tu piangevi e gridavi un nome di una ragazza.” Mi disse un po’ imbarazzato. Ma io dovevo esserlo più di lui! Avrei voluto rispondergli in malo modo, ma uscirono queste parole di bocca: “Si” e un sospiro. “Non dovresti ascoltarmi mentre dormo, avrei potuto rivelarti il mio piano per ucciderti” Aggiunsi. “Senti, io vorrei veramente dirti, spiegarti come ci sei finita qui, vorrei aiutarti ma… non posso.” Il tono sembrava sincero. E io non mi ero ancora chiesta come ci ero finita in questo villaggio, forse, all’interno di una grotta dove ci sono i lupi che … Hanno preso Bonnie. La conoscevo dall’asilo, eravamo molto unite e anche molto simili, infatti, talvolta, ci scambiavano per sorelle o cugine. Se una rideva, anche l’altra era felice, e se una piangeva, era lo stesso. A mia mamma non piaceva molto la mamma di Bonnie e io non capivo qual’era il motivo. In effetti, anche alla mamma di Bonnie non piaceva granché mia mamma e io sapevo solo che si conoscevano da molto e anche loro erano amiche per la pelle, ma poi litigarono e non le chiesi altro. Mio padre ne sapeva di più, ne ero sicura, ma ogni volta che accennavamo all’argomento lui, improvvisamente doveva fare la spesa o aiutare mia sorella con i compiti. Un giorno, lui ci disse che doveva andare in un bosco a fare non so cosa, e non tornò più. All’improvviso, mi accorsi che le mani del ragazzo mi accarezzavano teneramente la fronte. A me non piacevano questo genere di contatti, e subito mi ritrassi. Lui apparve sorpreso ma non disse nulla.  Mi accorsi anche che avevo pianto di nuovo. Uffa, non davanti a lui! Dovevo essere più forte, così chiesi: “Dov’è il bagno?”
  
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