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Autore: Marghe    20/06/2004    0 recensioni
[ "Credetti veramente in quello che mi disse. Credetti davvero che Dio mi avesse punita. E allora io… io abbandonai Dio. E vendetti la mia anima..." ]
Genere: Avventura, Dark, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Chapter 16

Chapter 16

Spiriti Gemelli

 

 

 

Per Rowena non c’era stato neppure il tempo di pentirsi di quel che aveva detto. Jack si era fatto avanti, e senza neppure conoscere il perché delle proprie azioni, aveva afferrato quel dannato flauto d’argento e l’aveva scagliato in mare, più distante che poteva. Rowena avrebbe voluto dire qualcosa, ma era rimasta senza parole, come muta, e così pure Sonia. Nessuno più aveva voglia di parlare.

Era stato come un miracolo: niente più nebbia, niente più fiamme, niente più personificazioni sataniche che affioravano dal pelo dell’acqua. E ovviamente, Jhonathan Livingstone non era mai risorto né sarebbe tornato in vita mai più.

Era tutto finito. Sonia e rowena finalmente sciolte da quel diabolico patto, con un demone in più che camminava sulla Terra in forma umana.

Satana era scomparso.

Lentamente tutti ripresero a parlare. Ma lo stupore e il terrore erano ancora grandi e oppressivi per consentire tanti discorsi. Ora Rowena stava dinanzi a Sonia, entrambe in piedi, ma con espressioni diverse. La Balia sembrava stesse per sputare fuoco. Era furente, furente come una tigre appena messa in gabbia.

- Tu hai sempre saputo che questo poteva succedere? - domandò a Sonia, ostentando calma quando non ne possedeva in corpo neanche un po’.

- Ho tentato di fermarti, - cercò di giustificarsi Sonia.

- Ma quando ti è convenuto non ci hai messo molto a stringere i tuoi patti! Dunque chi è la parte malvagia tra di noi? Avresti barattato la mia vita e quella di altri cento bambini per riavere nostro padre? -

- Anche tu lo avresti fatto, - ribatté Sonia, - Tu lo hai fatto e ne hai provato un piacere perverso! Io mi sarei fermata se avessi potuto! -

- Ma ora stai soffrendo! - gridò Rowena, - E non perché il sangue di quella gente è stato versato in vano! -

- Tuttavia mi sento in dovere di confermare, -  disse Jack a voce bassa ma con la sua consueta spavalderia, che ormai gli era impossibile abbandonare, - che la ragazza ha provato a farmi rompere l’accordo con te perché tu non evocassi il Diavolo. -

- Ma si è pentita troppo tardi, - sussurrò Rowena al culmine della disperazione. Sì, era stato troppo tardi. E ora Rowena sapeva che la sua vita non aveva nessun senso. Era sempre stata il riflesso di qualcun altro, e a dare scopo alla sua vita c’era la missione che doveva portare a termine per adempiere al patto con Satana.

Ma adesso tutto questo era scomparso. E sulla solitudine degli oceani restava soltanto la sua anima ormai futile, consapevole che il suo corpo derivava dal corpo di Sonia, che la sua anima era filtrata da quella di Sonia, che i suoi pensieri avrebbe potuto formularli anche Sonia, sebbene nell’intimo della sua mente.

Non aveva ragione d’essere. La pirateria? Che cosa aveva significato per lei? Soltanto una nave utile e veloce, con la quale terrorizzare la gente e ottenere dai porti razziati il numero di vittime necessario. L’unica cosa che per lei aveva mai avuto un qualche significato era quella sua missione che in qualche modo la risvegliava e la faceva sentire viva, quando sentiva di non esserlo affatto.

Non poteva rifugiarsi nel suo passato o nelle speranze per il futuro, come gli umani facevano: il suo passato non era affatto il suo, quindi non ne aveva uno… mentre il suo futuro non era altro che il futuro di un corpo senz’anima propria.

Non aveva mai odiato Sonia fino a quel punto. Ciò significava… che non aveva mai odiato sé stessa fino a quel punto.

Di colpo la vanità della sua esistenza astratta le fu chiara. Era come se lei fosse stata soltanto un sogno, e nient’altro di più. Nulla di concreto. Non poteva parlare di “spiriti gemelli” come un tempo aveva fatto: Sonia non aveva gemelli. Rowena non era niente per lei, soltanto una scoria, una scaglia di quel che Sonia era in realtà.

No: lei non valeva niente.

Cadde a terra e iniziò a piangere.

 

Il suo pianto non differiva particolarmente dalla sua risata: era così angelico e così demoniaco insieme che faceva rabbrividire. E durò a lungo, molto a lungo. Se mai delle lacrime erano cadute dagli occhi di Rowena, lo avevano fatto in silenzio. Adesso però il suo dolore era esplicito, esposto al vento dei Caraibi. Rowena era a pezzi.

- Mi dispiace, Rowena… - iniziò Sonia, incerta su cosa fosse più giusto dire.

Mosse qualche passo in direzione del Capitano della Coleridge -se aveva ancora senso definirla così- e le tese la mano tremante. Tutti erano in attesa, come se stessero aspettando un verdetto di vitale importanza.

Rowena alzò la testa.

- Non avrebbe dovuto finire così… - proseguì Sonia. Non sapeva che cosa fare, non si era mai sentita così empia come quel giorno. Rowena scosse il capo. - Noi… possiamo vivere, Rowena… - Rowena ebbe un fremito. Quelle parole erano decisamente fuori luogo: possiamo vivere. Dopo tutto ciò che era successo? E che senso avrebbe mai potuto avere? - Co… Come… come due sorelle. -

Rowena non si era mai sentita accettata da nessuno.

E neanche in quel momento si sentì tale.

Tuttavia accettò l’aiuto di Sonia. Afferrò la sua mano esile che l’aiuto ad alzarsi nuovamente in piedi, sotto gli sguardi un po’ ansiosi e un po’ incerti di Jack e degli equipaggi delle due navi pirata.

- Due sorelle? - disse Rowena. Sembrava speranzosa.

Sonia annuì energicamente con un sorriso affabile stampato in faccia. Rowena le si avvicinò, ancheggiando con grazia, fin quando non furono ad un millimetro l’una dall’altra. Tutti aspettavano con il fiato sospeso. Sonia prese le mani di Rowena e le sollevò: interpretò quel silenzio come un “permesso” da parte di Rowena a considerare la sua proposta come possibile.

- Sai, Sonia… - disse Rowena in un sussurro lento e poco percettibile, - Ti ho sempre amata. In ogni secondo della mia vita. - Sonia la fissò; non sapeva che cosa rispondere. - Ed in ognuno di questi attimi mi rendevo conto che il mio amore non era affatto amore, ma smisurato narcisismo! Come credi che io mi sia sentita, allora? Dove credi che trovassi la voglia di vivere? -

Sonia era atterrita.

- Rowena, noi possiamo rifarci una vita… possiamo ripartire da capo… -

Rowena abbassò la testa, liberandosi dalla stretta delicata della mani di Sonia. Si avvicinò ancora di più, abbracciandola. - … Da capo… - ripeté, morbosamente. - Sì… da capo… -

Da capo. Non era possibile.

La lama della spada di Rowena si conficcò nello stomaco di Sonia, e lì fu rigirata inesorabilmente, due, tre, dieci volte, fin quando un fiume di sangue colorò i suoi abiti.

 

 

*

 

 

Il corpo di Sonia non era mai apparso così esile come in quel momento mentre, supina, fissava il cielo sopra di sé con occhi vacui. Sembrava non vedere la figura di Jack inginocchiato alla sua destra, da poco dopo che Rowena aveva lasciato andare la scimitarra e aveva lasciato che Sonia cadesse sul ponte come uno straccio smunto riempito di sassi.

Era pallida in volto. Il rossore causato dal sole nei giorni precedenti aveva lasciato il posto ad una colorazione grigiastra, a causa del sangue che defluiva da lei come l’acqua dal tubo di una grondaia. La spada era ancora conficcata nel suo ventre.

- Ci ho provato… - rantolava, - ci ho provato… -

- Non potevi fare altro, - disse Jack, senza sapere perché pronunciava quelle parole. Neanche lui ne coglieva bene il senso, ma non voleva dirle niente che potesse scoraggiarla, non nel momento in cui stava per morire.

- Dio… Dio non mi perdonerà mai… andrò all’Inferno… -

- Sarà senz’altro più interessante del Paradiso, - rispose Jack.

Sonia sorrise. Un sorriso largo, un vero sorriso, come glie ne erano capitati pochi nella vita.

- Perdonala… Perdonatela tutti… Ti prego… -

Gli prese la mano, e la strinse, come se volesse farsi promettere di perdonarla a tutti i corsi. E poi si spense. Il sangue era scorso via del tutto e il cuore si era fermato. Così, semplicemente, era morta.

Jack si rialzò lentamente. Ancora una volta dava le spalle a Rowena, e ancora una volta era decisamente felice di questo. Sentiva dietro di sé la pura malvagità di Rowena. Era certo di poterla percepire. Sentiva quando fosse soddisfatta di quando era successo, captava con quanto piacere aveva affondato e rigirato la lama nella stessa carne che l’aveva generata.

- Hai ucciso l’unica persona che abbia mia avuto pietà della tua miserevole vita, - disse Jack, implacabile. Stranamente si sentiva arrabbiato. O forse non era mai stato disgustato così tanto da una persona, come in quel momento era disgustato da Rowena. Tutta la pena che le aveva fatto quando aveva pianto era scomparsa. Era rimasta soltanto una coltre di disprezzo. E Rowena non aveva particolare interesse per questo.

Dalla ciurma - non importava da quale - si levarono le medesime affermazioni. Era come se tutti avessero partecipato a quella vicenda dall’inizio con ardore, e avessero preso le loro parti come in uno spettacolo teatrale. Ma non si trattava di una messa in scena.

Rowena si avvicinò a Jack Sparrow come si era avvicinata a Sonia, prima. Come un cobra che attende di uccidere la sua vittima designata. Ma stavolta non aveva intenzione di seminare altra morte, la disgustava abbastanza tutto il sangue che era fluito dal corpo di Sonia, e Jack lo sapeva.

- Sei più esperto di me nella carriera di un pirata, Jack, - disse in tono sprezzante, prendendo il viso del Capitano fra le mani calde di sudore, - Sembri il principe allocco di una fiaba. E in mare nessuno si preoccupa mai di questo, non è così? -

Ripeteva quelle stesse parole che un tempo lui aveva detto a Sonia. E le ripeteva con la stessa goduria che avrebbe sicuramente provato se avesse gettato in mare qualche altra botte di sangue umano.

- No, direi di no, - rispose, guardandola negli occhi. Apparentemente era come sempre: come se Sonia Livingstone non fosse mai morta, come se non fossero passate che due ore da quando era stato evocato il Diavolo, proprio davanti ai suoi occhi.

- Dunque che cosa c’è da preoccuparsi? E’ come ha detto lei… posso rifarmi una vita. Forse e ora che tu parta per dedicarti nuovamente alla tua. -

- Certo… -

Rowena non notò l’espressione di Jack.

La ciurma aveva iniziato ad agitarsi, tanto quella della Coleridge quanto quella della Perla Nera. La strana tranquillità, priva di fretta e di agitazione, che ispirava quella scena, contribuiva ancora di più a creare tensione fra tutti gli astanti.

Almeno fino al momento della detonazione.

Sul volto di Jack e nei suoi occhi era impressa la stessa espressione di quando aveva inferto un colpo di pistola a Barbossa, in giorno in cui la maledizione era stata spezzata sull’Isla de Muerta. E ora che cosa era variato? Una maledizione era stata comunque spezzata, e chi meritava una punizione l’aveva ottenuta. Forse.

La maschera veneziana di Rowena fissava Jack con la stessa immutabile espressione, scudo perfetto del volto che nascondeva. Almeno fin quando dall’orlo che ne delimitava il mento aveva cominciato a colare un rivolo di sangue, trasformato poi in una piccola cascata rossa.

La pistola di Jack era puntata al ventre di Rowena, sommersa nei pizzi consunti del vestito strappato dal mare, nello stesso punto in cui la lama era penetrata nella carne di Sonia. Jack si scansò. Rowena era morta, ed era morta in piedi: e quando aveva toccato il ponte con un tonfo sordo come il battito di un tamburo sulla piazza d’esecuzione, ormai il suo cuore aveva smesso di battere da pochi secondi.

Cadde addosso a Sonia; la maschera la scivolò dal viso ormai insanguinato a causa del fiotto che era esploso dalle sue labbra, e la testa di Rowena affondò nel ventre piatto dell’altra. I due spiriti gemelli erano ormai uniti per sempre, sulla nave pirata semi carbonizzata che beccheggiava sui flutti placidi lambiti da un nuovo sole gentile.

E così anche Rowena era caduta. Protetta dall’inferno, e dall’inferno stesso tradita.

 

  
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