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Autore: Colli58    21/10/2012    6 recensioni
Ora la sentiva respirare piano. “Non sarà mai come prima…” replicò la donna stringendo lo spazzolino da denti tra le mani dell’uomo. “Ma potrebbe essere meglio…” ripeté lui con voce profonda.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Jenny Duffy-O'Malley, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Attenzione: spoiler quinta stagione.
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Le luci della città cominciavano a farsi vivaci mentre il sole cedeva il passo al buio della notte. La serata di fine estate era frizzante e il detective Esposito aveva grandi progetti.
Castle era stato così magnanimo da prestargli di nuovo la sua Ferrari e lui era bene intenzionato e far rendere quell’oggetto uno delle sue armi migliori per la serata. Era stato facile estorcerla allo scrittore, un favore qua, uno là, Castle aveva infinite domande e lui poteva dargli molte risposte. E poi era evidentemente preso da altri suoi impegni e tendeva ad eclissarsi spesso nei week-end. Aveva bisogno di scrivere. Indubbiamente Esposito sapeva che doveva scrivere, era così che quell’uomo si guadagnava, e nemmeno poco, da vivere. Gli piaceva avere un amico di classe come Castle per poter usufruire dei suoi agi. Un biglietto della finale dei playoff, una serata in un locale trendy e così via.
La Ferrari rombava ferma allo stop, dietro ad un semaforo fastidiosamente rosso, mentre lui si avviava a quella che sarebbe stata una frenetica serata in città.
Il verde scattò poco dopo lasciando l’uomo a metà con un commento sarcastico mentre premeva ansioso sull’acceleratore e si voltò alla sua destra per vedere un missile scuro investire la sua macchina direttamente nel paraurti anteriore. Il botto fu assordante e la macchina ruotò su sé stessa di 90 gradi. Sconvolto, ci mise un’eternità per scendere dall’auto e andare a costatare quello che era accaduto. “No, non può essere…” si disse terrorizzato.
“Ma che diavolo fai, passi con il rosso?” urlò il conducente dell’altra auto che più lesto di lui era già sceso e stava davanti al suo finestrino per sincerarsi della sua salute.
“Rosso io?” balbettò Esposito ancora sotto shock.
Castle mi uccide…” pensò aprendo la portiera e andando lentamente a vedere lo squarcio sulla macchina all’altezza della ruota posteriore.
“Eh si rosso, ma non potevi aspettare due secondi?” L’uomo alto ed esile si mise le mani nei capelli. “Guarda che casino, che hai combinato, io ci lavoro con questa!” disse l’uomo.
Dopo molti minuti di discussione accesa e aver chiamato i soccorsi, Esposito prese di nuovo il telefono e chiamò la prima persona che gli venne in mente.
 
“Cosa??” esclamò un quarto d’ora dopo Ryan dall’altro capo del telefono. “Javi sei in guai seri…” disse pensando a come Castle tenesse alla sua Ferrari.
“Vuoi che non lo sappia? Non so nemmeno quante migliaia di dollari di danni ci sono nella macchina.”
“Castle ti ucciderà…” commentò Ryan.
“Devo trovare il modo di dirglielo. E poi come li pago i danni?”
Intanto l’operatore del carro attrezzi stava cominciando a caricare la macchina, forse in modo troppo maldestro e si sentì inveire da Esposito. “Ehi amico, vacci piano, vuoi peggiorare le cose?” lo sentì dire Ryan.
“Bro, telefona a Castle… Magari domani mattina” suggerì debolmente Ryan preoccupato.
“No, no non posso dirglielo al telefono, come diavolo faccio? Devo strisciare e chiedere perdono, se mi tocca pagare tutti i danni non avrò di che vivere per anni interi…” replicò sconvolto.
“Beh, che cosa pensi di fare?”
“Glielo vado a dire di persona.”
“Sei impazzito?”
Ryan pensò alla situazione. Era venerdì sera, Castle era negli Hempton’s con Beckett. Almeno lui immaginava che fossero insieme come l’ultima volta che lo scrittore ci era andato e lui aveva involontariamente scoperto che il misterioso ragazzo di Beckett non era altri che Castle.
Se Esposito voleva fare questa confessione di persona a Castle era bene aspettare lunedì. Era davvero meglio per tutti.
“Lunedì lo farai, appena rientra…” replicò Ryan tranquillo. “Vedrai, se sei gentile magari non ti uccide.”
“No bro, io non ci passo un week-end con questa cosa… Non ci dormirei la notte.”
“E che pensi di fare scusa?” Ryan non riusciva credere alle sue orecchie.
“Vado là e glielo dico… Magari, visto che è in vacanza, è più rilassato.” Esposito si stava letteralmente bevendo il cervello. Così almeno pensò Ryan.
“Senti Javi, sono almeno 2 ore di macchina, e poi è tardi,  è venerdì sera. Domattina lo chiami e vedrai che risolvi.”
Esposito stava per complicare le cose notevolmente.
“Non so, come pensi che la prenderà?” Ryan sembrò che i toni di agitazione del partner si fossero un po’ smorzati.
“Immagino abbia un’assicurazione extra lusso, come la macchina, non ci saranno problemi…” Ryan valutò che l’unica variabile di cui si poteva preoccupare era il torto: avendo torto poteva comunque doversi pagarsi i danni, ma se lo tenne per sé.
“Si ok, certo l’assicurazione. Domani allora verifico.” Replicò Esposito.
“Ecco, fai il bravo, stasera tornatene a casa ok? Non ci pensare, hai visto di peggio.” Lo esortò Ryan cercando di tenerlo calmo. Se lui si fiondava negli Hempton’s allora si che ci sarebbero state burrasche all’orizzonte. Cercò di non pensare alle conseguenze, Beckett non avrebbe davvero gradito e lui era sicuro che fosse il momento meno adatto a turbare l’equilibrio precario della coppia. Aveva visto Beckett soffrire e avere ragione, lottando con le unghie e con i denti per arrivare alla verità sul suo compagno. Lo aveva scagionato, ma quanto poteva aver inciso sul loro rapporto un dubbio del genere? Stavano ancora insieme, quindi la loro storia era molto più solida di quanto potesse immaginare. Pubblicamente il loro comportamento era rimasto invariato e certe occhiate, certi sguardi, che si scambiavano quando pensavano di non essere visti, lo rassicuravano del fatto che la loro unione era sopravvissuta. Lui non aveva notato cambiamenti sostanziali e se ne era rallegrato. Voleva bene ai due colleghi e avrebbe protetto la loro privacy là dove poteva. E doveva riuscire a mitigare l’innata sfacciataggine di Esposito.
 
La luce arancione dell’alba filtrava tra le tende che si muovevano leggermente sotto la spinta della brezza del mattino. La finestra era rimasta semi aperta, come l’avevano lasciata al loro arrivo, la sera prima.  La donna annusò l’odore dell’aria e sospirò sorridendo. Erano di nuovo nella sua splendida reggia negli Hempton’s. Avevano voluto riprovarci, sperando che il destino fosse stato più magnanimo con loro. L’inizio era stato promettente.
E poi avevano bisogno di un po’ di normalità. Avevano passato dei momenti difficili, dove il dubbio e la sfiducia avevano rischiato di farli perdere, ma il peggio era passato ed ora avevano bisogno di stare tranquilli per qualche giorno, dimenticandosi soprattutto dei sotterfugi, delle mezze verità che infarcivano la loro vita tutti i giorni. La clandestinità poteva essere divertente ma era maledettamente faticosa. Castle, che più di lei sembrava divertirsi, ne era la vittima principale, e dopo giornate passate ad ignorarsi, finivano con lo sfogare le reciproche frustrazioni in fughe serali e notti di fuoco. Per Castle sempre più spesso non era abbastanza. Lo vedeva chiedergli con gli occhi di andare a casa con lui ogni sera e poi salutarla con finta noncuranza uscendo da solo. Con gli stessi occhi le chiedeva di restare con lui tutte le mattine, mentre lei si preparava per il lavoro. Avevano bisogno di un poco di normalità per riacquistare l’equilibrio necessario ad andare avanti.
Dal loro arrivo in quella casa meravigliosa, Beckett si era sentita bene, più leggera. Lei e Castle avevano disfatto le loro valigie, e si erano rilassati cucinando e poi cenando in veranda. Si erano presi un paio d’ore per raggiungere la spiaggia a piedi in una romantica passeggiata. Avevano volutamente ignorato la piscina per scaramanzia ne avrebbero goduto nei giorni successivi. Stavolta niente cadaveri.
Avevano riso della loro precedente disavventura bevendo un drink in un bar per poi tornare verso la casa sulla collina scherzando tra loro. Una serata perfetta, leggera: solo loro due e niente finzioni. Baci rubati mentre camminavano l’uno di fianco all’altra e Castle che la guardava ammaliato. Nei momenti di silenzio si scoprivano a scrutarsi il volto l’un l’altro per carpirsi i pensieri non espressi.
La brezza marina era rinfrescata, ma la serata era ancora piacevole. Castle aveva i capelli scompigliati e il sorriso che le rivolgeva era magico. Lei non gli aveva permesso di prenderla sotto braccio, ma era stata tentata da quel suo corpo accanto al proprio. Lo aveva stuzzicato dandogli una piccola spinta con il gomito e facendolo barcollare.
“Vuoi la guerra Detective?” Aveva chiesto lui con espressione seria, ma con quel luccichio diabolico negli occhi che lei sapeva riconoscere come eccitazione. Avevano giocato come due ragazzini inseguendosi nel parco. Avevano quasi fatto l’amore sull’erba del prato dietro casa dopo che lui l’aveva raggiunta placcandola per la vita e facendoli cadere rovinosamente entrambi nel prato morbido.
Il profumo di lui mischiato all’odore dell’erba umida era così inebriante che Kate aveva pensato di impazzire.
Prima di perdere definitivamente la lucidità, Castle l’aveva fatta alzare e l’aveva condotta con sé in casa. “L’umidità della notte…” aveva sussurrato alle sue orecchie quando lei aveva emesso un gemito dispiaciuto nel vederlo rialzarsi e aiutarla a fare altrettanto. Ci vollero molto tempo e molte tappe prima di raggiungere la stanza da letto, dove si abbandonarono finalmente a loro stessi, senza interruzioni, per una delle notti più belle che Kate avesse mai vissuto. Ora lo guardava dormire beatamente accanto a sé, come era successo la mattina della loro prima notte insieme. Sorrise pensando a come sapeva essere così buffo nel sonno e così attraente allo stesso tempo. Muoveva leggermente labbra come un bambino, quelle labbra carnose che avevano esplorato il suo corpo per tutta la sua interezza giusto poche ore prima. Rabbrividì nel ricordare come l’aveva baciata anche prima di addormentarsi.
Richard Castle sei davvero appetitoso…” pensò sfiorandogli il naso diritto e largo con le dita. Lui mosse leggermente la testa, non si destò ma infilò il viso direttamente nel cuscino.
Lo guardò muoversi pigramente nel sonno per riacquistare una posizione comoda. Guardò le sue gambe muscolose distendersi, quasi interamente scoperte dal lenzuolo, come i suoi glutei segnati da inequivocabili strisce rosse.
Si morse il labbro inferiore pensando al fantastico momento in cui gliele aveva procurate con le unghie.
Era giunta l’ora di fare una scelta. Alzarsi e farsi una doccia molto fredda oppure… svegliarlo e lasciarsi avvolgere da braccia forti e un corpo decisamente bollente.
La scelta non fu difficile.
Si mosse in avanti fece scivolare la mano languidamente dalla spalla di Castle alla sua schiena, soffermandosi sul sedere segnato. L’uomo emerse dal cuscino in cui era sprofondato con gli occhi strizzati per la luce e tirando un sospiro. Incrociò lo sguardo intenso di lei e capì le sue intenzioni così, allungando il braccio, la trascinò accanto a se cingendole la vita.
“Sei una guerrafondaia…” mormorò lui prima di divorarle le labbra con un bacio che era tutto un programma.
 
 
La mattina limpida lasciava intravedere l’orizzonte lontano sull’oceano. La macchina di Esposito correva lungo la statale in direzione del mare.
“Non so ancora come mi sia fatto coinvolgere in questa cosa, davvero Javi non capisco cosa vuoi fare.” Tornò a ripetere Ryan seduto al posto del passeggero e borbottando come una pentola di fagioli. Era preoccupato e agitato ed Esposito si stava chiedendo come mai lo fosse. Doveva essere lui quello nei guai, con Castle.
“Se non ti andava di venire con me, dovevi restare casa con Jenny. Te ho detto per puro dovere di cronaca.” Rispose Esposito tenendo le mani sul volante e ondeggiando in avanti la testa. Doveva autoconvincersi che la giornata si sarebbe risolta positivamente, in caso contrario lo aspettavano anni di corvee per pagare il conto della Ferrari.
“Tu me lo hai detto sotto casa perché volevi che ti accompagnassi! Altro che dovere di cronaca. Lo so benissimo che hai bisogno di una spalla, e ti avrei capito se l’avessimo fatto lunedì mattina ma non oggi”.
“Se lo convinciamo forse ci presterà ancora la Ferrari”. Rispose Esposito serio.
“Togli pure quel plurale perché non mi riguarda.  E’ l’unica cosa che ti preoccupa? Che castle non ti presti più la macchina? Se fossi nei suoi panni lo farei anche io!” Ryan esclamò stupefatto.
Esposito scosse il capo. “Ho paura di dover affrontare una spesa incredibile!”
“Ti devi prendere le tue responsabilità, giocattolino costoso…” Ryan lasciò la frase in sospeso.
“Andiamo bro, è in ferie, gli facciamo un salutino, gli diciamo del danno, magari è con una donna e minimizzerà facendo il brillante… così io me la cavo”.
“Donna? Pensi che sia in compagnia?” Ryan prese a sudare copiosamente e si allargò il colletto della camicia.
L’ispanico lo guardò sghembo. “E’ Castle, gli Hempton’s… la fine dell’estate…” pronunciò con un tono saccente. “Credi che non la trovi una ragazza per spassarsela?”
Oddio… Beckett ci ucciderà entrambi…” pensò Ryan terrorizzato. Da che era venuto a conoscenza della relazione tra Castle e Beckett aveva avuto modo di parlarne solo con Jenny, e la sua dolce metà aveva decretato che qualunque fosse stata la natura della loro relazione era bene che loro la ignorassero. In fondo, secondo Jenny, era evidente che i due erano perfettamente in sintonia. Al loro matrimonio erano stati considerati una delle coppie più carine tra gli amici invitati. Ryan si era trovato infine davanti al naso un indice ammonitore che lo esortava a lasciare alla coppia la loro privacy impedendogli di fare la spia ad Esposito. Quella mattina quando Jenny aveva capito le intenzioni dell’amico, era stata sul punto di prenderlo per la collottola e trascinarlo in casa per fargli una ramanzina clamorosa.
Ryan aveva parlato in privato con Jenny perché sapeva che non poteva lasciare andare da solo Esposito in quella situazione, avrebbe sollevato un vespaio, ne era certissimo. Purtroppo non riusciva a convincerlo a desistere.
Jenny gli aveva intimato di lasciar perdere, che non erano fatti suoi, ma lui aveva replicato che era preoccupato per Beckett.
Esposito, dalla sala da pranzo pensava che il litigio tra i due vertesse sul fatto che Jenny non volesse lasciarlo andare da solo in un sabato di libertà, ma si sbagliava.
“Scusa? Sei preoccupato per chi?” Aveva chiesto Jenny incuriosita.
Ryan aveva agitato le mani per cercare di trovare le parole. “Sì, lei la prenderà malissimo lo so! Credo che sia Beckett a voler nascondere la sua storia con Castle, lui non mi è mai sembrato interessato ad essere misterioso su certe cose”.
Aveva sbuffato sonoramente. “Andiamo Jenny, sono miei amici, non posso lasciare che la bomba Javi li colpisca in pieno…”
Jenny lo aveva lasciato andare ma lo aveva di nuovo ammonito: “cerca di dissuaderlo prima di raggiungere la destinazione!”
“Fosse facile…” aveva replicato Ryan baciandola e andando poi a raggiungere quel disastro del suo partner. Così si era ritrovato in viaggio per gli Hempton’s  con Esposito che si lambiccava il cervello nella ricerca di una scappatoia facile al suo problema.
Il sedile sembrava bruciare e Ryan non riusciva a stare tranquillo.
La costa era vasta e ricca di abitazioni spettacolari. Visto il panorama, mancava poco. Erano partiti presto per evitare il traffico dei vacanzieri e Ryan aveva sperato che per tutto il viaggio accadesse qualcosa che li avrebbe fatti tornare indietro.
Il navigatore segnalava che la destinazione era a tiro. Già da molto ormai stavano sfilando accanto a queste incredibili e sontuose abitazioni.
Esposito inspirò con la bocca come per assaporare l’aria.
“Credi che Castle abbia una casa così?” replicò indicando una mansion grande quanto un albergo, sulla sua destra.
“Non ne ho idea…” replicò Ryan affascinato, dimenticando per qualche secondo le sue preoccupazioni.
“So solo che non dovremmo essere qui”.
“Andiamo bro, Jenny ti perdonerà.” Replicò Esposito sentendo il tono preoccupato dell’amico. “Spera piuttosto che Castle perdoni me…”
“Lo dubito…” mormorò Ryan cercando di nuovo di chiamare Castle al telefono senza farsi beccare da Esposito. Rispondeva sempre l’assurda segreteria telefonica dello scrittore. Idem per Beckett che aveva il cellulare spento.
Sperava di avvertirli del loro arrivo, Beckett poteva anche svignarsela in tempo salvando le apparenze, ma la cosa stava degenerando. Nessun telefono attivo e meno di 5 km all’arrivo. Ryan apparve contrito.
“Che c’è? Jenny non ti risponde?” replicò Esposito vedendolo di nuovo al cellulare.
“Ehm no…”
Il navigatore segnalò l’ingresso ad una via secondaria. A Ryan mancava l’ossigeno. Abbassò il finestrino e respirò a fondo. Erano nei guai ora.
Le grandi ville, separate tra loro talvolta da grandi giardini, talvolta da strisce di verde incontaminato erano davvero imponenti, quella si che era vita.
Dopo qualche minuto in silenzio Esposito intercalò un “finalmente siamo arrivati…” che Ryan non si sentì di assecondare.
Entrarono nell’ampio giardino della casa isolata,  posta su un promontorio, il viale segnato da un albero al centro e parcheggiarono la macchina giusto dietro la berlina di Castle.
“Wow!” Esclamò Esposito scendendo dall’auto. Si tolse gli occhiali da sole e si guardò in giro sorridendo. Era un paradiso. Ryan rimase senza parole. Era un luogo bellissimo, ma la sua priorità ora era un’altra.
“Senti Javi non credi che non dovremmo essere qui? Per favore torniamo indietro.”
“Ora che sono qui proprio no!” rispose Esposito dimentico del problema che lo aveva portato in quel luogo. “Beh bro, Castle è davvero ricco…” disse allargando le braccia e andando verso la porta d’ingresso.
 
Castle si stava radendo tranquillamente in bagno. Era stata una mattinata vivace fin dall’alba. Lei lo aveva travolto di primo mattino. Lui non si era tirato indietro e l’ennesimo round era finito in un bellissimo pari che li aveva lasciati stremati ed affamati.
Lei si muoveva nella stessa stanza alle sue spalle, rivestendosi dell’intimo, dopo la doccia che avevano fatto insieme, asciugandosi i capelli, sistemando le spugne e gli accappatoi.
A suo agio e infinitamente bella.
Kate vide lo sguardo malizioso puntato verso di lei nello specchio e gli lanciò un asciugamano per dispetto. “Attento che ti tagli…” disse poi ridendo.
Lui si tolse dalla testa l’asciugamano sorridendo e continuò a radersi, mentre lei lasciava la stanza. Era meraviglioso averla intorno, meraviglioso fare cose così semplici con lei. Meraviglioso sentire di essere una coppia normale.
“Che vuoi fare stamattina Beckett” chiese infine dopo essersi sciacquato il viso e aver spalmato la sua crema lenitiva preferita. Si spostò verso la stanza da letto e cercò un cambio per rivestirsi.
Lei spuntò dalla porta indossando leggins ed una maglietta bianca che le lasciava le spalle scoperte. “Non volevi scrivere un po’?” chiese di rimando guardandolo vestirsi. Adorava vederlo mettere la camicia, così come adorava potergliela togliere. Castle aveva indossato dei jeans comodi e una camicia di lino bianca, con maniche arrotolate, lasciando scoperte le braccia abbronzate.
“Ti vanno le uova per colazione?” Aggiunse Beckett mentre, appoggiata allo stipite della porta lo osservava attentamente. Qualche mese prima l’idea di essere scoperta a guardarlo così l’avrebbe fatta avvampare dalla vergogna. Ora le permetteva di studiare i suoi movimenti, come lui faceva con lei, senza interromperla con le sue battute sagaci. Sapeva che era un suo punto debole.
Castle sapeva con certezza che in quei momenti in cui Beckett era presa dall’osservare il suo corpo, lei era interamente presa da pensieri focalizzati su di lui, quindi non sentiva più la necessità di chiederle cosa stesse pensando.  Almeno fino a quando lei aveva quell’espressione compiaciuta e serena in viso.
Se lei stava pensando a quale strada intraprendere per farlo impazzire, sapeva che una mossa a breve l’avrebbe piacevolmente travolto destandolo dalle sue elucubrazioni.
Oppure, doveva solo aspettare e rispondere. Qualsiasi cosa sarebbe stato l’inizio di un’altra azione e così via. La normalità poteva essere così affascinante? O era lei che la rendeva tale.
“Uova e pancetta?  Faccio dei waffels e del caffè. Spremuta d’arancia?” Rispose avvicinandosi alla donna. Lei annuì con il capo.
“Poi…” continuò prendendole la mano e tirandola dietro di se lasciando la stanza, “potrei scrivere un po’ mentre tu prendi il sole in giardino, così appena ho una crisi di idee vengo a farti compagnia. Magari ci facciamo un tuffo in piscina…” finì col dire scendendo le scale.
“Ottimo piano Castle… direi che prima ci ingozziamo e poi anneghiamo in piscina per congestione…”
“NO NO NO!” Urlò Castle lasciando la mano e tappandosi le orecchie.  “Niente cadaveri oggi, tantomeno i nostri!” Kate rise allegra mentre raggiungevano la cucina ed ognuno si affaccendava secondo quanto deciso poco prima.
“Beh, qualche cadavere lo devi mettere in gioco, altrimenti su cosa scrivi? Chiese lei accendendo le piastre e cercando la padella adatta.
“Scrivo scene sexy tra Nikky e Rook… Stanotte mi hai dato molto su cui lavorare” replicò serio appoggiandosi al bancone e studiando i suoi movimenti.
Lei sorrise dandogli le spalle. “Se vai avanti così credo che comincerò a scrivere sceneggiature per film p…” lei lo interruppe voltandosi di scatto e infilandogli un biscotto in bocca.
“Non ci provare Castle!” lo ammonì tornando alle sue attività.
Cucinarono l’uno accanto all’altra, come la sera prima. Risero e chiacchierarono tranquillamente per tutto il tempo della colazione. Beckett assaporò il caffè forte e aromatico che Castle aveva preparato per lei. Quello era casa. Tutto quello sapeva di casa, di tranquillità. Potevano sfiorarsi, scherzare, lasciarsi andare a piccoli contatti fisici come toccarsi i capelli, o sistemarsi il colletto della camicia, oppure a qualcosa di più come baci appassionati appoggiati alla porta del frigorifero mentre si contendevano l’ultima fragola. Nessuno li avrebbe spiati, giudicati o interrotti.
Tranne il campanello dell’ingresso.
“Chi diavolo è a quest’ora” esclamò scocciato Castle mentre si apprestava a chiudere la lavastoviglie dopo aver riassettato al tavola.
Kate abbandonò sul tavolo da pranzo il portafrutta e si avviò alla porta esclamando “vado io!”.
Raggiunse le scale sorridendo e liberando i capelli dalla pinza che aveva usato per tenerli legati mentre cucinava.
Aprì la porta di scatto e si ritrovò davanti Esposito.
“Beckett?” esclamò l’uomo sorpreso. Alle sue spalle Ryan guardò la donna assumere un’espressione buia pur restando a bocca semiaperta per lo stupore.
Lo sguardo della donna lo raggiunse e lui emise un flebile e appena percettibile “mi dispiace”.
“Beckett chi è?” disse Caste raggiungendola e mettendole una mano sulla spalla ancora prima di vedere chi fosse alla porta. L’espressione stupita di Esposito l’avrebbe anche fatto divertire se quella di Kate non fosse diventata di pietra.
“Che diavolo ci fate voi qui?” Chiese Castle stupito. Beckett si allontanò, tornando sui suoi passi. Il suo respiro era irregolare e lo sguardo teso.
“Dovevo dirti una cosa importante…” replicò Esposito quasi balbettando.
Ryan non disse una parola seguendo i movimenti di Beckett.
Castle realizzò che Kate stava indietreggiando e aveva le mani chiuse a pugno lungo i fianchi.
“Che cosa ci fate voi qui…” sibilò da dietro le sue spalle. L’uomo si voltò e la vide con le lacrime agli occhi.
“Scusateci, Javi ha fatto un casino… Ha avuto un incidente con la tua Ferrari…” disse Ryan tutto d’un fiato. “Ho provato a convincerlo a non venire, ho provato…” continuava a dire contrito.
Beckett si liberò di scatto della mano che Castle aveva rimesso sulla sua spalla per fermarla e corse su per le scale.
Esposito allargò le mani “io non sapevo, non immaginavo…Oh mio dio!” disse sgranando gli occhi. Era divertito ma il sorriso beffardo era svanito alla vista dell’espressione di Beckett prima che si eclissasse al piano superiore.
“La Ferrari… ragazzi!? Dannazione!” esclamò Castle non sapendo che fare.
“Voi restate qui!” disse salendo le scale e cercando di capire dove fosse andata Beckett.
La trovò in bagno a rimettere i propri effetti nel suo beauty: shampoo, crema per il corpo, lo spazzolino. Cercò di buttare tutto di corsa nel beauty prima che Castle la raggiungesse.
“Hai per caso verificato che questa casa non sia stata maledetta da una tua ex moglie, o ex amante o ex qualcosa!” Gli urlò lei in faccia con rabbia.
Castle scosse il capo. Lei aveva le lacrime agli occhi ma si era imposta di non piangere.
“Non so perché sono venuti, ma ti prego non drammatizzare… è solo per la macchina…” cercò di parlarle per calmarla. In quel momento non gli interessava minimamente la macchina, era totalmente nel panico e disse la prima cosa che gli venne in mente.  Era una stupidaggine, sperava solo di farla reagire.
Guardava Beckett furiosa ed era spaventato a morte.
Beckett era davvero furiosa. Si sentiva defraudata di un’altra cosa. La sua personale vita con Castle, il suo prezioso scrigno di normalità era appena andato in pezzi dopo solo una giornata.
“Drammatizzare? Quei due di sotto hanno sfasciato la tua Ferrari ed il nostro week-end. In men che non si dica saremo sui giornali o quantomeno sui sorrisi beffardi del distretto. E spero ancora di avere un lavoro alla fine di questa settimana…” replicò lei dandogli le spalle. Stavolta le lacrime scesero copiose sul volto della donna, incollandosi con i capelli sciolti. Perché si doveva complicare sempre tutto? Era arrabbiata e frustrata. Sapeva che sarebbe accaduto prima o poi, ma perché proprio ora? Voleva solo passare un week-end rilassante con l’uomo che amava, niente complicazioni, niente elucubrazioni. Voleva solo stare insieme, l’uno nelle braccia dell’altro, finalmente senza affanni. La vita aveva un senso dell’umorismo perverso.
“Kate, gli parlerò io, sono dalla nostra parte…” disse piano con un groppo alla gola.
“Loro non dovrebbero essere qui, questa è la nostra vita Castle, la nostra ed io non ho ancora voglia di affrontare tutto questo…”
Si avvicinò lentamente. Lei gli permise di farsi abbracciare, ma non alzò il capo. La sentì singhiozzare piano.
“Ti prego calmati, possiamo sistemare tutto, in fondo non è successo nulla di grave, sappiamo che doveva accadere…” disse lentamente. Lei scosse il capo.
“Ok, hanno sbagliato momento, lo ammetto, un tempismo …” replicò con ironia.
“Ma avrai sempre il tuo lavoro perché se dovrò andarmene io lo farò. Mi dispiacerà moltissimo, ma se dovrà succedere lo faremo accadere nel migliore dei modi”.  
Lei scosse di nuovo il capo. “Non sarà più come prima Castle”
“Potrebbe anche essere meglio…” sospirò lui fermandole le mani sul piano di marmo chiaro.
Lui raccolse il beauty e lentamente lo riaprì estraendone gli oggetti uno alla volta.
“Potremmo non dover più nascondere i sorrisi…” disse estraendo la spazzola per i capelli. Lei ascoltò in silenzio. “I baci che desideriamo darci…” lasciò cadere la lozione per il sole. “Potremmo coccolarci in sala relax quando ti passo a trovare…” disse estraendo la crema per il corpo. “La mattina potrei lasciarti al distretto salutandoti con un bacio oltre al tuo adorato caffè…” il flacone del suo shampoo alla ciliegia tornò appoggiato al ripiano. “Potrei venirti a prendere la sera per accompagnarti a casa nostra…” toccò al dentifricio.
“Potremmo non dover nascondere la paura reciproca quando qualcosa di brutto colpisce uno di noi…” disse infine Castle estraendo lo spazzolino da denti. Beckett aveva smesso di piangere. Ora la sentiva respirare piano. “Non sarà mai come prima…” replicò la donna stringendo lo spazzolino da denti tra le mani dell’uomo. “Ma potrebbe essere meglio…” ripeté lui con voce profonda.
“Ti prego Kate pensaci…” aggiunse lui mentre appoggiava il beauty sulla piastra di marmo. Lei annuì lentamente. Lui le raccolse i capelli e le diede un asciugamano per rimuovere le lacrime dal suo volto.
“Posso stare un minuto da sola?” chiese lei, tirando su con il naso. Lui annuì. Mi trovi di là.
“Vai pure di sotto…” replicò.
Castle ingoiò un boccone amaro. “Come vuoi…” disse abbassando lo sguardo e tornando verso la porta della stanza da letto. “Pensaci…” disse piano.
Scese le scale e si fermò sul mezzanino. Si sedette sui gradini, preoccupato. Avevano appena superato una burrasca dopo le sue accuse di omicidio ed ora erano di nuovo in piena tempesta. Era amareggiato e voleva solo aprire gli occhi e rendersi conto che anche quella situazione era tutto un incubo. Ma non lo era. Kate era ancora fragile dopo il caso che lo aveva coinvolto, e questo improvviso sviluppo la metteva di nuovo in crisi. Desiderava solo tranquillità e rinsaldare il loro rapporto. Era così difficile per il destino accontentarla?
Si alzò ricordando di aver lasciato i due uomini fuori dalla porta.
 
“Tu lo sapevi? Lo sapevi da quanto tempo?” disse Esposito a denti stretti inveendo contro Ryan.
“Da un po’ ma Jenny non voleva che te lo dicessi, e…”
“E? Sputa il rospo” imprecò Esposito.
“E anche io non ero dell’idea di dirtelo. Hai visto come ha reagito Beckett” disse Ryan allungando la mano indicando la porta d’ingresso.
“Bro, quest’anno me ne hai fatte già due sporche…” disse secco. “Me lo dovevi dire…”
“Ho cercato di farti capire che non dovevamo venire qui! Da tre ore!” Urlò Ryan con gli occhi rossi per la tensione.
“Ma tu non potevi dirmi semplicemente la verità, che ne so tipo… Guarda Javi che Castle e Beckett stanno insieme e quindi è bene non andare a disturbarli? Non ti è passato per l’anticamera del cervello che forse avrei evitato questo casino?”
“Ma se te l’avessi detto, ti saresti fiondato qui solo per farti beffe di Beckett prendendola in giro per aver scoperto il suo boyfriend?”
“C’eri stato anche tu al gioco”
“Per poco…” disse Ryan convinto.
“Per forza tu sapevi già la verità e non me l’hai detta!” replicò Esposito.
“Ragazzi!” esclamò Castle sulla porta e uscendo sulle scale. Fece qualche passo avanti rigido nelle spalle e con i denti stretti.
“Sono io quello che ci sta rimettendo di più, qui ok?” disse sibilando tra i denti.
“Ho provato decine di volte a chiamarvi Castle ma i telefoni…” replicò Ryan.
“Hai rotto la mia Ferrari?” disse puntando il dito verso Esposito. Lui annuì.
“E’ così grave?” Esposito tentennò prima di annuire. Era colpa sua e lo sapeva.
Castle si girò a rientrò in casa. Percorse l’androne e salì le scale del mezzanino per poi ridiscendere dalla porta posteriore verso il prato e la spiaggia. Fece alcuni passi e poi si lasciò cadere esausto in inginocchiò sull’erba dove la sera prima lui e Kate si erano stretti l’uno all’altra con ardore. Risentì i loro corpi uniti e le frasi sussurrate all’orecchio. I baci, la foga di una passione che li stava divorando.
Aveva paura di quella sua reazione. Era tutto così difficile, tutto in salita. Mai un attimo di pace e si sentiva stanco all’improvviso. Voleva tornare alla serata del giorno prima, vissuta in serenità e in perfetta armonia. Era chiedere troppo? Non era ancora il momento per andare oltre. Dovevano affrontare molte altre cose insieme ma l’avrebbero fatto con i loro tempi, con i suoi tempi. Gliel’aveva promesso. Si passò la mano sul viso imbronciato.
Sentì i passi dietro di se e si voltò appena per vedersi raggiungere dai due. Ryan si avvicinò a lui mentre Esposito rimase a qualche passo di distanza.
“Ho atteso quattro anni ragazzi, quattro anni che fosse libera di amarmi e voi… per un maledetto incidente piombate qui e sconvolgete tutto…” sospirò forte.
“E’ solo una macchina, non potevate telefonarmi?” Disse piano scuotendo il capo.
“Mi dispiace Castle… Ma non può davvero essere così grave” disse Esposito cercando di smorzare la tensione.
“La conosci. Non prende certe cose alla leggera… E’ molto arrabbiata.” mormorò Castle. Sedette nell’erba e si tenne la testa tra le mani appoggiando i gomiti alle ginocchia.
“Beh si è vero” disse Esposito allontanandosi. Non riusciva a capire l’atteggiamento di entrambi. Lei arrabbiata e lui ferito.  “Al massimo può essere arrabbiata con noi.” Disse infine.
“Tu non capisci…” sibilò Castle. Ryan si voltò e scambiò un’occhiataccia con l’amico.
Esposito scosse il capo. Non capiva. Davvero. Si allontanò verso la spiaggia. Si sentiva in colpa e Ryan non lo aveva aiutato. Ora riusciva a capire il perché di tanta insistenza nel farlo desistere, ciononostante avrebbe dovuto diglielo, e farlo molto prima di arrivare in quel luogo.
Ma perché per Beckett era così importante nascondere la sua relazione con Castle?
Non l’avrebbero presa in giro, almeno non per molto tempo…
Esposito strinse i pugni e capì imprecando contro la sua stupidità. Era così semplice. Per anni lei aveva negato di essere interessata a Castle, e sulla loro relazione alcuni ci avevano già ricamato. C’erano anche delle scommesse in denaro in ballo, lui stesso aveva scommesso sull’impossibilità dei due di stare insieme. Aveva perso pure 120 dollari.
Loro l’avrebbero beffeggiata, e questo probabilmente lei non lo avrebbe mai accettato. Essere derisa dai colleghi, lei così fiera e forte su un aspetto delicato come potevano esserlo i sentimenti. Tendeva a dimenticare che Beckett era anche una donna, oltre ad un detective davvero in gamba.
Per Castle era chiaramente una cosa importante, aveva pronunciato quelle parole, che lei ora era libera di amarlo. Lui era cotto di lei da quattro anni, per uno come Castle era un bel po’ di tempo. Nemmeno i suoi matrimoni erano durati tanto. Non credeva di riuscire a comprendere realmente la natura del loro rapporto, ma dalla reazione di entrambi doveva essere una relazione complicata. La sua involontaria interferenza aveva destabilizzato un fragile ecosistema, il cuore di Beckett, in un momento in cui aveva molto più bisogno di tranquillità. Ricordava il suo stato di prostrazione quando Castle era stato arrestato. Ora riusciva a capire chiaramente la lotta interiore e la sofferenza che aveva nascosto a tutti loro, mentre il dubbio faceva la parte del leone sulla sua vita. Immaginò quanto poteva esserle costato fingere, quanto doveva essere stato difficile. Le voleva bene come ad una sorella, se amava veramente Castle, e dopo tutto quel tempo insieme c’erano delle ottime ragioni perché fosse così, allora avrebbe fatto di tutto per lei. Doveva cominciare col chiederle scusa.
 
Kate si lavò il viso e si asciugò pensando sul da farsi. Aveva di nuovo trattato male Castle e lui aveva solo la colpa di essere la sua valvola di sfogo. Prese i suoi oggetti sparsi sul marmo del lavabo e iniziò a riporli nel beauty ma si fermò. Riascoltò mentalmente le parole dell’uomo mentre osservava ognuno di quegli oggetti che facevano parte della quotidianità, così come i gesti descritti da Castle potevano diventarlo in futuro. Lui sapeva usare magnificamente le parole e le aveva usate per descrivere qualcosa che in fondo al suo animo sapeva di volere. Lui l’aveva calmata portandola a riflettere. Erano venuti a rifugiarsi lì per quello scopo in fondo. Castle aveva appena rinunciato a seguirla al distretto pur di non perdere quel “noi” che stavano cercando faticosamente di costruire, mentre lei si era di nuovo smarrita nelle piccole congetture di una vita passata a nascondere i propri sentimenti. Era così infantile da vergognarsi dei colleghi ed amici con cui aveva rischiato la vita e la carriera? Sapeva affrontare di peggio.
Si sedette sul bordo della vasca e guardò lo specchio in cui aveva osservato Castle radersi poche ore prima. Gli era sembrato così normale poterlo osservare liberamente senza preoccuparsi degli sguardi indiscreti o indagatori dei colleghi. Prese a guardare lo spazzolino da denti che aveva tenuto in mano. Cosa stava facendo in verita? Si era imposta di fingere di non amare un uomo solo perché una quota a parte del mondo in cui viveva le suggeriva che non era la persona adatta? Fingere di non amarlo per evitare di affrontare gli sguardi, le battute e le difficoltà di avere accanto un uomo famoso? Fingere di non amarlo per non ammettere a sé stessa che la vita aveva preso una piega importante, una svolta che aveva desiderato e che ora la spaventava. Quando sull’altalena più di un anno prima, aveva descritto a Castle la presenza di quel muro che le impediva di avere una vera relazione con una persona da amare, aveva anche chiesto a lui, più o meno inconsciamente, di demolirlo. E lui era stato di parola, ci era riuscito. Allora perché stava di nuovo costruendo un muro per tenere fuori il resto del mondo?
Forse doveva solo affrontare il discorso diversamente. Non era solo una questione di privacy, era una questione di libertà: la sua libertà di amare.
Ryan era sconvolto e Kate aveva avuto l’impressione che lui sapesse di loro da prima. Ma non ne era certa. Non era sicura di nulla e in quel momento il mondo vorticava intorno a lei violentemente lasciandola senza respiro.
Doveva fare ordine nella sua vita, e non farsi condizionare da certe paure: le cose stavano finalmente cambiando per lei, lo aveva desiderato. Adesso doveva solo affrontare questi cambiamenti con più serenità. Doveva ancora lavorare molto su sé stessa, ma era convinta che grazie a Castle le cose sarebbero migliorate. Lui era la sua migliore ragione di vita, e non era poco.
 
Ryan rimase accanto a Castle, seduto sull’erba. Rimase in silenzio fino a che fu Castle a parlare.
“Da quanto lo sai?” chiese a bassa voce.
“Dall’omicidio nella tua piscina… Uno degli indiziati mi aveva raccontato dell’agente locale e dei suoi due consulenti: lo scrittore Richard Castle e la sua ragazza, Kate.” Rispose piano. Non voleva sembrargli pettegolo, ma voleva che sapesse di averlo scoperto per caso.
Castle alzò il viso verso di lui. Gli occhi erano arrossati e il sorriso era appena abbozzato.
“Non lo hai mai detto a nessuno, perché?” Chiese serio. In altre situazioni Ryan avrebbe potuto restituire a Castle una battuta, ma lo vedeva provato e amareggiato.
“Beh, solo a Jenny. Insomma tu e Beckett ne avete passate tante insieme… E lei sta molto meglio dopo la svolta nel caso di sua madre. E’ più allegra, più rilassata. Fino a… ”
Ryan si mosse sui piedi. Non voleva parlare di quell’assurda accusa di omicidio, fortunatamente era un caso chiuso su cui non voleva tornare. A lui piaceva Castle, non avrebbe mai voluto doverlo arrestare o dubitare di lui.
Castle si appoggiò con i gomiti in terra.
“E’ una cosa importante Ryan. Molto importante per me”. Disse piano. “Non voglio perderla…”
“Non succederà, tiene troppo a te. Si vede sai?”
“Si vede cosa?” chiese Castle di rimando. Ryan sorrise dolcemente imbarazzato. “Che ti ama…”
“Credi?” L’uomo annuì.
Castle si lasciò cadere interamente nell’erba. Ryan lo guardò con preoccupazione. “Io non lo dirò ad anima viva, giuro…” disse guardando l’uomo che osservava il cielo con un’espressione infelice. Sperava potesse essere d’aiuto.
“Vai a cercarlo…” disse una voce di donna alle sue spalle. Beckett era scesa e aveva visto il suo uomo sdraiato nell’erba, esausto. E gli aveva fatto male. Aveva spalle larghe e un cuore grande, ma doveva smettere di scaricare su di lui certe sue paure. Era ancora li, emotivamente provato, anche dopo che lei aveva dubitato di lui, della sua sincerità e della sua onestà. Anche dopo che lei aveva messo in discussione tutto. Era ancora lì ad aspettare che lei prendesse una decisione che lui probabilmente avrebbe assecondato, anche se significava soffrire. Era il suo uomo e nonostante le difficoltà lei sentiva di amarlo ogni giorno di più.
La sua voce fece trasalire entrambi. Ryan annuì col capo. Castle si alzò di scatto a sedere e si voltò con il busto per incrociare i suoi occhi.
“Va a cercare Esposito, è meglio che facciamo tutti una chiacchierata” disse avvicinandosi a Castle e inginocchiandosi accanto a lui. Lo scrittore respirò forte ma continuò a restare in silenzio. Beckett allungò la mano e tolse un filo d’erba dai capelli dell’uomo, con un gesto dolce. Ryan sorrise e si allontanò in cerca del suo partner. Da quando sapeva della loro unione, Ryan aveva imparato a capire un po’ la gestualità contenuta di Beckett nei confronti di Castle. Aveva imparato a leggere i loro movimenti reciproci e soprattutto quel gesto strano, che non avevano mai avuto prima. Si davano la mano come due uomini d’affari. Ryan aveva intuito che il significato era un altro. Mamma e papà ora stavano facendo pace. Con un tocco lieve lei aveva comunicato a lui qualcosa, e lo sguardo intenso che si stavano scambiando era un elaborata trama di emozioni e di parole che solo loro erano in grado di decifrare. Li lasciò soli a riconciliarsi e pensò di dover delle spiegazioni ad Esposito.
 
Castle strinse le labbra mentre la donna sfiorava il suo ciuffo ribelle. “Ti prometto che questa casa la vendo…” disse a bassa voce, sfinito. Negli ultimi tempi la vita lo stava mettendo alla prova continuamente, appena pensava di aver raggiunto un momento di pace, qualcosa faceva tremare il suo mondo.
Lei scosse la testa. “No, va bene così Castle…” disse piano. “Mi piace qui. Davvero molto.”
“Ti piace nonostante tutto?” chiese Castle inclinando il capo a mo’ di scuse. Lei annuì guardandosi intorno. Era un luogo incantevole e la casa era spettacolare. Una di quelle che sogni da bambina quando credi ancora che troverai il principe azzurro e vivrai in un castello.
Lei aveva davanti il suo strambo principe e quella casa poteva essere uno dei suoi castelli. Ma lo era anche l’uomo che portava quel nome, l’uomo che la stava proteggendo con le sue mura di amore, i suoi bastioni fatti di pazienza e le sue torri di comprensione.
“Potremmo viverci quando saremo vecchi…” replicò poi con tranquillità abbandonando quei pensieri e sul viso di Castle si aprì un sorriso raggiante. Doveva aver battuto la testa perché non si aspettava nulla del genere dopo la sfuriata di prima.
Lui tornò a lasciarsi andare nell’erba di colpo, sollevato, con un tonfo sordo. Lei si sdraiò accanto a lui. Lo vide chiudere gli occhi e riaprirli chiari come il cielo che stava osservando.
“Si potremmo farlo.” Disse piano.
“Ma prima devo uccidere Esposito per avermi rovinato la Ferrari e anche il week-end.”
Lei gli diede una gomitata nel fianco. Sbuffò ridendo della battuta fuori luogo.
“Avrai tutte le attenuanti del caso e ti tirerò fuori di galera in qualsiasi modo.” Rispose poi allungando la mano e afferrando quella dell’uomo.
“Non hai paura di rischiare così tanto?” Chiese Castle stupito.
“Non più. Non dopo stamattina. E poi potremmo anche salvare il week-end” rispose con un nuovo sorriso ad illuminarle il volto.
Castle desiderò intensamente baciarla. “Dovrò ricominciare a frequentare il dottor. Sullivan…” disse piano.
“Chi è?” chiese curiosa Beckett. “Il mio cardiologo.” Rispose l’uomo sospirando. Lei si alzò sopra di lui e lo squadrò con aria interrogativa.
“Hai avuto problemi di cuore?” chiese infine con un mezzo sorriso. Era sdraiato perché stava poco bene? Per un momento il dubbio la pervase.
“Beh, con Sullivan giocavo a golf …” Kate abbassò il capo. La stava prendendo in giro.
“Ma da quattro anni ne ho uno davvero molto serio”. Lui le prese il viso tra le mani e lo accompagno fino a far toccare le loro labbra.
“Questo prato è comodo…” sospirò lei. “Stanotte potremmo…”
“Ahem… “ sentì Ryan schiarirsi la gola. Esposito era con lui, e lo seguiva con lo sguardo mortificato.
“Tempismo…” mormorò Castle. Kate si alzò ben decisa a levarsi il pensiero di quella chiacchierata imbarazzante, e l’uomo la seguì a ruota.
“Voi due entrate in casa. Tu Castle porta qualcosa da bere…” ordinò perentoria.
Castle la guardò sorridendo. Era tornata in sé e con qualcosa in più nello sguardo. E i due detective ora avevano bisogno di qualcosa di molto forte perché sarebbe stata una mattinata difficile per loro. La vide avanzare decisa e salire le scale. Si voltò verso i tre e disse con quel tono di sufficienza che conosceva da anni: “che fate ancora li?”
Lui rise. La sua musa era davvero tornata.

  
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