Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: Patta97    22/10/2012    2 recensioni
"L'amore è perduto se solo da una parte è trattenuto" è una frase di una poesia. L'enueg e il plazèr sono due forme letterarie. Questi tre miseri indizi sono gli unici che Sherlock Holmes ha per risolvere il caso di un ventiseienne trovato morto nel suo appartamento. Il consulente investigativo dovrà ricorrere all'aiuto di un inaspettato, indesiderato e improvvisato psicologo per risolvere il caso, che lo porterà a scoprire cose... inaspettate.
Una storia nata da una pagina di letteratura sulla lirica provenzale nel Medioevo...
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Idea nata mentre studiavo letteratura italiana.
La mia compagna di banco l'ha incoraggiata ed eccomi qua.
Spero vi piaccia... Lasciatemi un parere,
Chiara

___________________________________


L'enueg o enuig nella poesia provenzale è un sottogenere del sirventese in cui vengono espresse lamentazioni per le preoccupazioni quotidiane e sono enunciate cose fastidiose o noiose. Il genere viene a perpetuarsi nella successiva letteratura medievale catalana, italiana, francese e galiziano-portoghese... A questo genere si oppone il plazèr…
 
Noioso.
 
Il plazèr è un genere letterario provenzale del Medioevo; prevede componimenti in cui si elencano una serie di situazioni piacevoli nell'ambito laico e mondano, cose desiderate in quanto gradevoli che ci si augurava di vivere… Il suo contrapposto letterario è l’enueg…
 
Doppiamente noioso.
 
John sorbiva da un bel po’ gli sbuffi profondi di Sherlock, seduto di fronte a lui. Gli lanciò un’occhiata da dietro il suo laptop.
 
Il consulente investigativo stava appollaiato sulla sua poltrona e leggeva attento qualcosa dal suo cellulare.
 
- Trovato qualcosa? – chiese infine John esasperato, disturbato dall’ennesimo sbuffo spazientito del coinquilino.
 
Quello non rispose, prevedibilmente.
 
John riprese ad occuparsi del suo blog, limitandosi a stringere le labbra e a un’occhiata rassegnata.
 
Anche quella non fu dedicata più attenzione che alle parole precedenti.
 
 
John lanciò un’occhiata all’orologio in basso a destra del computer: 00.58.
 
Chiuse l’apparecchio e si passò una mano sugli occhi prima di guardare Sherlock.
 
Quello era nell’esatta posizione di tre ore prima e non mostrava la benché minima attenzione alle sue mosse.
 
John scrollò le spalle e si diresse verso la porta per salire le scale e andare in camera sua.
 
- John? – lo chiamò Sherlock.
 
L’altro lo degnò di appena un sguardo veloce e di una risposta esasperata.
 
- Sherlock, è l’una di notte, non sono un pipistrello e fino a prova contraria ho bisogno di dormire. Domani devo alzarmi presto e…
 
- Lo tems vai e ven e vire
Per jorns, per mes e per ans,
Et eu, las no.n sai que dire,
C'ades es us mos talans.
Ades es us e no.s muda,
C'una.n volh e.n ai volguda,
Don anc non aic jauzimen.
Pois ela no.n pert lo rire,
E me.n ven e dols e dans,
C'a tal joc m'a faih assire
Don ai lo peyor dos tans,;
(C'aitals amors es perduda
Qu'es d'una part mantenguda)
Quo te fai acordaman…
 
Sherlock finì di recitare in perfetto accento francese e alzò lo sguardo dal cellulare per piantarlo su John.
 
Il suddetto John aveva appena vissuto i trenta secondi più strani della sua vita.
 
Perché sentire Sherlock Holmes che declama una qualsiasi poesia, in una qualsiasi lingua francese antica, in un qualsiasi momento, luogo o situazione, non è esattamente un toccasana per il cuore.
 
John si schiarì la voce e strinse i pugni, perché le mani gli tremavano.
 
Sherlock lo notò e alzò un sopracciglio, sorpreso, ma non commentò.
 
- Sarebbe? – chiese John, tossendo la esse.
 
Sherlock si districò dalla posizione scomoda - nella quale era stato comunque per più di cinque ore di fila - e si sollevò dalla poltrona senza nemmeno bisogno di stiracchiarsi.
 
Poi si diresse verso John - il quale stava impietrito davanti alla porta con i pugni serrati - e ricominciò a recitare, leggermente irritato dal fatto che John si rivelasse così lento anche per una cosa ovviamente ovvia come quella.
 
- Il tempo viene e va
per giorni mesi e anni,
e io - ahimé! - non so che dire,
che uno è il mio affanno.
Immutato è il mio desiderio:
una voglio e sempre ho voluta,
una dalla quale mai ebbi gioia.
E se per questo lei non perde il sorriso,
e io ne ho solo dolo e danno,
ché a tal gioco mi tiene legato
in cui per due volte perdo;
(
Perché l'amore è perduto
se solo da una parte è trattenuto)
Finché non ha un contraccambio…- tradusse Sherlock, sbrigativo. - Questo estratto di Bernart de Ventadorn non pare avere significati nascosti e quindi dovrebbe subito rivelarci buona parte dell’enigma. Eppure…
 
John rimaneva ancora con un’espressione interrogativa sul viso.
 
- Il caso, John! – sbuffò Sherlock.
 
John sembrava non ricordare: era come se avesse qualche improvvisa difficoltà a far macchinare il cervello.
 
- John! Il caso del francese! – Sherlock scosse il coinquilino per le spalle, scocciato del tutto. - O “del menestrello canterino” o “del trovatore squartato” come lo chiamerai sul tuo inutile blog dopo che avrò brillantemente risolto tutto.
 
- Veramente avevo idea di chiamarlo “del francesino insanguinato” – disse John, serio, dopo aver collegato.
 
Sherlock lo guardò di sottecchi. – Sarcasmo? – domandò incerto.
 
- Deduci un po’ – disse John, improvvisando un falso sbadiglio e divincolandosi dalla presa di Sherlock, che ancora lo teneva saldo per le spalle.
 
Arrivato alla soglia, John si girò per dire qualcosa, ma vide che Sherlock era di nuovo lì, in cima alla sua poltrona, che digitava concitato sullo schermo del cellulare, senza degnarlo di uno sguardo.
 
- Buonanotte… - sussurrò il medico, prima di uscire dalla stanza.
 
Sherlock memorizzò e segnalò che John aveva detto qualcosa e pensò di rispondergli.
Lo scrisse mentalmente su un post-it che appiccicò a una delle pareti di una delle stanze più usate del suo palazzo mentale: quella delle “cose da fare dopo che avrò finito di fare ciò che sto facendo”.
 
Quando però il consulente investigativo terminò la sua ricerca e ripescò dal mucchio il post-it “rispondere a John”, quello stava già dormendo da un pezzo al piano di sopra.
 
- Buonanotte – disse Sherlock al buio del 221B.
 
 
Quando la mattina dopo John scese nell’appartamento per fare colazione, Sherlock era ancora col pigiama. Stava sdraiato sul divano con le gambe tese e le mani giunte che poggiavano sulle labbra.
 
Il medico trovò strana quella vista - insolita durante un caso -, ma era in ritardo per andare all’ospedale e così si diresse direttamente in cucina.
 
- John – mugolò Sherlock dal divano.
 
- Mmh? – fece John dall’altra stanza, intento a mettere su l’acqua per il tè. 
 
- Mi annoio – fu la risposta.
 
- Hai risolto il caso del francese stanotte? – chiese John, sorpreso.
 
Sherlock mugugnò qualcosa. John, incuriosito nonostante il ritardo, sporse la testa dalla porta della cucina e lo squadrò.
 
- Come prego? – si divertì, perché se aveva capito bene ciò che l’altro aveva detto ci sarebbe stato da ridere.
 
- Non sono… - iniziò Sherlock, infastidito.
 
- Sì…? – John tratteneva a stento le risate.
 
- Non sono riuscito a risolverlo! – disse tutto d’un fiato il consulente investigativo, particolarmente irritato.
 
- Tu… non sei…! – John scoppiò a ridere. – L’avevi classificato come un quattro! -.
 
- Dopotutto può anche trattarsi di un otto. Sta mettendo in difficoltà certi miei… Smettila di ridere! Solo la tua mancanza di tatto è irritante quanto la tua stupidità! – commentò acido Sherlock.
 
John smise di ridere di colpo.
 
- Io avrei mancanza di tatto? – chiese incredulo.
 
- Deduci un po’ – disse Sherlock, sempre senza staccare gli occhi dal soffitto, citando la frase di John della sera precedente. – Non dovrebbe essere difficile nemmeno per te -.
 
- Sì, io… bé, devo andare – sbottò John. Prese la giacca dall’appendiabiti e uscì sbattendo la porta d’ingresso.
 
“Impossibile” lo sentì borbottare l’altro prima che uscisse.
 
Sherlock si sistemò meglio sul divano, cercando di distendere i pensieri.
 
Riuscì persino a eludere il fischio della teiera sul gas, i clacson dei taxi in strada e i rumori della signora Hudson al piano di sotto.
Doveva pensare, e tutto era inutile a parte le stanze del suo palazzo mentale.
 
La stanza dei “punti morti” era la più utilizzata in quel momento. E il caso del francese occupava tutte le pareti con mille post-it gialli.
 
Ricordò i fatti: Armand Saignement, ventisei anni, trovato morto nel suo appartamento. Nessun segno di effrazione o scasso o colluttazione. Il corpo ritrovato sgozzato in soggiorno. Il coltello nella mano destra e solo le sue impronte su di esso.
 
“Qualche idea, Sherlock?”
“Due.”
 
Ipotesi: suicidio, probabile in apparenza.
 
Tesi: ragazzo felice?
 
Indizi: foto con famigliari alle pareti. Sorelle più giovani, amici festanti, nonni anziani: famiglia felice e unita, amicizie di vecchia data.
Laurea appesa al muro, centodieci e lode: andava bene didatticamente.
Foto sul comodino in camera da letto con una ragazza sua coetanea: la fidanzata.
Storia importante? Data la posizione della foto, la cornice e le pose sì. Storia lunga da almeno tre anni, si conoscevano dall’infanzia, stavano decidendo di sposarsi.
 
Conclusione: ragazzo felice, non si tratta di suicidio.
 
“Facciamo una, di idea.”
 
Ipotesi: omicidio.
 
Tesi: nemici?
 
Indizi: Cercare tra i libri. Tutti ordinati e messi in fila. Uno sporge rispetto agli altri, meno impolverato sul dorso.
Titolo: “La Littérature française: du Moyen Âge à nos jours”.
Sfogliare le pagine.
Consumate per il troppo uso, nessun segnalibro.
Un piccolo strappo. La pagina dopo è di certo quella con l’indizio: aveva fretta di trovare quella giusta e nella foga ha messo meno cura del solito nello sfogliarlo.
Frase sottolineata a matita in una poesia: “C'aitals amors es perdudaqu'es d'una part mantenguda”.
Cercare tra le competenze di francese…
 
“Trovato qualcosa? Posso essere utile al mostriciattolo?”
“Anderson, per piacere. Il silenzio è l’unico modo in cui puoi aiutare.”
 
…Competenze di francese.
Traduzione: “Perché l'amore è perduto se solo da una parte è trattenuto”.
Appunto in un angolo della stessa pagina: enueg e plazèr. Sottolineati più volte.
Numero della pagina: 130. Capitolo: 3.
Chiaro.
 
Conclusione: omicidio compiuto da… da…
 
 
Sherlock, frustrato, riaprì gli occhi nel salotto di Baker Street.
 
La teiera non fischiava più.
 
La signora Hudson aveva spento il gas.
 
La luce fuori era fioca: erano almeno le cinque del pomeriggio.
 
Il cellulare vibrò poco lontano.
 
- John! Mi passi il cellulare? – domandò perentorio alla stanza vuota.
 
Solo dopo un’altra mezz’ora si rese conto che John era fuori casa.
 
Sherlock allungò un braccio e afferrò il cellulare dal tavolo: il messaggio era di John.
 
Stasera esco. Se torno, torno tardi.
Vedi di mangiare.
JW
 
Sherlock lanciò il cellulare sulla poltrona dall’altro lato della stanza, imbronciato.
 
Mangiare. Come poteva mangiare, in una situazione come quella?
 
Quello era un caso da quattro, non da otto.
 
Avrebbe dovuto risolverlo in cinque minuti, più o meno, inclusi i commenti ammirati di tutti, quelli acidi di Donovan e quelli ebeti di Anderson.
 
E invece c’era qualcosa che gli sfuggiva nel messaggio di Saignement.
 
Qualcosa di stupido, ma fondamentale per quel ragazzo…
 
Aveva bisogno di John. Del punto di vista innocente e senza pretese di John.
 
Ma quella sera sarebbe uscito con la nuova infermiera dell’ospedale, ovviamente.
 
Sherlock sbuffò irritato per quello che gli sarebbe toccato fare...
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Patta97