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Autore: dragon_queen    22/10/2012    3 recensioni
"Bene, aveva capito il suo gioco e aveva deciso di partecipare, ma le regole le avrebbe dettate lei. Così gli si avvicinò lentamente, sino a quando la distanza tra loro non fu quasi del tutto annullata...
...Kylie afferrò il bicchiere di bourbon dalla mano che Damon aveva ancora poggiata sul bancone e si voltò per un attimo verso il gruppo di ragazzi.
Li stavano osservando, come se avessero paura di quello che sarebbe potuto accadere.
Tornò così a guardare il bel Salvatore, il quale si stava passando maliziosamente la lingua sulle labbra. La ragazza si allontanò un poco e bagnò le sue nel liquore. Poi sorrise maligna.
Una mano accarezzò la coscia di lui, sentendolo tremare. Dopodichè, continuando a guardarlo negli occhi, disse:
-Credo che ti ci voglia una bella doccia fredda, stallone- e, in un colpo solo, gli rovesciò in testa l'intero bicchiere.
Dopodichè, guardando soddisfatta l'espressione confusa e poi furente del moro, si allontanò, lanciandogli un tovagliolo in faccia.
-Ci vediamo- e uscì dal locale."
Una prova, non so nemmeno se piacerà, ma godetevela lo stesso. Un saluto
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Elena/Stefan
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Eccomi qui, tornata con un'altra fan fiction, stavolta su The Vampire Diaries. E' un esperimento, quindi non siate troppo cattivi, mi raccomando.

Ovviamente il fratello Salvatore che ho scelto è il bel Damon, in una storia con una ragazza giunta dal nulla con un passato misterioso.

Siccome mi sto aggiornando in qusto momento con gli episodi, spero di non essere troppo lenta con l'aggiornamento della storia ^_^

Spero vi piaccia e spero di vedere qualche commento o recensione, anche negative. Mi scuso per eventuali errori.
Beh, che dire allora? Buon divertimento e buona lettura...







PROLOGO

 

Una bambina. Un bosco. Il buio.

Correre. L'unico pensiero che in quel momento le invadeva la mente.

Scappare. Il solo appiglio in quel buio profondo e privo di speranze.

Non piangere. Questo si imponeva per evitare che la raggiungessero seguendo il fioco rumore dei singhiozzi.

Le gambe bruciavano, facevano male, era ormai al limite. Il viso impastato da troppe lacrime versate. Le mani sporche di un sangue non suo.

Gli alberi di quel tetro bosco passavano veloci mentre quella si guardava le spalle. In lontananza il latrato di cani, o almeno, questo pensava fossero. Non riusciva a vederli e pregava di non vederli mai.

D'un tratto inciampò in un vecchio ramo marcio che spuntava dal terreno, finendo a terra. Emise un gemito e si fissò le ginocchia, sulle quali adesso si aprivano due ferite che sanguinavano. Il vestitino bianco che indossavano completamente imbrattato di terra e fango.

Dopo qualche secondo però si rialzò e riprese a correre.

Si stavano avvicinando, sentiva le zampe degli animali calpestare i ciottoli e il fogliame del sottobosco. Cosa aveva quella bambina di tanto importante per dover essere ripresa ad ogni costo?

Si fermò di botto. Vicolo cieco.

Sotto di lei avvertiva lo scorrere di un grande fiume, ma persino l'oscurità e il rumore sordo dell'acqua contro le rocce le fecero capire di essere troppo in alto per saltare ed uscirne viva.

Fu in quel momento che sentì gli inseguitori farsi vicini. Poi, di colpo, tutto il rumore cessò.

Si voltò, il corpo che tremava, mentre lo sguardo vagava tra gli alberi e i cespugli in cerca di qualcosa. Le foglie di uno degli arbusti si mosse per un attimo e lei giurò di aver intravisto due occhi gialli e freddi che la fissavano.

Mosse un paio di passi in quella direzione. Protese una mano verso le foglie. Un passo, poi un altro. Un ramo si spezzò inavvertitamente sotto il suo piede.

Fu un attimo. Riportati gli occhi sulla selva, vide un corpo ricoperto da nera pelliccia fissarla con avidità. Non appena mosse un passo per arretrare, questo spiccò un salto e...

 

 

Kylie si alzò ansimante a sedere sul letto. Si toccò la fronte, madida di sudore, mentre il petto si alzava e abbassava ad un ritmo troppo veloce per risultare normale. Si portò una mano sul cuore: pareva volesse fuggirle dal petto.

Sospirò, stanca e, scansando le coperte, mise le gambe fuori dal letto, ricevendo il “dolce” impatto dei piedi sul pavimento ghiacciato.

-Accidenti, fa freddo stanotte...- pensò, mentre si avvolgeva in un pesante golf di lana, almeno una taglia in più rispetto alla sua, lasciato ai piedi del letto.

Si alzò e stringendosi ancora di più nel pesante golf si sedette sul piccolo divanetto sotto l'unica finestra e fissò per un attimo la luna, grande e candida , sua compagna in molte notti e unica ascoltatrice nelle sue sere colme di strane elucubrazioni.

Dopodichè spostò lo sguardo verso l'enorme camerata buia, dove almeno una decina di sue compagne, dai sei ai quindici anni, dormivano beate, sognando chissà quali meraviglie, ignare invece di ciò che lei vedeva ogni notte.

Erano anni che aveva quegli incubi. All'inizio erano flash, spezzoni di un qualcosa più grande, ma con il passare del tempo il sogno si era fatto sempre più definito, carico di particolare, persino di suoni.

Guardò distrattamente il piccolo orologio che portava al polso sinistro illuminato fiocamente dalla luce della luna: le tre del mattino.

-Tanti auguri, Kylie...- disse piano, rivolta ovviamente a se stessa.

Da tre ore era passato il suo diciottesimo compleanno, l'unica cosa che aveva sperato non arrivasse mai.

Proprio quella mattina, infatti, la direttrice dell'orfanotrofio nel quale viveva da quando aveva memoria, l'aveva convocata nel suo ufficio. Distrattamente, senza neanche guardarla negli occhi, le aveva comunicato che dal giorno seguente sarebbe stata pronta per entrare a far parte della società, il che equivaleva a dire “togliersi dalle scatole”.

Che accidenti voleva dire? Chi era lei per deciderlo? Come avrebbero fatto le bambine più piccole a stare senza di lei? Chi le avrebbe consolate quando il cielo rimbombava dai tuoni? Chi avrebbe coperto le monellerie di quelle più grandi? No, non era ancora pronta. Aveva paura.

Non voleva lasciare l'orfanotrofio, non voleva mettere fine alla sua normale vita solo perchè una zitella di mezza età aveva preso quella decisione.

Aveva provato a replicare, ma non era riuscita neanche ad aprire bocca, in quanto quella l'aveva anticipata dicendo che biglietto del treno e appartamento erano già stati prenotati e che quindi sarebbe partita la mattina seguente di buon'ora. Le avevano dato solo una manciata di ore per recuperare le sue cose e salutare le ragazze.

Le più piccole avevano pianto, le più grandi l'avevano fatta segretamente. Lei aveva abbracciato tutte, senza distinzione, e aveva pianto con loro.

E adesso eccola là, sola, a fissare la luna da quella piccola finestra, sognando di poter decidere per una volta cosa fare della sua vita.

Fin da piccola era sempre stata una “problematica”, così l'avevano etichettata. All'età di tredici anni aveva dato molti grattacapi a tutte le istitutrici e forse era anche per questo nessuno l'aveva mai adottata. Negli ultimi tempi, quando qualche coppia giungeva in visita all'istituto, lei veniva addirittura allontanata e tenuta nascosta. Forse era anche per colpa di quei suoi occhi, così inquietanti e particolari, quasi irreali, di un bellissimo color ametista. Molti volte aveva costretto chiunque la guardasse a distogliere lo sguardo, mentre vedeva il loro corpo percorso dai brivido, come se avessero visto il demonio in persona.

Aveva persino convinto se stessa che in lei ci fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa che impediva agli altri di accettarla. Una volta però, una delle bambine, fissandola, aveva detto che nei suoi occhi riusciva a vedere l'infinito. Da quel momento era cambiata.

Per un attimo però l'occhio le cadde sulla candida fasciatura che portava al polso destro e strinse i denti per la rabbia. Quello era stato il suo unico fallimento.

Con uno scatto nascose la ferita con l'altra mano, premendola fino a farsi male. Qualche giorno prima ci era ricascata, aveva ceduto nuovamente, si era mostrata nuovamente debole.

Una sola volta aveva rischiato di rimetterci seriamente la pelle. Era rimasta in ospedale per due interi giorni, per poi tornare in istituto e venire punita severamente.

-Forse questa sarà l'occasione per voltare pagina, per diventare migliore...- pensò, e si alzò, rimettendosi seduta sul letto.

Non aveva voglia di riaddormentarsi, non voleva di nuovo fare quel sogno. Così si stese solamente tra le coperte, le ginocchia al petto. Allungò una mano verso il piccolo comodino accanto al letto e prese un foglio bianco lungo e stretto. Era il biglietto per il treno che sarebbe partito la mattina seguente dalla stazione del piccolo paesino in cui abitava.

Lesse la destinazione, la meta finale, sinonimo della sua rinascita: Mystic Falls.

 

In quel momento, in un posto lontano, qualcuno si destava da quel suo effimero sogno. I suoi occhi si abituarono quasi subito al buio della notte. Stancamente si alzò.

Il suo corpo chiedeva di essere nutrito e lui non poteva certo farlo aspettare. Così spalancò la porta finestra che dava sul giardino sul retro della casa e spiccò un salto, atterrando leggero a terra, quasi fosse privo di peso.

Con un movimento ritmico, si sgranchì il collo e tirò la schiena. Poi con un sorriso beffardo e strafottente, leccandosi le labbra come una bestia famelica, disse:

-Vediamo stasera che coniglietto capiterà tra le fauci del lupo...-

  
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