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Autore: Aniel_    24/10/2012    3 recensioni
Dean è ubriaco e sorride e Castiel conosce quella maschera sin troppo bene: da quando ha deciso di allontanarsi da suo fratello beve spesso, ride tanto, ma non è felice. Quando il nome di Sam viene anche solo accennato la sua anima si oscura e si contorce e Castiel la nota, anche se non dice nulla.
Quella sera è una di quelle in cui l'anima di Dean è più scura, nera come la pece, contorta da un dolore che non avrebbe mai ammesso.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Fandom: Supernatural
Pairing: Castiel/Dean
Rating: G
Beta: io, me stessa e me
Genere:  fluff, introspettivo
Warning: One Shot, Pre-Slash 
Summary: Castiel aspetta Dean fuori da un locale del South Dakota. Si sente solo e spera che il cacciatore possa fargli compagnia.
Note: troppo fluff nella mia anima per ora. Decisamente troppo. Quando mi vengono in mente queste idee non posso fare a meno di scriverle, quindi perdonatemi in partenza! 
 
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono. Ahimé...no. #sadness


Di ali e trenchcoat

Castiel aspetta fuori da un bar del South Dakota, il capo chino e le braccia abbandonate lungo i fianchi.
È stato da Bobby ma il cacciatore lo ha mandato via in maniera piuttosto brusca: non riesce ancora a perdonargli quella sedia a rotelle di cui Castiel non è nemmeno responsabile. Ma l'angelo sa che Bobby si sente triste e solo, frustrato di fronte alla prospettiva di vivere una vita vuota, diversa da quella passata. Sa che preferisce riversare il suo rancore su di lui, e la cosa gli sta bene.
In realtà, Castiel lo capisce. Bobby non potrà più usare le gambe e l'angelo, in un certo senso, si sente menomato allo stesso modo, solo esattamente come lui.
Per questo motivo aspetta fuori da quello squallido locale, perché sa che l'unico capace di alleviare, anche solo in parte, quella sensazione di solitudine è lì dentro, a tracannare alcol e a flirtare con l'ennesima sconosciuta.
La cosa lo infastidisce per principio, anche se non ne comprende il motivo.
Castiel vede uscire Dean dal locale, con il passo timido e incerto di un ubriaco, seguito da un gruppo di umani tatuati e grossi più o meno quanto Sam: lo guardano male, lo indicano con odio e i sensi di Castiel si acuiscono quel tanto che occorre da permettergli di intervenire qualora si rivelasse necessario.
Dean è ubriaco e sorride e Castiel conosce quella maschera sin troppo bene: da quando ha deciso di allontanarsi da suo fratello beve spesso, ride tanto, ma non è felice. Quando il nome di Sam viene anche solo accennato la sua anima si oscura e si contorce e Castiel la nota, anche se non dice nulla.
Quella sera è una di quelle in cui l'anima di Dean è più scura, nera come la pece, contorta da un dolore che non avrebbe mai ammesso.
Uno di quegli uomini lo costringe a voltarsi afferrandolo per un braccio. «Mi devi dei soldi, amico» gli dice, con astio.
Dean ride, sguaiatamente, e spinge l'uomo più lontano con una mano. «Non è colpa mia se non sei un asso con una stecca in mano come me, amico.» risponde sornione, ammiccando.
Altri due uomini gli si avvicinano di soppiatto alle spalle e lo trattengono mentre il terzo lo scuote, lo colpisce forte, lo fa cadere in ginocchio. Normalmente Dean avrebbe vinto uno scontro simile, ma è troppo ubriaco, troppo provato e troppo stanco per reagire.
Castiel interviene e addormenta gli uomini, uno dopo l'altro: vorrebbe far loro del male ma si trattiene. Non riesce ancora a capire quello strano istinto di protezione che lo spinge a lottare contro i nemici di Dean come se fossero i propri.
«Non ho chiesto il tuo aiuto» sputa fuori con rabbia tirandosi in piedi, dolorante.
L'angelo lo ignora perché lo conosce. Lo ignora perché ha capito che, nella strana lingua di Dean Winchester, quel lamento significa grazie.
«Non dovresti bere così tanto, Dean. L'alcol offusca i sensi e danneggia il corpo.» risponde piatto, immobile pochi metri lontano da lui.
«Anche le persone.» ribatte.
Il suo passo è ancora incerto e quando caccia fuori dalla tasca le chiavi dell'Impala, Castiel scuote il capo e gli afferra il polso. È un angelo e conosce alla perfezione il corpo umano, conosce ancor meglio il corpo di Dean che si è ritrovato a ricostruire prima di tirare fuori la sua anima dall'Inferno.
Dean è ubriaco e non può guidare e a Castiel non importano le cattiverie che il Winchester gli rovescia addosso, non si cura delle nozioni dello spazio personale, non dà peso agli insulti e alle deboli percosse che adesso gli solleticano il petto.
Castiel ha deciso e Dean non guiderà, non questa notte.
«Sei un idiota» commenta il ragazzo, ciondolando sino a cadere per terra, le spalle poggiate alla carrozzeria gelida dell'Impala.
Castiel incassa il colpo e china il capo: Dean sarà ancora arrabbiato domani e lui non può fare nulla per alleviare le sue pene. «Vuoi che ti accompagni da Bobby?» chiede titubante, ma l'altro scuote il capo, ride e serra le palpebre per qualche secondo.
Castiel non ne è sicuro, ma crede che il cacciatore stia cercando le parole giuste per fargli male.
«Perché indossi sempre questa roba, Cas?» domanda d'un tratto, strattonando i lembi abbandonati del trenchcoat all'altezza delle ginocchia dell'angelo. «È orrendo» aggiunge, sorridendo soddisfatto. «Proprio orrendo.»
L'angelo si osserva e muove i polsi: a lui quella macchia di beige sul suo tramite piace. In realtà non ha mai pensato di indossare qualcos'altro, perché è un angelo e non ne ha bisogno.
Per lui sarebbe come indossare un cappotto sopra uno già esistente dato che Jimmy è solo il suo vestito di carne.
«Mi piace» risponde, con semplicità.
«Perché?»
Le labbra di Castiel si stirano in una sottile linea bianca. «Quando cammino e percepisco questo indumento muoversi mi sento...libero.» prova a spiegare. Dean lo sta guardando e ha stampata in viso l'espressione di un bambino confuso dinnanzi a un difficile problema di matematica.
«Questo corpo è...stretto. È angusto. A volte mi sento soffocare, comprimere, e la cosa mi spaventa. E sentire questo indumento librarsi nel vento mi ricorda...»
Castiel si interrompe e deglutisce: non è abituato a parlarne, ma Dean è lì e l'indomani dimenticherà ogni cosa, quindi si accascia accanto a lui e alza il capo verso il cielo.
«...le mie ali.» conclude.
Quando si volta, Dean ha gli occhi chiusi e le labbra leggermente dischiuse; respira lievemente e trema appena. L'angelo sorride e gli sfiora la fronte con due dita, fino a quando il corpo del cacciatore si ritrova adagiato sul divano di Bobby.
Trema e ha ancora freddo.
Castiel non ci pensa due volte - perché è un angelo e il suo corpo non è preda del clima- e si sfila il trench, poggiandolo delicatamente sul corpo addormentato del cacciatore.
Dean si arriccia su se stesso e sospira sollevato. «Le tue ali sono calde» mormora all'improvviso, la voce impastata dal sonno e alterata dall'alcol.
Castiel sorride e si abbandona sulla poltrona poco lontana. Pensandoci, darebbe via volentieri le sue ali per quell'umano se questo significasse vederlo felice, anche solo per un po'.

FINE

   
 
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