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Autore: ericapenelope    24/10/2012    1 recensioni
[GDR Trama inventata.]
La storia viene ripresa da un *gioco di ruolo* su Hunger Games. Parla di più personaggi inventati da altri player che si ritrovano nell'Arena, ma non solo. Sono legati da qualcosa o qualcuno. E' un proseguimento diverso da come è andata davvero. E' il *mio* proseguimento di una storia che parla di combattimenti e di sentimenti non detti. E' tutto un gioco, d'altronde, no? Buona lettura.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6
Destini Incrociati

 

Thomas aveva avuto ragione. Ambrosia aveva cambiato idea. Riguardo l'Arena, riguardo loro, riguardo tutti. Ed ora si ritrova con una lama d'acciaio conficcata nell'avambraccio destro. Tutto per difendere i due rompipalle. Perché un po' lo sono, rompipalle.
«Guarda che diamine hai fatto al mio braccio, stupida bionda platino».
Ambrosia interagisce con Ophelia, mentre il suono acuto ed agghiacciante le fa scoppiare i timpani. Thomas e Lilian si tappano le orecchie piegandosi verso il basso, chiudendo gli occhi e cercando di far entrare il suono il meno possibile.
«Vai al diavolo! Non so chi voi siate e come siate riusciti ad arrivare qui, ma devo eliminare la rossa. E' mio compito. Devo vincere! Levati di mezzo!» Ophelia è rabbiosa. Sembra che il suono acuto non la scalfisca, riuscendo a urlare sopra di esso. Le iridi dorate di Ambrosia rimangono impassibili, cercando di captare da dove proviene il segnale d'allarme. E' ovvio che Capitol City sia rimasta a bocca asciutta. Due comuni cittadini di chissà dove sono riusciti ad intrufolarsi all'interno dell'Arena. Nessuno prima di allora ci era mai riuscito, semplicemente perché nessuno prima di loro aveva pensato di farlo.
Lampi di rabbia, fiamme ardenti e pioggia acida sarebbero cadute dal cielo molto presto. Ambrosia aveva fatto saltare i corti circuiti delle loro stregonerie prima di capire da dove entrare, ma non era stupida. Sapeva benissimo che anche se gli Strateghi idonei al compito erano stati fatti fuori, presto ne sarebbero arrivati altri per sostituirli. Capitol City non si sarebbe fatta imbrogliare tanto facilmente.
Ed infatti, una voce risuona tra le nuvole di quella tersa giornata.
«Stranieri, arrendetevi o si scatenerà la fine del mondo su di voi. Avete infranto le leggi della Capitale, riconoscete i vostri sbagli e costituitevi alla nostra – e vostra – autorità. Gli ultimi due Tributi devono confrontarsi. Devono lottare fino alla morte. E' compito nostro fermarvi. Sarete giustiziati, ma perdonati dal Sommo Sindaco. Avete il mondo contro, Stranieri. Arrendetevi subito o morirete. Tutti». L'interfono rimbomba ancora per una decina di secondi, dopodiché il silenzio riprende nuovamente la preminenza.
Ophelia ascolta con attenzione, così, come gli altri tre rimasti. Lilian e Thomas adocchiano Ambrosia; vorrebbero dirle di decidere. Il ragazzo strapperebbe il collo a morsi a quella lurida bionda, Ambrosia lo sa bene. Le iridi dorate si rivolgono al cielo, le labbra s'increspano in un sorriso e il braccio sinistro, quello sano, si eleva verso l'alto. Mostra il dito medio.
«Prego». Solo questa sembra essere la sua dimostrazione di acconsentimento verso la Capitale.
Ophelia scatta in avanti verso Ambrosia, ma non è il suo vero obiettivo. In realtà lei vuole Lilian, lo sanno tutti. La rossa resta a guardare la lotta e la resistenza della mora, prima di venire strattonata da Thomas.
«Lilian muoviti, dobbiamo andarcene prima che gli Strateghi ci uccidano!»
«Cosa? No! Io non posso andarmene Thomas. Cosa diamine avete fatto? Come? E' compito mio quello di uccidere o essere uccisa. Non farmi scegliere, Thomas. Devo restare. Tu e Ambrosia dovete andarvene via subito. Questo ha portato la vostra morte certa.Thomas!»
Gli occhi le bruciano come non mai. Si arrossano non appena Thomas la sfiora con la mano destra, stringendo la tuta semi distrutta di Lilian. Si chiede un miliardo di cose. Troppe domande, troppa confusione le pervadono da dentro. Se prima aveva avuto un barlume di stupore, speranza e gioia nel vederli, ora tutto è diverso. Tutto, in un frangente di minuti, è cambiato. Thomas ed Ambrosia non dovrebbero essere qui. E' sbagliato. Tutto questo è sbagliato.
«Non ti sto chiedendo di scegliere Lilian. Ti sto obbligando a salvarti la vita. Devi muoverti. Devi venire via con me, dannazione».
Ambrosia viene colpita al petto.
«Perché? Voi non dovevate essere qui. Non siete stati scelti! Dovete andarvene subito, Thomas. Perché?»
Ophelia viene atterrata.
«Non discutere, diamine. Non essere testarda come tuo solito. Non lo capisci che abbiamo fatto tutto questo per te? Non lo capisci che sono venuto qui per te? Non lo capisci che sei l'unica speranza che ho in questa fottuta vita e che se tu muori, io muoio con te». Per un impercettibile istante i loro sguardi rimangono sospesi tra la comprensione e l'incertezza. Per un istante Thomas e Lilian restano fuori da tutto quel mondo.
Mentre Ambrosia viene atterrata ed Ophelia ferita, il ragazzo non ha altri indugi: solleva di peso Lilian e incomincia ad allontanarsi dalla scena. Non si guarda indietro. Non osserva le due ragazze dimenarsi. Non cerca di aiutare Ambrosia. Non lascia andare Lilian e, per non lasciarla andare, non si guarda indietro. Non si ferma per Ambrosia né per Ophelia. Vorrebbe distruggerla. Vorrebbe ucciderla con le sue mani, ma Ambrosia era stata chiara fin dall'inizio. Il suo desiderio era più vivido del suo.
 

 

- martedì, ore 12.15. Botola, Arena.

«Siamo stati chiari? Tu la prendi e scappi. Io distruggo la bionda. Ormai ci sto prendendo gusto con queste», Ambrosia indicò le due lame seghettate. Erano appena sotto la botola, in meno di dieci secondi avrebbero raggiunto l'Arena a forma di labirinto. Non ce l'avevano semplicemente fatta, avevano ingannato Capitol City. Avevano distrutto le loro difese. E si stavano chiedendo come mai due soli ragazzini, erano riusciti così facilmente nel loro intento.
«Non posso lasciarti combattere da sola. Quella ha vissuto settimane tra la paura di essere uccisa e il sapore del sangue ad alimentarle la voglia di uccidere. Ti rendi conto che è mossa da più motivazioni? Ti rendi conto che mi stai chiedendo di lasciarti morire?»
«Quanta poca fiducia che hai in me, Watson. Ricordati che non sai un bel niente delle mie motivazioni. E come atterro te, atterrerò lei».
«Ma è diverso! In palestra facevamo finta, Adams. Qui è reale, non te ne rendi conto».
«Aspetta», lo interruppe Ambrosia. «Chi ha mai detto che in palestra io facevo finta?»
Thomas ed Ambrosia si guardarono per un istante. Le loro labbra non dissero più nulla. Gli occhi di Thomas parlarono per lui, come le lame riposte nella cintura dei pantaloni, parlarono per lei. Si erano dati l'okay e avevano riposto totale fiducia l'uno verso l'altra. Ambrosia non stava più solo entrando nell'Arena andando contro Capitol City – la sua venerata Capitol City – ma questa cosa l'aveva travolta. Era diventata più grande di lei e non era più riuscita a controllarla. Per la prima volta, Ambrosia sapeva quello che voleva davvero. E non era allenare il suo corpo o imparare nuove tattiche di combattimento. Non era nemmeno più convinta di voler essere un Favorito. Si era ritrovata i Pacificatori contro, Bones – come la sua famiglia - sicuramente era già a conoscenza di tutto quanto. Non aveva più niente se non se stessa e le sue abilità. Non aveva più niente se non continuare a combattere contro Capitol City. E non si sarebbe arresa. L'avrebbe distrutta, così come avrebbe distrutto la bionda platino. Se era sicura di una cosa era quella di essere nata per uccidere. Quando si nasce, il destino ti si appiccica alla pelle e non se ne va più via. Il suo destino era quello. Il suo destino l'aveva scelta come assassina e non c'era niente per far cambiare le cose. Lei uccideva esclusivamente per il suo fine. Qualunque esso fosse era quella, la vera essenza di Ambrosia Julia Adams. Anche se doveva aiutare due esseri umani. Anche se doveva salvare una ragazzina per un ragazzo di cui nemmeno le importava. Era semplicemente così che dovevano andare le cose. Era già stato scritto e avrebbe messo il punto all'ultima frase di questo dannatissimo capitolo della sua vita. Era pronta a combattere e morire, proprio come Thomas era sempre stato pronto a combattere per la sua Lilian. Ambrosia avrebbe combattuto per se stessa. E avrebbe vinto.

 

- presente: martedì, ore 01.27 pm.

Lilian non sta capendo assolutamente nulla. Thomas l'ha sollevata senza rendersi conto della ferita che riporta al basso ventre. Se sta ferma e non si dimena, allora è possibile che i punti non si aprano. Ma ovviamente Lilian non è la classica donnicciola che si lascia trasportare così. Non le va bene tutto questo. Solleva la gamba destra e cerca di conficcarla sullo sterno di Thomas, ma lui la blocca con il braccio sinistro come nulla fosse. E' diventato più forte. Lo sente. Anche lei sarebbe diventata più forte, se non fosse stata ferita. Axel aveva avuto la gentilezza di prendersi cura di lei. Ed ora che la sua morte era stata incoronata dalle cannonate, quella ferita sarebbe morta con lei ricordando il giovane compagno deceduto per salvarla.
Non le piace che tutti cercano di salvarla. Non è uno di quei personaggi delle fiabe che portano con sé un fardello che solo grazie alle loro mani, potranno sviluppare e mostrare al mondo. Non è una di quelle principesse descritte nei libri, le quali devono essere salvate perché altamente preziose. Lei non è quel genere di persona. Lei è solo uno dei tanti Tributi che sono stati scelti per l'Edizione di quest'anno. Non è niente di speciale. Né più né meno.
«Thomas, ti prego, mettimi giù».
Lei non è nemmeno quel genere di persona che ti supplica, ma il fatto è che se non le prova tutte, non riuscirà a salvarli. Sempre che Ambrosia sia ancora viva.
«Thomas, dico sul serio: mettimi giù! Ho male, mettimi giù!»
Ma il ragazzo non è stupido. Non cade nella sua trappola. Non la lascia scegliere. Continua a portarla via. Continua a camminare a passo svelto, cercando di sviare le trappole e le buche che Capitol City sta posizionando appositamente per loro.
«Sei cambiato».
E Thomas si ferma. Lilian quasi non ci sperava più. Resta fermo per qualche secondo, ascoltando il proprio respiro, prima di far scendere la ragazza dalle proprie spalle. Cerca di non farle male e Lilian fa lo stesso, digrignando i denti quando poggia i piedi sulle foglie secche, a contatto con il terreno. Sente il basso ventre lamentarsi e lo trattiene con entrambe le mani.
«Stai bene?» chiede Thomas.
Lilian solleva lo sguardo, incontrando quello glaciale di Thomas.
«L'unica cosa che volevo davvero era quella di saperti al sicuro e via da qui, Watson. Nemmeno l'unica cosa che volevo davvero con tutto il cuore sei riuscito a realizzare». Lilian parla fermamente, continuando a tenersi la ferita che probabilmente si è riaperta. Sbatte le palpebre, trattenendo le lacrime. E' vulnerabile, sente il sangue ribollire da dentro e i brividi invadere la pelle.
«E mi odi per questo?» la domanda di Thomas le giunge come una provocazione. Lui le si avvicina, lieve, prima che lei gli molli un ceffone in pieno volto. Lo sguardo di lei brucia di disperazione e d'incertezza. Le lacrime invadono le gote rosse in modo silenzioso, prima di corrucciare la fronte e increspare le labbra.
«Come puoi dire questo? Come puoi anche solo minimamente pensare che io ti odi, Thomas?»
Le iridi chiare di Lilian sono due fari nell'oscurità. Deglutisce e si asciuga le lacrime con la manica strappata della tuta. Le labbra tremano e il proprio corpo sta per cedere. Le gira la testa, ma non vuole arrendersi per uno smidollato che sta rischiando tutto per niente.
Thomas scosta il volto nuovamente verso di lei, senza massaggiarsi la guancia pulsante di dolore. Probabilmente Lilian ha canalizzato le sue ultime forze ed energie in quel misero colpo; colpo che però gli ha lasciato il segno. Sta per dire qualcosa, quando poco più in là un rimbombo fa scuotere i cespugli e gli alberi e loro. Entrambi cadono, si graffiano e cercano di capire da dove provenga il terremoto. Il terreno scricchiola sotto di loro e il mondo sembra cadergli addosso. Thomas alza la testa sopra di sé, riuscendo solo a captare qualche uccello – probabilmente ibrido – che migra verso ovest. Cerca di urlare, ma quello che sente è solo il tuono imperterrito della fine del mondo. Cerca Lilian con gli occhi e una volta che incontrano i suoi, Thomas le afferra saldamente un braccio e cerca di trovare l'equilibrio per alzarsi e farla alzare assieme a lui. Dopodiché, incominciano a correre, perché è l'unica cosa che riescono a pensare di fare. Insieme. Mano nella mano. Sapendo che non vi sarà mai una vera via di fuga.

 

 

******


 

Ophelia sferra un colpo in direzione di Ambrosia, cercando di non pensare né al fianco martoriato, né alla tempia pulsante di dolore. E Ambrosia schiva l'intento di ucciderla ancora una volta, cadendo su di lei e arrabbiandosi come non mai. Gli occhi sono iniettati di sangue, come le proprie vesti scure sono imbrattate di liquido viscoso. Suo o di Ophelia non ha importanza, non saprebbe nemmeno distinguerlo più. Gli Strateghi hanno smesso di parlare e hanno incominciato a incanalare le loro giustizie nell'Arena. E' per questo che percepisce rumori insoliti, spostamenti del terreno e talvolta pioggia acida che cade dal cielo. La faccia le brucia, ma l'adrenalina è sempre più forte. La fa scalciare come un animale impazzito, pronto al macello. Perché lei ha scelto il macello, proprio come Watson. Le viene piantata la lama del coltello nella coscia, in profondità e sente un dolore allucinante. Cerca lo sguardo di Ophelia e lo trova, non ancora sazia dello spettacolo che sta vivendo. E pensare che non doveva nemmeno essere lei, la carne del macello. E pensare che non doveva trovarsi qui, sbagliando. Eppure non potrebbe trovarsi da nessun'altra parte. Respinge il corpo forte e stanco di Ophelia, liberandosi la coscia di quel corpo estraneo, lasciandolo luccicare del suo sangue vivo e cremisi alla luce del primo pomeriggio.
«Credi di riuscire ad uccidermi con un simile coltellino, bionda?» Ambrosia glielo mostra, dondolandolo davanti ai suoi occhi. «Dovrai impegnarti di più se vuoi raggiungere la rossa».
«Perché la stai difendendo? E' la tua migliore amica per caso? Tua sorella? Chi diamine è quella insulsa ragazzina che tutti cercate di salvare? E' solo un Tributo come un altro. Dovresti capirlo. Da come combatti non sembri essere una persona normale. Tu... tu sei un favorito». Ophelia rimane scossa dalla propria rivelazione. Sgrana gli occhi chiari e inarca entrambe le sopracciglia. Osserva Ambrosia con pena e disgusto, senza lasciare la propria postazione da combattimento.
«Oh, sì. Io sono un favorito. Ma per chi vorrò lavorare sarà solo una mia scelta. Chi favorirò lo scelgo ancora io. Hai mai sentito parlare di libero arbitrio?» chiede Ambrosia sussurrando saccente. E il silenzio della bionda le dà solo una conferma in più. «Come immaginavo. Beh, esiste e voglio essere io a scegliere per chi vivere».
Ambrosia percorre i pochi metri che la dividono da Ophelia correndo, saltando e puntando il pugnale all'altezza del suo cuore. Ma Ophelia è forte, forse più forte di quanto potesse aspettarsi. Due favoriti che combattono per la loro convinzione di essere migliori. Due favoriti che sanno quello che vogliono. Il piccolo particolare è che Ambrosia è mossa dalla propria coscienza ora, e questa, quando si presenta in modo inaspettato, può essere più pericolosa che l'incoscienza di una malattia psicologica congenita.
«Sei solo spinta dal bene e dal fare del buono. Ti hanno arrovellato il cervello quei due. Ritorna a credere quello a cui credevi prima. Chi combatte così non è stato mosso a combattere per la giustizia. Tu combatti per qualcos'altro, dillo!»
Ophelia scansa i colpi di Ambrosia e parla. Le parole rimbombano sopra i rumori che l'Arena riproduce. Ambrosia si chiede se quello che dice sia vero. Ma non accenna a rallentare la brutalità dei colpi che vanno a vuoto o la corsa che cerca di fare per raggiungere il Tributo troppo veloce. Cosa la spinge, davvero, a cadere e rialzarsi? Digrigna i denti, sputando sangue e lasciando che le ferite continuino a sanguinare. Piegarsi sulla coscia ferita significherebbe dare modo ad Ophelia di colpirla, di strapparle il cuore dal petto e di ammazzarla come vuole. Non può permettersi di lasciarsi finire così. Lei è la migliore, è spinta dalla rabbia e dalla volontà di essere un'assassina. Non sta combattendo per Thomas, per Lilian. Lo sta facendo esclusivamente per lei e per il suo libero arbitrio. Lei ha scelto di essere quello che è. Ha scelto di aiutare due ragazzi che non avranno un lieto fine. Ha scelto di dare la possibilità a Watson di non avere rimpianti o rimorsi. Ha scelto lui, perché è sempre stato qualcuno di così simile e dissimile allo stesso tempo. Non l'ha scelto per amore, per amicizia o per vendetta. L'ha scelto perché è come lei. L'ha scelto perché è migliore di lei. Ed essere come e diverso da lei è un vantaggio o il peggior svantaggio che possa capitare a qualcuno.
«Hai ragione», Ambrosia si ferma a riprendere fiato. Il silenzio non è più protagonista di quello scontro. «Non sono buona e mai vorrei esserlo. Combatto perché ho scelto di farlo. Combatto perché è l'unica cosa che mi rimane di scegliere, prima di portarti della tomba assieme a me».
E poi il vero inferno cala sulle tenebre dagli occhi dorati. Il miele scompare e il cremisi del sangue è l'unico colore che i suoi occhi vedono nascere e morire allo stesso tempo.

 

 

******


 

Gli scontri che Thomas e Lilian hanno dovuto e dovranno affrontare sono e saranno sempre più grandi di loro. Dopo essere scappati per chissà dove, si sono imbattuti in ibridi, in palle di fuoco, zombie dall'aria malvagia, fulmini e tempeste di ghiaccio. Sono passate ore e non è si mai sentito un cannone sparare il colpo che segnasse la morte di Ophelia. Quindi è questione di minuti prima che si venga a sapere se stanno ancora combattendo o Ambrosia ha fatto la fine degli altri Tributi, pur non essendo uno di loro. E' inutile che proseguano o si nascondano, in realtà Thomas voleva raggiungere la botola dalla quale erano arrivati lui e Ambrosia, ma Lilian ha smontato le sue speranze dicendogli che una volta arrivati qui, è impossibile andarsene senza l'aiuto degli Strateghi. Ed è così che Thomas capisce di essere stato uno stupido, incosciente e poco più di un ragazzino spinto dai propri desideri egoisti. Ora si ritrova una Lilian più che ferita accanto a sé e una gamba martoriata e sanguinante. Si sente debole e privo di forze, il solo sentimento non lo avrebbe reso più forte ed invincibile, avrebbe dovuto pensarci prima.
«Thomas». Lilian lo richiama a sé con inquietudine. Thomas si trascina, letteralmente, accanto a lei, ancora più vicino di quanto già non fosse prima. Sono entrambi sporchi di fango e sangue, di sudore e di lacrime prosciugate dalla consapevolezza. Sono rimasti soli in mezzo alla foresta e non sanno ancora perché Capitol City li stia guardando e li stia tenendo in vita. Basta qualcuno che prema uno stupido pulsante e i loro corpi verrebbero bruciati all'istante, vivi. Basta qualcuno che faccia comparire esseri spregevoli e senza umanità e lasciare che essi si nutriscano dei loro cadaveri. Basta qualcuno che faccia qualcosa e loro potrebbero spegnersi da un momento all'altro, senza potersi dire davvero quello che vogliono.
Thomas s'immerge profondamente in quello sguardo chiaro e timoroso. Lilian fa altrettanto, provando a sollevare il braccio rotto verso il volto sfregiato di Thomas. Ma non ci riesce. Le ossa sono maciullate all'interno della pelle. Le si dipinge sul volto l'espressione di dolore che l'ha accompagnata in queste lunghe e desolate ore. Thomas la trattiene, poggiando la mano destra sul braccio rotto di Lilian. Il freddo li sta congelando lentamente e il loro respiro è sempre più evidente e accelerato.
«Sono qui», non riesce a dire nient'altro. Thomas la vede illuminarsi quando un raggio fulgente di un pallido sole – o di un'altra stella – cala su di loro, basso e prossimo allo spegnersi. E' il tramonto. Un ultimo tramonto da passare insieme.
«Come sta Allie?» domanda lei.
«Bene, bei capelli sta bene». Thomas le lascia ancora il tempo di respirare, notando che la ferita al basso ventre continua a sanguinare, logorandola da dentro. E' il dolore a muovere quelle parole, lui lo sa, lo percepisce. E non vorrebbe farle provare questo. Non riesce a guardarla negli occhi, senza lasciarsi sfuggire la verità. E non vuole crederci. Le posa il palmo della mano sulla guancia, accarezzandola come aveva immaginato di fare, tastandola come aveva sempre sognato di fare. Riesce a percepisce la sua pelle candida e morbida sotto quel grumo di sangue e melma, pulendo quella carne rosa che avrebbe voluto mordicchiare e baciare fino a non avere più saliva. Passa il pollice sul labbro inferiore di lei, cercando le parole giuste o di fare quello che entrambi si aspettano. Lilian lo guarda, trattenendo il fiato e sollevando il braccio sano per trarlo a sé.
«Dannazione Watson, baciami».
E le labbra s'incontrano. Prima impacciatamente, scostandosi subito dopo. Ma le pupille guizzano vogliose e voluttuose, lasciando che le teste si tocchino e che i capelli si aggroviglino insieme. Le lingue intrecciate e le dita sfiorate, fino a sentire il gusto recondito di una passione cercata e sognata. I dolori degli arti feriti, gli ultimi respiri inalati e il pallore dei visi sono altra storia. In quel bacio ci sono tutte le speranze e le cose che non si sono mai detti. In quel bacio vi sono solo Lilian e Thomas. In quel bacio c'è l'intera vita che avrebbero voluto passare assieme, le mille passeggiate al tramonto e i mille fiori raccolti per lei. In quel bacio vi sono i volti di due ragazzini perduti e ritrovati, la loro ribellione e l'ingiustizia di chi ha fatto loro questo. In quel bacio vi è il grazie che un giorno Thomas darà ad Ambrosia e un sinonimo di preghiera che Lilian dirà a voce alta ad Axel. Il quel bacio c'è il mondo e il niente, imbrattandosi di quell'odore e di quel sapore che non dimenticheranno tanto facilmente. Nemmeno se dovessero impazzire, morire o rinunciare ad entrambi. In quel bacio vi sono solo Lilian e Thomas.
«Lo volevo fare da sempre», sussurra Thomas. «Da tutta la vita».
Lilian lo sfiora con la punta del naso, socchiudendo le palpebre.
«E' sempre appartenuto a te, Thomas. Tutto, di me, ha sempre avuto un senso con te».
Le iridi cristalline di entrambi sono umide, lo sentono e lo vedono, anche se il sole è già calato. Anche se sono rimasti seduti e sdraiati, aspettando chissà cosa, per ore. 
«La nostra storia non ha mai avuto un granché successo. Allie mi ucciderà quando lo saprà».
«Lo sa già. Bei capelli lo sa già». Thomas continua a sfiorarle la punta del naso con la sua. Deglutisce più volte e continua a sfiorarle le labbra con la punta della lingua. Continuano a baciarsi e a volersi per ore, senza che questo compimento giunga al termine. Sono coscienti che il loro tempo stia per finire e proprio per questo non accennano a staccarsi da quella posizione. Anche se è scomoda e scorretta per il loro sangue che defluisce in maniera sbagliata. Anche se fa male a Lilian e dà fastidio a Thomas. Ad ogni modo sono entrambi consapevoli di non poter più scappare e di aver avuto quel momento, il momento, che avrebbero dovuto farsi bastare. Ma quel momento non basterà mai e loro lo sanno.
«Mi dispiace Thomas. Mi dispiace di aver baciato Axel, di averti ingannato. Pensavo che se fossi riuscito ad odiarmi, mi avresti dimenticato più in fretta. Pensavo che baciando Axel, sarei stata capace di lasciarti andare con più facilità».
«Ma ti sbagliavi», la interrompe Thomas.
«Ma mi sbagliavo».
Il pallore di Lilian scende inesorabile sui suoi occhi, lasciando che Thomas prenda le redini e si metta contro il tronco di un albero, accarezzandole i capelli e la nuca sulle sue ginocchia. Non gli interessa di provar dolore per la gamba agonizzante. Probabilmente gliela taglieranno, ma non gli importa. Thomas rimane così, a fissare il volto stanco e afflitto della sua Lilian, liberando le lacrime dal muro di ghiaccio e pulendosi da tutta la tristezza che ha sempre portato sulle spalle.
Rimangono così per ore, fino ad addormentarsi, fino a non sapere più chi e cosa sono. Fino a rimanere in pace, isolati dal mondo circostante e continuamente osservati, ma in pace. Loro due. Insieme.

 

 

*******


 

Quando Thomas apre gli occhi, il corpo di Lilian è ancora lì dove l'aveva lasciato prima. Il suo respiro è debole, ma si accerta che sia ancora viva. E' notte fonda e non ha la minima idea di quanto possa essere passato. Forse ore, forse notti intere. Ma le ferite che riportano non hanno il bell'aspetto di durare per giorni. Ma sono ancora vivi e non si spiega il perché. Desta Lilian dal suo dormiveglia, le sfiora la fronte constatando che scotta. Le sussurra di non preoccuparsi e la mette a sedere, accanto a sé. Cerca di alzarsi, perché vuole andare a cercare dell'acqua, senza pensare che probabilmente gli Strateghi abbiano prosciugato il terreno con le loro stregonerie. Senza riflettere un momento. Spinto solo dal desiderio di fare qualcosa per la sua Lilian, per salvarla da quella situazione. Ma Lilian lo trattiene a sé, respirando a fatica e strappandogli la leggera tuta in lino che Thomas ha sgraffignato prima di venire lì da lei. Lilian lo guarda, pallida in volto e consapevole di quello che succederà.
«Resta», gli sussurra. «Resta con me, Thomas». Probabilmente è l'unico desiderio che Thomas potrebbe rispettare e potrebbe esaudire. Forse è l'unico atto di gentilezza che riuscirebbe a renderla felice, a renderla serena, in una qualche forma di idealismo. Si mette a sedere, ancora una volta, accanto a lei. Rimangono in silenzio a contemplarsi nel buio, fino a portare lo sguardo ad abituarsi all'oscurità. Si vive insieme, si muore soli. Ma per lui era successo il contrario: aveva vissuto quella vita da mero idiota, isolato dal mondo e solo con la condizione di mostrarsi a suo nonno come un perfetto Watson. Aveva vissuto da solo, ma da solo non se ne sarebbe andato. Probabilmente quello era il suo destino. Si era imbattuto in quello di Lilian ed ora si ritrovano insieme, a morire e a vivere quella vita che non avrebbero vissuto mai. Ed è felice. E' davvero felice di essere insieme a lei, un'unica e perfetta volta. E' consapevole che sarebbero morti entrambi, ma l'egoismo gli suggerisce che almeno non avrebbe lasciato questo mondo da solo. Il suo egoismo lo ha trasformato in un fottuto codardo, ma ora è troppo tardi per tornare indietro. Ha incrociato la vita di Lilian e per una disgrazia era con lei che avrebbe concluso la propria. Cosa c'è di così sbagliato e di così egoista, infondo? Tutti vorrebbero morire abbracciati alla persona che si ama. Tutti vorrebbero spegnersi con la consapevolezza – o illusione - di non essere soli.
«Watson!»
Ad urlare il suo cognome non è stata Lilian. E' una voce lontana, troppo lontana per riflettere e capire a chi appartiene.
«Watson!»
E continua a farsi sentire, senza incertezza, ma con convinzione. Quella voce trema di paura, ma non accenna a fermarsi.
«Watson, diamine, dove cazzo sei?»
La riconosce. Appartiene alla Adams, ma non riesce a figurarla. Il buio oscura persino le proprie mani. E' troppo lontana, troppo invisibile, troppo viva per volerla ascoltare davvero.
«E' la Adams, Thomas», sussurra Lilian. «E' viva. Forse ha ucciso Ophelia». Il volto di Thomas si accende in un istante. Se così fosse, la loro speranza potrebbe tramutarsi vera o perlomeno reale. Non sarebbe solo più un sogno distante anni luce, ma potrebbe prendere vita e forma come nei suoi pensieri.
Si scosta dalla sua posizione, apre le palpebre e cerca di focalizzare la figura di Ambrosia. Non notandola, urla la sua posizione, senza pensare di essere scoperto. Vuole solo capire dove diamine si è andata a cacciare e perché non la vede.
Mette a fuoco davanti a sé, intravedendo la figura di una donna che avanza con indugio ed incertezza. Barcolla su se stessa e quasi cade, se non fosse per l'equilibrio che sembra riprendere non appena si rende conto di star per crollare. Ma quella figura non rappresenta minimamente Ambrosia. E' bionda, alta e insanguinata dalla testa ai piedi. Tiene in mano un'accetta imbrattata di sangue, e l'altro braccio sembra essere morbido sul suo fianco. Anzi, no. L'altro braccio sembra essere stato tranciato a metà. Ora lo riesce a vedere bene. Ophelia è davanti a loro, debole e zuppa di sangue suo e non suo. Ophelia è un pezzo di carne macinata che cammina come uno zombie, vivo e insano, governato solo dalla voglia di farla finita una volta per tutte.
«Lilian». Thomas richiama la compagna senza guardarla negli occhi, ma per avvisarla. «Chiudi gli occhi, Lilian», le sussurra. Dopodiché cerca di mettersi in piedi, strusciandosi contro il tronco dell'albero. Ma senza riuscirci. Quella gamba è troppo mal ridotta. Un solo breve sforzo gli costa un lancinante dolore e non ha nessun'arma a sua disposizione. Nè per difendersi, né per difendere Lilian.
«Non voglio chiudere gli occhi, Thomas». Lilian è sveglia, sebbene quel volto lambito da stanchezza e pallore sia continuamente presente. Gli tasta il braccio sinistro, cercando di trascinarsi verso di lui.
«Watson!»
Quella voce. Quella voce non appartiene ad Ophelia. E non è lei che lo richiamava poco prima. Appartiene ad Ambrosia, lui lo sa. Ma non riesce a vederla. Non riesce a raffigurarla.
«Watson! Va' via di lì, dannazione. Sta arrivando!»
La intravede correre, anzi no, zoppicare in direzione del passo lento di Ophelia. Lei non si discosta, è come se non la sentisse. Il suo unico obiettivo, lui lo sa, è Lilian. E' sempre stata Lilian. Deve vincere e per farlo deve ucciderla e meritarsi regolarmente la vittoria di Tributo Favorito.
L'unico movimento che vede è quell'accetta che tiene tra le mani prendere il volo verso di loro. Thomas sgrana gli occhi, conta i secondi, forse vede l'immagine sfocata della morte, ma sa benissimo che non ci si vede attraversare l'intera vita davanti. Quelle sono scene da film e lui non sta vivendo un film. Thomas in quel frangente di secondo percepisce ogni dettaglio che quell'accetta possiede, dritta verso la propria nuca. Prima bisogna uccidere gli inetti e solo dopo si sarebbe preoccupata di far saltare le cervella alla rossa.
Thomas osserva le macchie di sangue che già imbrattano la lama lucente e il manico, quel manico in legno tastato più volte e seghettato ancora di più. Ophelia lo vuole colpire per primo, ma non sa perché. O forse lo sa meglio di chiunque altro. Alla bionda non interessa torturare l'amata davanti agli occhi di lui, non le importa un bel niente di tutti quei giochetti. Lei vuole solo vincere, come ogni favorito che si rispetti. Come ogni favorito che Capitol City ha creato, fino ad oggi.
Ma quell'accetta non va ad incastrarsi nel petto giusto. Lilian scherma Thomas con il proprio corpo, con la propria schiena, in un'ultima vera azione che compie. Si è sollevata di scatto e lui non se n'è nemmeno accorto. Non si accorto che Lilian si era agganciata al suo braccio e si era sollevata urlando di dolore, perché troppo occupato a rimanere immobile, immobile a lasciarsi morire. E Lilian rimane folgorata da quella lama già insanguinata, che gli si piazza tra le scapole. Lo sguardo di Lilian rimane sbarrato, un rivolo di sangue le esce dalla bocca e si accascia inesorabile su di Thomas.
«No! Lilian! No, no no! Lilian dannazione. Apri gli occhi».
Ambrosia si scaraventa su Ophelia e le taglia la testa come un macellaio farebbe ad un maiale.
«Lilian, no. Lilian guardami, ti prego, guardami».
Ambrosia la uccide troppo tardi, perché la bionda ha già scagliato l'ultima arma in suo possesso verso la coppia metri più in là. Ambrosia schiaccia quel corpo con vigore e con rabbia, senza mostrarsi compassionevole.
«Lilian, ti prego. Guardami. Ehi... Hai vinto. Hai vinto i settantaduesimi Hunger Games, Lilian. Lilian resta con me», Thomas la richiama così, mentre il petto di lei si alza e si riabbassa per poche volte. Le iridi cristalline si accendono, il rivolo di sangue che le esce dalla bocca le macchia quel collo già sporco.
«Appartiene a te, Watson», gli risponde lei. «Io appartengo a te, Thomas». Le labbra le tremano. Le labbra sussurrano solo un'altra parola: «Sempre». Poi si spegne e quelle iridi accese rimangono a fissare il vuoto per un istante, per giorni, per anni. Quelle iridi vengono spente come un sipario che viene calato su un bellissimo spettacolo. Così le lacrime di Thomas le tempestano il volto, come fiori profumati e colorati a ringraziare la compagnia di quell'esibizione per avergli donato una bellissima visione. Una bellissima emozione. Il rintocco della mezzanotte segna il suono della fine delle due ultime sopravvissute. Il rintocco di mezzanotte segna la buonanotte eterna per il suo unico e vero amore. L'ultimo rintocco di mezzanotte segna la ghiacciante guerra di Capitol City, perché è sempre stato qualcosa più grande di lui, di loro. E' sempre stata una guerra iniziata anni fa e, per Lilian, sarebbe finita presto.

   
 
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