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Autore: kiara_star    25/10/2012    2 recensioni
"La luce che brillava adesso nei suoi occhi era la prima volta che gliela vedeva. Era la prima volta che il suo sorriso faceva male. Era la prima volta che lo sentiva scivolare via [...] Ora che era di fronte a lui, che poteva sentire il suo profumo sotto le narici, che se avesse allungato appena le dita sarebbe riuscito a sfiorare le sue, in quel momento lo sentiva più distante che mai"
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"Perché Tom sapeva leggere dentro di lui meglio di quanto Chris stesso potesse fare"
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Hemsworth, Tom Hiddleston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Can't Make You Love Me
Colpa del tweet di Tom e della sua mania di consigliare canzoni che poi si rivelano essere pericolosamente angst e depressive.
Ad ogni modo, stanotte ho scritto questa fic che prende il titolo dalla suddetta canzone [by Bon Iver].
Per amore della verità, ci tengo a precisare che a metà della scrittura, sono stata supportata anche da "Resta ancora un po’" di Antonino, per cui i crediti vanno divisi a metà fra le due.
Non è che abbia molto significato come storia: è uno spaccato di vita dei nostri due attori a seguito di rivelazioni e prese di coscienza moralmente opinabili. Ambientata in questi giorni o in un futuro non troppo lontano. A voi la scelta.
Per reclami e consigli si prega di compilare il modulo alla fine della pagina e di cliccare poi su “Invia la recensione”.
Grazie e buona lettura ^^
kiss kiss Chiara

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I Can't Make You Love Me







Chris sentì il calore arrivargli alle orecchie e l’imbarazzo crescergli forte nel petto
«Io credevo che tu... » sospirò passandosi una mano dietro la nuca. Dannazione, cos’era quella sensazione?!
Tom esitò qualche attimo prima di scoppiare in un’allegra risata
«Gay? Credevi che fossi gay?» Chris si chiese se pregando intensamente Dio, questi avrebbe fatto aprire una voragine sotto i suoi piedi così da poter sprofondare insieme alla vergogna che stava provando in quel momento.
«Beh sì. Cioè... Era solo una sensazione» biascicò avventandosi sulla birra poggiata sul tavolo. Sentì il liquido ambrato scendere freddo nella gola e di riflesso il viso farsi più caldo. Ma quanto era stato stupido?
«Non preoccuparti comunque. Non sei il primo che lo pensa.» Tom sembrava sereno. Beveva il suo caffè elegantemente. Come sempre. E Chris si sentì oltre che stupido, immensamente patetico.
Abbassò lo sguardo sul vetro che stringeva fra le dita.
La sua ragazza. Tom, quella sera, gli avrebbe presentato la sua ragazza, anzi la sua fidanzata. Conosciuta ad una prima qualche mese addietro ed entrata subito nel suo cuore. Era per questo che gli aveva dato appuntamento. Era per questo che adesso era seduto con lui al tavolino all’estero di un Caffè inglese. Era lì per raccontargli della sua splendida, e perfetta fidanzata.
«Sono certo che ti piacerà.» Annuì a quella parole costringendosi a sorridere. Perché in realtà, non sentiva per niente la voglia di farlo. Ma perché poi? Perché non era felice per lui? Cosa gli impediva di condividere quella felicità, quel suo nuovo amore? Perché dentro di sé, quella rivelazione gli aveva causato tanta sorpresa? Non riusciva a darsi risposta. In realtà non la voleva cercare, perché aveva timore di quale sarebbe stata.
«Chris,» alzò lo sguardo sui suoi occhi dal colore indefinito. Sul suo sorriso gentile «Se stai ancora pensando alla faccenda del gay, ti ho detto di stare tranquillo. Ok? Non ti devi preoccupare.» Rispose a quel sorriso con il proprio, ma i suoi occhi non sorridevano e sperò che Tom non se ne accorgesse. Perché Tom sapeva leggere dentro di lui meglio di quanto Chris stesso potesse fare.
«Parlami di lei.» Ma quella domanda indiretta gli fece incrinare lo stomaco. Non aveva alcuna voglia di sapere di lei, né di come lo aveva conquistato. Né tanto meno voleva sentirgli dire quanto l’amasse e quanto si sentisse fortunato ad averla incontrata.
«Credo sia quella giusta.» Ma ciò che si desidera spesse volte viene totalmente ignorato dalla realtà.
«Allora auguri.» Tom rise alzando a mezz’aria la sua tazza bianca e facendola cozzare contro la birra mezza vuota di Chris. L’australiano buttò giù in un solo sorso tutto l’alcol stringendo gli occhi. Avvertendo una strana malinconia annegargli il cuore che aveva già le risposte che cercava. Di cui aveva paura, ma che gli stavano rimbombando nella testa forti come una martellata. Ed ognuna di esse corrispondeva ad una sola, piccola, effimera parola: gelosia.
Una gelosia che non avrebbe dovuto provare. Perché non gli era concesso. Non era nella posizione di provarla. Perché la gelosia che sentiva riversarsi acida nel suo sangue, non era quella nei confronti di un amico, ma quella nei confronti di qualcuno che ti appartiene in maniera più intima. Forse la stessa gelosia che avrebbe potuto provare verso Elsa. Sua moglie. L’unica persona che avrebbe dovuto meritarla.

Per l’appunto. Lui aveva Elsa, una splendida donna che amava. Dio, se l’amava! Era la creatura più bella e dolce che esistesse. Ma quella consapevolezza era incapace di alleggerire l’ammasso fastidioso che gli si era poggiato nello stomaco.
«È proprio vero. Ciò che non accade in una vita, accade in un solo giorno!» La voce di Tom era vitale come non l’aveva mai udita. Piena di fiducia, di forza. Piena di fastidioso e doloroso amore.
«Già» riuscì a malapena a sospirare.
Avevano sempre avuto uno splendido rapporto lui e Tom. Uno di quelli che la gente invidia. Si erano conosciuti e subito piaciuti. C’era intesa ed alchimia. Fratelli, sarebbe stato il termine più giusto. Era il termine che Chris aveva sempre usato per definire ciò che significata l’inglese per lui. Ma quel termine, adesso, andava stretto. Mentre ascoltava le sue parole su come lei lo avesse conquistato con la sua simpatia, Chris riusciva solo a rivivere nella mente quei lunghi anni di amicizia. Quegli anni in cui Tom c’era sempre stato per lui, e fu proprio in quel mentre, che si sentì decisamente un vigliacco. Uno stupido e infame vigliacco, perché non voleva che le preoccupazioni di Tom, i suoi consigli, il suo amore, girasse attorno a qualcun altro. Qualcuno che non fosse lui. Sì, l’aveva creduto, l’aveva fottutamente creduto che Tom sarebbe stato sempre solo e soltanto suo. Suo fratello, suo amico, suo complice, suo confidente. Suo e basta.
La luce che brillava adesso nei suoi occhi era la prima volta che gliela vedeva. Era la prima volta che il suo sorriso faceva male. Era la prima volta che lo sentiva scivolare via. Non erano mai esistite miglia o settimane di distanza che avessero una qualche importanza. Mai. Neanche quando non lo aveva visto né sentito per interi mesi, neanche allora Chris l’aveva sentito lontano. Ed ora che era di fronte a lui, che poteva sentire il suo profumo sotto le narici, che se avesse allungato appena le dita sarebbe riuscito a sfiorare le sue, in quel momento lo sentiva più distante che mai. Lo stava perdendo, e non voleva.
«Ti sto annoiando, vero? Lo so, parlo troppo.» Non riuscì a non sorridere alla sua espressione colpevole, seppure le sue labbra erano guidate da quella triste nuova consapevolezza.
«Tu non mi annoi mai...» Non si era sforzato di rendere la sua voce meno dolce e Tom parve carpire, come ogni volta, i sentimenti che provava.
«Cos’hai Chris?» Avrebbe voluto dirgli qualcosa di meno falso di quel “Niente” che abbandonò le sue labbra.
Era stato un maledetto egoista, e solo adesso se ne rendeva conto. Solo adesso gli veniva mostrato il conto per tutti quegli anni di amicizia e attenzione che non aveva ripagato abbastanza. Perché l’affetto di cui Tom l’aveva circondato, non l’aveva saputo capire né apprezzare appieno. Ed ora voleva solo che lo annegasse in quell’amore ancora una volta

«Non mentirmi Chris, ti riesce malissimo.» A quel punto, quando le considerazioni e le riflessioni lasciano il posto ad una verità ben definita che arrivi perfino ad accettare, non ti resta che essere sincero a tua volta. Ed era ciò che Chris sarebbe stato con Tom.
«Prima, quando ho detto che pensavo che tu fossi...» sarebbe stato egoista ancora una volta «La verità è che lo speravo.» I loro occhi si fissarono muti per alcuni attimi, prima che Tom li abbassasse annuendo impercettibilmente.
«Speravi...» Una lieve alito. Un misto fra un sospiro ed un riso nervoso «Chris, che vuoi dire?» Non riuscì a reggere il suo sguardo e lo portò sulla tazza bianca che l’inglese stringeva forte fra le dita «Parla!» Fu costretto a rialzare gli occhi. Quelli di Tom erano due gemme infuocate.
Non sapeva se fosse rabbia o altro. Il suo cuore tremava all'idea che fosse altro.
«Tom, che vuoi che ti dica?!»
«La verità!»
Inghiottì appena respirando a fondo. La verità. Ok, era quello che avrebbe avuto.

«Fra di noi c’è sempre stato qualcosa di speciale ed io ti ho sempre considerato una persona importante. Ma spesso ho creduto che per te fosse diverso... Che tu in qualche modo...» Non riuscì a continuare, ma l’inglese completò il suo pensiero.
«Ti amassi? E questo, Chris? Credevi che ti amassi?» Non capiva perché fosse così agitato, così arrabbiato. Forse era davvero un patetico stupido. Adesso l’avrebbe perso sul serio. Per sempre.
«Lo so che è una assurdità» sorrise appena sentendosi incolpa e imbarazzato per quell’esternazione così fuori luogo in quel contesto. Non quanto Tom gli aveva appena detto di essere innamorato di un’altra persona. Come aveva potuto dirgli una cosa simile?
«No, non è un’assurdità.» Sentì il cuore galoppare più forte e gli occhi di Tom piegarsi davanti al liquido nero della sua tazza «Io ho sempre provato un forte affetto per te. Una forte ammirazione, forse una specie d’amore. Ma tu... Tu avevi già tutto l’amore che volevi.» E tornò a perdersi in quelle iridi chiare che ora erano lucide in modo ingiusto. Perché Chris non avrebbe voluto ferirlo né fargli del male in alcun modo, ma mentre quelle parole uscivano con dignitosa sofferenza dalle sue labbra, capì che invece di male gliene aveva fatto, e tanto. Nel corso di quegli anni, senza che se ne rendesse conto, gli aveva sbattuto in faccia la sua vita felice, la sua famiglia, ignaro delle ferite che stava provocando.
«Tom io... io mi immaginavo...» O forse sì. Forse nei suoi continui elogi, nelle sue dimostrazioni d’affetto, Chris avrebbe dovuto leggere quali fossero i veri sentimenti dell’inglese. Forse l’aveva sempre saputo, ma non aveva voluto vederlo. Cieco ed egoista. Aveva preferito nascondersi da quelle voci dietro la sua bella vita perfetta, il suo matrimonio perfetto.
«Eppure hai appena detto che lo speravi.» Il suo sguardo faceva male, ma quell’accusa se la meritava tutta e l’avrebbe affrontata senza tirarsi indietro.
«Sono un idiota.»
«No, Chris. Sei solo un bastardo egoista,» le sue labbra si piegarono in un sorriso triste «Ma a me piace anche questo di te.»
«Perché non me l’hai mai detto?»
«Perché avrei dovuto dirti qualcosa che non volevi sentire?» E quanta verità avevano quelle parole. Chris si ritrovò a riabbassare lo sguardo. Non era neanche degno di guardarlo negli occhi «Tu avevi Elsa ed io... A me andava bene così.» Ma ora era a lui che non andava più bene. Non sarebbe più potuto andare bene «Ad ogni modo ora non ha più importanza.» Rialzò lo sguardo verso il suo sorriso.
«Ha importanza invece!» affermò e Tom scosse la testa.
«No, Chris. Non farlo!»
«Fare cosa? Dirti quello che provo? Quello che-» Il tavolino tremò sotto il pugno dell’inglese.
«NO! Sta zitto!» Perché? Perché doveva stare zitto? Perché non doveva seguire la voce che sentiva dal suo cuore? «C’è stato un tempo in cui ho sperato, ho pregato che tu capissi. Che tu vedessi. Che mi vedessi.» Ed ora in effetti Chris, era come se lo guardasse per la prima volta e mai gli era sembrato più perfetto, più simile, più adatto a stargli accanto. «Ma adesso è tardi. Non roviniamo la nostra amicizia per una cosa tanto stupida.»
«Non puoi chiamarla stupida. Non è una cosa stupida!»
«Lo sarà. Sarà una stupidaggine se continui!» Il tono della sua voce era fermo e severo «Chris, tu hai una moglie, una figlia ed io... Io adesso sono felice e non voglio riaprire vecchie ferite.» Gli occhi di Tom trattenevano a stento le lacrime «Ti prego, cancella quest’ultima mezz’ora e facciamo finta che non sia successo niente. Ok?» L’australiano scosse la testa con una risata nervosa.
«Non posso. Tom, mi dispiace ma non puoi chiedermi questo.» Come poteva cancellare i suoi sentimenti? Come poteva chiudere tutto in un angolo sperduto del cervello e dimenticare. No, non poteva farlo.
«Va bene, allora chiudiamola qua!» Tom si alzò dal tavolo ma prima che potesse andar via, Chris lo fermò per un polso.
«Aspetta! Parliamone... Dannazione, Tom! Mettiti nei miei panni!»
«TU, mettiti nei miei panni!» L’inglese si sottrasse a quella presa guardandolo con due occhi carichi di qualcosa che Chris riuscì a definire come rancore. Giusto e meritato rancore. «È tardi Chris. Mi dispiace.»
«Tom!» Riuscì solo a sospirare stringento forte i pugni, mentre lo vedeva sparire verso la sua auto.
Nei pochi frammenti di un pomeriggio uggioso di settembre, aveva perso per sempre il suo migliore amico, le sue sicurezze, e lentamente, stava perdendo il suo stesso cuore.




Quella sera Nancy aspettò a lungo che Tom la venisse a prendere. Il suo cellulare squillava a vuoto e lei non aveva la più pallida idea di dove fosse né che cosa stesse facendo. Avrebbe dovuto presentargli il suo migliore amico a cena, “la persona più bella che conosco” le aveva sospirato il giorno prima, ma il suo fidanzato non si era ancora fatto vivo.
L’orologio segnava le 22.16 e lei non sapeva che altro fare, se non continuare ad aspettare.

Ma avrebbe aspettato invano, perché quella sera Tom non sarebbe passato a prenderla.







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