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Autore: Dreamer91    25/10/2012    19 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
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Soffocando (B) BuonGiorno miei cucciolotti... e buon giorno di aggiornamento ^^ ok, lo so siete tutti in ansia e volete finalmente vedere se sarà il caso o meno di uccidere questa autrice... mmmm... rimandate a dopo la decisione, fidatevi ;) dunque... vado di fretta ma una cosa la voglio dire... molti di voi hanno, per modo di dire, dato un pò ragione a David e credetemi forse ci sta pure... in fondo il nostro Kurt lo ha tradito e un tradimento non si perdona mai, io non voglio assolutamente giustificarlo, come ho detto però provo a comprenderlo... lui nella vita non ha mai ottenuto niente di buono e come se già questo non bastasse gli è capitato uno dei fidanzati peggiori della storia, che gli ha fatto perdere la fiducia e la serenità.. si è trovato davanti Blaine e tutto si è rivoluzionato quindi quelle due occasioni sono... dettate dal suo istinto che torna a farsi avanti o dalla voglia di lottare. David non gli ha mai dimostrato rispetto quindi mi chiedo... è tanto sbagliato secondo voi che per una volta Kurt si sia preso una piccola rivincita, togliendogli un pò di quel rispetto che LUI, al contrario di Dave ha sempre dimostrato, solo per provare ad essere felice? A voi l'ardua sentenza ^^ bene, ora vi lascio al capitolo... buona lettura e ci vediamo lunedì... per quel capitolo vi dico solo una cosa: FLUFF *____* bye bye... Vi amo <3 e scusate se non ho finito di rispondere a tutte le recensioni... provvederò oggi in giornata.. l'urgenza era per il capitolo ;)
p.s. Un grazie speciale al mio Dan che mi abbandona la notte senza salutarmi XD scherzo ovviamente :*
n.b Pagina FB (Dreamer91 ) Raccolta ( Just a Landing - Missing Moments )




New York City. Ore 11.47 P.M. 13 Aprile 2012 (Venerdì)

La gente è portata a dire che, un attimo prima di morire, il condannato, veda scorrere davanti ai propri occhi la sequenza disordinata delle immagini della propria vita. Infanzia, adolescenza, grandi amori, infiniti sbagli, rimorsi, rancori, respiri, sussurri, sorrisi. Io, nonostante fossi consapevole di trovarmi in un bel guaio, l'unico pensiero coerente che riuscii a formulare fu: diamine, avevo ragione, avevo davvero visto la luce accesa in casa di Kurt e lui era sveglio. Certo, non era solo, ed io in quel momento mi ritrovavo malamente sbattuto con forza contro il metallo dell'ascensore, ma... sapere di aver avuto ragione anche su una cosa così banale, strano a dirsi, ma fu una vera soddisfazione.
"E quindi sei tu il fottuto bastardo che si scopa il mio ragazzo!" ringhiò l'inquietante figura di David, a pochissimi centimetri dal mio viso. Fui colto solo per un istante dalla confusione. Di che diamine stava parlando quel bestione? Poi, però, con la coda dell'occhio vidi Kurt, pochi passi distante da noi, con lo sguardo terrorizzato e una mano a coprirgli la bocca. E subito realizzai che non poteva essere stato lui a dirgli una cosa del genere. Probabilmente si trattava di supposizioni e - per quanto giuste - sarebbero rimaste tali. Così, tirai fuori dal mio repertorio l'espressione più innocente che potessi avere e risposi
"Non so di cosa tu stia parlando!" esclamai con tranquillità, cercando di non fare o dire nulla che potesse scaldarlo più del dovuto. Peccato che fu completamente inutile. Le sue mani si spostarono al colletto della mia camicia e tirarono, tanto che mi ritrovai ancora più schiacciato tra il suo corpo e la ringhiera, che iniziava a fare davvero male
"Non dire stronzate, pezzo di merda... ci ha già pensato il tuo amichetto qui a rifilarmi questa versione e ormai non attacca più!" sibilò furioso. Il mio sguardo si spostò immediatamente su Kurt, ancora scioccato ed immobile. Aveva gli occhi lucidi, le guance rosse, e l'aria decisamente sconvolta. Aveva pianto, e non ci voleva un gran genio per capire che era tutta colpa di quel bestione attaccato alla mia camicia e che la questione andava avanti da un bel pò. Probabilmente io, bussando con insistenza alla porta, avevo solo interrotto il momento più cruento. Solo allora realizzai che, non me ne fregava niente di cosa avrebbe fatto a me quell'ippopotamo urlante. Mi importava solo di Kurt, soltanto di lui, che piangeva e sembrava stesse davvero soffrendo.
Se scopro che gli hai fatto del male, giuro che ti ammazzo con le mie mani...
Così tornai a guardare David, quella volta sfidandolo con lo sguardo e riducendo la voce di qualche tono
"Perché invece di prendertela con me, non ti fai un esame di coscienza, David? Perché non ti chiedi come mai sei arrivato perfino a sospettare così pateticamente che il tuo ragazzo possa tradirti?" lo provocai pungente e lui difatti cedette appena, forse perché mai si sarebbe aspettato una reazione del genere da parte mia
"Cosa c'è? Ti vedo un pò spiazzato... L'insicurezza è davvero una brutta bestia, dico bene?" e sorrisi, quasi a voler rincarare la dose. Pessima mossa, davvero pessima. Gli ci volle relativamente poco per lasciare il colletto della mia camicia e stringere le grandi mani attorno al mio collo. Colto di sorpresa, sgranai gli occhi e strinsi la grata alle mie spalle. All'improvviso mi mancò il fiato ed il coraggio
"Per l'amor del Cielo, David.. ma sei impazzito? Lascialo stare!" gridò finalmente Kurt, scattando in avanti per bloccarlo. Ma purtroppo non sarebbe bastata la sua forza sommata alla mia per fermare un colosso come lui. Dovevo ricordarmi di fare sia a me che a lui i più sinceri complimenti: ci eravamo scelti davvero un ottimo avversario contro cui schierarci.
"Ti avverto, stronzetto... smettila di prendermi per il culo, altrimenti qui finisce male!" ringhiò tutto rosso in volto, come se tra i due, quello a cui stavano stringendo le mani al collo fosse lui. A me intanto l'aria iniziava lentamente a scarseggiare e sentivo la sua presa farsi sempre più ferrea e le vene pulsare frenetiche. Eppure, trovai la forza per ribattere
"Sei un fallito, David... un misero fallito!" sibilai senza fiato né voce. La stretta aumentò come la rabbia cieca che sembrava guidarlo. Kurt intanto si era attaccato disperatamente al suo braccio per farlo smettere, purtroppo inutilmente
"David, lascialo... così lo ammazzi!" gridò in preda al panico. Tentai un sorriso rassicurante. Se avessi avuto un briciolo di forza in più, gli avrei detto di non preoccuparsi e che di certo non mi sarei fatto mettere sotto da uno così. Eppure, iniziavo ad avvertire chiaramente la testa girare per la mancanza d'aria e il sangue coagulare nella trachea. Provai ad aprire la bocca per respirare meglio, ma fu del tutto inutile. La cosa che in quel momento faceva più male, non era tanto il fatto che stessi per soffocare nel vero senso della parola, ma che avessi usato la mia ultima possibilità per parlare, e l'avessi fatto per rinfacciare a quello stronzo quanto lo disprezzassi. In quel momento, con il senno di poi, avrei preferito rassicurare Kurt, che disperato e con le guance rigate dalle lacrime, strattonava David. Io stavo per soffocare. Lui meritava di essere protetto.
Non piangere per me, piccolo... non farlo...
"Lascialo... lascialo... lascialo... lo vedi che non respira... ti scongiuro... non fargli del male... ti scongiuro!" ormai le preghiere di Kurt erano un soffice sottofondo alla mia percezione che andava pian piano affievolendosi. Iniziavo a sentire le orecchie pulsare e la vista cedere.
Tu guarda quante cose succedono quando viene a mancare l'aria nei polmoni...
Non era affatto come avevo immaginato, non era come andare sott'acqua trattenendo il respiro. Forse era la paura a fottermi: in quel momento sapevo perfettamente che non sarei potuto risalire in superficie per riprendere aria. In quel momento non ero io a decidere della mia vita. Ed era quella la cosa più assurda di tutte. Il fatto che la mia intera esistenza fosse tra le mani di David, stretta nella sua morsa d'acciaio e che io ormai non avessi più neanche la forza per reagire e riprendermela.
Ormai non sentivo neanche più il dolore alla schiena provocato dalla ringhiera. Sentivo solo dei rumori ovattati e pian piano in me si faceva strada la consapevolezza che, forse, stavo morendo. Era così facile andarsene? Bastava davvero così poco? Si può davvero morire per essere andati a letto con il proprio vicino? Si può morire per il semplice fatto di essersi innamorati così perdutamente di qualcuno? Ma soprattutto... a cosa si deve pensare in certi momenti? Bisogna seguire quello che dice la gente e mettersi a scandagliare la propria vita per vedere se le azioni positive superano quelle negative e capire così se aspettarsi l'inferno o il paradiso? Bisogna pregare? Bisogna piangere? Bisogna rilassarsi, chiudere gli occhi ed aspettare che il corpo compia dolorosamente l'ultimo respiro? Bisogna...
"Ma che cazzo fai?" una voce proveniente da chissà dove, un punto imprecisato, forse parte della mia immaginazione, proruppe in quel silenzio surreale e mi vidi quasi subito liberato dalla stretta ferrea delle mani di David, per poi accasciarmi lentamente al suolo.
Aria... Aria... Aria...
Avidamente iniziai a respirare, portandomi le mani al collo dolorante ed avvertii chiaramente il sangue confluire verso il basso. Finalmente. Faceva male riprendere a respirare dopo tutta quell'astinenza, bruciava la gola, i polmoni, perfino la testa faceva male. Quasi fossi stato schiacciato da qualcosa, piuttosto che appeso all'ascensore e quasi soffocato.
Quello che accadde dopo attorno a me, fu tutto confuso. C'era chi gridava, chi minacciava, chi piangeva. Io avevo solo voglia di mettere a tacere quel dolore lancinante che sentivo stringermi la gola. Del resto, ormai, non mi interessava più.

New York City. Ore 00.35 A.M. 14 Aprile 2012 (Sabato)

"Tieni... bevi questo! Avrai la gola in fiamme!" mi disse Daniel dolcemente, passandomi un bicchiere di acqua. Gli sorrisi riconoscente, massaggiandomi il collo e poi la nuca e mandai giù in un solo lungo sorso tutto il contenuto. Fu sollievo puro, anche se bruciava da impazzire.
"Gra..zie!" biascicai con la voce spezzata.
Eh no.. la voce per favore no...
Feci un lungo respiro, dopodiché guardai il mio amico, arrivato provvidenzialmente a salvarmi il culo poco prima, fermo davanti alla porta-finestra della terrazza, di spalle e con le mani nelle tasche. Brutto segno, davvero brutto segno.
"Bas!" lo chiamai con un soffio, ma immaginai mi avesse sentito. Era un cantante e in quanto tale possedeva un ottimo udito. Ma parve essersene dimenticato perché mi ignorò completamente, così ritentai
"Sebastian!" e quella volta la voce parve tornarmi del tutto, facendomi sospirare di sollievo. Per un attimo avevo temuto il peggio. Sebastian sospirando si girò verso di me. Era stravolto, letteralmente. Aveva gli occhi stanchi, come se fosse stato costretto a guardare qualcosa che non avrebbe voluto. E forse potevo perfino immaginarlo: magari questa immagine riguardava il suo migliore amico, attaccato alla grata di un ascensore, con le mani di un altro strette al collo, paonazzo, e molto probabilmente ad un passo dal rimanerci secco. Un brivido mi percorse per intero la schiena ma provai ad ignorarlo
"Sto bene!" mormorai allora, provando a tranquillizzarlo. Il verso stizzito che emise mi fece capire di aver commesso un grosso sbaglio a parlare
"Non dire puttanate, Blaine.. l'ho visto in che condizioni eri quando siamo arrivati... non oso immaginare cosa sarebbe successo se avessimo ritardato di un altro paio di minuti!" ringhiò frustrato, alzando le braccia al cielo. E mi fece stranamente tenerezza. Quello era il mio migliore amico, il Sebastian che si preoccupava per me, che si disperava per me, che stava perfino per mettersi a piangere per me. Quel Sebastian che a conti fatti mi aveva salvato la vita
"Non è successo niente... sto bene adesso!" ripetei testardo, per farlo calmare
"Niente? Quello tu lo chiami niente?" sbraitò indicando la porta d'ingresso, forse per riportare alla mente la scena di poco prima del pianerottolo. Ma non ce n'era bisogno, la ricordavo perfettamente "Blaine, quel figlio di puttana stava per ammazzarti... senza alcuna pietà!" e lo disse con un tono stridulo, troppo vicino alle lacrime. Daniel se ne accorse e lo raggiunse, posandogli una mano sul braccio. Sospirai stanco: ero consapevole che mi ci era mancato poco e che se non fossero intervenuti Sebastian e Daniel a fermarlo, a quell'ora non sarei stato lì, seduto sul divano del mio prezioso appartamento a cercare di consolare il mio amico. Eppure non mi andava di vederlo soffrire in quel modo. A conti fatti... stavo bene, era questo quello che contava, no? Tra l'altro, David.. era perfino scappato... terrorizzato e con la coda tra le gambe, forse perché troppo spaventato dall'ira funesta di Sebastian - che a stento era stato trattenuto da Daniel, altrimenti su quel pianerottolo ci sarebbe stata un'altra tragedia di cui parlare. E quel gesto, senza ombra di dubbio, mi aveva confermato quanto poco coraggio avesse quel tipo. Aveva avuto la meglio su di me soltanto perché a conti fatti ero più piccolo fisicamente, terribilmente stanco ed ero stato preso nettamente alla sprovvista - e tra l'altro avevo avuto la pessima trovata di approfittare di quel momento per sputargli in faccia il mio rancore, istigandolo maggiormente. Quindi tutto aveva giocato contro di me, fino a quando le cose non si erano rivoltate e David non era rimasto solo contro tutti - uno dei quali, per mia fortuna, aveva il pessimo vizio di scaldarsi facilmente e quel suo caratteraccio, per una volta, mi era stato utile.
Per un istante sollevai gli occhi verso Kurt, seduto nell'estremità opposta del grande divano ad angolo, Cooper accoccolato ai suoi piedi, con un altro bicchiere d'acqua sulle ginocchia ed una mano affondata con disperazione tra i capelli. Sembrava assente, come se avessero fatto del male anche a lui. Mi si strinse il cuore a vederlo in quello stato, soprattutto perché ancora ricordavo le sue lacrime, i suoi singhiozzi, le sue mani che cercavano in tutti i modi di bloccare David ma soprattutto i suoi occhi pieni di terrore, terrore allo stato puro. E sapere che ero stato in un certo senso io a causargli tutto quel tormento... mi faceva sinceramente più male del ricordo ancora fresco delle mani di David sul mio collo, intente a stringere. Ma decisi di rimandare a dopo le parole con Kurt. Avevamo qualcosa da dirci - parecchie cose, in realtà - ma prima dovevo risolvere la questione con Sebastian
Riportai lo sguardo su di lui e sospirai
"Che ci facevate voi due ancora qui?" domandai posando il bicchiere vuoto sul tavolino. Fu Daniel quella volta a rispondere
"Ce ne stavamo andando, in realtà... eravamo quasi arrivati all'incrocio con la 14th strada quando ci siamo accorti di una cosa!" mi disse
"Cioè?" domandai confuso. Sebastian con un sospiro si frugò nelle tasche della giacca e dopo poco tirò fuori qualcosa
"Ti eri dimenticato questo nella mia macchina!" e me lo porse. Solo afferrandolo mi resi conto che si trattava del mio cellulare. Doveva essermi caduto dalla tasca, mentre Sebastian mi riaccompagnava a casa dopo la serata al pub. Feci una smorfia pensierosa e venni colto da una specie di illuminazione: io potevo ritenermi salvo - e ancora vivo - solo ed esclusivamente grazie... ad un cellulare? Il mio iPhone mi aveva salvato la vita?
Senza motivo scoppiai a ridere, passandomi una mano sulla faccia
"Mmm... beato te che hai ancora voglia di farti una risata... a me al tuo posto verrebbe da piangere!" esclamò Daniel, appena divertito
"Oh ma lo farà, Dan, non credere... dagli solo il tempo per metabolizzare la cosa... adesso fa così semplicemente perché gli è mancata per troppo tempo l'aria nel cervello... è una reazione più che normale la sua!" ed ecco il sano umorismo Smythe che tornava alla carica. La sua preoccupazione era durata fin troppo
"Beh a questo punto noi andiamo così... insomma potete... parlare e... vi lasciamo soli!" farfugliò Daniel, afferrando la mano del suo ragazzo e tirandolo verso l'uscita. Sebastian a metà strada si fermò e mi lanciò uno sguardo serio ed eloquente. Sapeva di "Anche io e te dobbiamo parlare, lo sai..."
"A domani Bas... promesso!" lo avvertii per tranquillizzarlo, così sospirò e si lasciò condurre da Daniel fuori dall'appartamento, lasciandomi finalmente solo con Kurt. O almeno, con ciò che ne restava.

New York City. Ore 01.00 A.M. 14 Aprile 2012 (Sabato)

Era un incubo. Un assurdo ed agghiacciante incubo da cui mi sarei svegliato da un momento all'altro. Aspettavo soltanto il suono della sveglia, o quello del telefono, o quello del camion della spazzatura che immancabilmente mi infastidiva alle sette in punto ogni mattina. Tuttavia era tutto così maledettamente reale che ormai iniziavo seriamente a crederci.
Il rumore di una porta d'ingresso che si richiudeva con un leggero scatto, fu come una fucilata in piena notte, e mi ritrovai a sobbalzare, versando appena il contenuto del bicchiere che avevo in mano, sul pavimento e in parte sulla schiena del cane, che corse via indignato.
"Cazzo!" sbottai affrettandomi ad inginocchiarmi per tentare di asciugare, ma venni anticipato
"Kurt!... Kurt lascia stare... non fa niente!" un paio di mani gentili mi riportarono a sedere sul divano ed io mi lasciai guidare come un automa. Un automa rotto. Il bicchiere che avevo in mano mi venne delicatamente tolto, ed il silenzio che incombeva in quella stanza era diventato quasi assordante. Non potevo continuare a starmene zitto, non dopo quello che era successo. Ma temevo che una singola parola, avrebbe fatto scattare l'inferno. Quindi preferivo mordermi la lingua e tacere
"Kurt..." un sussurro alla mia sinistra mi fece trattenere il respiro. Quella voce. La sua voce quella sera era ufficialmente diventata la mia rovina. La prima volta che l'avevo sentita, attutita dallo spessore della porta d'ingresso, mi ero ritrovato a sospirare felice e a pentirmene soltanto qualche istante dopo. Poi l'avevo ritrovata spavalda e carica di risentimento, rivolta verso qualcuno che non meritava niente di tutto questo. E per un istante, in quei confusi e caotici frammenti che ora affollavano la mia mente, mi ero ritrovato a pensare che, due mani strette attorno alla sua gola, sarebbero state di gran lunga peggio di una coltellata o di un colpo di pistola in pieno petto. Perché uccidere la sua voce sarebbe stato un crimine senza eguali.
Rendersi conto di quanta fortuna avessimo avuto - grazie all'intervento di Sebastian e Daniel - e di quanto avremmo - avrei! - potuto perdere, mi faceva stranamente più male di quanto avessi immaginato. Lui, la sua voce, la sua risata, i suoi occhi, il suo profumo, le sue mani, il suo... tutto!
Dio Blaine.. no...
Strinsi forte gli occhi, poggiando la testa alla spalliera del divano. Doveva finire quell'incubo, necessariamente.
"Kurt, ti supplico, di qualcosa... qualsiasi cosa, ma... fammi capire che stai bene!" sentii ancora. Non fu tanto per le parole che pronunciò, piuttosto per il tono con cui lo fece. Girai di scatto la testa verso di lui, ritrovandolo al mio fianco, seduto di lato, con le gambe incrociate sul divano, fin troppo vicino. Ma la cosa che mi sconvolse più di tutto furono i suoi occhi: grandi e limpidi, quasi lucidi, forse spaventati, ma senza dubbio colmi di preoccupazione. Era per colpa mia se stava così? Si preoccupava davvero per me dopo quello che era successo, quello che stava per succedere?
"Tu che chiedi a me se sto bene..." mormorai "É assurdo!" scossi la testa incredulo. Che strano suono aveva la mia voce in quel momento. Sembrava lontana e assente. Quasi non fosse più mia.
"Perché?" mi chiese allora incerto, avvicinandosi impercettibilmente, trovandosi a sfiorare il suo ginocchio con il mio
"Perché..." mi ritrovai a rispondere senza pensarci "Perché non è giusto... perché.. non credo di meritarmelo... perché, non sono io quello che stava per..." ma mi bloccai, stringendo i pugni sulle ginocchia. No, non dovevo pensarci. Se non lo facevo, la situazione non mi sembrava poi così tanto grave.
Avvertii distintamente un lungo sospiro da parte sua, dopodiché sentii qualcosa sfiorarmi la mano. Ero talmente sovrappensiero da non averlo neanche visto muoversi. Solo quando le sue dita si strinsero delicatamente attorno alla mia mano, realizzai e con uno scatto quasi violento mi sottrassi alla sua presa
"Kurt..." il suo tono era chiaramente intimorito ormai
"No!" esclamai con forza, stringendo le braccia al petto, per sfuggire ad ogni suo tentativo di avvicinamento futuro.
"Perché non mi lasci semplicemente..."
"No, Blaine, no!" gridai allora alzandomi dal divano per combattere l'irrefrenabile impulso di sfiorarlo ancora, anche per sbaglio. Mi afferrai la testa tra le mani e iniziai a camminare nervosamente per il soggiorno. Avevo un disperato bisogno di pensare, ma una paura ancora più disperata di farlo.
"Scusa!" esclamai allora, con un soffio "Scusa... io... non avrei dovuto alzare la voce contro di te, mi dispiace!"
"Non importa. Sei scosso, è normale che tu adesso voglia..."
"Smettila, Blaine... ti supplico... falla finita!" sbottai allora, tornando a guardarlo. Aveva gli occhi fissi su di me, interdetto e stanco. Sospirò ancora
"Di fare cosa?" mi domandò confuso
"Di preoccuparti per me... smettila di essere così schifosamente gentile... mi fai stare solo peggio, lo vuoi capire?" strillai frustrato "Gridami addosso, piuttosto... tirami dietro qualche soprammobile di porcellana, urlami il tuo disprezzo e la tua rabbia... ma smettila di giustificarmi e di far finta che la vittima in questa storia sia io, perché... Questo. Non. Mi. Aiuta!" scandii bene le ultime parole, mentre la voce tremava pericolosamente. Perché non erano ancora arrivate le grida da parte sua, gli insulti, e perché no, i pugni? Perché nei suoi occhi non leggevo il disprezzo, il disgusto e la delusione? Perché non mi aveva ancora cacciato a calci da casa sua, o denunciato per tentato.. omicidio?
Lo guardai, in attesa della sua spropositata reazione. Me la sarei aspettata violenta, furiosa e soprattutto definitiva. Avrebbe chiuso il suo lungo discorso di accusa con la frase "Esci fuori da casa mia e dalla mia vita!" ed io ferito, ma soddisfatto, me ne sarei andato. Avrei pianto un pò - magari per tutta la notte, e le notti a seguire - ma poi sarebbe passato... no?
E invece come sempre, Blaine Anderson mi stupì: scosse la testa, si passò la lingua sul labbro superiore e si alzò, fronteggiandomi. Quando finalmente decise di parlare, lo fece con lentezza e con molta tranquillità. Non come se stesse palando con un pazzo omicida che brandiva pericolosamente una pistola. Lo faceva come sempre, come quando lui era Blaine ed io semplicemente Kurt.
"Kurt... ascoltami bene, perché te lo ripeterò soltanto una volta: quello che è successo questa sera non è assolutamente dipeso da te.. non è stato per colpa tua, e tu non avresti potuto fare nulla per impedirlo. Mi sono semplicemente messo contro la persona sbagliata nel momento più sbagliato che potessi scegliere e ne ho pagato le conseguenze. Ma per fortuna, sono... non mi è accaduto niente. Sto bene e sono preoccupato per te... leggo il terrore nei tuoi occhi, la disperazione e non sapere cosa fare per farteli passare... mi fa sentire inutile e.. impotente. E sì... mi preoccupa di più sapere come stai tu, mi preoccupa sapere se quel pazzo ti ha fatto del male, se ti ha messo le mani addosso, se ti ha minacciato. Mi preoccupa sapere se stanotte riuscirai a dormire e non sarai troppo scosso per farlo. Per quanto riguarda me... mi basta essere certo di continuare a respirare per stare tranquillo!" ed accennò un sorriso rassicurante. Mi mancò il respiro per qualche istante mentre lo guardavo fisso. Il cuore aveva preso a scalpitarmi furioso nel petto e l'impulso di buttarmi tra le sue braccia e stringerlo forte era diventato quasi opprimente. Lo volevo. Ma non per quello che mi aveva detto. Lo volevo e basta, a prescindere da tutto.
Ma mi trattenni, un pò per dignità, un pò perché saltargli addosso in quel modo mi avrebbe fatto esporre troppo, ed espormi troppo avrebbe significato aprire di nuovo i rubinetti e non volevo più piangere, almeno per quella sera. Mi limitai ad alzare una mano verso di lui e a posarla, con tutta la delicatezza di cui disponevo, sul suo collo. Si potevano ancora vedere i segni rossi delle mani di David che stringevano, e stringevano, e stringevano ancora. Glielo accarezzai lentamente, mordendomi un labbro per trattenere un'ondata di lacrime che minacciava di salire. Dio, era tutto così... sbagliato. Lui socchiuse gli occhi, inclinando appena la testa per permettermi di accarezzarlo meglio. Sembrava così indifeso tra le mie mani, che iniziavo a chiedermi come potesse essere sembrato semplice per David fare quello che stava per fare.
"Blaine..." sussurrai con un nodo alla gola
"Shhhh!" fece lui e con un unico fluido movimento, mi afferrò per i fianchi e mi strinse a sé. Mai braccia mi sembrarono più calde ed accoglienti. Fu come essere di colpo tornato a casa, senza alcun peso da portare sulle spalle o brutto ricordo a perseguitarmi. C'erano soltanto Blaine e Kurt, due ragazzi che avevano avuto la fortuna di capitare nello stesso palazzo, sullo stesso pianerottolo, ai quali il destino sembrava aver giocato uno scherzo ancora più grande, facendoli avvicinare pericolosamente ed affezionare in maniera così profonda. Mi rendevo perfettamente conto che non potevo più permettermi di perderlo. Non sapevo con esattezza che nome avesse quel sentimento tanto forte che sembrava legarmi a Blaine, ma qualsiasi cosa fosse stata, se solo David avesse davvero portato a termine ciò che sembrava intenzionato a fare, non avrebbe ucciso soltanto Blaine... avrebbe inevitabilmente ucciso anche me.
Con questa consapevolezza mi strinsi di più a lui, nascondendo la testa nell'incavo del suo collo, strofinandoci prima il naso e poi le labbra, come a cercare di alleviargli il dolore. La sua mano prese ad accarezzarmi la schiena ad un ritmo lento e rilassante, mentre il suo respiro mi cullava come una ninnananna
"Resta con me stanotte, Kurt... non te ne andare!" mi sussurrò all'orecchio facendomi rabbrividire. Premetti con maggior forza le labbra sulla sua pelle, in risposta e rimanemmo così, immobili in quel soggiorno, a godere ognuno della semplice presenza dell'altro, come unica ancora di salvezza in quello schifo di mondo.

  
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