~Giuste Distanze
Seijuro camminava con fare indifferente, ignorando la
gente che gli passava affianco ed estraniandosi grazie alla musica che
gli
rimbombava nelle orecchie.
La finale della Winter Cup era vicina e a breve la sua
squadra avrebbe dovuto giocare contro il Seirin. Contro Tetsuya.
Era diventato forte, Kuroko. Akashi se n’era accorto,
ovviamente. E si era accorto anche di quanto fosse grande e scura la
sua ombra
con Kagami.
Inconsciamente strinse il pugno attorno all’iPod, talmente
forte che per un attimo il suono si distorse.
Lo odiava.
Quel Kagami si era avvicinato a Tetsuya fin troppo, e lui
avrebbe dovuto riportare tutto alle giuste distanze. In fondo, Kuroko
aveva
sempre avuto alcuni problemi con le distanze, sia nel basket che con le
persone. Quando erano alla Teikou ci pensava Akashi a controllarlo, ma
ora si
trovava senza freni ed era compito dell’ex capitano rimettere
in catene
Tetsuya, riportarlo alla distanza corretta.
Era suo dovere.
[O forse
è un suo volere?]
Si
tolse gli auricolari che stavano solo contribuendo a
fargli venire un grande mal di testa, mettendo l’iPod nella
sacca di basket e
deciso a tornare all’hotel in cui la sua squadra alloggiava
durante
E sarebbe tornato subito se non avesse intravisto, in
mezzo alla folla, una chioma azzurrata che lo richiamò come
il canto di una
sirena.
Si bloccò in mezzo alla gente, seguendo rapidamente con lo
sguardo la figura che si muoveva e riconoscendo in essa Kuroko.
Sorrise soddisfatto, in parte felice di essere riuscito a
notarlo – talvolta sfuggiva anche al suo occhio imperiale
– ma la soddisfazione
si spense appena notò l’imponente figura di quel
Kagami Taiga che lo che
accompagnava, standogli fianco a fianco.
Distanza
sbagliata.
Una scintilla di pazzia, la stessa che gli era comparsa
quando aveva attaccato Kagami con le forbici la prima volta che si
erano
incontrati – l’aveva contraddetto!
–
comparve nel suo sguardo; prima che qualunque cosa potesse distrarlo
seguì i
due che proprio in quell’istante entravano in una caffetteria.
Si bloccò davanti al locale, fregandosene di poter
sembrare uno stalker.
[A me sembra
più un
fidanzato geloso…
Ma è solo una mia
impressione, no?]
Le pareti di
vetro erano coperte solamente da una tenda
che però lasciava intravedere l’interno; Seijuro
quindi vide chiaramente i due
che si sedevano in un tavolino e ordinavano dopo pochi minuti da una
cameriera
carina e sorridente.
Akashi li vide chiacchierare e ridere divertiti; dei lampi
di ricordi gli passavano per la mente: lui e Kuroko erano soliti
fermarsi ad
una caffetteria mentre tornavano a casa insieme – abitavano
vicini, loro due.
Tetsuya ordinava sempre la stessa cosa: un milk-shake alla vaniglia. Akashi non si stupì
perciò quando vide arrivare un
singolo bicchiere per il ragazzino, colorato e dotato di una cannuccia.
La sua sopportazione arrivò al limite però quando
vide
Taiga allungare una mano e scompigliare con fare amichevole i capelli
di
Kuroko.
Senza troppi preamboli entrò nella caffetteria, facendo
vagare gli occhi con nonchalance e fingendo di notare per puro caso
Tetsuya e
il suo amico. Si avvicinò ai due e sorrise con fare
affettato.
«Tetsuya, che coincidenza»
[Ehi, solo a
me
sembra che voglia ucciderlo con lo sguardo?]
Il ragazzino,
richiamato, si voltò di scatto notando il
rosso che lo fissava con i suoi occhi di colore diverso.
«Akashi-kun» disse solamente, stupito.
Anche Kagami lo fissò, ma più che stupito
sembrava pronto
ad attaccare. E Seijuro, voltando la testa verso l’altro,
pareva pronto a fare
lo stesso.
Notando l’aria tesa tra i due, Tetsuya si affrettò
a
parlare.
«Che ci fai qui?» domandò, con sguardo
nuovamente tornato
incolore. Seijuro spostò lo sguardo su di lui.
«Facevo un giro – iniziò con tono vago e
innocente – Posso
unirmi a voi?» chiese poi con un sorriso che rifletteva il
nulla. La domanda
venne accolta con un silenzio spiazzato, ma dato che Kagami era
praticamente
pronto ad azzannarlo, Kuroko intervenne di nuovo.
«Certo, Akashi-kun» rispose.
Senza aver bisogno d’altro il rosso prese una sedia e si
sedette accanto a Kuroko, ordinando della semplice acqua
all’arrivo di una seconda
cameriera.
Il silenzio era più pesante di un macigno, ma ad Akashi
non sembrava importare mentre sorseggiava la sua acqua: aveva
interrotto
l’idillio tra i due e ciò bastava.
«Emh… Allora, sei pronto per la
partita?» domandò Tetsuya,
ormai diventato l’addetto all’interruzione di quei
silenzi carichi di tensione
ed ostilità da parte di Kagami.
«Ovviamente» fu la pronta risposta di Akashi che lo
guardò
come fosse un’idiota. Kuroko stette zitto,
l’irritazione che sfociava di un
poco nei suoi occhi azzurri.
«E voi?» replicò l’altro. Se
la domanda era in teoria
generale, il suo sguardo non lasciava dubbi che stesse prendendo in
giro
Kagami, fissandolo freddamente e attendendo una risposta.
«Ovviamente» lo imitò Taiga, parlando
per la prima volta
da quando era arrivato Akashi.
«Perfetto» mormorò Seijuro, rimanendo
poi in silenzio.
[Se Kagami
è una
tigre pronta ad attaccare,
Akashi mi sembra più
un silenzioso serpente che attende paziente per uccidere la preda.]
Passò
una mezzora relativamente tranquilla: Akashi era
rimasto zitto dopo l’ultima parola rivolta in generale,
perciò il dialogo era
più tra i due compagni di squadra che fra i tre.
Seijuro però non è un ragazzo molto paziente,
perciò dopo
quella mezzora di contemplazione della situazione fra i due si
alzò di scatto
attirando i loro sguardi.
«Credo sia ora di tornare a casa»
mormorò. Notando però
che Kuroko non accennava ad alzarsi, lo fissò e disse con
tono imperioso:
«Per tutti»
Taiga stava per scattare irato ma venne interrotto come al
solito da Tetsuya, il quale si alzò indifferente.
«Hai ragione, Akashi-kun. Avanti, Kagami-kun, altrimenti
il coach si arrabbia e ci triplicherà la sessione di
allenamento» disse.
Akashi ridacchiò soltanto, andando alla cassa e pagando il
conto di tutti.
Quando però uscirono dal locale, bloccò Kuroko
che era
pronto a tornare con l’amico.
«Tetsuya, perché non mi accompagni?» fu
la sua tranquilla
domanda, detta però con un tono tale che pareva un ordine.
A Kuroko non rimase che abbassare lo sguardo ed annuire,
per poi dire a Taiga di andare senza di lui. I due perciò
iniziarono a camminare
lasciandosi indietro un Kagami fumante di rabbia e deciso a stracciare
Akashi
alla prossima partita.
Il silenzio tra i due era completo. Entrambi non
sembravano intenzionati a proferir parola, perciò la
passeggiata proseguì con
un clima relativamente tranquillo. Almeno fino a quando Akashi
parlò.
«Stagli lontano»
Quelle due semplici parole furono dette con un tono freddo
e indifferente che ruppe la stabilità creatasi.
Kuroko non finse però di non comprendere l’oggetto
della
frase.
«È un mio compagno di squadra. Non ho intenzione
di farlo»
rispose altrettanto indifferente, continuando a camminare. Ma si
dovette
interrompere quando notò che Akashi si era fermato poco
indietro.
Si girò disinteressato, ma i suoi occhi si spalancarono
leggermente quando videro l’espressione ilare sul viso del
rosso che, dopo
pochi istanti, scoppiò a ridere.
La sua risata fredda e impersonale riempì la strada
praticamente vuota in quella via, risuonando quasi spaventosa.
«Sei così divertente Tetsuya…
– iniziò, appena smise di ridere
– Ma vedi… Tu non puoi
decidere. La
mia non era una richiesta, ma un ordine. E sai che i miei ordini li
devi
rispettare sempre, vero?»
domandò,
avvicinandosi di pochi passi a lui e guardandolo con espressione di
dolce
cattiveria.
«È finito il tempo in cui facevo ogni cosa che mi
dicevi,
Akashi-kun» rispose deciso Kuroko, intenzionato ad andarsene.
Si inchiodò sul
posto, però, appena incrociò i propri occhi con
lo sguardo inquietante del
rosso, il quale in meno di pochi secondi si avvicinò a lui
fino a sovrastarlo
nonostante fosse più alto di lui solamente di qualche
centimetro.
«Non è finito proprio niente, Tetsuya»
mormorò,
guardandolo fisso negli occhi e riempiendo il suo spazio visivo.
Senza lasciargli tempo di replicare lo prese per i capelli
azzurri, sollevandogli la testa violentemente e facendo sfuggire un
lamento a
Kuroko.
«Sei sempre stato il più problematico,
Tetsuya» soffiò
appena, mentre si avvicinava all’altezza
dell’orecchio. Kuroko ebbe un brivido
involontario che fu notato da Seijuro, il quale iniziò a
sogghignare.
«Non comprendevi mai qual’era la distanza
corretta… Né
quando dovevi fare canestro, tantomeno con le persone. Ti avvicinavi
sempre troppo a Daiki»
continuò, sfiorandogli
col naso la linea della guancie e continuando a tenerlo fermo per i
capelli.
[Vedete? Avevo
ragione quando dicevo che è geloso.
Ma quello è amore o possessività?]
«Ti
sei forse scordato le mie punizioni?» chiese infine.
Con uno strappo violento lo spinse sul muro di un edificio, una mano
stretta
sui capelli e l’altro che lo afferrava per il polso, tanto
forte da far
pronunciare un secondo lamento a Kuroko.
«Allora, manterrai le distanze?»
Kuroko alzò lo sguardo, una luce determinata negli occhi.
«No»
«Speravo lo dicessi» ammise Akashi e, senza dargli
tempo
di replicare, baciò il ragazzino.
Me se qualcuno si aspettava un bacio dolce, era
completamento sulla via sbagliata: il bacio che gli diede fu vorace e
violento,
tolse il respiro ad entrambi. Akashi intrappolò col suo
corpo il ragazzino il
quale, dopo i primi tentativi di ribellione, diventò come un
pupazzo sotto le
mani dell’altro.
Seijuro si staccò solamente dopo vari istanti, e
semplicemente perché necessitava di aria.
Mentre recuperava fiato, sorrise compiaciuto nel notare il
rivolo di sangue che Kuroko leccava dal proprio labbro, segno
dell’aggressività
di quel bacio da parte di Seijuro, o meglio segno di possessività.
«Distanze, distanze, distanze…»
cantilenò il rosso con
tono infantile, avvicinandosi nuovamente al viso dell’altro
fino a far sfiorare
i nasi.
«Come te le devo far entrare in testa, Tetsuya?»
domandò,
più rivolto a sé stesso che all’altro.
«Fottiti» sibilò rabbioso il ragazzino,
arrabbiato dalla
situazione.
«Preferisco fottere te. Come pochi anni fa, del
resto»
ribatté con nonchalance Seijuro, provocando così
l’imbarazzo altrui.
Kuroko distolse lo sguardo.
Akashi assottigliò il proprio.
Quest’ultimo sospirò, allontanandosi per gran
sollievo del
primo e lasciando la presa dei capelli e del polso che venne subito
massaggiato; Akashi sorvolò sul fatto che dei segni violacei
stavano spuntando
sul colorito pallido dell’altro e si voltò verso
la strada.
«Torno a casa da solo. Vattene» disse
all’improvviso
Seijuro, spiazzando il ragazzino.
«Eh?»
«Non hai sentito? In fondo non volevi rimanere con me fin
dall’inizio. Ti sto dando la possibilità di
andare. Oggi mi hai annoiato, non è
stato divertente molestarti» disse ancora il rosso.
Kuroko non disse niente, ma lo guardò e annuì
come in un
segno di comprensione.
«Ci vedremo alla partita, Akashi-kun»
mormorò.
Akashi non si accorse di quando andò via, se
immediatamente o se rimase ancora qualche istante: rimase immobile a
guardare
la strada, immerso nel silenzio.
Si passò la lingua sulle labbra percependo il sapore
ferroso del sangue, ultimo residuo di quel bacio dato con la forza.
Sorrise triste
e chiuse gli occhi.
«Sono io che non conosco le giuste
distanze. Perché con lui sono sempre troppo
vicino?»
sussurrò.
E le parole si persero nell’aria.
[Oh, adesso ho
compreso.
È amore.]