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Autore: Babi_Dada    25/10/2012    0 recensioni
Se aveste chiesto quale fosse il primo ricordo che Ryan aveva di Valentina vi avrebbe risposto: una bambina dai capelli crespi, i grandi occhi azzurri, i dentoni a castoro e una gonnellina rosa. Esattamente, il primo giorno di terza elementare Valentina Coletta si era presentata così.
Gente qst è la mia prima ff, vi prego ditemi se vi piace! le recensioni mi motivano! Si tratta del racconto della storia d'amore, non so ancora di quanti personaggi :) anzi sarò felice di ascoltare i vostri consigli, le vostre critiche e richieste se volete vedere raccontato un tipo di storia particolare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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RYAN E VALE (1)
Ryan si strinse nella felpa e tirò su il cappuccio, amava guardare la stelle stando seduto su quel dondolo, sul balcone della cucina, oh sì, perché non era come se avessero litigato per l'ennesima volta e lei lo avesse sbattuto fuori al freddo, di nuovo. E soprattutto non era come se lei avesse ragione, di nuovo. Si accese una sigaretta, ma prima ancora di fare il primo tiro la fissò con un'espressione strana, sospirò, la spense e la gettò lontano. Ho smesso, si disse, fa male, si giustificò. Balle, la verità era che l'unica cosa che riusciva a pensare era a quanto lei odiasse l'odore di fumo. Già, perché non era come se anche solo quando usciva con un'altra ragazza non riusciva a non pensare a quanto lei odiasse le civette che non facevano altro che ridacchiare. E no, non era assolutamente che quando aveva scoperto che Mat aveva fatto un mezzo pensierino sul chiederle di uscire non era andato su tutte le furie, no.. e decisamente non era come se dopo anni di odio atroce (ammetilo, idiota, ti piaceva lo stesso) guardandola non potessi fare a meno che vedere lo stesso dannato angelo che avevi visto quella sera... no.

Non seppe mai quanto rimase lì fermo, ad aspettare, poi la luce della cucina si accese e la porta si aprì. Lei stava lì, nel suo pigiamone antistrupo, i lunghi capelli castani ondulati che le accarezzavano le forme del corpo perfetto, mentre si stringeva nel suo cardigan nero e si appoggiava allo stipite della porta finestra. Non la guardò, dapprima, ma quando il peso dei suoi occhi così azzurri lo costrinse a voltare lo sguardo verso di lei, li vide: rossi, gonfi, un po' di mascara che le era sceso lungo le guance insieme alle lacrime aveva lasciato un'orma indelebile ai suoi occhi; nel suo sguardo le stesse emozioni che sapeva fossero riflesse nei suoi occhi color cioccolata. Lei sospirò: «dai, vieni dentro -disse- non posso certo lasciarti qua fuori a morire di freddo» in un primo momento non si alzò neanche, poi la raggiunse, si fronteggiavano e seppure lei fosse più bassa di lui di quasi tre spanne, a piedi scalzi, la trovava bella perfino così. In fondo, per lui, lei era sempre stata bella. Si abbassò alla sua altezza e le sfiorò le labbra con un bacio a fiordilabbra, che lei ricambiò, quando si allontanò lei aveva ancora gli occhi chiusi e le labbra dischiuse, lentamente aprì gli occhi: «questo non significa che sei perdonato» lo avvisò. Ryan lo sapeva, poteva non aver avuto il cuore di lasciarlo fuori a morire di freddo, ma sicuramente avrebbe dormito sul divano. Su questo non c'erano dubbi. Beh, Valentina era così, e ormai Ryan lo sapeva, non l'avrebbe voluta diversa.

 

FLASHBACK

Se aveste chiesto quale fosse il primo ricordo che Ryan aveva di Valentina vi avrebbe risposto: una bambina dai capelli crespi, i grandi occhi azzurri, i dentoni a castoro e una gonnellina rosa. Esattamente, il primo giorno di terza elementare Valentina Coletta si era presentata così. Figlia di una francese (Blair Romiell) e di un italiano (Giuseppe Coletta), sembrava il classico brutto anatroccolo e se c'era una favola a cui Ryan non credeva era quella del brutto anatroccolo, non era possibile che uno sgorbio diventasse una principessa, proprio no. Ma la prima cosa che notò, notò davvero in Valentina era lo sguardo sempre in basso, attenta a non rompere niente di quello che toccava, come se fosse una sorta di mina vagante. La prese in giro parecchio durante terza e quinta elementare, però poi, improvvisamente, e senza una buona ragione, madre e figlia sparirono senza lasciare traccia, Giuseppe e Blair si erano lasciati, a domanda fatta Giuseppe aveva sempre scrollato le spalle e risposto: «non mi ha dato una vera ragione, credo fosse semplicemente infelice con me». E Ryan aveva creduto di non rivederla mai più.

Sai che sorpresa quando, in quarta superiore entrando in classe il primo giorno di scuola aveva trovato seduta al suo banco, una ragazza mozzafiato: indossava un paio di jeans e una maglia di Spongebob, magra, le gambe incrociate sopra il banco, le curve tutte al punto giusto, lunghi capelli castani che ricadevano in morbide onde lungo la schiena fino a sfiorarne la metà, pelle olivastra. Non la vedeva bene in faccia, ma una cosa era certa nessuno, e sottolineo, cerchio ed evidenzio, nessuno poteva prendere il suo posto e il suo banco. «scusa dolcezza quel banco sarebbe mio» disse ammicando a Stephenie, una sua amica, erano nella stessa compagnia e sapeva che aveva una cotta enorme per lui, ma non ricambiava non gli piaceva il genere. La ragazza si voltò finalmente a guardarlo, lo incenerì con gli occhi di ghiaccio e dalle labbra rosee fuoriuscì solo un acido: «non ci vedo scritto il tuo nome, Donovan» lo conosceva. «ci conosciamo?» domandò, quando lei tornò a fissare davanti a sé ignorandolo, allora voltò il viso di scatto e lo inchiodò con lo sguardo: «no, Ryan -disse, eccessivamente mielosa- non è come se tu abbia reso la mia vita un inferno alle elementari, com'è che mi chiamavi, ah sì: dentidacastoro-occhiapalla credo che fosse» e allora scattò dentro di lui, seppe chi era: «C-coletta?» domandò incerto. «e il nostro vincitore è Ryan Donova!»esclamò lei acida. Beh, poteva anche cominciare a credere alla favola del brutto anatroccolo, per quanto riguarda l'aspetto fisico, ma non per quanto riguardava il carattere anzi.

 

Che Ryan Donovan fosse un tiratore eccezionale era risaputo nella scuola, era passato un anno, a breve avrebbe compiuto diciannove anni, era all'ultimo anno e aveva vinto una gara di tiro con l'arco. Valentina si era ritrasferita dalla madre l'anno prima dopo qualche mese, ed era tornata per stare due settimane col padre e con Stephenie di cui era la migliore amica, alla fine ci si era messo insieme, con Stephenie, intendo e probabilmente su richiesta della sua ragazza Valentina l'aveva accompagnata a vedere la gara. L'amava? Probabilmente, più come una sorella (lo sapeva fin troppo bene, dopo la storia di Laurent non credeva avrebbe di nuovo amato) ma l'amava e questo era l'importante. Nel momento in cui però le vide arrivare fianco a fianco seppe che c'era qualcosa che non gli quadrava in tutta la storia. Baciò Stephenie, ma non per un istante il suo sguardo lasciò quello di Valentina. «Allora, Coletta, tu che dici sempre che puoi fare qualunque cosa megli di me, ora che ne dici ti arrendi?» disse, Stephenie scosse la testa divertita da qualcosa che lui non poteva capire.Valentina inarcò un sopracciglio e ghignò, era inutile solo lei era in grado di tirare fuori quella parte di lui. «ragazzi mi date un arco per piacere?» le obbedirono all'istante, non prese neanche la mira, prima ancora che qualcuno potesse capire aveva scagliato la freccia che si era conficcata nel bersaglio alle sue spalle. Lei ghignava. «credo di averti appena battuto, Donovan» disse, cominciarono a prendersi in giro, e Stephenie come tutti gli altri rimase esclusa dalla coppia. Sapeva che Ryan non l'amava. Non come si ama una donna, come una sorella magari, ma pensava che non era importante, perché tanto non avrebbe amato mai più nessun altra dopo Laurent, ma in quel momento, mentre guardando la sua espresisone non sapeva se l'avrebbe strangolata o baciata appassionatamente, il suo sorriso si spense, in quel preciso istante tutto il suo mondo sembrava essere Valentina Coletta, e la cosa più incredibile era che non se ne rendeva neanche conto, ma quelli intorno a loro sì, Nathan le riservò una sguardo simpatetico al quale lei rispose con un sorriso stringato. Perché in quel momento le fu chiaro, che si era mentita per tutto quel tempo, non importava quanto lei tentasse di ignorarlo, ma tutti lo sapevano quei due erano come due calamite, sin dall'anno prima se ne era accorta, lei si muoveva, lui si muoveva, non c'era niente da fare, neanche se ne accorgevano, era naturale per loro, come lo era battibeccare per ogni minima cosa. Era questo il pretesto dietro al quale si erano nascosti (a loro stessi per di più!) l'attrazione che provavano l'uno per l'altra. Quando il momento si spense mise su la faccia più coraggiosa che aveva, si rifiutava di essere quella ragazza.

  
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