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Autore: Cato_95    25/10/2012    3 recensioni
Joseph e Allison, due ragazzi legati dal destino e dall'odio per la Capitale.
Lui la ama, lei non può fare a meno di lui.
Dovranno sopravvivere all'Arena, insieme.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si alzò dal proprio letto lasciando scivolare a terra le lenzuola bianche, mentre il sole si alzava nel cielo inondando la stanza di luce.
Joseph si buttò nuovamente sul materasso, ancora più stanco di quando si sdraiò su quello la sera prima.
Avrebbe dovuto affrontare una giornata dura, stressante, la giornata che riviveva solitamente nei suoi incubi e che affrontava da sei anni a quella parte: Il giorno della Mietitura.
Ragazzi e ragazze, dai dodici ai diciotto anni, venivano radunati nella piazza principale del loro distretto, pronti per essere estratti a sorte e esser mandati a morire in un'Arena, con altri ventidue ragazzi che si sarebbero difesi con i denti e le unghie, pur di rimanere vivi e tornare a casa propria.
Dodici Distretti, ventiquattro adolescenti, sopravvivere sarebbe stato impossibile per Joseph, o almeno così era solito pensare.
Normalmente, nei suoi incubi, dopo il giorno della Mietitura, si ritrovava nell'Arena, circondato da persone che facevano a gara pur di rompergli le ossa, scoccare una freccia verso il suo cuore oppure tagliargli la gola. Seriamente, come avrebbe potuto difendersi in un posto simile?
Il ragazzo si alzò nuovamente, questa volta determinato a rimanere in piedi e senza ulteriori ricadute su quel letto morbido che ospitava i suoi "sonni".
Andò verso la bacinella d'acqua, avrebbe dovuto lavarsi o almeno sciacquare via il sudore della notte, prima della Mietitura.
Prese la saponetta, strusciandola sulla propria pelle e eliminando il poco sporco su di essa, dovuto alle ore passate nei boschi del proprio Distretto, il settimo.
Non appena finì di pulirsi completamente, rimase in piedi davanti allo specchio polveroso della propria camera.
Alto, ben piazzato, varie cicatrici sul petto dovute ad'allentamenti illegali con vari tipi di armi -Se sarebbe dovuto andare in Arena, era bene andarci preparato- e abbastanza muscoloso, forse qualche possibilità l'avrebbe avuta in caso di estrazione.
Guardò ai piedi del letto, come sempre i vestiti erano in disordine, buttati sul pavimento dopo una giornata di sfinimento e taglio di tronchi. Tutti, tranne una canottiera bianco latte e dei pantaloncini corti grigio topo.
Li indossò velocemente, abbottonandosi i pantaloni e sistemandosi la canottiera, cercando con lo sguardo le scarpe in quella confusione.
-Jack, dove sono le mie scarpe?- Urlò in modo che la sua voce si sentisse in tutta la casa. Il fratello non rispose, la madre nemmeno, forse erano usciti?
Iniziò a cercarle per la camera, trovandole sotto il mucchio di lenzuola bianche cadute dal letto.
Le infilò senza nemmeno allacciarle, ricordandosi solo allora di dove fossero andati sia la madre che il fratello minore. Erano usciti di casa poche ore prima, diretti verso la piazza.
Conoscevano il dolore e la confusione mentale che la mietitura e i "Giochi" provocavano a Joseph, sapevano quanto desiderasse rimanere solo ogni momento in cui pensava al padre, morto durante una delle tante mietiture tenute in quel Distretto, quando cercò di impedire -In quanto mentore, avendo vinto una edizione di quei Giochi sanguinolenti- di estrarre il tributo maschio, impaurito dal fatto che potesse essere suo figlio.
Joseph avrebbe preferito rimuovere il ricordo del padre accasciato a terra, tutti i suoi discorsi sulla capitale e i successivi proiettili per colpa delle sue parole rivoluzionarie.
Sbuffò alzandosi e incamminandosi verso la porta, uscendo di casa successivamente. Era preoccupato per i propri nominativi nella teca di vetro, sette, per la precisione, ma doveva pensare anche al fratellino.
In quella storia, si era del tutto scordato del fratello tredicenne con ben due nominativi a carico. Anche lui avrebbe partecipato quel giorno, e sarebbe stata una terribile tragedia veder il proprio fratello portato via dai Pacificatori, portato a morire in un luogo sconosciuto, senza nessuno accanto.
Di un'altra persona non aveva tenuto conto. Allison Summer, la ragazza che amava.
Diciassette anni, sua amica d'infanzia, sempre presente nei momenti più bui della sua vita. Anche lei quel giorno, sarebbe stata alla mietitura, come possibile tributo.
Uscì di casa scrollando la testa per far andar via i pensieri che ritraevano Allison e Jack sul palco, appena estratti.
Corse il più velocemente possibile verso la piazza principale, trovando le fila di ragazzi già disposte per ordine di età.
Si guardò attorno, cercando il fratello e la madre tra la folla, trovandoli tutti e due attaccati, lui a piangere -Come sempre, del resto- lei a cercare di consolarlo.
Lentamente, si avvicinò a lui, posandogli una mano sulla spalla e cercando di rassicurarlo inutilmente.
-Piccolo..- Sussurrò guardandolo, abbracciandolo poco dopo, assieme alla madre.
-Non ti succederà niente, non finchè ci sono io qui. Ok?- Jack annuì. Le lacrime colavano lente sul suo volto, rigando le sue guance rosee.
Quel momento fu rotto dal segnale acustico tipico dell'inizio della Mietitura. Jack, dopo aver salutato la madre, si recò nel proprio gruppo, cosa che fece successivamente anche Joseph, mettendosi accanto al gruppetto dei maggiorenni ancora sorteggiabili.
Il sole era sparito dietro le nuvole, come a non voler assistere a un evento che avrebbe portato alla morte certa.
Erano le due precise, quando sul palco salì l'accompagnatore del Distretto sette, guidato dal sindaco. Il solito discorso su Panem, la rivolta e la capitale che governava, non poteva mancare in quell'edizione.
Leon galeon, l'accompagnatore, era un uomo sulla quarantina, sgargiante come tutti i personaggi usciti da Capitol City. Indossava un capo nero, contornato da piume blu e altre argentate. Sul viso, varie decorazioni sfumate e poste su un manto bianco di cerone. Era incaricato di leggere i nomi per la Mietitura e accompagnare i tributi per il loro breve viaggio.
-Bene, vediamo di sbrigarci, odio questo lavoro, odio questo Distretto e tutto ciò che ha a che fare con gli Hunger Games.-
Joseph era sicuro che fosse la prima persona a non venir uccisa per una frase del genere.
Capitol City governava sui Distretti, gli Hunger Games erano un'occasione per ricordare ogni anno che nessuno sfugge alla sua legge, che se ci fosse un'ennesima ribellione, i dodici Distretti rimasti sarebbero spazzati via dalla sua potenza. Nessuno poteva contraddire il loro pensiero, nessuno era autorizzato a fare discorsi contraddittori alla capitale o ai Giochi.
La sua frase fu accompagnata da un silenzio accusatorio, come ogni anno da quando era lui a estrarre i nomi.
-Come sempre, prima la ragazza che perderà la vita tragicamente.-
Immerse la mano nella teca alla sua sinistra, scavando a fondo e prendendo un foglietto bianco tra i mille e passa là dentro.
Lo guardò, poi osservò la fila delle ragazze, cercando la povera vittima.
-Fatti avanti, Allison Summer.-
Il cielo si fece nero, nero come i capelli della giovane Allison che incredula guardava le amiche del gruppo. Iniziò a marciare verso il palco, silenziosamente, tra grida strozzate della famiglia e stupore generale.
Capelli nero pece, volto roseo, sbiancato leggermente per la pessima notizia, labbra rosso sangue.
Joseph la guardò appena passò accanto a lui. Rimase senza parole, incrociando il suo sguardo, senza fiato in corpo. La ragazza sorrise appena, un sorriso rassegnato, pieno di dolore e rabbia. Non poteva credere che la ragazza amata sarebbe uscita dalla sua vita, finendo in un'Arena qualche giorno dopo.
Prese posto sul palco, a fianco di Leon, quando guardò la teca delle ragazze. Mille nomi se non di più, solamente sette nominativi per la ragazza appena estratta.
-Mi dispiace piccola. Così carina e destinata a un fato orribile.- Sussurrò Leon. Stranamente quelle parole non risuonavano sarcastiche. Forse, in qualche luogo remoto nel suo animo, un pò di umanità verso gli esseri umani esisteva ancora.
-Ora i ragazzi.- Continuò lentamente, prendendo un nominativo anche dall'altra teca, scavando a fondo. -E il tributo maschio è..-
Il cuore di Joseph si bloccò sentendo quelle parole, riprendendo a battere freneticamente subito dopo aver sentito il nome.
-Jack Whittemore.-
Il fratello minore di Joseph cadde sulle ginocchia, le lacrime presero nuovamente a scorrere sul suo viso.
Joseph si sentì morire. Tutto ciò che aveva sempre immaginato e sognato si stava avverando. Prima Allison, ora suo fratello.
Il gruppo attorno a Jack si fece da parte, permettendo il passaggio del ragazzino in lacrime, scortato lentamente verso il palco da un pacificatore e da un'amico che l'aveva sorretto appena sentito il suo nome.
Un'altra persona si avvicinò lentamente a loro, andando verso il palco, col tentativo di impedire al fratello di salire. Joseph camminò lentamente, gli occhi spenti, il volto basso e un urlo soffocato in gola.
-Jack, torna da mamma.. Tu non ci andrai.-
La madre scoppiò in lacrime, così come gli abitanti del distretto che conoscevano la famiglia, gli amici dei due ragazzi e Allison, in piedi sul palco ad assistere alla scena.
-Non è possibile.. E' stato estratto..- Sussurrò Leon da sopra il palco, guardando Joseph avanzare verso di quello.
-Jack ho detto che devi andartene. Tu, non ci andrai..- Ripetè il ragazzo, ormai anche lui completamente in lacrime. -Mi offro volontario.. Come tributo.-
Le sue parole riecheggiarono nella piazza in cui si stava consumando la tragedia dell'anno, la piazza silenziosa dove ognuno stava attento a ciò che succedeva, la piazza in cui si piangeva, dove si moriva, dove Joseph Whittemore aveva appena firmato la sua condanna.
Tra i sussulti, il dolore e i pianti, anche Allison cadde in ginocchio sul palco, iniziando a singhiozzare appena sentì le parole del ragazzo.
Piangeva per la famiglia, per se stessa, per il gesto di Joseph nel proteggere il fratello, per il fatto che sia lei, sia il ragazzo che amava, sarebbero stati mandati a morire.
Joseph salì lentamente sul palco, guardando il fratello da sopra, ora tra le braccia della madre. Leon Galeon gli battè una pacca sulla spalla, con aria triste, non come suo solito. Appena raggiunta la ragazza, si buttò a terra assieme a lei, abbracciandola e tirando su col naso.
-Allison.. Andrà tutto bene, ci sono io qui con te.. Andrà tutto.. Bene.- Sussurrò poco convinto perfino delle proprie parole, mentre la ragazza si limitò ad annuire e continuare a piangere.
-Fate un applauso ai tributi dei 68°Hunger Games. Sinceramente, spero che ce la facciate.. Felici Hunger Games, e possa la buona sorte, essere sempre dalla vostra parte..- Disse lentamente, guardando i ragazzi, mentre una lieve pioggia cadeva su di loro.
-Non importa.. Siamo già morti.- Replicò Joseph con le sole forze che gli rimasero. Non immaginava di dover passare le ultime ore con la ragazza che amava, non in quel posto.
Strinse Allison, mentre la pioggia aumentò vertiginosamente e il silenzio continuava ad'essere protagonista in quella piazza ancora popolata da ragazzi e genitori ad assistere alla scena.
Anche il cielo piangeva per loro.
  
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