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Autore: realkseyoung_95    26/10/2012    2 recensioni
Una volta mi disse che era stato reale proprio come me, aveva posseduto carne e ossa, aveva camminato al sole, aveva avuto un’ombra. Allora mi misi a pensare al vero significato di “reale”, a cosa fosse la vera realtà per me.
Il mondo al di fuori della mia stanza o lui?
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Oneshot dedicata alla Kurtbastian week di Halloween.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehi there, people!
 Da mercoledì è in avvio la Kurtbastian week di Halloween ma, per motivi superiori a me (vedi: scuola), non sono riuscita a parteciparvi.
Non avevo però voglia di stare con le mani in mano, allora ho scritto velocemente questa strana oneshot che ho deciso di pubblicare.
E' chiaramente AU e i personaggi sono un po' OOC (soprattutto Seb).
E, niente, nonostante non sappia veramente da dove mi sia uscita una cosa del genere spero vi piaccia comunque e che mi facciate sapere cosa ne pensate :)
Un bacio,

-dixiewellwood-

P.S. Un grazie enorme a Mema (aka PedoCory) per il betaggio velocissimo <3 


 


Dopo che mi ero lasciato rapire dal sonno e dai sogni tormentati da spiriti, dai quali il mio corpo si sentiva circondato, rapito e abbracciato, mi svegliai non sentendo nulla ad eccezione del calore del sole proveniente dalla finestra.
Aprendo gli occhi, non mi voltai immediatamente a controllare che lui fosse accanto a me, perché la realtà era che sapevo che non ci sarebbe mai stato e non l’avrei mai trovato.
Poteva quindi questo amore essere considerato vero?
Se alle prime luci del giorno non lo vedevo più al mio fianco, se per me non averlo sotto gli occhi significava che non esistesse, nonostante mi avesse sempre detto di essermi vicino ad ogni ora del giorno, tutto era un’illusione?
Guardai fisso il soffitto, gli occhi tristi e mancanti di chi avrei rivisto solo la sera.
Desiderai che la mia vita procedesse differentemente; vivere dopo il tramonto, dimenticarmi del giorno e delle cose che in futuro avrei considerato ancora più futili di quanto non le considerassi al momento.
Una volta mi disse che era stato reale proprio come me, aveva posseduto carne e ossa, aveva camminato al sole, aveva avuto un’ombra. Allora mi misi a pensare al vero significato di “reale”, a cosa fosse la vera realtà per me.
Il mondo al di fuori della mia stanza o lui?
Sospirai e mi misi a sedere sul materasso, strofinandomi gli occhi e sentendo la stanchezza farmi peso sulle spalle, come sempre.
I piedi toccarono il pavimento freddo, rabbrividii, e mi ricordai che per la prima volta nella mia vita, quel mese, avevo bramato la mia morte.

“Dì la verità, la prima volta che hai messo piede in questa scuola non ti aspettavi un trattamento del genere!”
Sorrisi raggiungendo la porta di quella che sarebbe stata la mia camera da letto per un po’.
“Sono stato abituato a situazioni decisamente peggiori…”
“Sul serio, Kurt, perdonami se Nick e Jeff hanno iniziato con quelle battutine stupide… Loro sono fatti così.”
Il biondo e il moro, due ragazzi simpatici che avevo incontrato durante il mio primo tour alla Dalton, il giorno prima di iniziare le lezioni. Dato che Blaine si era offerto volontario per mostrarmi la scuola, non avevano perso l’occasione di precisare come il capitano dei Warblers si fosse precipitato in mio aiuto, considerando il gesto una chiara dichiarazione d’amore. Ovviamente avevo capito che lo stavano solo prendendo in giro, non ero mai piaciuto ad un ragazzo e certamente non sarei piaciuto a Blaine, che poteva essere preso come il fidanzato perfetto.
Potevo considerarlo molto carino, molte volte mi faceva arrossire con i suoi gesti gentili e pronti, ma non provavo nient’altro oltre che una grande stima nei suoi confronti.
“Dai, non erano così pungenti, fidati!” ridacchiai pensando alle equivoche battutacce di Puck e Santana.
Blaine mi sorrise, quasi sollevato. Aveva quel fare che mi faceva sempre sentire al sicuro e protetto.
“Bene, allora posso anche lasciarti all’ultima fermata del nostro Dalton tour, la tua stanza. Non ti invidierò mai abbastanza di avere la camera tutta per te. Il mio compagno è Trent e ha praticamente trasformato il nostro armadio in una piccola dispensa per il cibo….”
“Almeno puoi stare certo che non ti sentirai mai affamato!”
Sospirò e mi si avvicinò a darmi una pacca su una spalla, il tocco caldo e sicuro.
“Vabbè, io vado… Non fare tardi alle lezioni domattina. Buonanotte!”
“Non ti preoccupare, Blaine, buonanotte a te…”
Lo osservai allontanarsi, lasciandomi solo davanti alla serratura che andai a riempire con le chiavi. Aprendo la porta scoprii una stanzetta né troppo grande né troppo piccola, con due letti che pensai subito avrei unito – dato che l’altro era inutile –, una scrivania, l’armadio abbastanza grande e una porta che doveva dare al bagno.
Mi morsi le labbra, considerando quella che sarebbe stata la mia casa  e il mio rifugio per un po’ di mesi, un  luogo che incuteva sicurezza e tranquillità. Appoggiai il borsone che mi ero portato appresso sul letto facendolo scricchiolare e cominciando a tirar fuori il pigiama, la divisa e quello che mi serviva per la pulizia personale che avrei poi posto in bagno. Aprendo l’armadio scoprii piacevolmente tanto spazio libero e, dato che non ero nell’umore adatto per mettere a posto i vestiti, vi riposi solo la borsa che avrei sistemato il giorno dopo.
Afferrai il beauty case e mi diressi al bagno, quando a pochi centimetri da questo la porta si spalancò facendomi sobbalzare.
“Oh mio Dio!” soffocai un urlo quando vidi un ragazzo  alto, snello, addosso la divisa della Dalton, i capelli chiari e il viso arrogante e di un fascino al di fuori del normale che mi stava squadrando da capo a piedi, molto meno sorpreso di me.
“Chi diavolo sei tu?” ero ancora scosso.
“Chi diavolo sei tu, invece? Mi pare che questa stanza fosse deserta fino a dieci minuti fa.” Il ragazzo incrociò le braccia con aria scocciata.
“No, aspetta…” gli puntai il dito contro “nessuno mi ha detto che avrei avuto un compagno di stanza e fino a prova contraria io-“
“Quel Blaine dici? L’ho visto, è carino ma non ha l’aria di essere un ragazzo intraprendente se sai cosa intendo….”
Alzai un sopracciglio, esterrefatto. Come si permetteva di parlare in quel modo delle persone? “Senti, non credo mi importi di come Blaine sia a-a ehm…a letto o che so io, e non credo dovrebbe importare anche a te. So solo che se avessi avuto un compagno di stanza sicuramente me l’avrebbe detto e non appena sono entrato ho trovato la camera deserta, il letto fatto e l’armadio vuoto, cosa dovrei pensare?”
Al posto di ascoltare il resto della frase, si era concentrato sulla prima parte, dove avevo parlato di Blaine, e mi aveva mostrato una smorfia seguita da una risata. Avevo sempre avuto il dono della pazienza, soprattutto con le persone appena conosciute, ma con lui pure quella piccola virtù sembrava avermi lasciato.
“E adesso che hai da ridere?” sbottai scocciato.
“Nulla è che… Ho sempre amato i ragazzi che arrossiscono quando accennano a qualcosa riguardante il sesso.”
Sentii le guancie andare in fiamme alla sola parola “I-io non sono arrossito e-e comunque non so ancora chi tu sia quindi se la smetti di blat-“
“Sebastian Smythe, piacere. Sono anche io un nuovo studente della Dalton e i miei bagagli arrivano domani, per questo la stanza è vuota e bla, bla. Bene, ora che ho risposto a tutti i tuoi dubbi che ne dici di rendere utile uno di quei due letti? O preferisci andare avanti tutta la notte a dire cose inutili?”
Il mio viso sembrò diventare ancora più rosso, di rabbia, di imbarazzo, di molte altre cose. Non sarei mai riuscito a convivere con un individuo del genere, il solo pensiero mi sembrava impossibile.
Sembrò che osservasse la mia faccia con attenzione, aspettandosi una qualsiasi reazione, prima di scuotere la testa e mettere le mani in tasca.
“Stavo scherzando, ovviamente! Non so nemmeno come ti chiami…”
“…K-Kurt Hummel.” Abbassai lo sguardo, torturandomi le labbra con i denti e cercando qualcosa, qualsiasi cosa da dire. Non mi era mai piaciuto essere lasciato senza parole. In qualche modo Sebastian ci era riuscito, e non solo introducendo il tema “sesso” che mi lasciava sempre molto perplesso, ma in sé mi faceva sentire fuori luogo e inferiore.
“Bene, Kurt, io esco a fare un po’ di cose. Spero di vederti domani… Buonanotte!”
Mi sorrise diversamente di come aveva fatto precedentemente. La sua frase sembrava quasi nascondere un tono speranzoso e quando mi passo accanto mi toccò una spalla, facendomi rabbrividire. Lo scatto della porta chiusa non mi fece nemmeno sobbalzare, da quanto mi ero immerso nei miei pensieri.
Prima di tutto mi resi conto che uscire dalla Dalton, la sera tardi, era un trasgredire alle regole bello e buono e Sebastian doveva avere un gran coraggio.
Poi pensai a lui, ai suoi diversi sorrisi, a quel modo di fare così diverso da Blaine, diverso dagli altri ragazzi, così ambiguo.
Pensai a quando mi aveva toccato la spalla e di come in realtà non mi era parso di aver sentito le sue ossa colpire le mie.

La mattina dopo, quando mi svegliai, guardai l’altro letto aspettandomi un Sebastian ancora immerso nel proprio sonno. E invece, voltandomi, scoprii il materasso esattamente come lo avevo visto la sera prima quando mi ero messo a letto pieno di dubbi e pensieri turbati.
Mi ero trasferito alla Dalton apposta per non avere preoccupazioni, per sentire la mente libera e leggera per un po’. Invece, dopo il mio brevissimo incontro con il mio presunto compagno di stanza, mi sentivo più confuso di prima. Avevo pensato a cosa mi avesse lasciato più perplesso di Sebastian; Se il fatto che, teoricamente, non avrebbe dovuto esserci, il suo comportamento un po’ difficile da capire o il suo mancato rientro nel dormitorio. Solitamente non mi lasciavo così sopraffare dalle persone la prima volta che interagivo con loro, ma questa volta era diverso, qualcosa mi diceva che dietro di lui c’era qualcosa di strano.
Scossi la testa, alzandomi; Probabilmente mi stavo lasciando prendere troppo da pensieri inutili piuttosto che essere preoccupato della mia prima giornata di scuola che avrei dovuto affrontare.

Alla prima lezione, letteratura inglese, trovai l’aula da solo e senza difficoltà. Intercettai Blaine seduto tra gli ultimi banchi che subito mi fece cenno di prendere posto accanto a lui. I banchi avanti erano occupati da Nick e Jeff, che immediatamente si voltarono ad osservarci come impazienti di assistere ad una piccola scenetta romantica. Sorrisi loro e li salutai con il capo, prima di voltarmi verso Blaine con l’intento di ignorarli.
“Ehi, non mi avevi detto che avrei avuto un compagno di stanza…”
Blaine aggrottò la fronte, perplesso “infatti, non dovresti averlo. Per lo meno, così mi ha detto il preside ieri… Perché, che cosa è successo?”
Poteva una situazione già precedentemente strana aumentare la sua stranezza?
“I-io… quando sono entrato nella mia camera da letto, l’ho trovata vuota. Ma poi un certo Sebastian Smythe è uscito dal bagno e mi ha detto che è nuovo qui alla Dalton… Ha pure detto di averti visto…”
“Kurt…” il Warbler si accarezzò il capo, evidentemente confuso “io non ho saputo di nessun nuovo studente a parte te. Potrebbe essermi sfuggito, ma solitamente vengo a conoscenza di queste cose. Voi ragazzi lo conoscete questo Sebastian Smythe?” si rivolse a Nick e Jeff, che avevano seguito la conversazione con aria crucciata. Scossero entrambi la testa.
“E’ davvero strano, Kurt. Più tardi vado a chiedere informazioni in segreteria, ma ti ha detto qualcosa di più?”
“No, perché è uscito e stamani non c’era.”
Il grande punto interrogativo che vidi spuntare negli occhi di Blaine mi fece preoccupare non poco. Stava aprendo bocca per rispondermi, quando la professoressa entrò bloccando le sue parole.
Con uno sguardo fugace, mi fece intendere che avremmo continuato la conversazione più tardi.
Essendo la mia prima lezione alla Dalton, tentai di sembrare il più attento e concentrato possibile in modo da risultare uno studente modello. Il mio intentò fallì quando, dopo pochi minuti, la mia mente cominciò a navigare in destinazione “Sebastian”.

Passato il pomeriggio a studiare in biblioteca, l’idea di tornare in camera dopo cena era una grandissima salvezza nonostante sapessi che, molto probabilmente avrei dovuto affrontare Sebastian, chiedendogli parecchie spiegazioni.
 Blaine era andato a chiedere e controllare in segreteria, il risultato era che nessun Sebastian Smythe si era iscritto nell’ultimo periodo.
In tutto questo, non ero riuscito a studiare adeguatamente, tra per queste strane preoccupazioni che mi assalivano troppo e la inquietante sensazione di essere sempre osservato da dietro gli scaffali.
Prima di aprire la porta presi un respiro profondo. La storia di Sebastian mi aveva preso così tanto che quel giorno l’avevo vissuta quasi come un’ossessione. Fu la curiosità a spingermi ad abbassare la maniglia ed entrare nella camera.
Non mi sarei mai aspettato di trovarlo realmente lì, seduto al suo letto, la testa tra le mani. Non alzò lo sguardo quando la porta si chiuse e mi costrinse a rimanere in piedi come uno stupido senza trovare nulla da dire.
Mi schiarii la voce “Ehm… ciao!” non ricevetti subito una risposta, mi guardai attorno e mi accorsi che la camera era di nuovo come l’avevo lasciata quella mattina. Vuota, ad eccezione delle mie cose.
“Non ti dovevano portare i bagagli questa mattina? Per questo non c’eri oggi a scuola?”
“No…” la sua voce mi raggiunse più come un sussurro “non mi hanno portato nessun bagaglio.”
“Capisco… “ deglutii “senti, ehm… devi spiegarmi un paio di co-“
“Non c'è bisogno che tu mi dica niente. Hai chiesto a Blaine se sono davvero uno studente nuovo, l’hai mandato a controllare tra i documenti in segreteria senza trovare alcuna informazione, ovviamente…” fece una smorfia, alzando il capo “come avrebbe potuto dato che sono in questa scuola da molto più tempo di lui?!”
“N-non capisco. Tu ieri sera mi hai detto di essere nuovo….”
Si alzò in piedi con innata grazia e naturalezza. Il suo movimento mi fece istintivamente indietreggiare, andando contro il legno della porta. Stranamente mi stava spaventando…
“Sono morto, Kurt.”
Silenzio, buio nella mia mente, battiti del cuore accelerati al massimo che mi stavano fastidiosamente colpendo il petto. La voglia di scappare era altissima, la mano era già sulla maniglia, ma la paura mi stava trattenendo dal farlo.
“N-non scherzare…” il respiro mi si mozzò in gola, iniziai a sudare freddo. “t-te lo dico…non è divertente. Non capisco quale sia il tuo problema, ti piace prenderti gioco in questo modo delle persone?”
“Kurt, non sto scherzando.” La sua vicinanza mi costrinse a cercare ancor più conforto nella parete. Aveva allungato un braccio, pericolosamente in direzione della mia guancia.
“Non mi toccare!” sbottai deciso, nonostante il respiro corto. Sebastian sospirò, scuotendo la testa e allungando ancor più la mano “non ti preoccupare, non ti farò del male…”.
Lo guardai negli occhi e poi chiusi i miei, lasciando che lo facesse e basta. Aspettai le sue dita sulla mia pelle, una sua carezza ma nulla di quello arrivò. Sentii solo freddo; non il freddo d’inverno, quello della neve gelida e bagnata, quello delle mani intorpidite la mattina presto, ma il freddo cadaverico dei corpi morti, lo stesso freddo che avevo sentito su quello di mia madre quando l’avevo sfiorata poco prima che chiudessero la bara. Il ricordo mi fece spalancare le palpebre per incontrare gli occhi di Sebastian che stavano osservando le lacrime che avevano incominciato a contornare le mie guance.
“Cosa senti?” mi chiese e rimasi incantato dal movimento delle sue labbra così vicine.
“Non lo so….” Risposi, trattenendo un singhiozzo “è strano.”
Sebastian  se ne uscì con un verso affranto e un’imprecazione a denti stretti, prima di allontanare il braccio da me. “Non capisco.. pensavo fossi quello giusto.”
“C-che cosa?” Di cosa stava parlando adesso?
“Non so per quale motivo sono ancora qui, Kurt. È da un secolo che sono dannato ad affascinare i ragazzi che entrano in questa stanza, a farli cedere alle mie piccole lusinghe e commenti per poi vederli scappare via, una volta che li toccavo e capivano cosa sono. Quando ho visto te mi è sembrato tutto diverso, dal fatto che tu… Tu mi ricordi un ragazzo che ho conosciuto quando ero ancora vivo.”
“E-era il tuo fidanzato?”
Sorriso malinconicamente e inclinò la testa “una sorta. Il termine ‘fidanzato’ non è appropriato, con me non lo è mai. Quando ho notato questa somiglianza ho pensato che la mia…” fece una smorfia “…’maledizione’ fosse come sparita. Ma tu non percepisci il mio tocco, sei uno come gli altri.”
“E’ perché sei m-morto che non eri in giro oggi? Compari solo di notte?”
“No…” ridacchiò “Non sono un vampiro, sono uno spirito. Posso stare alla luce del sole quanto voglio, ma a me non piace. Non posso vedere la mia…”
“Ombra.” Conclusi io al posto suo.
Annuì, il volto velato da un pallore di tristezza che mi fece stringere il cuore ed iniziare non più ad aver paura di lui, ma a piangere di compassione. “Mi dispiace. Qualsiasi cosa ti sia accaduta, mi dispiace. Vorrei poter fare qualcosa, ma n-non capisco, non riesco a capire cosa sei, non so neanche se mi conviene crederti o meno perché è tutto così…impossibile.”
Quando mi abbracciò fu forse la cosa più strana che mi fosse accaduta quella giornata. Di nuovo sentii il freddo, come se del vento gelido mi avesse avvolto da tutti i lati del corpo. Indescrivibile.
Vidi che mi strinse ma non lo sentii. Odiavo non riuscire a sentirlo.
“Non devi dispiacerti…” mi sospirò in un orecchio “non me ne faccio niente della tua compassione. Lasciati solo abbracciare e farmi sentire il tuo cuore che batte…” e poi aggiunse in un sussurro “…come faceva il mio.”
Non seppi che dire, non sapevo se provare ad avvolgerlo anche io con le braccia perché non capivo cosa avrei afferrato, non riuscivo a concepirlo. Chiusi gli occhi, le mani bloccate, rabbrividii ancora una volta per il freddo e lasciai che mi tenesse in quella sorta di abbraccio.
Quando ci allontanammo quasi sentii la mancanza di quel gelo, aprii gli occhi e notai come lui mi stesse osservando con insistenza le labbra. Sentendomi a disagio, me le morsi; se già un abbraccio lo consideravo una cosa fuori dal normale, cosa avrei pensato di un bacio? Di qualcosa che non avevo mai sperimentato neppure nella realtà, di un gusto che non avevo mai assaporato, di sensazioni che non avevo mai provato?
Non mi accorsi neppure della sue dita che mi stavano scompigliando i capelli dietro la nuca, quando si fece strada per raggiungere la mia bocca. Mi sentii in dovere di bloccarlo. Istintivamente mi venne da posargli le mani sulle spalle ma, vedendo che queste avevano toccato il vuoto, mi ricordai di chi avevo davanti.
“Aspetta, io non ho mai baciato. Non so-“ ma aveva già posato le labbra sulle mie.
O meglio, fu quello che vidi. Furono i miei occhi a percepire il mio primo bacio, non le mie labbra. Come unica soluzione rimasta, provai cosa si immaginasse a dare un vero bacio. Detti forma alle mie sensazioni e alle immagini che tenevo nascoste nella mia mente, quando risposi al gesto.
E, quando tutto mi sembrò finito, sentii le guance arrossirsi come primo momento di vero calore.
“Non è facile, ma devi immaginarti che tutto questo stia accadendo davvero.”
“Sta accadendo davvero.” Affermai deciso “Per me è vero, indipendentemente da quello che tu sei.”
“Allora…” cominciò “se io ti dicessi che in questo momento ti sto accarezzando un fianco, per te sarebbe vero?”
Chiusi gli occhi e me lo immaginai. “Sì.”
“Se adesso ti bacio il collo?”
Immaginai anche quello. “Sì.”
“E se provassi a mettere una mano nei tuoi pantaloni?” la sua voce in sussurro e più provocante mi fece deglutire. Il fatto che la cerniera dei pantaloni della divisa si fosse abbassata e il bottone si fosse aperto, non era frutto della mia immaginazione, ma un dato di fatto. Lasciai che la mia mente producesse le carezze, un tocco gentile ma deciso che immaginai appartenesse al carattere di Sebastian e non mi stupii nemmeno quando mi lasciai sopraffare dall’eccitazione.

Fu un mix di emozioni, tra la realtà di chi sarebbe potuto entrare da un momento all’ altro e vedere me che mi contorcevo da solo e la mia fantasia, tra il calore delle mie parti del corpo sottoposte a quella piacevole tortura e il freddo mortale.

In quel momento non sapevo in che guaio mi stavo per cacciare, non mi resi conto che mi sarei sottoposta ad una prova difficile: lo sconvolgimento della mia realtà attuale per inventarmene una completamente nuova.
Non avrei mai immaginato di desiderare di morire, di sapere cosa si provava a sentire davvero il corpo di Sebastian avvolto al mio e di stare finalmente insieme come una persona normale definirebbe “realmente”. Era lui che mi impediva di suicidarmi, diceva che era troppo rischioso, che secondo lui la mia anima era troppo pura per rimanere sulla terra come aveva fatto la sua.
Un giorno mi disse dov’era sepolto e andai a visitare la sua tomba, rovinata ormai dagli anni e senza ormai alcun fiore sopra di questa.
Decisi di portargliene uno ogni giorno, di dargli colore e tenerlo vivo nonostante continuasse preferire restare nell’ombra.
   
 
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