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Autore: Mami Shimizu    26/10/2012    1 recensioni
"Atsushi non batté ciglio e, senza dire nulla, si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo davanti a tutti, iniziando a togliere i post-it dalla maglietta.
In quel momento, l’unica cosa che mi venne in mente, fu che aveva proprio un gran bel corpo."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
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Era un lunedì pomeriggio e, con quel poco di tranquillità che c’era, stavo completando un disegno di tecnica con l’aiuto della professoressa Yamada.
Stavo alla cattedra a seguire i consigli dell’insegnante e, qualche volta, lanciavo un’occhiata alla classe.
Un gruppo di compagni sghignazzava guardando Atsushi, uno strano ragazzo alto più di due metri, dai capelli castano chiaro spettinati, la carnagione biancastra e degli occhiali con le stanghette rosa shocking che risaltavano sulla sua pelle, che stava aiutando una compagna con il disegno. In un certo senso era divertente: era piegato in modo quasi innaturale e sembrava che potesse spezzarsi in qualsiasi momento.
D’un tratto volse le spalle verso la cattedra e, in quel momento, capii perché quel gruppetto stava ridendo sotto i baffi: Nel rosa scuro della sua maglietta risaltavano dei accesi colori verde ed azzurro dei post-it che li erano stati attaccati nella schiena. 
La professoressa Yamada notò i post-it sulla schiena di Atsushi e lo chiamò:
«Atsushi! Guarda che hai dei adesivi attaccati alla maglia. Vieni che te li tolgo.» Disse la professoressa, allontanando la sedia dalla cattedra. Atsushi non batté ciglio e, senza dire nulla, si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo davanti a tutti, iniziando a togliere i post-it dalla maglietta.
In quel momento, l’unica cosa che mi venne in mente, fu che aveva proprio un gran bel corpo. Non era troppo magro e le sue braccia non erano molto muscolose però aveva degli addominali molto evidenti. La compagna che stava aiutando, infatti, se ne stava a guardarlo incantata. Abbastanza frivola dato che, prima che ciò accadesse, non se lo filava nessuno. 
«Ma che..!? Rimettiti la maglietta..!» Li urlò la professoressa Yamada, stupita e divertita dalla scena. Atsushi si ricoprì e, senza batter ciglio, incurvò di nuovo la schiena sul banco della compagna, riprendendo a spiegare mentre, quest’ultima, lo guardava estasiata. 
«…Q-quindi.. Chi ha messo quei post-it su Atsushi?!» Urlò la professoressa Yamada. «Atsushi! Chiamami la vice-preside.» Aggiunse poi. Atsushi, facendo spallucce, uscì dall’aula e, dopo un po’ tornò e si mise a sedere al suo posto, ossia davanti al gruppo di ragazzi che prima sghignazzava. La professoressa mi mandò al posto ed iniziò a fare un discorso su quanto questa classe sia piena di ragazzi infantili che fanno scherzi stupidi e per niente divertenti. Dopo un po’ entrò in classe la vice-preside e, dopo aver parlato con la prof Yamada, iniziò anche lei un “discorso”:
«Chi è stato?» Disse con tono distaccato e severo. In classe nessuno disse nulla. «Vi avverto che, fino a quando non salterà fuori il colpevole, nessuno uscirà da questa classe.» Aggiunse. 
Ancora nessuna risposta.
«Allora?» Disse la vice-preside, spronando il colpevole -o i colpevoli- a confessare.
«Vi avverto che rimarrò qui a torturarvi fino a quando non ci sarà un colpevole, anzi, il vero colpevole.» Concluse.
Dal fondo della classe, un ragazzo si alzò, autoproclamandosi colpevole, attirando a se tutti gli sguardi. Con un sorriso scemo stampato sulla faccia guardava il resto della classe, come se aspettasse gli elogi. 
«Bene. Non pensare di essere un eroe. Hai fatto il tuo dovere di studente ed hai confessato. Ora, chi è l‘altro colpevole?» Disse la vice-preside. «Prof. Sono stato io.» Disse il compagno che si era alzato prima. «…» La vice-preside lo fulminò con lo sguardo, facendoli sparire dal volto quell’espressione ebete. «Non ti credo ma, sia chiaro che pagherai le conseguenze anche per il tuo complice così, a punizione finita, vi scannerete tra di voi come dei bravi bambini che annichiliscono il traditore.» Concluse, sorridendo maliziosamente, uscendo dalla classe.
 
 
*** 
 
In classe tornò il silenzio e poi, finirono le lezioni e tutti, eccetto quello che si era dichiarato colpevole, uscirono da scuola.
Uscii da scuola e, dalla parte opposta della strada, vidi Atsushi camminare spedito, seguito da Mei che, invece, camminava a fatica, non riuscendo a tenere il passo con Atsushi.
Certo che fa pena.. Andare dietro ad una persona solo perché si è scoperto che ha un bel fisico. È da tre anni che la aiuta nei compiti e lei non ha mai fatto nulla.
Continuai a guardare.
Atsushi si fermò, voltandosi verso Mei. Io attraversai la strada e mi nascosi dietro ad un albero vicino, in modo da sentire quel che si dicevano.
«Se non riesci a tenere il passo con me, lascia perdere e non seguirmi.» Disse Atsushi, coprendosi la bocca con il colletto della giacca. 
«Potresti anche rallentare un po’ però..» Rispose Mei, prendendo fiato. «Sei sempre di fretta..»
Atsushi le diede le spalle. «..Ho i miei motivi. Ora, cosa c’è?» Le chiese poi. 
«…Volevo sapere se.. Ti andrebbe di andare a pranzare insieme..?» Le chiese lei, sorridendo in modo insicuro. 
Atsushi girò la testa verso di lei, guardandola con aria irritata. «No. Ora torna a casa a studiare. Domani ti devono interrogare.» Concluse, scacciandola con la mano. 
Mei, con gli occhi lucidi, li sorrise e poi se ne andò.
..Sarà stata abbastanza superficiale a chiederli di andare a mangiare solo perché ha un corpo da urlo, però anche lui poteva essere più gentile. Pensai, annuendo.
«..è maleducazione ascoltare le conversazioni altrui.» Disse Atsushi, comparendo da dietro di me. Cacciai un urlo, saltando via. «Non stavo affatto origliando!» Li urlai, dandoli le spalle. 
«Cosa ti interessava sapere?» Mi chiese, sedendosi su di un gradino davanti ad un negozio di antiquariato -di cui non sapevo nemmeno l’esistenza-. 
«..Sembrate molto intimi, voi due.» Dissi con tono di sfida, anche se un po’ insicura.
«Ho passato tre anni ad aiutare nei compiti quell’ottusa di Mei. È ovvio che, almeno un po’, la conosca.» «Però potevi essere un po’ più gentile con lei.» «Sono stato un vero gentleman. Ora che ho risposto alle tue domande, ciao.»
Concluse, cacciando via anche me con la mano, entrando nel negozio.
  
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