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Autore: ValerieJuliet    27/10/2012    0 recensioni
JongKey ~ JonghyunxJonghyun
L’anima è staccata dal corpo.
Possono esistere due spiriti che vivono in un’unica mente?
Chi sono io?
E’ una domanda che racchiude il senso, anzi, i plurimi sensi dell’esistenza.
Ma quando non sai chi sei, ti ritrovi sperduto in un mondo di cui non conosci nulla.
Genere: Romantico, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: Buonsalve a tutti! :) Spreco poche parole riguardo questa fan - fiction incentrata principalmente sul contrasto di due personalità all'interno di un unico corpo. Avrei voluto pubblicarla molto tempo fa [esattamente il giorno del compleanno di Kibum], ma per un motivo e per un altro non sono riuscita a farlo in tempo. Povera me! T.T
Okay, dovevano essere giusto due parole, ma come sempre devo dilungarmi con le mie elocubrazioni inutili! xD
Vi lascio alla lettura del surrogato della mia creatività! :D 


[Echo]

La tristezza è la personificazione della solitudine.
L’invidia è l’esagerazione della gelosia.
L’obbligo è la realizzazione della perdita di se stessi.
 
L’anima è staccata dal corpo.
Possono esistere due spiriti che vivono in un’unica mente?

 

Hello, hello.
Anybody out there?
‘Cause I don’t hear a sound.
Alone, alone
I don’t really where the world is but
I miss it now.

 
Chi sono io?
E’ una domanda che racchiude il senso, anzi, i plurimi sensi dell’esistenza.
Ma quando non sai chi sei, ti ritrovi sperduto in un mondo di cui non conosci nulla.
Ti abbandoni al niente, aspettando di essere riportato in vita, di ritornare in quel corpo, quello che avevi occupato per anni.
QDov’è il mio posto?
Di sicuro non è qui, in questa casa enorme, senza nessuno a farmi compagnia.
Mi aggiro tra le innumerevoli stanze, vuote, polverose e inabitate da tempo.
Riesco a vedere l’inesistenza di bellezza nell’arredamento, nell’accostamento di stili diversi tra loro, nella tristezza che ogni oggetto, visibile da chi poggia lo sguardo su essi, riversa nell’atmosfera irrespirabile.
Un grande specchio è posto in fondo al corridoio, abitato dalle infinite porte delle infinite stanze.
Sto sognando?
Corro, ma il corridoio sembra non finire mai.
Flash di luce scura appaiono alla mia vista appannata, mentre di colpo mi ritrovo di fronte allo specchio.
Tutto è avvolto da una strana nebbia opaca che racchiude il mio spirito, lo colora, lo uccide.
Lo rende schiavo del nulla.
Perché?
Cerco di specchiarmi, ma l’unica cosa che riesco a vedere è l’inizio del corridoio.
Non sono altro che inconsistenza.
Dov’è finito il mio corpo? Dove sono io?
“Ehi, c’è qualcuno?”
Le mie stesse parole risuonano nell’aria e mi parlano.
Nessuno sta ascoltando la mia angoscia, nessuno risponde alle mie richieste.
Sono forse solo?
Sono stato allontanato da quello che loro definiscono mondo, il luogo nel quale l’umanità ha messo piede, il posto in cui vivono le anime e gli spiriti come me.
Mi manca quel luogo che mi ha accolto per ventidue anni e che poi mi ha mandato qui.
La solitudine mi sta uccidendo dall’interno.
“C’è qualcuno? Sono ancora solo?”
Ancoranessuna risposta.
Mi rendo conto di essere abbandonato alla mia stessa malinconia.
Mi rannicchio in un angolo vicino lo specchio e chiudo gli occhi, alla ricerca di un attimo di pace.
Mi rassegno, cosa potrei fare?
Sono ancora solo e disperato.
Ascolto il mio respiro, ascolto il continuo ripetersi dei miei battiti incontrollabili sotto l’epidermide velata di bianco.
Dov’è il mio cuore?
È ancora lì, con il mio corpo e avrei dovuto strapparlo, portarlo via con me, invece di lasciarlo sulla terra, a quell’anima immeritevole di abitare quella carne.
Il mio cuore non batte più, non mi appartiene più.
Cos’è successo?


 

Si è disposti a tutto, pur di piacere agli altri.
I soldi non fanno la felicità.
Ma riescono a trasformare, influenzare e distruggere.
L’anima.

 

I’m on the edge and I’m screaming my name
Like a fool at the top of my lungs.
Sometimes when I close my eyes I pretend I’m alright
But it’s never enough.
‘Cause my echo, echo
Is the only voice coming back.
My shadow, shadow
Is the only friend that I have.

 
Tutto è cambiato.
Ho preso consistenza.
Sono tornato nel mio corpo?
Riapro gli occhi e guardo innanzi a me.
Sono tornato nel mondo reale?
Riconosco questo luogo: è il dormitorio dove ho vissuto gli ultimi quattro anni della permanenza in quel corpo.
Cammino: devo incontrarlo, devo parlargli, devo fargli capire che può essere salvato da se stesso.
Non mi accorgo di una macchina che mi investe, ma io non provoco nessun incidente.
Sarò forse un fantasma?
Forse.
Non riesco a sentire l’asfalto sotto i piedi, il freddo sulla pelle, la luce del Sole che brucia gli occhi.
Ma sento di essere presente fisicamente in questo mondo.
Guardo intorno a me, provo a urlare, salutare qualcuno che mi passa accanto.
Nessuno sembra essere turbato dalla mia presenza.
Come farò a parlargli se non può vedermi?
Forse sto impazzendo e non mi rendo conto dei miei stessi deliri.
“Jonghyun! Jonghyun!”
Provo ad urlare il mio nome, o meglio il nome del ragazzo che mi ha accolto nella sua mente.
Ma che poi mi ha allontanato.
Ucciso.
Urlo di nuovo: adesso l’eco risponde con la mia stessa voce.
Sono da solo, in una dimensione in cui nessuno può guardarmi e parlarmi.
Chiudo gli occhi e cerco di tranquillizzarmi, nella speranza che tutto questo finisca e torni a vivere nel ragazzo che ero una volta.
Corro: cerco di scacciare la tristezza e il pianto dagli occhi lucidi.
Attraverso le persone e ancora non riesco a vederlo.
Dove sei finito?
Analizzo i volti della gente: ogni corpo è abitato da un’anima uguale a me.
Ma perché sono solo?
Non riesco a spiegarmelo.
O forse una spiegazione non esiste.



L’egocentrismo sbagliato di un ragazzo abbandonato alla realtà.
Il possibile riscatto in un mondo parallelo di un’anima lasciata a se stessa.
L’incontro non impossibile delle due parti.
Nessuna delle due può vivere senza congiungersi all’altra.
 

Listen, listen
I would take a whisper if
That’s all you have to give.
But isn’t, isn’t
You could come and save me
Try to chase it crazy right out of my head.

 

Strabuzzo gli occhi e lo vedo.
Cammina, lentamente mentre si aggiusta gli occhiali e i capelli.
“Jonghyun! Jonghyun!”
Gli corro incontro per farmi vedere, sapendo che comunque non riuscirebbe a farlo.
Perché gira lo sguardo verso di me?
In un attimo, capisco che le mie supposizioni sono sbagliate, altamente sbagliate.
Lui riesce a guardarmi; solo lui può farlo.
È spaventato ed incredulo: d’altronde come potrebbe non esserlo?
Lo vedo accasciarsi per terra, con qualcuno che cerca di reggerlo per le braccia.
Kibum?
No, Taemin.
Maledetto Internet War: li ha fatti avvicinare nel modo sbagliato e ha svegliato nella mente di Jonghyun la sua parte più oscura.
Ha allontanato me dalla sua mente, dal mio Kibum.
Cosa gli sta succedendo?
Non riesce a reggersi in piedi, Taemin ha un telefono fra le mani.
Che stia chiamando aiuto?
Ma io ho bisogno di parlargli, devo salvarlo da se stesso.
Il tempo passa velocemente e vedo un’autoambulanza sfrecciarmi davanti.
Si ferma di fronte ai due ragazzi.
Tutto diventa bianco e non riesco più a vedere nulla.
Chiudo gli occhi e mi ritrovo in quella casa disabitata, ancora da solo.
Sono davanti allo specchio e non riesco ancora a vedermi.
Mi muovo, cerco di toccare la superficie liscia, ma nessuna immagine identica a me appare in quella cornice.
Sento una voce provenire da una delle stanze vuote.
È la sua che risuona in un altoparlante.
Ascolto attentamente per cercare di raggiungerla.
La sento sempre più vicina e infine riesco a trovarla.
Un televisore riproduce tutto ciò che Jonghyun aveva fatto all’Internet War e al concerto: l’arroganza, l’egocentrismo esagerato che spalanca le porte al verme del dolore.
Come ho lasciato che accadesse?
Mangiato dalla possibilità di altro denaro si è abbassato a tanto.
Sono stato cacciato dal mio corpo.
Come ho lasciato che accadesse?
La vita presenta delle strade e noi non dobbiamo far altro che scegliere.
Magari, scegliere quella giusta.
Non ricordo esattamente quando mi sono ritrovato scaraventato in un mondo diverso dalla mente di Jonghyun.
So solo che adesso vivo in questa casa disabitata in attesa di ritornare nel mondo reale, di innamorarmi di nuovo di Kibum, di ridare dignità a quel corpo che l’ha persa.
Un forte movimento di tutto ciò che ho intorno a me.
Un altro flash bianco e mi ritrovo nella realtà.
Davanti a me c’è solo l’ospedale e una certezza che piano si insinua nei miei pensieri.
Il tempo è passato veloce: che giorno è adesso?
Devo varcare quella porta per cercarlo?
Non riesco a correre: qualche forza mi trattiene, mi lega alla terra e non mi fa muovere.
Ho la possibilità di riflettere, di pensare alle esatte parole da dirgli.
C’è una sola domanda: perché ti stai facendo questo?
Ma la paura di una qualche risposta mi fa esitare.
Gli spiegherò solo quello che ci sta capitando.
Se avessi un cuore, in questo momento manderebbe a mille i battiti.
Sono agitato e impaurito.
Lentamente attraverso la porta d’ingresso e mi metto a cercare nei vari reparti.
Riesco finalmente a trovarlo.
In questo istante l’ansia è la mia migliore amica.
Dorme tranquillamente su quel lettino d’ospedale, con il viso contratto, come se fosse eternamente infuriato.
Con il mondo o con se stesso?
Era cambiato: fisicamente e mentalmente.
Se potessi piangere, lo farei.
Mi avvicino al lettino e sfioro con le dita il disegno perfetto delle braccia, provocando un leggero brivido sulla pelle sudata.
Può sentire il mio tocco?
Si sta svegliando pian piano, aiutato dalla forte luce della lampada che lo sovrasta.
Apre gli occhi e mi vede.
Indietreggia quel poco che riesce.
Mi guarda sbigottito e con un dito mi indica.
“Chi sei tu? Perché sei identico a me?”
Cerco di mantenere la calma mentre mi parla.
Ho paura di non riuscire a proferire parola.
“Sono, o meglio ero, la tua anima.”
“Sono proprio impazzito. Devo aver preso una bella botta in testa.”
“Devi ascoltarmi, non sei impazzito. Sono davvero la tua anima, e sono qui per aiutarti.”
“Aiutarmi in…”
“Zitto! Devi solo rispondere alla mia domanda: perché ti stai facendo questo?”
Chiudo gli occhi per non guardare la sua reazione alla mia richiesta.
Ascolto il silenzio che sta crescendo piano, interrotto dalla presenza di una terza persona.
“Facendo cosa, scusa?”
“Ti stai vendendo all’SM. Dov’è finito il vecchio Jonghyun? Quello sempre pronto a ridere e scherzare, quello che credeva nell’amicizia vera, quello che era capace di innamorarsi? Dov’è?”
“Io non sono più quello di una volta. Sono cambiato e anche il mio comportamento nei confronti degli altri è cambiato.”
“Lo so che sei cambiato. Io sono il risultato del tuo cambiamento: hai lanciato fuori da te la parte della tua anima pronta a mettersi in gioco per quello che eri. Ne hai accolto un’altra, più cattiva, più egoista ed egocentrica.”
“Quante cazzate che spari..”
“Il tuo stesso mascherarti dietro un’immagine da duro è la prova che sei cambiato, in peggio. Ho un compito: voglio salvarti dal delirio. Voglio che tu mi riaccolga nella tua mente. Solo tu puoi farlo.”
“Senti, a me non frega niente di avere un’anima buona. Io so quello che sono e non potrò più tornare indietro.”
Non si accorge che Kibum gli sta stringendo la mano: è ancora innamorato di Jonghyun, riesco a leggergli la mente.
Devo fargli ricordare cosa erano prima: la coppia perfetta, quella che niente e nessuno avrebbe potuto dividere.
Quella parte romantica e innamorata è venuta via con me.
“Hai venduto le tue abilità per i soldi, la fama. E tu ti definiresti una persona seria?”
“Cosa c’è di meglio dei soldi?”
“L’amore. E quello che di buono può darti! Guarda! Anche se tu sei diventato un arrogante, spregevole ragazzo c’è qualcuno che ancora ti ama!”
“Certo, c’è Taemin. Gli deve essere piaciuto quello che abbiamo fatto all’Internet War. E’ stato davvero eccitante.”
“E’ Kibum! E’ lui che, nonostante tutto, è qui accanto a te a tenerti la mano!”
Si gira verso Kibum e lo guarda e credo che una lacrima nascosta stia scivolando dai suoi occhi spalancati.
“Ti ricordi cosa eravate?”
“Eravamo innamorati. Ma io non so più cosa sia l’amore.
“Tu lo sai ancora, solo che non vuoi ammettere di essere più di ciò che sei adesso.”
Mi guarda con l’amarezza negli occhi.
Capisco la sua angoscia e vorrei curare le sue ferite, inferte dalla preoccupazione.
Ma l’unico modo per guarirlo è ritornare a quello che era una volta.
“Ti prego, cerca di cambiare.”
Tutto intorno si fa più chiaro.
Non riesco a distinguere più i due ragazzi di fronte a me.
Osservo: mi sto dissolvendo piano.
Che abbia risolto il mio affare in sospeso?
Ho cercato di far ragionare quel ragazzo offuscato dalla paura di perdere i soldi, la fama e l’amore.
Troppo accecato dal falso brillio del denaro.
Potrò tornare nel mio corpo una volta per sempre?

 



La forza di un solo sguardo nutre l’anima e il corpo.
La paura di rimanere soli offusca la voglia di amare.
L’ inconsapevolezza lascia spazio alla coscienza.
 

I don’t wanna be down and
I just feel alive and
Get see your face again once again
Just my echo, my shadow
You’re my only friend.

 

Jonghyun si svegliò, sudato e preoccupato, guardandosi intorno per capire dove fosse.
Aveva vaghi ricordi di ciò che era successo e non riusciva a spiegarsi lo strano discorso che aveva avuto con se stesso.
Era caduto in mezzo alla strada, credendo di aver visto la sua esatta copia camminargli davanti.
Non riusciva a capire la differenza tra realtà e sogno: tutto era confuso, caotico, ma l’unica cosa di cui poteva essere certo era di essere innamorato di Kibum.
La cecità della mente lo aveva obbligato a guardare solo il denaro e il verme del successo, che si era insinuato nel profondo fino a racchiudere il cuore in una morsa.
Aveva perso i sensi abbastanza per credere di essere impazzito del tutto.
Era caduto nella trappola della popolarità e della realizzazione falsa di se stessi, annullando tutto ciò che era stato fino a quel momento.
Cosa gli era accaduto?
Non riusciva a spiegarselo, era troppo complicato trovare una risposta razionale ad una domanda così semplice.
Come aveva potuto lasciare che l’immagine di Kibum lo lasciasse?
Si sentiva in colpa verso colui che amava ancora e verso se stesso.
Si era abbassato a provare solo godimento, essendo stato sotto il tocco piacevole di Taemin.
Anche l’amore l’aveva abbandonato, lasciandolo in balia di un delirio sessuale.
L’avrebbe mai perdonato?
Kibum sicuramente l’avrebbe fatto.
Era il suo angelo custode e non l’avrebbe trascurato per nulla al mondo.
Ma fino a quando avrebbe potuto abusare della sua pazienza?
Prima o poi l’avrebbe abbandonato a se stesso, senza avere la possibilità di salvarlo.
Sebbene Kibum fosse dotato di un amore incondizionato nei confronti di Jonghyun, prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con la sua inevitabile fine.
“Voglio solo rinascere.”
Guardò sommesso la sua mano, abbracciata da quella di Kibum: sentiva la morbidezza, la dolcezza con cui le loro epidermidi si carezzavano, desiderose di baciarsi per il resto dell’eternità.
Con il pollice cominciò a disegnare sulla pelle nivea, provocando strani brividi al suo ragazzo.
Poteva ancora definirlo ‘il suo ragazzo’?
Avrebbe voluto svegliarlo in quel momento, confessargli il suo amore, dissetarlo con le sue stesse lacrime, che avrebbero portato il segno del pentimento.
Avrebbe voluto chiedergli di fare l’amore, come solo loro sapevano farlo.
Avrebbe voluto possedere quelle labbra, farle proprie e firmarle con la forza dell’innocente passione.
Con l’indice della mano libera carezzò i lineamenti che amava da sempre, facendo sussultare sotto il suo tocco la pelle che ricopriva quel viso angelico.
Sorrise tra se, ripensando a tutto ciò che avevano passato insieme e a quello che avrebbero potuto fare ancora.
All’improvviso la nostalgia l’assalì: aveva dimenticato cosa realmente il viso di Kibum gli trasmettesse.
“Voglio solo guardarti un’altra volta. Una volta sola e potrò dire di essere di nuovo libero.”
Kibum si mosse sotto la sua mano.
Non era ancora pronto per farsi osservare: era sporco di tradimento e aveva logorato il proprio cuore e quello di Kibum.
Non aveva il coraggio di presentarsi per quello che era.
Aveva paura?
Per la prima volta dopo mesi, il forte e determinato Jonghyun aveva abbattuto ogni sua fortezza, cadendo al solo ricordo dell’amore che Kibum riservava solo per lui.
Tutto quello di cui si era nutrito in quegli ultimi mesi era il suo immenso ego, ucciso all’improvviso dal fresco tocco di quell’epidermide ormai rimasta solo un ricordo.
Il respiro di Kibum aumentò gradatamente, mentre la coscienza riprendeva posto nella sua mente, scacciando i sogni e i desideri nascosti nel sonno.
Le iridi, che richiedevano luminosità, furono lentamente accontentate dalle palpebre ancora socchiuse, che dettero il tempo a Jonghyun per fingere di rimanere nello stato di incoscienza.
Chiuse gli occhi, aspettando che le parole fluissero dalle labbra a cuore, di cui, una volta, aveva assaggiato il sapore.
Voleva riprovare il piacere della loro essenza, quel nettare divino di cui erano impregnate.
Avrebbe voluto rivivere la sua innocenza, assaporare ogni attimo perduto e cercare il suo perdono.
Un sospiro leggero, quasi impercettibile, fluì lentamente dalle labbra di Kibum, migrando verso le due mani intrecciate.
“Jongie, vorrei poter tornare indietro.”
Kibum strinse ancora più forte la mano che proteggeva con la sua.
Il silenzio fu riempito dai singhiozzi e dai gemiti che il più piccolo non riusciva a trattenere.
“Perché sei cambiato? Io ti amavo, Jongie. Pensavo di conoscerti più di chiunque altro, pensavo di possedere la parte mancante del tuo paio d’ali. Che cos’hai fatto?”
La mano di Jonghyun si mosse d’istinto, stringendo ancora di più quella di Kibum, disperato e ormai mal ridotto.
“Perdonami, ho sbagliato. Io non ti amavo, io ti amo. Nonostante tutto ciò che mi hai fatto, nonostante tutto ciò che il mio cuore ha dovuto subire, nonostante la tua anima sia scomparsa nel nulla. Nonostante tutto, io ti amo.”
Jonghyun si rese improvvisamente consapevole di quello che aveva compiuto: aveva allontanato Kibum dalla sua vita, aveva rinnegato l’affetto incondizionato che quel ragazzo aveva coltivato solo per lui, aveva confuso il sesso con l’amore.
Un senso di colpa irrimediabile nacque laddove, un tempo, aveva abitato il suo cuore.
La sua anima.
Le palpebre si ritrassero, rendendo le iridi uniche spettatrici dello scempio che lui stesso aveva provocato.
Lo guardò piangere, ed un dolore lancinante occupò la parte centrale del suo petto.
Avrebbe voluto urlare, ma qualcosa si bloccò all’altezza delle corde vocali.
Il malessere che stava provando gli fece chiudere gli occhi immediatamente, allontanandolo ancora una volta dal viso di Kibum.
I battiti accelerarono incontrollabili, mentre il muscolo cardiaco cercava una via d’uscita da quel corpo, che l’aveva lasciato assopito ed addormentato per troppo tempo.
“Grazie.”
Una voce lontana e familiare risuonò nella sua mente.
Che la sua anima fosse ritornata nel suo cuore?
Il respiro si fece più regolare e ai suoi occhi l’immagine di Kibum tornò più vivida che mai.
Rise a fior di labbra e aspettò che il ragazzo si accorgesse del suo risveglio, per sorridergli ancora.
Non avrebbe mai smesso di essere felice con lui e di questo era più che certo.
Mosse volontariamente la mano, come se volesse far sentire la sua reale presenza lì, in quella stanza d’ospedale.
Un’espressione indecifrabile apparve sul viso di Kibum, che non riuscì a trattenere le lacrime.
Lo abbracciò improvvisamente, lasciandolo senza fiato e mentre Jonghyun si struggeva per scusarsi, Kibum continuava a ripetere silenziosamente di amarlo e di volerlo fare per l’eternità.
Una lacrima inumidì le ciglia del più grande, concretizzando le parole non dette e gli abbracci non dati.
Avrebbe potuto riavere indietro il tempo perduto?
Jonghyun cercò di recuperarne il più possibile, in quell’istante.
Prese fra le mani il volto angelico di Kibum e lo avvicinò al suo, concatenando le iridi plumbee che mai avrebbe cercato di dimenticare.
“Perché mi ami, Kibum?”
Jonghyun, con la voce spezzata dal pianto che pian piano andava intensificandosi, parlò come non faceva da tempo.
Con il cuore.
“Non c’è un perché. Ti amo e basta.”
Kibum chiuse gli occhi, lasciando cadere sulla guancia l’ennesima lacrima.
Le labbra si incontrarono sigillando il passato per dar vita ad un nuovo presente.
“Ho paura.”
“Di cosa?”
“Di perderti di nuovo.”
“Tu non mi perderai, Kibum.”
“Perché no?”
“Perché il mio destino sei tu. Se tu non ti perderai, io sarò al sicuro e la mia anima si nutrirà solamente di quell’amore assoluto che tu provi per me.”



Il perdono è un sinonimo di amore.
L’attesa, ripagata dopo i sacrifici, risulta balsamo benefico per il cuore e l’anima.
L’eco lontano della nostra stessa voce ci farà compagnia.
Per sempre.

   
 
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