Disclamers:
La fiction è ispirata a queste due gif che ho trovato su Tumblr.
Scritta di getto in preda all’ispirazione
violenta xD
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate .
FIRST SMILE.
Phill
Coulson era libero di morire.
Niente ordini a cui obbedire. Stavolta non dipendeva da lui.
Non era affare suo.
Non sapeva dove si trovava , non fisicamente almeno. La sua mente era altrove.
Non a New York, forse nemmeno sul pianeta terra.
Buio. Totale.
I suoni degli apparecchi
elettronici che fornivano gentilmente a medici e visitatori lo stato di
salute del suo corpo rimesso assieme da una regnatela di punti di sutura non
gli arrivavano. Niente poteva sfondare
quel muro dietro al quale aveva barricato la sua testa ormai. A volte, però, poteva dire di cogliere
movimenti. Parole. Qualcosa di saltuario, imput che andavano
e venivano. Frammenti di uno specchio
spezzato.
Per il resto era buio. Coma.
Se solo fossero state vere tutte quelle cazzate New Age
sull’anima che si stacca dal corpo e
vaga per la stanza Phill avrebbe visto Pepper Potts, elegante come sempre, sedere accanto a lui tutto un
pomeriggio, scaldandogli la mano fra le
sue e leggendogli le ultime dello sport. Inceppandosi e rileggendo con voce
incerta il nome di ogni squadra sportiva.
Avrebbe visto il Direttore Fury tirare fuori da sotto il cappotto una
bottiglia di whisky e lasciarla sul comodino
fra il mazzo di fiori di Hill e il sacchetto di caramelle, sicuramente
comprato ad una stazione di servizio di Natasha.
Avrebbe visto Stark, smontare il telecomando di sali e
scendi del letto, riparandolo, e
poggiargli una goffa pacchetta su un braccio borbottando un - Rimettiti presto .-
a mezza bocca.
Ma soprattutto sarebbe stato capace di dare un nome a quella strana sensazione
che, come acqua che erode, si era
infiltrata fra le paratie che isolavano il suo cervello dal resto del mondo.
Il peso che aveva inclinato il letto a
destra.
Quel rumore basso che però lui riusciva ad udire sopra il bip
dei macchinari.
Quel calore lungo il braccio. Familiare. Troppo familiare.
L’aveva provato la prima volta, di
ritorno da una missione.
Si era ritrovato ad assaporarlo schiacciato contro un muro, fra il sangue e il
sudore, si era accorto di averlo sempre cercato in qualche modo. Poi, era stato
un crescendo di abitudine, quella sensazione di benessere era diventata conosciuta,
amata. Legata a qualcuno che lo aspettava e che a sua volta aveva aspettato
spesso.
Aprì gli occhi e il soffitto sopra di lui ondeggiò pericolosamente.
Il fischio dei macchinari gli ferì le orecchie, chiuse gli occhi, strizzandoli
per poi riaprirli e spostare lo sguardo
verso l’ombra a limitare del suo campo visivo.
Clint arricciò le labbra in un sorriso, il primo che Phill vedeva fargli da che lo conosceva -
Bentornato signore.- si alzò dal letto facendo scricchiolare le molle -Domani finiscono le due settimane di ferie
arretrate che aveva accumulato.-
Phil, probabilmente avrebbe sorriso se avesse potuto, se cinque paia di mani
non gli fossero piombate addosso tastandolo,
controllandolo e facendolo sentire un neonato appena uscito dall’utero.
Clint lo osservò per un momento, prima di uscire costeggiando il muro.
In corridoio, Natasha inarcò un sopracciglio - Mi
devi cinque dollari.-
Clint alzò gli occhi al soffitto, fingendosi pensoso – Perché ?- chiese voltandosi facendo perno
sui tacchi delle scarpe e marciando verso i distributori. Natasha
lo seguì sorridendo sorniona - Perché io
l’avevo detto che ti sarebbe bastato mettere piede in quella stanza per farlo
riprendere. Sei tu che hai dovuto prendere coraggio due settimane per portare
le chiappe al capezzale del tuo uomo.-