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Autore: Ruta    27/10/2012    4 recensioni
Può far finta quanto vuole, ma il Dottore non dimentica niente e nessuno. Mai.
[...] Sono resti, avanzi, ciò che loro hanno lasciato dietro di sé andandosene, alcuni senza averne avuto coscienza, senza averlo preventivato o averne avuto neppure il proposito. Ci sono lettere e su alcune, come brandelli dei vecchi se stesso, si possono tuttora riconoscere macchie traditrici che ne rivelano l’esatto contenuto; scritture tremolanti, altre ferme e spigolose agli angoli, arrivederci bugiardi alla fine e un caro all’inizio che fa quasi più male dei nomi con cui si firmano. Quasi.
SPOILER
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, River Song
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt: Doctor Who, Eleventh/River Song, Non sarai mai come lei
Titolo: Tutto da decidere
Autore: Ruta

Wordcount: 2200 circa
Rating: verde
Avvertimenti: One-shot; Spoiler (per chi non sa/ non ha visto nulla della settima stagione)
Note dell’autore: Temo di aver fatto un pasticcio. È narrata dalla prospettiva del Dottore, come se ciò non bastasse è la prima volta che provo ad utilizzare il suo punto di vista e sfido chiunque a farlo senza farsi prendere dalla paranoia. La mente di quell’uomo deve essere un tale caos di pensieri e ricordi ed emozioni, deve essere un tale vortice, una spirale di qualunque cosa sia mai stata pensata e creata e provata che stento a credere di aver davvero racimolato abbastanza coraggio per postare xD. Lasciate ogni speranza voi che entrate nella testa del Dottore, o più verosimilmente ogni illusione di trovare qualcosa di buono leggendo qui sotto. Tanto nonsense, ma a mia discolpa piagnucolo soltanto tre parole: ci.ho.provato ;__;




 

 




Tutto da decidere

 

 

 

 

 

Non è tanto e neppure poco il tempo che è trascorso da quando i Pond sono andati via – magnifici, incantevoli e gloriosi Pond che non devono più aspettare, hanno solo da godersi quel che segue all’attesa finalmente.
Con lui però ne è rimasta una, il fiore all’occhiello di un’intera famiglia di piccole meraviglie.
Lui le ha viste tutte e sette le meraviglie della Terra, sia le vecchie che le nuove che le nuove nuove.
Ebbene, le ha viste e può dire che nessuna, nessuna valga neppure uno dei mille impossibili ricci della donna che gli sta di fronte.
River è di spalle, curva su qualcosa che da lì, fermo sulla soglia della biblioteca, il Dottore non riesce a vedere. Quando si avvicina, la prima cosa che nota non è l’oggetto che lei sta osservando così intensamente, ma quanto concentrata e triste e pensierosa appaia mentre lo fa. Lo ha sentito arrivare, di questo è certo, ma ancora non si decide a distogliere lo sguardo e non gli rivolge alcuno dei suoi sorrisi più arditi o delle sue occhiate smaliziate. Nello scoprire ciò che sembra aver catturato a tal punto la sua attenzione – insomma adesso c’è lui nella stanza e cosa può mai esistere di più interessante? Ovviamente niente! - , il Dottore non può fare a meno di capire. La curiosità è donna e per una donna, specie se una donna dal carattere che ha River, oltre a quanto fa e a ciò che rappresenta per l’universo intero, dell’uomo che ama è il suo passato a destare interesse.
Per lei, archeologa e amante della storia, di tutto ciò che è stato, è e sarà, del tempo in ogni sua misura ed essenza, per la professoressa Song anche lui a volte deve apparire così: più che un mistero da svelare o un arcano, deve presentarsi simile alle spoglie di un condottiero dei tempi andati, appetitoso quanto i resti di una civiltà – la più antica e nobile - spazzata via da un cataclisma e poi riportata alla luce, una cultura creduta perduta e ritrovata, con le infinite opzioni connesse al caso.
A volte il Dottore sente quel suo strano modo di guardarlo, quasi a rovistare dentro di lui alla ricerca di indizi e tracce; lo percepisce come una violazione. Altre, quando è meno bisbetico e scontento e più loquace, quando il passato è qualcosa di doloroso, ma di un dolore di tipo sopportabile che non sembra strapparlo a morsi dall’interno, quando delle persone che ha conosciuto ricorda le risate e non le lacrime, allora invece la curiosità di River è intrigante e non scomoda, lo strega. Diventa naturale accontentarla, trovare risposta agli interrogativi che gli pone, spiegare da pari a pari, da dottore a dottore. Per entrambi in quei momenti diventa un piacere trascorrere qualche ora insieme, senza correre una volta tanto, senza affannarsi a lottare – contro mostri, alieni, la cattiveria materiale di alcuni e la malinconia sensibile del resto dell’universo. Rimangono a casa, una coppietta di matusalemme dagli occhi vispi e la risata stanca, a fare le pulizie di primavera o a leggere sdraiati sul tappeto davanti al fuoco, nella biblioteca del Tardis, rovistando tra documenti e carte che lui era convinto di aver smarrito, ma di cui non si era dimenticato davvero.

Può far finta quanto vuole, ma il Dottore non dimentica niente e nessuno. Mai.
La riprova è quel che ora ricopre per intero il piano della scrivania. Ai lati ci sono i cassetti che sono stati forzati, grandi e piccoli e di medie dimensioni, tutti ribaltati e svuotati e accatastati, ma al centro, simili a petali di fiore violati, campeggiano in bella vista le varie schegge del suo cuore ogni volta che è andato in pezzi per un addio. Sono resti, avanzi, ciò che loro hanno lasciato dietro di sé andandosene, alcuni senza averne avuto coscienza, senza averlo preventivato o averne avuto neppure il proposito. Ci sono lettere e su alcune, come brandelli dei vecchi se stesso, si possono tuttora riconoscere macchie traditrici che ne rivelano l’esatto contenuto; scritture tremolanti, altre ferme e spigolose agli angoli, arrivederci bugiardi alla fine e un caro all’inizio che fa quasi più male dei nomi con cui si firmano. Quasi.
C’è un compito di matematica lì in mezzo - o di scienze, forse, non ne è sicuro - su cui domina trionfante una “A” grassoccia al cui fianco il piccolo e prezioso nome sembra volesse essere abbellito a tutti i costi dalla proprietaria da uno schizzetto di rosa in procinto di sbocciare e un ben misero cuore trapassato, anche se non ve n’era bisogno alcuno perché non potrebbe essere più caro ai suoi occhi ancora adesso. A poca distanza c’è l’invito a un matrimonio, giunto tardivo, ma si sa come funzionano le poste, di due cari amici che mai avrebbe pensato – e sperato – insieme, se non nelle fantasie più fervide e irrealizzabili. Un paio di biglietti della lotteria, perché non si sa mai. E lettere – a centinaia -, talune aperte, altre sciupate, di vecchie e di nuove, scritte a penna, a macchina o chiuse con sigilli di ceralacca, monogrammi e strafalci ancora, pezzi ritagliati di giornale, appunti, necrologi, biglietti da visita, pagine di libri, messaggi, annotazioni, foglietti strappati a block-notes, corolle appassite dai lunghi gambi sottili, foglie friabili che recano ancora inciso l’odore di un autunno lontano, che sanno di bruciato e di freddo e di tanta tenacia, il bulbo di un seme non sbocciato, il fiocco rosa di un nastro mai sciolto, un guanto da uomo di cui l’altro gemello è andato perso chissà dove, numeri di telefono mai chiamati. Sono tanti e tanti i ricordi, i frammenti delle sue vite precedenti, quelli che fanno mostra di sé tra le mani di River. River che non ha il coraggio di guardarlo e muta, osserva lo scempio che da poco lei stessa ha provato su pelle, per la prima volta.
La foto che ha davanti, quella da cui non riesce a staccarsi, è di Amy e Rory. È il giorno del loro matrimonio, un giorno felice in cui tutto andava bene. Sembrava il lieto fine di una favola della buonanotte, ricorda. Cos’è andato storto stavolta? Cosa ha sbagliato?
Il Dottore serra gli occhi, sospira e si passa una mano sul viso. Dentro di sé qualcosa si screpola senza spaccarsi. È una crepa, una breccia nel muro. Troppo presto, dice a se stesso. È troppo presto per affrontare tutto questo, lo era anche per loro. Vorrebbe scavare e con la mano arrivare fino in fondo, scrollare con forza quel nugolo di pensieri che non smette di sciamargli nelle orecchie, nella mente. I ricordi sanno essere così rumorosi a volte. È perché sono tanti? Troppo numerosi? Fatto sta che lo assordano.
– Un giorno… - dice River all’improvviso. La voce pur se bassa suona incredibilmente ferma e decisa, conserva un ché di spigliato. Sarà per il silenzio che l’ha accolta? Silenzio in biblioteca.
– Un giorno, - ridice e si volta a guardarlo, con le dita che ora artigliano l’istantanea come a voler trapassare la plastica e l’inchiostro colorato, raggiungere quei sorrisi sgargianti per stamparsene a propria volta uno credibile in faccia, - anch’io farò questa fine, Dottore? Diventerò un’immagine da nascondere per te? – Non vorrai più sentir pronunciare il mio nome ed ogni mio oggetto, ogni cosa a me collegata li farai finire qui, nel baule delle cose da seppellire, tenere lontane?

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Non è così che dicono? Quante illusioni sanno concedersi gli umani, a parole quanto nei fatti.
River non allontana lo sguardo dal suo, non trema, non vacilla. È forte, coraggiosa e brillante. Una ragazza da sposare e lui ne sa qualcosa. L’ha fatto. - Non voglio essere dimenticata, non da te. Non dopo tutto quello che è dovuto succedere per farti ricordare. Ho dovuto aspettare così tanto, così tanto… -
Il Dottore tace, senza sapere come confortarla. Rivede in quel volto accigliato il cipiglio scontroso di Amy quand’era triste e voleva fingere a tutti i costi di non esserlo, quando arricciava le labbra o le mordeva forte, d’impulso, perché non vedesse che le tremavano, quando in fretta e furia si lanciava in un abbraccio stritolante, la stretta con cui avrebbe voluto strizzar fuori ogni molecola di sofferenza e dolore - e questo lui lo aveva capito. Rivede la pazienza di Rory, il suo coraggio tranquillo, pacato e volenteroso, la sua tenacia, il suo incrollabile scetticismo e la determinazione, la fiducia, l’essere impacciato e goffo, come i veri eroi prima che scoprano di esserlo. L’ostinazione di entrambi, calma e capricciosa, costante e irragionevole. L’inganno però presto svanisce. River non è loro. Quella davanti a lui torna ad essere River, non Melody, il lampo che le attraversa gli occhi appare agguerrito, da volpe. Semplicemente meraviglioso.
Come può chiedergli di non dimenticarla? Come pensa che potrebbe mai farla, lui, una cosa del genere? È terribile anche solo pensare di dimenticarla. Anche se farà male, sa già, con la sicurezza consolidata dall’esperienza e dal non riuscire a far fronte a ciò che proprio l’esperienza dovrebbe avergli ormai insegnato, il Dottore sa già che quel momento gli rimarrà impresso dentro, probabilmente a lungo, lui spera per sempre.
È così bella River. Una canzone che gli soffia sul cuore parole stuzzicanti, non gentili, ma confortanti. Nel tumulto del vento, ai crocicchi delle strade si sente appena, ma se tendi l’orecchio, oltre la portata del frastuono, la senti, nella minaccia della tempesta imminente, quella sottile arietta nella brezza. Viene da lontano, tanto lontano, ha visto il mondo e viaggiato lei, anche lei come te; e nell’incontrare il vento zufola suoni di compiacimento e gioia, ride, la melodia che giunge dal seno della terra, sbuca dal nulla e tintinna, vibra, risuona intensa.
- Non sarai mai come lei, – incomincia il Dottore, indicando la foto e quanto la circonda. Attorno cenere e terra bruciata, quella dei ponti che si è lasciato alle spalle. Ma se l’ha fatto è stato per andare avanti, solo per quello. Troppo pesi da portare schianterebbero chiunque. E lui malgrado il resto, ne ha il cuore, l’animo.
Il corpo di River è visibilmente teso, si è irrigidito. Non un sobbalzo, ma qualcosa in fondo agli occhi ha sussultato e lui cerca stupidamente di raccoglierne gli strascichi con una carezza, per annullarne gli effetti. È intenerito e commosso, come lo stupido vecchio che sa – sente, ora più che mai - di essere. Sa di procurarle del dispiacere parlando a quel modo, ma deve spiegarsi, farle capire. Ci sono cose che vanno fatte semplicemente perché sì. In seguito e soltanto dopo ci sarà spazio per i ripensamenti.
- Non sarai mai come nessuna di loro. Nessuno tra voi è mai come gli altri. – Il Dottore sorride senza intenzione. Inclina la testa, scrutandola nel profondo e pensando a quanto sia vero. A quanto faccia male perché vero. - Tutti talmente diversi, meravigliosamente e intollerabilmente diversi, dal valore inestimabile, così umani che è impossibile non amarvi. E io non posso non farlo, non amarvi intendo, non finché i due miei cuori non smettono di battere, i piedi sono pronti a correre, la mente mette in ordine per fare spazio a nuovi ricordi ancora prima che ce ne sia davvero bisogno. È vero, - acconsente con amarezza, si sfiora sovrappensiero il petto, - alcuni mi entrano dentro di più, vanno più a fondo, ma tu ci sei già nel fondo del pozzo, sei a buona strada dal fondo del fondo e credimi, non vorresti davvero starci lì. Non puoi volerlo. –
Sa di smentire quanto ha appena detto, specie desiderando lui stesso che accada il contrario. Perché lui vuole che lei sia lì. Nella peggiore delle ipotesi avrà qualcosa di lei da conservare almeno. - Ci finiscono solo i rimpianti più cari, ma d’altronde sono anche quelli che mi hanno spezzato il cuore. Per cui te ne prego, River, non desiderare mai e poi mai di essere come qualcun altro perché non lo sarai mai. Tu non puoi essere come gli altri. Sei River Song, la donna che ha sposato il Dottore e come se non bastasse sei anche una Pond. Non dimenticarlo mai. – Non dimenticare mai chi sei, cosa rappresenti per me.
River non sorride. È perché ha letto tra le righe, ha capito. Capisce sempre fin troppo. Lo conosce.
La mano è ancora sulla sua guancia. River gliela prende con entrambe le sue, la preme sulla pelle un po’ di più. Il suo respiro sul polso è simile al bacio che ora vorrebbe darle.
– Non lo farò, - promette ad occhi chiusi.
No, non sarà mai come Amy o Rose o Donna. Non può, non deve. Non River, non lei, non anche lei. Sarebbe così - straziante? - … ingiusto. Il Dottore non pensa più al passato né al futuro, nel loro caso sono nemici, poli opposti che si attraggono, pensa solo al presente. È ciò che conta, che non è ancora stato scritto nero su bianco, a differenza degli scritti sulla scrivania. Quelli appartengono a decisioni già prese, scelte già fatte, viste e provate. Questo, riflette baciando sua moglie, è ancora tutto da decidere e vivere invece. Sa di nuovo e scoperta, di un’avventura che prega non veda mai la parola fine.

Il sapere già che non sarà così gli spezza il cuore fin da ora.




http://www.youtube.com/watch?v=uKrCE1aYz7o&feature=BFa&list=LLOOZUNCNzVeIvKsVfIxsmig  <3 


  
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